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REDDITO DI CITTADINANZA, LA MISURA
CHE METTE A NUDO LA FRAGILITÀ DEL SUD

REDDITO DI CITTADINANZA, LA MISURACHE METTE A NUDO LA FRAGILITÀ DEL SUD

di PIETRO MASSIMO BUSETTA  Un quarto  delle persone coinvolte con il reddito e la pensione di cittadinanza nel giugno 2023 sono campani,  precisamente 533.289 su 1.985. 859. Un quarto sono siciliani 449.781 é  i pugliesi sono 194.392. Complessivamente tre quarti  dei percettori sono meridionali. 

Precisamente il 72.81 %: 1.445.908 su 1.985.859. É evidente quindi che dichiarare che il reddito di cittadinanza é un problema che riguarda prevalentemente il Sud non é una forzatura. 

Per questo il messaggio che è passato per intervenire sullo strumento è  che i meridionali sono poltronari, sfaticati, un po’ sanguisughe del Nord operoso e che invece bisogna fare in modo che i cosiddetti occupabili si cerchino un lavoro, possibilmente, secondo la convinzione prevalente, anche non congruo rispetto alla formazione. 

La vulgata é : «Con tanti posti di lavoro disponibili nel turismo – c’è un’esigenza di camerieri nel Veneto enorme, per farli lavorare per tre mesi magari per 10 -12 ore al giorno per esempio –, oppure in agricoltura, – a raccogliere i pomodori, olive o uva –, dare del reddito a un milione e mezzo di sfaticati per tenerli fermi e sprecare denaro pubblico è un delitto».  

Il mantra  é supportato nei fatti dall’evidenza  che lo strumento non ha funzionato, perché in realtà non ha messo in contatto  una domanda di lavoro, in realtà inesistente, con una offerta abbondante, spesso inespressa. Ciò si evince dal fatto che nel Mezzogiorno su 20 milioni di abitanti lavorano compresi i sommersi, soltanto in 6 milioni e poco più, il resto non si presenta nemmeno sul mercato perché scoraggiati, cioè convinti che é inutile cercarlo.

Che poi invece il tema doveva essere quello, costruito malissimo dai Cinque Stelle rispetto agli effetti virtuosi che poteva avere, per un facile consenso di una popolazione spesso imbelle, che non riesce a pretendere i diritti che la Costituzione vorrebbe assicurare,  di un lavoro dignitoso, in un’area vicina, che non prevedesse uno sradicamento e lo spopolamento di un territorio, fu dimenticato da molti. 

In realtà adesso con la parziale eliminazione si é legiferato in modo tale da costringere ad accettare qualunque lavoro laddove esso c’è, quindi nel Nord, trasferendosi a migliaia di chilometri distanza, magari dormendo in container per poter sopravvivere e riuscire a mandare qualche euro a casa, alla famiglia,  che ovviamente è  previsto in un primo tempo rimanga nel Sud del Paese.      

Qualcuno dei più invitati, non si sa per quali meriti, nei talk show nazionali, come l’imprenditore Brambilla lo ha pure teorizzato, come un inno alla mobilità. Confondendo il processo migratorio che ormai sta uccidendo il Sud con quella mobilità presente al Nord, che porta molti ragazzi settentrionali a fare un’esperienza fuori dal Paese. Quel fenomeno che ho definito come l’Erasmus del lavoro. 

Ci fosse l’esigenza di evitare che alcuni furbetti approfittassero dello strumento non avendone diritto è un fatto condiviso. Che fosse diventato uno strumento di raccolta di consenso anomalo e che incoraggiasse un certo tipo di sommerso é innegabile. Ma è altrettanto vero che parlare di occupabili non tenendo presente che il mercato del lavoro è un mercato segmentato e che pensare, come in qualche momento fece Mao, di impiegare i laureati a raccogliere uva è un atteggiamento che  dimostra oltre che profonda ignoranza anche un atteggiamento estremamente reazionario é una semplificazione pericolosa. 

Se poi la realtà coinvolta é localizzata prevalentemente in una parte, la più povera, con un reddito pro capite che è poco più della  metà di quello medio italiano, nella quale le possibilità di lavoro sono solo per una persona su quattro, il manifatturiero incide per una percentuale risibile e l’esigenza di creare posti di lavoro si dimensiona in  un saldo occupazionale di oltre 3 milioni di posti di lavoro, allora si capisce come l’operazione sia  politica e miri a recuperare frangie di consenso, negando la possibilità per alcuni della sopravvivenza dignitosa.     

Facendo saltare l’equilibrio ai più fragili.

«Aveva appena ricevuto notizia che avrebbe perso il reddito di cittadinanza, un disoccupato di sessant’anni ha così fatto irruzione nella stanza del sindaco di Terrasini, in provincia di Palermo, cospargendola di benzina e minacciando di dar fuoco a tutto. Sono stati attimi di grande paura, il segretario generale Cristofaro Ricupati ha cercato di dialogare con l’uomo. Alla fine, è stato il presidente del Consiglio comunale Marcello Maniaci a far convincere il disoccupato a desistere».      

Così con manifestazioni organizzate o con gesti isolati di ordinaria follia una flebile reazione dimostra la difficoltà di un Sud che nemmeno reagisce.

Ma un merito grande il reddito di cittadinanza l’ha avuto. Quello di aver evidenziato come il tasso disoccupazione, che l’Istat fornisce periodicamente, non rappresenta in maniera assoluta la vera esigenza di posti di lavoro esistenti nell’area. Perché coloro che non entrano nemmeno nella forza lavoro sono un numero drammatico. E si avvicinano a quei 3 milioni forse quattro che sarebbero in condizioni di poter lavorare. 

In particolare quel mondo femminile, che con domanda  di lavoro adeguata e con diritti di cittadinanza assicurati, come quelli all’asilo nido, potrebbero rappresentare una forza lavoro importante per il nostro  Paese. 

Ma se la logica continua ad essere quella di portare le persone dove c’è il lavoro, invece che il lavoro dove c’è il capitale umano formato,  allora il meccanismo perverso non si romperà mai. É continueremo con i 100.000 che ogni anno emigrano per trovare diritti di  cittadinanza adeguati a cominciare da quello al lavoro.

La mancanza di lavoro in una parte, senza strumenti di welfare, é congeniale alla struttura che si é data il Paese. Il Sud come polmone estremamente utile con i suoi 100.000 che ogni anno si spostano ad alimentare un modello che vede una locomotiva e delle carrozze al seguito, spesso nell’illusione di correre più forte, ma che spesso vengono lasciate in binari morti. 

Pensare invece ad un modello che crei i posti di lavoro laddove essi  servono, creando un manifatturiero assolutamente carente,  localizzando le possibili Intel a Catania invece che a Vigasio, è molto più complicato e intacca interessi consolidati di Regioni bulimiche che non vogliono cedere spazio e che sono politicamente sovrarappresentate.  (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

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