Le paventate modifiche al sistema di calcolo pensionistico per i dipendenti pubblici stanno suscitando, tra le categorie interessate, sgomento e incredulità.
«Una norma – afferma il Segretario Nazionale Ugl Scuola, Ornella Cuzzupi – che colpisce i lavoratori che più di ogni altro hanno legato la propria vita al funzionamento dello Stato e, nel caso specifico del personale scolastico, alla crescita del Paese. Non dimentichiamo che proprio negli anni che vanno dal 1981 al 1995 tutto il comparto scolastico è stato in prima fila per sostenere, in anni difficilissimi, il sistema dell’istruzione e quindi il sistema Stato. Se solo si vuol pensare a questo, la norma prevista dalla bozza di Legge di Bilancio 2024 risulta da rivedere, nella piena considerazione di chi ha donato gran parte della propria vita per costruire il Paese di oggi e quello di domani».
«Ci rivolgiamo direttamente al Presidente Meloni, al Ministro Valditara e al Sottosegretario Durigon – continua Cuzzupi – affinché siano individuate altre soluzioni che non intacchino i diritti maturati dai lavoratori interessati. Si afferma che la norma sia stata impostata per andare a recuperare fondi necessari per altri aspetti legati alla Legge, noi però ci rendiamo conto che esistono diverse possibilità per reperire risorse senza toccare in modo così doloroso e inatteso il quotidiano delle persone. Si perseguano quindi altre strade, si identifichino interventi strutturali che puntino alla limitazione di spese eccessive, si valuti – laddove possibile – sinergie con i privati tese a produrre benefici e a ridurre costi».
Il Segretario Nazionale ritorna quindi sulla prospettiva che la citata ipotesi determinerebbe: «Ci sono lavoratori che sulla prospettiva delle loro pensioni hanno ipotizzato il resto della loro vita, e dopo tanti anni passati al servizio dello Stato li si vuole privare di questo? Essere donne e uomini di scuola è sempre più complesso. Occorre stare al passo con i tempi, strutturare le proprie strategie didattiche come risposta concreta ad una realtà che corre e, in tutto ciò, siamo al cospetto di una classe docente italiana tra le più anziane in Europa e peggio retribuite. Occorrerebbe invece parlare di rinnovamento del personale scolastico, di aprirsi ad altri modelli, di diminuire la differenza d’età tra docenti e alunni incentivando soluzioni d’uscita agevoli, di verificare nuove strade per una scuola diversa e più complementare alla realtà. Per fare tutto ciò, per fa sì che l’istituzione goda della necessaria credibilità non si possono cancellare con un colpo di spugna i diritti maturati sul campo e poi chiedere allo stesso comparto di continuare a costruire un Paese migliore». (rrm)