14 ottobre – Inaugurata ieri sera alla Galleria d’Arte Toma di Reggio la personale dell’artista reggino Andrea Valere “Aspettando Whatsapp”. La mostra resterà aperta fino al 14 novembre.
“Affrontando con lucido sarcasmo un tema di scottante attualità, – si legge nella presentazione – la mostra si cala perfettamente all’interno dell’ampia programmazione nazionale dell’annuale GDC, evento capillare di vastissima portata, che si propone di stimolare il dibattito intorno al ruolo dell’arte contemporanea nella società.
“Con il gusto per la provocazione che lo contraddistingue, l’artista decide di presentare per l’occasione un’insolito corpus di opere con cui lancia una vera e propria invettiva socio-culturale. Scopriamo così un Andrea Valere assolutamente inedito, che si staglia dal suo status di “artista colto”, incline alla realizzazione di opere monumentali – per soggetto, tecnica e dimensioni – per regalarci delle rare e preziose pagine di “satira sociale”, dal sapore pungente e disorientante.
“L’avvento del mondo social ha completamente deviato i rapporti interpersonali, catapultandoci in un tam tam di parole, suoni e immagini che rispondo alla legge del caos. La realtà virtuale diventa oggi una via di fuga dalla realtà oggettuale, quella scappatoia privilegiata che ci allontana dal nostro io e dalla percezione del contesto in cui viviamo, attraverso le fessure spazio-temporali aperte dal web. Tesi verso la creazione di un immagine ideale di noi stessi, perennemente assorbiti dall’interpretazione dei nostri alter-ego social, spesso viviamo ai margini delle nostre vite. L’artista avanza una critica sferzante a quei fenomeni di costume che hanno inevitabilmente travolto il nostro quotidiano, entrando in aperta polemica con tutte quelle consuetudini che sono ormai universalmente accettate come ordinarie. Il rapporto controverso tra la donna e i moderni mezzi di comunicazione, finisce così sotto la lente della satira, che distorcendo la visione delle cose ne mette a fuoco gli aspetti più inquietanti.
“Come moderne Aracni, le donne tessono incessantemente le loro reti di contatti, fin dal ventre del focolare domestico e in ogni spazio del loro vissuto. Ma è la spiaggia a diventare lo scenario prescelto dall’artista per l’ambientazione di questo fantasmagorico teatro dell’assurdo, il non-luogo in cui si muovono inconsapevoli le sue “maschere” degenerate. Irrimediabilmente imprigionate nei loro ruoli, queste donne sono le ignare protagoniste di un copione in cui “non succede niente, nessuno viene, nessuno va, è terribile”, così come accadeva ai personaggi di Samuel Beckett in “Waiting for Godot”.
“Vivendo nella spasmodica attesa di un messaggio whatsapp, dal presunto potere salvifico, si condannano ad una dipendenza morbosa dal loro immancabile smartphone, unico strumento di affermazione del proprio io. La contemplazione della natura lascia spazio all’alienazione spirituale di questi corpi decadenti, esibiti senza pudore, che trasbordano dai loro costumi come il loro ego. Una parodia degli eccessi che le trasfigura in icone di mancanza di stile dai modi sciatti e sfrontati, attempate vedette di un tragicomico burlesque. Cielo e mare, divinamente orchestrati dal pennello dell’artista, fanno da sfondo a questo repertorio di relitti umani arenati sulla sabbia, allusivamente mescolati ai rifiuti industriali che compaiono qua e là imbrattando la visione, così come il trucco sbiadito dei loro volti assenti. In una società dei consumi ossessiva e bulimica, l’ultima speranza rimane proprio questa natura tradita, che ancora risplende di una luce primordiale capace di redimere da ogni bruttura umana”. (rrc)