Site icon Calabria.Live

Oltre 250 sindaci calabresi firmano l’appello dell’Anci per l”Appendino

Franco Candia

La richiesta è l’opportuna e rapida modifica del Testo unico degli Enti locali. I sindaci dell’Associazione dei Comuni d’Italia (ANCI) hanno stilato un documento a favore della sindaca di Torino Chiara Appendino per sottolineare l’inadeguatezza delle norme sulla responsabilità dei primi cittadini su valutazioni non ascrivibili alle loro competenze e richiedere un intervento urgente del legislatore.

In Calabria, la sezione regionale dell’Anci, guidata da Franco Candia, ha raccolto oltre 250 firme, ma il documento sta circolando e si presume che raccoglierà la quasi totale adesione dei sindaci calabresi.

«La condanna di Chiara Appendino – si legge nel documento dell’ANCI – pone ancora una volta il Paese di fronte a un problema enorme: in questo contesto di norme e regolamenti diventerà sempre più difficile fare il mestiere di sindaco. Un problema che ANCI ormai da anni ha posto all’attenzione del governo e del parlamento.

Possono i sindaci rispondere personalmente, e penalmente, per valutazioni non ascrivibili alle loro competenze? Possono i sindaci continuare a essere i capri espiatori, le uniche istituzioni sulle quali si scarica il peso di scelte dalle enormi responsabilità? Possono essere condannati perché fanno il loro lavoro?

Qualche anno fa, in una assemblea congressuale dell’ANCI, un gruppo di piccoli Comuni scelse una frase di Ibsen per compendiare i contenuti di un documento /denuncia: “Una comunità è come una nave; chiunque dovrebbe essere preparato a prendere il timone”. Questa condizione che rappresenta l’essenza stessa della nostra democrazia, in quanto diritto di tutti a guidare la propria comunità rischia di trasformarsi in un grande paradosso perché soprattutto nelle piccole comunità è diventato persino difficile trovare persone disposte a svolgere il ruolo di Sindaco, perché prevale sempre più spesso il timore di rimanere travolti da norme di difficile applicazione, a volte incomprensibili perché magari pensate o scritte da chi non si è mai confrontato con il duro lavoro di sindaco.

Noi dobbiamo vivere quotidianamente, soprattutto in questo particolare momento, nella trincea delle azioni orientate alla crescita sociale ed economica delle comunità e non possiamo rimanere immobilizzati dalla paura di apporre una firma o autorizzare una procedura. Non ci spaventa lavorare né rispettare le regole, purché queste siano eque e rispettose delle differenze tra il livello gestionale e quello dell’indirizzo politico anche sul piano delle responsabilità penali.

Chiara Appendino, alla quale va tutta la vicinanza e la solidarietà nostra, è stata condannata per una vicenda che chiama in causa tutti noi nell’esercizio quotidiano del nostro lavoro. Oltre al dolore che un sindaco prova per queste tragedie che segnano non solo le famiglie delle vittime ma l’intera comunità cittadina deve anche rispondere penalmente per valutazioni che certamente non possono essere ascritte alla sua responsabilità. Non dubitiamo del lavoro della magistratura, sia inquirente che giudicante, non lo abbiamo mai fatto e non lo faremo neanche in questa circostanza, così come rispettiamo profondamente il dolore e la voglia di giustizia dei parenti delle vittime ma sentiamo la necessità di richiamare con forza l’attenzione del legislatore sulla necessità di un intervento normativo decisivo e risoluto di modifica del Testo Unico degli Enti Locali altrimenti in questo contesto, come  abbiamo più volte denunciato,  perché già accade per i piccoli Comuni, non avremo più cittadini disposti ad assumere la  carica di sindaco. Non lo stiamo chiedendo per noi. Lo chiediamo per l’Italia, perché se liberiamo i sindaci dal peso di responsabilità non proprie, si liberano le energie delle loro comunità».  (rrm)

 

Exit mobile version