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Sandra Savaglio, l’astrofisica tornata all’Unical

Sandra Savaglio, l'astrofisica tornata all'Unical

di MARIACHIARA MONACOCerti amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. Perché le storie, quelle vere, attraversano lo spazio ed il tempo. Lo sa bene Sandra Savaglio, astrofisica di fama mondiale, che dopo molteplici esperienze oltreoceano e in Europa, ha fatto ritorno lì dove tutto è iniziato: l’Università della Calabria. Come un naufrago che sa da quale porto è partito, ma non sa dove attraccherà. E forse è giusto così, perché se sei circondato dal mare tutti i giorni, quel porto poi non esiste più.

Un cerchio che si chiude, penserete, eppure c’è veramente tanto altro. Come il suo ultimo libro, Tutto l’Universo per chi ha poco spazio – tempo, un saggio che studia ed interpreta le leggi della fisica attraverso i fenomeni principali (materia, luce, forze, misure), passando per il  Sole, la Terra, il nostro sistema planetario, e tanto altro.

«È stata un’occasione per approfondire tutti gli argomenti che, in questi anni, anche se erano interessanti, ero riuscita solo ad accarezzare. Per un po’ mi ci sono dedicata, mettendo insieme appunti raccolti nel tempo su cose che ho sempre considerato particolarmente significative sul piano scientifico», confessa.

La incontriamo in un’aula, ha appena finito di fare lezione e con fare gentile, tipico dei grandi che non hanno bisogno di fare rumore ci fa accomodare al di là della cattedra, come se noi fossimo le insegnanti, e lei l’alunna. Ci sorride, inizia a raccontarci di com’è nata la sua grande passione:

«Da bambina ero affascinata dalle macchine, mi è sempre piaciuto smontare e rimontare le cose. Poi mio padre ha comprato un telescopio, ed è lì che si è accesa la scintilla. Anche le letture sono state fondamentali, in particolare Esplorando la terra ed il cosmo di Asimov, mi ha cambiato la vita».

Poi gli studi, i maestri, un professore di scienze illuminato al liceo, e la scelta di studiare fisica, come una scalata:

«Ero molto determinata, studiavo perché volevo arrivare all’obiettivo. A distanza di molti anni – racconta – sarebbe bello tornare indietro con la consapevolezza di oggi».

In un attimo riecheggiano alla mente delle immagini: i passi veloci che hanno percorso centinaia di volte le aule, le ansie, le paure. Un flashback che mescola immagini del passato con quelle del presente.

Mentre parliamo, ci chiede se avessimo visto Sliding Doors, un film su come una porta scorrevole, un elemento assolutamente imprevedibile, possa cambiare la vita di una persona in modo altrettanto imprevedibile. Proprio com’è successo a lei, occasione dopo occasione, dalla Johns Hopkins University di Baltimora, fino all’Istituto Max Planck di fisica extraterrestre a Berlino, con l’obiettivo di ricostruire l’intero puzzle della storia dell’universo, portando con sé i più potenti telescopi al mondo capaci con i loro occhi e le loro antenne di captare ogni minima perturbazione tra le stelle, le nebulose e intere galassie. 

Fino a diventare nel 2004 per la prestigiosa rivista Time, il simbolo dei giovani cervelli in fuga, che dall’Europa emigravano negli Usa: «Come si è sentita appena ha visto il suo volto sulla prestigiosa rivista? E cos’ha pensato in quel momento?»

«Non l’ho vista subito, Time ha due versioni diverse negli Usa e in Europa, ed io in quel momento mi trovavo in America – sorride – è come quando c’è stato l’atterraggio sulla luna, nel mondo è stato un grande evento, ma gli astronauti hanno realizzato il tutto quando sono ritornati sulla terra».

Poi in merito ai cervelli in fuga: «Per il nostro paese è una perdita immane, ma per gli scienziati viaggiare è naturale, la ricerca non ha confini. In Italia i soldi sono pochi e spesso vengono utilizzati male, di conseguenza i giovani non hanno lo spazio che meriterebbero di avere».

Una via difficile da percorrere quella della ricerca, soprattutto se si è giovani, e se si è donne: «Le cose sono migliorate rispetto al passato, le facoltà scientifiche sono molto frequentate dalle ragazze. La ricetta sta nell’avere ambizione e curiosità – continua – bisogna puntare in alto e fare qualcosa che nessuno ha mai fatto».

Parole che ci fanno venire in mente un’altra donna che aveva il sogno di cambiare le sorti di questa terra: Jole Santelli. Fu proprio lei in qualità di Presidente della Regione nel 2020, a proporre a Sandra Savaglio di ricoprire il ruolo di Assessora con delega all’Università, alla Ricerca Scientifica e all’ Istruzione: «L’impatto con il mondo politico è stato complicato – afferma – spesso i progetti finanziati partono in ritardo o vengono sprecati. Jole sarebbe stata la persona giusta per cambiare le cose. Aveva capito che i giovani sono la vera risorsa, e che attraverso l’università si possono fare grandi cose».

Un sogno che rimarrà solo un sogno? Chi lo sa.  Di certo, la Calabria è un posto unico per guardare le stelle: «Il nostro è un cielo ancora abbastanza buio, e la Sila è un posto meraviglioso  per osservare le stelle. A Savelli c’è anche un telescopio che consente un’osservazione più professionale».

Dopo aver varcato i palcoscenici più importanti del mondo scientifico, e con la sensazione di essere arrivata in paradiso, ecco che arriva la nostalgia di quell’inferno meraviglioso. Una questione irrisolta, una porta da riaprire perché il tempo sfugge inesorabile, e non ci sono calcoli matematici che tengano. Perché in fondo, la ragazza delle galassie lo sa, più lontano ti sposti con lo sguardo, più viaggi all’indietro nel tempo e più ottieni informazioni che appartengono all’universo giovane, primordiale. 

E, se tutto quello che osserviamo della sfera celeste è qualcosa che è già passato, Sandra come Andromeda, è la Galassia più vicina distante due milioni e mezzo di anni luce. 

«Ma qual è adesso il suo sogno nel cassetto?»

«Vorrei riuscire a trovare tempo per la ricerca, coinvolgendo i miei alunni. Ci sono delle menti brillanti che hanno bisogno di fiducia. Il fatto di aver realizzato il sogno che avevo da bambina è stata una fortuna – continua – ed è bello vedere, a distanza di tempo, alcuni alunni spiccare il volo, è una sensazione indescrivibile».

Dulcis in fundo, le chiediamo della musica che ascolta. Fa partire una canzone: Somebody to love dei Queen.

Ci accorgiamo che la sua, è una dichiarazione d’amore al sole, alle radici, quelle che rimangono tali nonostante gli anni, come delle querce secolari che non smettono mai di fare ombra ai propri figli.

«Quando l’ascoltavo da ragazza, mi piaceva così tanto. Com’è possibile che l’essere umano possa creare qualcosa di così bello?». (mm)

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