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Sanità: Occhiuto, io precursore su medici stranieri in Italia, oggi li vogliono tutti

Il presidente Occhiuto: Autonomia per com'è adesso non creerà opportunità

«Quando io ho preso i medici cubani, e credo di essere stato precursore di questa pratica, l’ho fatto per disperazione, perché altrimenti avrei dovuto chiudere tutti gli ospedali calabresi». È quanto ha detto il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, intervenendo a Mattino 5 su Canale 5.

«Quando io ho preso i medici cubani – ha spiegato – e credo di essere stato precursore di questa pratica, l’ho fatto per disperazione, perché altrimenti avrei dovuto chiudere tutti gli ospedali calabresi. La mia Regione è commissariata da 15 anni e in 12 anni – quando ancora non c’ero io – non è stato assunto alcun medico o infermiere».

«Da quando ho avuto il ruolo di commissario, 3 anni fa – ha ricordato – ho assunto 3.000 unità di personale, a fronte però di 2.500 lavoratori che sono andati in pensione. Ho scelto dunque di avvalermi dei medici cubani perché provengono da un sistema eccellente, tra i migliori al mondo. Devo dire che c’è stata grande soddisfazione soprattutto tra i pazienti calabresi: chi è curato da questi medici esprime sempre grande apprezzamento per la qualità del loro lavoro».

«Io li ringrazio – ha detto ancora –. Ora in Calabria ce ne sono quasi 400, i primi sono arrivati nella provincia di Reggio. Dopo qualche settimana di formazione linguistica all’Università della Calabria, vengono inseriti negli ospedali per un periodo di tutoraggio e alla fine riescono a reggere anche da soli alcuni servizi che altrimenti sarebbero completamente sguarniti».

«All’inizio di questa operazione fui criticato da tutti, oggi invece tutti quanti sono convinti che sia una strada percorribile», ha ricordato ancora, sottolineando come «ci vuole coraggio, perché spesso non si fanno le cose impopolari anche quando sono giuste».

«Secondo me le cose giuste vanno fatte anche quando sono impopolari – ha detto –. Se si avesse lo stesso approccio nel sistema sanitario nazionale, facendo riforme, magari anche un po’ impopolari, come nel campo dei medici del territorio o per dare più risorse per gli stipendi dei medici e degli infermieri, siccome queste cose sono giuste, diventerebbero anche assai popolari».

«In Italia – ha spiegato – spesso si parla di aumentare le risorse per la sanità, che ovviamente servono e sono fondamentali, ma si parla troppo poco della necessità di riformare il sistema sanitario».

«Noi abbiamo medici e infermieri – ha ricordato ancora – che sono pagati molto meno che in altri Paesi europei, e abbiamo bisogno di rafforzare il sistema dell’assistenza territoriale, anche attraverso un rapporto diverso col pubblico dei medici di Medicina generale, perché altrimenti tutta l’utenza arriva nei Pronto soccorso».

«Sono riforme che, però – ha concluso – non sono state mai fatte, anzi negli anni passati c’è stato il numero chiuso nelle Facoltà di Medicina, un imbuto formativo che non ha offerto ai nostri ospedali abbastanza specializzati». (rrm)

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