Quante sono le cose scritte sul taccuino del cronista che non finiscono poi sui giornali? Tantissime, soprattutto quelle di natura politica, perché il mestiere del giornalista parlamentare è fatto innanzitutto di memoria, dell’abilità di ricordare particolari e date che poi si vanno a riscontrare nei propri appunti magari di mesi prima. Mario Nanni è stato per tantissimi anni il capo dei servizi parlamentari dell’Agenzia Ansa, facendo del suo giornalismo parlamentare un modello e un esempio per le nuove generazioni: non non ha mai buttato i suoi taccuini e facendo ricorso a una memoria straordinaria ha scritto un gustosissimo saggio sulle “miserie e nobiltà” delle nostre istituzioni. Parlamento sotterraneo è un viaggio tra personaggi, figure di rilievi, ma anche figuri, episodi, avvenimenti e scene che in molti avevano dimenticato e, soprattutto i giovani, non conoscono per niente. La tecnica narrativa è originale, con tanti piccoli affreschi che danno una dimensione a volte umana (com’è giusto che sia), ma a volte anche grottesca della nostra classe politica. Non c’è alcun intento fustigatore, né l’autore vuole mettere in berlina certi atteggiamenti passati alla storia tra i frequentatori dei Palazzi del potere: l’obiettivo è sicuramente di divertire il lettore, informandolo di molte notizie “riservate”, con un racconto agile, per certi versi innovativo nella descrizione, e indubbiamente di grande attualità visto il fermento politico di questi ultimi anni.
Non è un viaggio all’inferno o al paradiso e Mario Nanni, apprezzato autore di un’altro gustoso saggio (Il curioso giornalista), non si perita di diventare un nuovo Virgilio, bensì si muove con il piacere di condividere con i suoi lettori misteri e segreti, leggende e realtà imbarazzanti, che hanno caratterizzato Camera e Senato. Perché sotterraneo? Perché il Parlamento è costellato di frasi dette a metà, di parole spese e poi rimangiate, di voci di corridoio che hanno fatto la fortuna di qualche giornale con strilli in prima pagina che facevano balzare le vendite, sussurri e grida della professione politica che aveva un che di nobiltà. Usiamo il passato perché, proprio scorrendo le divertenti, documentatissime, pagine di Nanni viene proprio da pensare, con nostalgia, a come si è ridotta la classe politica italiana. Non ci sono, per lo stile dell’autore, cadute di gusto, né esecrazioni o auliche celebrazioni: sono frammenti di vita quotidiana raccolti dentro Camera e Senato e lungo i corridoi del Transatlantico o nella Sala Garibaldi (i luoghi simbolo del pettegolezzo politico tra parlamentari e giornalisti, prima del covid) che inanellano anche gustosi aneddoti o storie inedite i cui protagonisti (oltre trecento i nomi citati) hanno, in gran parte, lasciato segni indelebili del loro passaggio.
È un libro che si legge tutto d’un fiato perché intriga sin dalle prime pagine e stuzzica il lettore ad andare a scoprire cosa viene dopo, ma diventa un esercizio godibile saltare da un capitolo all’altro, alla ricerca di curiosità e aneddoti. È questa la grande vitalità: non è un romanzo, non è un saggio noioso, non è un manuale. E soprattutto non è il classico libro di ricordi, bensì è uno straordinario volume di memoria storica, destinato ai giovani che sembrano, purtroppo, meno interessati alla politica rispetto ai loro genitori. In realtà, siamo pronti a scommettere che raccoglierà il massimo consenso non solo tra gli addetti ai lavori, ma soprattutto tra la gente comune: la politica è passione, non soltanto per chi ricopre una carica (dal consigliere circoscrizionale al senatore a vita), ma soprattutto per chiunque abbia un minimo interesse per la società in cui vive. Nessuno lo direbbe mai, ma l’avvento dei social ha riavvicinato il popolo alla politica e fatta tornare la voglia di seguire, di scoprire, cosa fanno i propri rappresentanti eletti (?). Certo i social hanno dato ai politici anche l’idea di poter fare a meno dei giornalisti: la disintermediazione tra politica e media è ormai realtà, con le nefaste conseguenze che sono sotto gli occhi tutti: la funzione del giornalista, in questo caso, risulta fondamentale e non un optional. L’intermediazione serve proprio a verificare l’utilizzo improprio di notizie false e incontrollate, abitudine ormai sempre più costante sui social. È quella che permette di fare distinzione tra informazione e comunicazione. Che è poi uno dei tantissimi argomenti di Parlamento sotterraneo e qui, per esempio, viene fuori il mestiere di Nanni, che riesce a spiegare in poche parole perché il giornalismo si deve basare su due semplici presupposti: credibilità e autorevolezza.
Scoprire le chicche del libro, dunque, diventa una bella sfida per il lettore: cogliere i falli grammaticali e lessicali di molti politici o individuare l’origine di curiosi soprannomi (coniglio mannaro? lo coniò Giampaolo Pansa a proposito di Forlani) e il perché di alcune regole di dressing (mai in Senato senza la cravatta!). Insomma c’è da divertirsi e saperne molto di più su chi ci ha governato e amministrato e sui nuovi inquilini del Palazzo. Una piacevole carrellata su vizi e vezzi della nostra Repubblica, cui affidare un gradito relax casalingo in tempo di covid: stare in Parlamento, disse la Iotti – riferisce Nanni nel suo bel libro –, significa capire le ragioni degli altri. Leggendo e sfogliando Parlamento sotterraneo si capisce, quindi, come e perché siamo finiti a Di Maio, Salvini e company e lo sguardo al passato induce alla disillusione sull’oggi: il vaccino contro l’inquietudine istituzionale (giustificata nei governati) esiste viene proprio dalla conoscenza e dall’informazione. Buona lettura. (s)
PARLAMENTO SOTTERRANEO
di Mario Nanni, 236 pagg.
Rubbettino editore, ISBN 9788849863116