di ENZO SIVIERO – Il tema del rapporto Nord Sud non riguarda la sola Italia. Si tratta di un atteggiamento culturale (o meglio in-culturale…) che attraversa le genti e i luoghi perdendosi nella notte dei tempi.
Ma il “caso Italia” merita una particolare attenzione, sia per l’avvenuta globalizzazione sia per il fiume di denaro che l’Europa ha stanziato per il nostro Paese, proprio a partire dalle acclarate diseguaglianze che ci connotano. Tanto palesi da orientare l’Europa come ben noto, a riservare una quota del 40% proprio al Sud. Ormai manca poco alla conclusione dei lavori, ma molto resta ancora da fare. Si sa che in Italia tutto è difficile e farraginoso con ostacoli latenti gestiti dai No a prescindere… tanto che ci si aspetta uno slittamento con ulteriori rimodulazioni. E perché non pensare in grande? In fondo, l’ingegneria visionaria ha fatto la storia dell’umanità! E, negli ultimi anni, in tutto il mondo si è visto un vistoso incremento di realizzazioni infrastrutturali, quali mai si sarebbero potute immaginare solo pochi decenni fa. E l’Italia? Molto è stato fatto e molto è in itinere, o comunque già programmato, soprattutto al Sud, ancor oggi bisognoso di investimenti volti al decollo futuro.
Con questa premessa si intende fare chiarezza sui diversi punti di vista tra Nord e Sud, con un occhio non miope verso, o meglio oltre, il Mediterraneo. Se è vero come nessuno può negare che l’Italia è il molo naturale verso il Mediterraneo, ad una visione strategica che interessa già l’oggi (e siamo già notevolmente in ritardo) ma soprattutto le prossime generazioni, non può negarsi che sia l’Africa il vero futuro dell’Europa! Ed è ovvio che, da questo come da molti altri punti di vista, in questa prospettiva geopolitica è l’Italia a giocare il ruolo principale, utilizzando quel “ponte liquido” che è il Mediterraneo, come è stato nel passato più o meno recente e com’è oggi ancor più pregnante, visto anche il raddoppio del Canale di Suez. Non a caso Turchia (e lo stesso Egitto…) unitamente a Russia e Cina stanno pressoché spadroneggiando nel Mare (non più) Nostrum approfittando di un’Europa intrinsecamente debole, incapace di una politica unitaria visti gli interessi contrastanti di taluni, non pochi, suoi membri. Ebbene, il Sud è indiscutibilmente il vero trampolino di lancio verso l’Africa, così come l’Africa si proietterà verso l’Europa tramite il Mezzogiorno. In una prospettiva geostrategica, gli investimenti al Sud sono vieppiù necessari certamente per lo stesso Sud, ma anche e soprattutto per il Nord che avrebbe tutto da guadagnare per la propria vocazione oggi mutata dovendo guardare a Sud per le proprie esportazioni verso il nuovo immenso mercato africano sia per ricevere e far transitare le merci verso il Centro e il Nord Europa, anziché come avviene oggi riceverle dai porti tedeschi e olandesi ben attrezzati per accogliere le navi in transito nel Mediterraneo.
Ma vi è di più in una prospetto ancora più ampia, guardando a Est con le vie della seta (One belt one road) la Cina approda al Pireo con la prospettiva di raggiungere tramite i Balcani, e nuove infrastrutture ferroviarie ormai in esecuzione, il centro Europa. E, così, l’Italia (non solo il Sud) resterà tagliar fuori. Altro che Marco Polo o Matteo Ricci!
Immaginando anche collegamenti stabili Tunisia-Sicilia (TUNeIT) e Puglia-Albania GRALBeIT) che, da oltre un decennio, vengono proposti da chi scrive senza alcun riscontro in Italia da parte di chi ci governa, (ma molto bene accolta dalle due parti Tunisia a sud e Albania a est), l’ingegneria visionaria (ma non troppo…) che, come detto ha fatto la storia del progresso, il Sud e l’Italia stessa sarebbero la cerniera tra tre continenti: Africa, Europa, Asia. Ovvero una eccezionale piattaforma logistica ben più importante a livello globale, andando oltre il Mediterraneo. Capace di collegare idealmente Città del Capo attraverso i corridoi infrastrutturali pan africani e Pechino tramite le vie della seta.
È chiaro, quindi, che con questi presupposti il Ponte sullo Stretto di Messina e la conseguente Metropoli dello Stretto evocata con grande enfasi dallo stesso Piero Salini, AD di WEBUILD (che io ho battezzato metropoli del Mediterraneo possibilmente estesa a nord fino a Gioia Tauro e a sud fino a Milazzo e le Eolie, e ancora verso Taormina le gole dell’Alcantara e l’Etna, ma inglobando anche i Nebrodi e i Peloritani in un unico grande scenario che affonda le radici nei miti e nella storia ) sarebbe un tassello fondamentale di un disegno più complesso da sviluppare nei prossimi decenni, capace di dare prospettive concrete per i nostri giovani (soprattutto del Sud) perché restino a costruire il proprio futuro a partire dai loro luoghi di origine. Senza contare che il crescente indebitamento che ricadrà sulle generazioni future, potrebbe non essere sufficiente a ridare al Sud e all’intera Italia quella lucentezza che merita. Non limitiamoci al sole, al mare, alla cultura e al turismo. Il Sud È il nostro futuro. Da questo punto di vista (e non solo…) il ponte di Messina va visto come asset strategico per l’Italia che guarda al Mediterraneo. Ormai tutti (o quasi…) si sono convinti che il futuro dell’Italia passi dal Mediterraneo per proiettarsi verso l’Africa. È del tutto evidente che, in questo quadro geostrategico, il ruolo della Sicilia e dell’intero Meridione è cruciale e con esso il Ponte sullo Stretto di Messina diventa fondamentale e improcrastinabile. Del resto, il collegamento stabile tra Calabria e Sicilia è da decenni sancito dall’Unione Europea come parte del corridoio Berlino-Palermo, più di recente ridenominato Helsinki La Valletta. Ne consegue che i tentennamenti dell’Italia verso quest’opera, con ricorrenti “stop and go” puramente politici, sono del tutto incomprensibili a livello europeo. Ora finalmente è giunta la conferma della necessità di un collegamento stabile. E le attività connesse al riavvio dei cantieri sono ormai una certezza. Del resto, giusto per tornare su cose note ma su cui i “No Ponte”insistono ricorrentemente senza pudore, il ponte a campata unica ha avuto da tempo il placet tecnico, ma uno stop politico da parte del governo Monti ha generato un pesante contenzioso da parte del contraente generale Eurolink, fortunatamente annullato con la ripresa del contratto iniziale. Ebbene, voglio qui richiamare a futura memoria ciò che scrivevo un paio di anni fa in merito alla discussione allora in atto in Parlamento prima delle elezioni. “Ma ecco spuntare l’ennesimo ostacolo. Archiviata la proposta “assurda” di un tunnel , “non volendo” incomprensibilmente accettare la soluzione più logica di aggiornare il progetto definitivo già approvato (tempo pochi mesi) e spingendo per indire una nuova gara, si da credito ad una soluzione già bocciata da decenni come esito degli studi di fattibilità propedeutici all’indizione della gara internazionale (vinta da Eurolink ). Ovvero un Ponte con piloni a mare così giustificato “presumibilmente costa meno”. Affermazione priva di riscontro oggettivo. Certamente censurabile in un documento ufficiale. Tanto più che, per valutarne la realizzabilità, sono necessari studi e indagini molto estesi e costosi! Ma tant’è! Se non vi è consenso politico, c’è sempre qualche “tecnico” pronto ad avallare i voleri del ministro di turno! Ma quel che più indigna è il fatto che non viene spiegato in linea tecnica il perché si sarebbe dovuto spendere altri 50 mln per studi di fattibilità già sviluppati nel passato (con non marginali profili di danno erariale), studi che semmai andrebbero aggiornati. E come giustificare gli oltre 350 mln spesi dallo Stato per il progetto definitivo a campata unica? Va ricordato che il progettista è la danese Cowi e la verifica parallela indipendente sviluppata dalla statunitense Parson, società con decine di migliaia di dipendenti e con acclarata esperienza su ponti di grande luce, a livello mondiale. Ma vi è di più: abbandonando il progetto iniziale, l’ulteriore ritardo nell’inizio dei lavori per la realizzazione dell’opera è valutabile in almeno 5 anni. Orbene procrastinare nel tempo una infrastruttura strategica come questa (del valore di 5 mld per il solo Ponte), significa penalizzare ulteriormente il Mezzogiorno. Mentre il costo dell’insularità è stimato in oltre 6 mld (ovvero un Ponte all’anno). I livelli occupazionali sono valutati in decine di migliaia. E il solo indotto fiscale conseguente agli investimenti sulla “metropoli della Stretto” consentirebbe un rientro in pochi anni dei costi che lo Stato dovrebbe sostenere. Va da se (ma non sembra così chiaro a taluni contrari all’opera) che sarebbe ridotto drasticamente l’inquinamento dello Stretto senza contare gli attuali rischi per la sicurezza conseguenti alle possibili collisioni dei traghetti. L’amara conclusione è che si sarebbero “buttati” centinaia di milioni per ripartire da capo, ignorando le conseguenze di un ulteriore ritardo. Perché queste decisioni “masochistiche”? La quasi totalità dei tecnici “qualificati” e non asserviti alla politica la pensano allo stesso modo. “Ma ora il vento è cambiato! Il Governo in carica ha riavviato l’iter procedurale e realizzativo. E nonostante qualche ulteriore stop della magistratura contabile (cui si sta dando puntuale risposta), possiamo concludere con un perentorio finalmente ci siamo! (es)
(Sintesi dell’intervento alla tavola rotonda del 29/11 nell’ambito del convegno CONNESSIONI MEDITERRANEE a Reggio Calabria)
