di ROBERTO DI MARIA – La lettura della relazione finale “Gruppo di Lavoro” di sedici esperti che dal settembre 2020 ha lavorato allo studio di valutazione delle soluzioni alternative di attraversamento stabile dello Stretto di Messina non lascia affatto entusiasti. Né per le conclusioni, né per i contenuti, che sarebbe stato lecito aspettarsi di tutt’altro livello.
Un paio di effetti positivi, tuttavia, questa relazione li ha avuti. Innanzitutto, è stato appurato, ancora una volta, che questo attraversamento stabile conviene realizzarlo. Lo si era già fatto 50 anni fa, nel 1971, quando con la legge 1158 venne affermato il “prevalente interesse nazionale dell’opera”. Ma tutto il lavoro di questa commissione è un deja vu: sarebbe stato del tutto superfluo in un Paese serio, dove l’opera di cui si discute è stata appaltata (nel 2006) e ne sono stati persino avviati i lavori (variante ferroviaria di Cannitello).
Tuttavia, nello stivale italico dalla memoria corta, zeppo di ambientalisti da salotto ed ingegneri della domenica, pronti a sostenere le sciocchezze più immani pur di negare l’utilità del Ponte, è benvenuto ogni barlume di logicità.
Un altro effetto positivo di questo lavoro è stato l’eliminazione dal dibattito pubblico, nei bar come nei Ministeri, del tunnel subalveo di cui tutti si erano innamorati l’estate scorsa. Eppure, per arrivare a questa conclusione sarebbe bastato leggere le poche righe che avevo vergato e pubblicato proprio in quell’occasione, dimostrando, con pochi semplici calcoli, le stesse conclusioni che leggiamo oggi, dopo 9 mesi.
Quanto è stato scritto dal Gruppo di lavoro sulle lunghezze spropositate dei tunnel ferroviari e stradali, pressoché coincidenti con quelle calcolate dal sottoscritto, mette finalmente una pietra tombale a questa avventurosa quanto improbabile idea. Anche in questo caso, esiste un lontano precedente: la relazione del Ministro Santuz del 1988, che aveva scartato l’ipotesi di un tunnel sotto il fondo dello Stretto a favore del ponte a campata unica. Già allora erano stati evidenziati i problemi di vulnerabilità sismica, di circolabilità stradale e ferroviaria, l’abnorme lunghezza degli accessi, l’elevato costo ed i tempi lunghi di esecuzione.
A fronte di queste note positive, la relazione del Gruppo di lavoro, 158 pagine zeppe di fotografie suggestive, getta un’ombra sinistra sulla possibilità di vedere realizzare l’opera in tempi accettabili. O, quanto meno, prima che la situazione socio-economica del meridione, e della sua parte più estrema, già gravemente compromessa, ci conduca al definitivo default.
In effetti, dalla commissione di esperti nominata dalla De Micheli ci si sarebbe aspettata una risposta univoca, chiara ed inequivocabile, sulla tipologia dell’opera di attraversamento. Aver risuscitato l’ipotesi del ponte a più campate, per contrapporla all’ipotesi della campata unica, finirà con l’allontanare la realizzazione dell’opera, dando il via ad anni ed anni di studi ed analisi, già conclusi almeno 30 anni fa.
Quel che più sorprende è che le motivazioni che hanno causato la bocciatura di questa ipotesi, nel lontano 1990, per problematiche legate alle correnti ed alla sismicità, non siano state neanche scalfite dal Gruppo di lavoro. Bastava, in tal senso, andarsi a leggere il laconico responso dell’americano Robert Whitman e dell’olandese Abraham Van Weele, esperti di fama mondiale nominati appositamente per studiare questa ipotesi. Essi esclusero categoricamente la realizzazione anche di una sola pila in mezzo allo Stretto. Nelle motivazioni si faceva laconicamente riferimento alle complesse problematiche in fase costruttiva, a causa delle forti correnti, ed alla notevole suscettività ai terremoti, a causa delle numerose faglie di cui, già allora, si conosceva l’esatto posizionamento sul fondo dello Stretto.
Al proposito, da parte del Gruppo di lavoro, non è stata neanche abbozzata un’analisi adeguata delle condizioni locali. D’altronde, lo studio sulla batimetria e sulle correnti dello Stretto prende soltanto una pagina (la n. 58) contenente poche righe di testo e 2 grafici. Le “considerazioni geologiche” sono racchiuse in 2 sole pagine (par. 5.6.3, pagg.136 e 137), in cui la Commissione ignora completamente gli studi effettuati a monte della citata bocciatura del 1990: si conclude infatti che “dovranno essere condotte indagini geofisiche, geologiche, geotecniche, fluidodinamiche”. Tutto ciò per approfondire la conoscenza di quanto già emerge nella stessa relazione ministeriale (par. 2.2 “inquadramento geologico”), come se non esistessero già metri cubi di documentazione al proposito.
Certo, negli ultimi 30 anni sono intervenute innovazioni tecnologiche notevoli nel campo delle lavorazioni off-shore; ma sono in grado, queste innovazioni, di fermare le faglie attive su cui sarebbero poggiate le fondazioni delle pile in alveo? Sono in grado di garantirne la realizzabilità in presenza di correnti fortissime? Solo un accenno è poi dedicato al problema, gravissimo, delle possibili collisioni con una di queste pile delle tante navi che solcano quotidianamente lo Stretto.
In sintesi, un minimo di rigore scientifico, di fronte ad uno studio di tale importanza, imporrebbe una domanda: se l’ipotesi del ponte a due o più campate è degna di esser presa in considerazione, quali sono i numeri che lo dimostrano? In questo documento chiunque fosse minimamente avvezzo a tematiche trasportistiche, si aspetterebbe di vedere analisi costi/benefici estese a tutto il periodo di vita utile, stime del VAN (Valore Attuale Netto) per le diverse opzioni, matrici Origine-Destinazione e studi specialistici, magari sui flussi merci.
Invece si legge di “costi presumibilmente inferiori” per il ponte a due o più campate rispetto a quello a campata unica: possibile che in nove mesi non sia stata fatta una stima, anche di massima, di questi costi, per compararli con quelli, ormai arcinoti, del ponte a campata unica?
Anche le immagini ed i grafici che rappresentano i profili delle opere sembrano provenire da un compito di terza elementare e, per di più, lasciano adito a parecchie incertezze. A fatica, osservando le poche planimetrie a corredo della relazione, si distinguono fra loro i tracciati delle diverse opzioni prese in considerazione (nelle figure delle pagine 129 e 130 manca persino la legenda).
Insomma, l’impressione è che, al di là dell’esultanza che molti hanno legittimamente esternato per aver ottenuto un sostanziale “via libera” al Ponte, temo che questa relazione apra una lunga fase di studi ed analisi che esamineranno quanto già si conosce da almeno 30 anni.
Basti considerare, a tal proposito, che un eventuale progetto di ponte a due o più campate dovrebbe essere redatto di sana pianta, a cominciare dai sondaggi sul fondale dello Stretto per individuare dove e come realizzare le pile in alveo; roba che da sola richiede anni di sondaggi con l’ausilio di sofisticate apparecchiature off shore. E che, c’è da scommetterci, sta suscitando gli appetiti di chi ha già predisposto le parcelle. Altrimenti, a cosa servirebbero i 50 milioni di euro già stanziati nella Legge di bilancio per dare seguito alle indicazioni del Gruppo di lavoro?
Dall’inizio della progettazione di massima (1991) all’approvazione del progetto definitivo del ponte a campata unica (2013) sono passati 22 anni abbondanti. Possiamo permetterci di perdere un tempo altrettanto lungo per sviluppare un’opzione già a suo tempo bocciata, avendo la possibilità, con un progetto definitivo appaltato ed approvato, di aprire i cantieri entro poche settimane?
Una domanda alla quale il Gruppo di lavoro non ha dato risposta. (rdm)
[Roberto Di Maria è un ingegnere civile trasportista]
Il Gruppo di Lavoro istituito con Determina del MIMS n. 2620 del 27 agosto 2020, che ha realizzato la Relazione sul Ponte è composto da:
Mauro Antonelli – Capo della Segreteria Tecnica del Ministro del MIMS
Pietro Baratono – Capo Dipartimento per le Infrastrutture, i Sistemi Informativi e Statistici del MIMS
Tamara Bazzichelli – Dirigente della Struttura Tecnica di Missione del MIMS
Armando Cartenì – Professore di Pianificazione dei Trasporti, Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” ed Esperto di alta consulenza della Struttura Tecnica di Missione del MIMS
Ennio Cascetta – Professore di Pianificazione dei Sistemi di Trasporto, Università degli Studi di Napoli “Federico II”
Giuseppe Catalano – Professore di Ingegneria Economico-Gestionale, Sapienza Università di Roma e Coordinatore della Struttura Tecnica di Missione del MIMS
Speranzina De Matteo – Già Capo Dipartimento per i Trasporti, la Navigazione, gli Affari Generali e il Personale del MIMS
Caterina Di Maio – Professoressa di Geotecnica, Università degli Studi della Basilicata
Carlo Doglioni – Professore di Geodinamica, Sapienza Università di Roma e Presidente Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia Maurizio Gentile – Già Amministratore Delegato e Direttore Generale di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A.
Aldo Isi – Amministratore Delegato e Direttore Generale di Italferr S.p.A.
Gabriele Malavasi – Professore di Trasporti, Sapienza Università di Roma ed Esperto di alta consulenza della Struttura Tecnica di Missione del MIMS
Ferruccio Resta – Rettore del Politecnico di Milano, Professore di Meccanica Applicata alle Macchine ed Esperto di alta consulenza della Struttura Tecnica di Missione del MIMS
Massimo Sessa – Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici
Massimo Simonini – Amministratore Delegato e Direttore Generale di Anas S.p.A.
Attilio Toscano – Professore di Idraulica Agraria e Sistemazioni Idraulico-Forestali, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna ed Esperto di alta consulenza della Struttura Tecnica di Missione del MIMS