Tavernise (m5S): Manca azione politica decisa per risolvere problemi nella sanità

Il consigliere regionale del M5S, Davide Tavernise, ha evidenziato come «manca un’azione politica forte e decisa nella risoluzione dei problemi» nella sanità calabrese.

«Dopo oltre 5 anni di governo delle destre in Regione non ci possono più essere scuse», ha detto il pentastellato, sottolineando come «il commissario ad acta, ossia il presidente della Giunta regionale, non può più fare chiacchiere da bar sui social ma deve assumersi specifiche responsabilità sui ritardi e sulla mancanza di programmazione che caratterizza la gestione della sanità calabrese, posto che la classe dirigente è stata scelta dalla maggioranza e non dalla minoranza.

«L’ultima risposta alla mia interrogazione, quella relativa alla mancata spesa dei fondi relativi al “Programma di ammodernamento tecnologico” (deliberazione Cipe n. 51 del 24/07/2019 cui ha fatto seguito il DCA n. 5 del 31/01/2022), conferma le mie parole e mostra un paradosso tutto calabrese».

«Nell’interrogazione – ha spiegato – ho chiesto di sapere come mai degli 86 milioni di euro a disposizione della Regione Calabria dal 2022 al momento risulta speso solo il 38,28% dei fondi, ossia solo 33 milioni su 53 ancora disponibili. Si tratta di fondi destinati all’ammodernamento tecnologico dei nostri presidi sanitari, per acquistare Tac, Pet-Tac, Risonanze Magnetiche, Mammografi, Angiografi, e quant’altro serve nei nostri ospedali per dare risposte ai bisogni dei nostri cittadini che ancora oggi preferiscono andare a curarsi fuori regione, facendo lievitare la spesa sanitaria, piuttosto che mettere piede in un ospedale calabrese».
«Dalla risposta alla mia interrogazione – ha proseguito – si scopre che attualmente sono stati acquistati solo 40 macchinati sugli 85 previsti, di cui 2 ancora devono arrivare. Di queste 40 apparecchiature, che poi sono 38, ne sono state collaudate e risultato effettivamente funzionati solo 7. Mentre 45 macchinari non sono stati ancora comprati e, tra le righe, non esiste un cronoprogramma degli acquisti certo e preciso. Il quadro è desolante». (rrc)

Sanità, Bevacqua (PD): Maggioranza non si è espressa su mozione a sostegno della sanità pubblica

Il consigliere regionale del Partito Democratico, Mimmo Bevacqua, ha definito «una decisione che testimonia la genuflessione al governo nazionale», la decisione, da parte della Maggioranza, di non esprimersi sulla mozione presentata da Bevacqua assieme a Davide Tavernise (M5S)Antonio Lo Schiavo (Misto) per chiedere «che il presidente Occhiuto e la giunta regionale si attivassero immediatamente presso il Governo nazionale al fine di inserire nella prossima finanziaria un adeguato finanziamento annuale a favore del Servizio sanitario nazionale corrispondente almeno al 7,5% del Pil».

In questo modo, la maggioranza «ha evitato di assumere un impegno concreto nei confronti dei calabresi. Nei prossimi giorni – ha proseguito Bevacqua – arriverà in Parlamento la nuova manovra economica e l’occasione doveva essere utilizzata per fare in modo che venissero inseriti a bilancio nuovi fondi per la sanità pubblica e per il servizio sanitario nazionale. Per il centrodestra, invece, non c’è bisogno di nulla, nonostante la sanità calabrese viva la peggiore emergenza della sua storia, come dimostrano tutti i parametri di riferimento e la situazione in cui versano gli ospedali e i pronto soccorso».

«Se a ciò uniamo i danni che potrebbero derivare con l’autonomia differenziata in materia di servizi sanitari – ha concluso il capogruppo dem – i calabresi dovrebbero  iniziare ad alzare la testa e dire a questa maggioranza che il tempo della narrazione di fantasia è scaduto e sono stufi delle tante parti recitate in questi anni dal presidente Occhiuto e dai suoi alleati di governo». (rrc)

Sanità, in Calabria attivate 20 Centrali operative territoriali: Superato il target del Pnrr

La Regione Calabria ha attivato 20 Centrali operative territoriali (Cot), con la funzione di coordinare i servizi domiciliari con gli altri servizi sanitari, assicurando l’interfaccia con gli ospedali e la rete di emergenza-urgenza. Ma non solo: ha, anche, superato il target fisstao dal ministero della Salute, che era a pari 19. La Regione, invece, ne ha già realizzate 20 e a breve si aggiungerà la 21esima con la Centrale operativa territoriale di Vibo Valentia che sarà attivata entro ottobre.

Le nuove Cot sul territorio si occupano della presa in carico del paziente e sono dotate dei mezzi tecnologici che garantiscono il controllo remoto dei dispositivi di telemedicina che saranno forniti ai pazienti, sostenendo lo scambio di informazioni tra gli operatori sanitari coinvolti nella cura e costituendo un punto di riferimento che seguirà le attività anche in caso di proseguimento delle cure e della terapia/assistenza post ospedaliera.

Monitorata puntualmente da parte dell’Unità operativa autonoma ‘Edilizia sanitaria’, la procedura di completamento delle Centrali operative territoriali (Cot), porta dunque ad aver rispettato e superato gli obiettivi fissati per la finalizzazione del sistema di assistenza territoriale regionale.

Il quadro di attuazione di questo profondo investimento infrastrutturale sanitario si compone delle strutture ad oggi collaudate e già attive di Botricello, Catanzaro, Lamezia Terme, Girifalco, Chiaravalle, Castrovillari, Corigliano, Rossano, Cosenza, Paola, Rende, Crotone, Mesoraca, Bagnara Calabra, Cardeto, Locri, Reggio Calabria, Taurianova, Nicotera, Pizzo.

L’attivazione delle Cot giunge a compimento di una serie di azioni che hanno impegnato il presidente Occhiuto e il Dipartimento della Salute, nella copertura delle zone carenti con i nuovi inserimenti di medici specialisti, nel completamento dei corsi di formazione per gli altri medici di base e pediatri, nell’apertura delle nuove scuole di specializzazione.
Nell’immediato futuro sono in programma ulteriori innesti di alte professionalità nei presidi ospedalieri, oltre all’apertura e la messa in funzione dei nuovi reparti. (rcz)

In Calabria arrivati altri 66 medici cubani

In Calabria sono arrivati altri 66 medici cubani a dare supporto alla sanità calabrese. Lo ha reso noto il Dipartimento Sanità e Welfare della Regione Calabria, illustrandone la loro distribuzione: 18 all’Asp di Catanzaro, 17 all’Asp di Vibo Valentia, 12 all’Asp di Crotone, 9 all’Asp di Reggio Calabria, 6 all’Ao ’Annunziata’ di Cosenza e 4 all’Asp di Cosenza.

I 66 camici bianchi sono il quarto si vanno ad aggiungere ai 267 che ormai lavorano stabilmente nei nostri ospedali. Come i loro colleghi, anche loro, prima di raggiungere gli ospedali di assegnazione, seguiranno l’ormai collaudato corso di lingua italiana presso l’UniCal di Cosenza.

In Calabria attualmente, dunque, ci sono 333 medici cubani, «e altri ne arriveranno nei prossimi mesi fintanto che la Regione non riuscirà con i concorsi a coprire tutte le carenze di organico ancora presenti – ha riferito il Dipartimento in una nota –. I nuovi arrivati andranno a lavorare soprattutto nella rete dell’emergenza-urgenza, per rafforzare questo settore nevralgico e per dare maggiori e migliori servizi ai cittadini». (rcz)

IL PAZIENZE “CALABRIA” SI PUÒ CURARE:
RIPARTIRE EQUAMENTE FONDI SANITARI

di GIACINTO NANCI – I danni ai malati calabresi vengono, oltre che dalle infiltrazioni mafiose, prima di tutto dal cronico ultraventennale sottofinanziamento della sanità calabrese. Infatti la Calabria è la regione che da sempre è nelle ultime posizioni per i finanziamenti pro capite (oltre 100 milioni annui di euro in meno rispetto alla regione più finanziata) per la sua sanità in base alla legge 386 del 18 luglio 1996. Da qui l’accumulo di un deficit sanitario di un miliardo e mezzo per cui nel 2009 la decisione da parte del Governo di imporre alla Calabria il piano di rientro sanitario e nel 2011 il commissariamento.

Le infiltrazioni mafiose nella sanità hanno solo peggiorato la qualità della sanità calabrese, sottraendo ulteriori fondi dedicati ai malati calabresi. Ma, ad aggravare pesantemente la situazione della sanità calabrese e a bocciare definitivamente l’attuale criterio di riparto dei fondi sanitari alle regioni, è il fatto che in Calabria ci sono molti più malati cronici che non nelle altre regioni e da ciò ne consegue che la Calabria avrebbe dovuto in passato e dovrebbe ricevere in futuro molti più fondi delle altre regioni e non meno fondi.

A certificare la presenza di molte malattie croniche che necessitano quindi di maggiore spesa sanitaria in Calabria è stato perfino il commissario Scura, firmando il decreto 103 nel lontano 15 settembre 2015. Decreto che, con le sue specifiche tabelle, quantificava in 287.000 malati cronici in più tra i circa due milioni di abitanti calabresi, rispetto ad altri due milioni di altri italiani. Come se ciò non bastasse, vi è che per le spese sanitarie dei calabresi fuori regione ormai spendiamo fino a 300 milioni di euro, che sono fondi sottratti agli investimenti della sanità in Calabria.

Ancora vi è il fatto che il piano di rientro, oltre a far danno ai malati calabresi, peggiora anche l’economia della Calabria perché, proprio perché siamo in piano di rientro, da 15 anni a questa parte noi calabresi paghiamo più tasse (Irap, Irpef, accise sui carburanti e per un periodo anche maggiori ticket sanitari) degli altri italiani. A conferma di quanto fin qui scritto, vi è il fatto che nel 2016 la Conferenza Stato Regioni ha fatto una parzialissima (per come affermato dal suo presidente on. Bonaccini) modifica ai criteri di riparto dei fondi sanitari alle regioni, considerando la presenza delle malattie nelle varie regioni. Ebbene, in seguito a questa “parzialissima modifica” nel 2017, la Calabria ha ricevuto ben 29 milioni di euro in più del 2016 e tutto il Sud ben 408 milioni in più. Ovviamente la modifica non è stata ne ampliata ne riproposta.

Un’altra conferma è il fatto che nel 2022 la regione Campania (l’unica che riceve meno fondi pro capite anche rispetto alla Calabria, ha fatto ricorso al Tar proprio contro i criteri distorti del riparto dei fondi sanitari alle regioni. Significativo è il fatto che, dopo questo ricorso al Tar, il Governo ha modificato i criteri di riparto dei fondi sanitari alle regioni, introducendo il criterio della “deprivazione” per dare più fondi (pochissimi) alle regioni del Sud. Allora cosa fare per salvare la sanità calabrese? Oltre ad aumentare la lotta alla mafia, che non è comunque la causa principale del disastro della sanità calabrese, bisogna chiudere con il piano di rientro perché esso stesso è dannoso per la sanità calabrese, e modificare i criteri del riparto ai fondi sanitari alle regioni basandolo sulla presenza delle malattie.

Oggi sappiamo quanto costa curare una malattia cronica, sappiamo quante malattie croniche ci sono nelle varie regioni e, quindi, non sarebbe difficile finanziare le sanità regionali in base ai reali bisogni delle popolazioni. La chiusura del piano di rientro, tra l’altro giudicato parzialmente anticostituzionale da una sentenza della Corte Costituzionale nel 2021, dovrebbe essere una cosa ovvia considerando il fatto che, dopo 15 anni di piano di rientro, la regione Calabria è maglia nera nell’applicazione dei Lea (Livelli Essenziali di Assistenziali) e lo è anche nonostante dal 2019 siano anche commissariate anche tutte le Asp calabresi, e i tre maggiori ospedali regionali. I commissari non sono stati utili neanche per la lotta alla infiltrazione mafiosa, visto la che la Asp di Vibo Valentia ha avuto forse più di 4 commissari negli ultimi anni.

È chiaro cosa fare per un giusto finanziamento delle sanità regionali, ossia il riparto in base alla presenza delle malattie. Si punti su questo. (gn)

[Giacinto Nanci è medico di famiglia in pensione dell’Associazione Mediass]

Vannini (Fp Cgil) incontra all’Annunziata di Cosenza la stampa

Domani pomeriggio, alle 14.30, Michele Vannini, segretario nazionale di Fp Cgil con delega alla Sanità, incontrerà all’Annunziata di Cosenza incontrerà la stampa, in occasione della campagna della Funzione Pubblica Cgil “Curiamoci di noi” che sta entrando in diversi presidi ospedalieri calabresi per ascoltare i lavoratori e sollecitare interventi.

L’incontro seguirà alla visita di Vannini all’Annunziata e alla Centrale Operativa del 118, e vedrà la partecipazione anche dei dirigenti regionali e territoriali, dei lavoratori e delle lavoratrici.

La campagna di ascolto del territorio sta toccando tutte le regioni italiane a difesa dei diritti di lavoratrici e lavoratori della sanità per sollecitare investimenti su professionalità e prospettive di un comparto fondamentale per i cittadini e il Paese.

Quattro intensi giorni in Calabria di lavoro e confronto con il personale sanitario e provare a immaginare e costruire un nuovo modello sanitario. Il tour sarà anche occasione di discutere delle trattative per il rinnovo del contratto collettivo nazionale della sanità.

Mammoliti (PD): Lo Stato deve ripristinare il governo della sanità pubblica nel Vibonese

«Lo Stato deve ripristinare il governo della sanità pubblica nel Vibonese  per affermare la necessaria supremazia in un settore che in cinque anni ha visto cambiare cinque Commisari di cui due part-time». È quanto ha dichiarato il consigliere regionale del PD, Raffaele Mammoliti, evidenziato come «la decisione del Consiglio dei ministri di nominare una commissione straordinaria all’Asp di Vibo Valentia evidenzia, in modo incontrovertibile, come nonostante il precedente scioglimento l’opera di bonifica non sia stata evidentemente tale da imprimere in profondità quella necessaria bonifica nel sistema di gestione della sanità pubblica».

«Nel territorio vibonese – ha ricordato – bisogna tenere in considerazione due elementi molto paradigmatici che denotano la responsabilità sicuramente politica di chi possiede ruoli di governo ai vari livelli. Il primo. La costruzione del nuovo ospedale prevista con ordinanza di protezione civile ancora è sprovvista del progetto esecutivo dopo oltre 15 anni. La seconda. In cinque anni sono cambiati ben cinque commissari di cui due part-time».

«È evidente che con questa precarietà – ha proseguito – si è di fatto favorito un graduale smantellamento del sistema pubblico a causa del governo precario che non ha evidentemente avuto la forza di assumere provvedimenti urgenti, strutturali e straordinari come invece la criticità vibonese richiedeva».

«Auspichiamo, pertanto  – ha concluso – che la commissione straordinaria possa anche attraverso il sostegno delle forze politiche, sociali e istituzionali, favorire l’affermazione del necessario governo della sanità pubblica imprimendo quel necessario risanamento e arginando qualsiasi condizionamento da parte di organizzazioni criminali e/o eventuali centri di potere che perseguono interessi privati». (rvv)

L’OPINIONE / Enzo Marra: Il presidio sanitario di Via Willermin non va chiuso, ma potenziato

di ENZO MARRA – Terremo alta l’attenzione sul piano di razionalizzazione della rete dei laboratori d’analisi che il Commissario ad acta Roberto Occhiuto vuole imporre, con il benestare del management dell’Asp reggina che supinamente aderisce anche alle decisioni più aberranti.

Condivido pienamente il grido di allarme proveniente dal Pd di Reggio Calabria e poi rilanciato dal sindaco Giuseppe Falcomatà per la paventata chiusura di un presidio sanitario cruciale per la Città di Reggio Calabria che rischia di vedere cancellata una struttura storica e d’eccellenza che ha svolto una preziosissima opera durante l’emergenza Covid. Il Commissario alla sanità e la dirigenza dell’Asp hanno il dovere di confrontarsi con il territorio prima di assumere decisioni incomprensibili e animate soltanto da una logica di tagli lineari che ha portato al collasso il sistema sanitario calabrese arrivato ormai ad uno stato di totale emergenza.

Il presidio di via Willermin  non soltanto deve essere tutelato, ma va potenziato nell’interesse dell’intera Comunità reggina. Proseguiremo, senza sosta, il nostro impegno sulla vicenda in piena sintonia con tutti i livelli del partito che ha scelto con chiarezza la sanità pubblica come obiettivo prioritario della propria azione politica al contrario del centrodestra che, con l’approvazione dell’autonomia differenziata, aggraverà ulteriormente la situazione. (em)

[Enzo Marra è presidente del Consiglio comunale di Reggio Calabria]

Bruni (PD): Inaccettabile il ritardo nel realizzare posti letto di terapia intensiva e sub-intensiva

La consigliera regionale del PD, Amalia Bruni, ha denunciato l’inaccettabile ritardo nella realizzazione dei posti letto di terapia intensiva e subintensiva in Calabria, programmati durante l’emergenza Covid e previsti dalla legge 34/2020.

«La giornata di ieri – ha spiegato la dem – ha reso noti i dati ufficiali del governo sull’attivazione dei nuovi posti letto – dichiara Bruni – e, purtroppo, anche in questa delicatissima vicenda la Calabria si distingue come l’ultima della classe. Su 134 posti letto di terapia intensiva ne sono stati attivati solo 24, pari al 18%, mentre sui 136 posti letto di terapia subintensiva ne sono stati realizzati appena 11, corrispondenti all’8%. Questi sono i fatti»

La consigliera Bruni ha evidenziato come questi dati siano un segnale allarmante per la sanità calabrese, che continua a registrare un livello critico di inefficienza in settori vitali, nonostante gli annunci propagandistici.

«Non c’è angolo del nostro complesso servizio sanitario in cui si veda la luce – ha continuato Bruni – solo proclami e annunci, ma la realtà dei fatti è sempre più drammatica. Chi non ha memoria corta ricorderà bene i giorni tragici del Covid, quando la Calabria ha rischiato di finire in zona rossa proprio per la carenza di posti letto nelle terapie intensive»

Bruni, inoltre, ha espresso preoccupazione per il rischio di perdere ulteriori opportunità legate ai fondi del Pnrr.

«I posti letto di terapia intensiva – ha sottolineato la consigliera – sono stati inseriti all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che prevede che entro giugno 2026 le opere siano collaudate. Tuttavia, con questi ritmi, rischiamo di perdere anche questa occasione cruciale».

Bruni, infine, ha annunciato di aver già predisposto un’interrogazione formale al presidente della Regione, Roberto Occhiuto, per fare chiarezza su questi ritardi inaccettabili: «Presenterò nelle prossime ore un’apposita interrogazione per chiedere spiegazioni sull’intera vicenda, perché i calabresi meritano una sanità efficiente e sicura, non solo parole».

IN CALABRIA EMIGRAZIONE SANITARIA DA
RECORD: ALLA REGIONE COSTA 294 MLN

I pazienti fuggono dal Sud e fanno ricchi gli ospedali del Nord. La dinamica non è nuova ma i numeri sono aggiornati al 2023 e raccontano che l’esodo – già notevole – è addirittura aumentato e la Calabria ha il peggior saldo in Italia tra incassi e spese. È, infatti, la Regione con il saldo peggiore (-294 milioni) perché spende 325 milioni per chi va a curarsi fuori e ne incassa appena 31 per chi arriva da altre regioni. Ha superato (si fa per dire) la Campania, dove il saldo è passivo per 285 milioni (444 spesi per i residenti che si curano altrove e 159 incassati per i pazienti in arrivo). Sul gradino più basso dello scomodo podio c’è la Sicilia con 222 milioni di saldo negativo.

Secondo quanto riportato da Repubblica i dati migliori sono tutti al Nord, meta dei tradizionali viaggi della speranza: la Lombardia ha incassato circa un miliardo e speso 421 milioni per i suoi cittadini che si sono curati fuori regioni. Saldo positivo di 579 milioni, superiore ai 466 dell’Emilia-Romagna (comunque in crescita rispetto ai 407 del 2022) e ai 189 del Veneto (anche in questo caso c’è una crescita rispetto ai 176 milioni dell’anno precedente).

I numeri restituiscono l’immagine di una sanità spaccata e di un divario crescente tra Nord e Sud per la qualità dell’assistenza. L’esodo dei pazienti per fare interventi chirurgici, terapie ed esami è aumentato e ha superato i livelli raggiunti prima del Covid. Le cifre finite nei documenti della Conferenza Stato-Regioni sono impressionanti. Sono ormai oltre mezzo milione le persone che si spostano. E, l’osservazione viene da sé, il sistema sanitario è già (molto) spezzettato prima che l’Autonomia differenziata diventi realtà. Cosa accadrà quanto in futuro le Regioni ricche potranno attrarre anche i migliori professionisti rimasti al Sud allettandoli con stipendi più alti? Meno risorse alle Regioni povere e professionisti in fuga: se il presente – come testimoniano i numeri – è complicato, il futuro potrebbe essere un incubo negli ospedali del Meridione.

Se i progetti “separatisti” del governo preoccupano in prospettiva, in Calabria la tenuta del sistema è già assai fragile. Tra il 2022 e il 2023 il dato sulla mobilità passiva è peggiorato, segno che le strutture sanitarie della regione continuano a essere poco attrattive. L’inversione di tendenza tanto attesa e immaginata dalla politica non si è vista e in generale viene confermato il trend nazionale: chi era già attrattivo lo è diventato ancora di più, chi non lo era continua a precipitare e accumulare debiti.

In un anno, secondo i dati raccolti dall’agenzia sanitaria delle Regioni, l’Agenas, sono stati circa 230 mila i cittadini delle realtà in piano di rientro (Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria, Puglia e Sicilia). Il dato è del 2022. Nel 2023 le cose sono peggiorate e la mobilità sanitaria continua a crescere dopo gli anni più duri della pandemia da Covid: il giro d’affari secondo i dati 2023 approvati ieri dalla Conferenza delle Regioni sfiora i 4,6 miliardi, in crescita rispetto ai 4,3 miliardi del 2022.