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SANT’AGATA DEL BIANCO, UN MODELLO PER
LA RIGENERAZIONE URBANA DEI BORGHI

SANT'AGATA DEL BIANCO, UN MODELLO PER LA RIGENERAZIONE URBANA DEI BORGHI

di SANTO STRATI – Sant’Agata del Bianco non è soltanto il paese aspromontano che ha dato i natali allo scrittore Saverio Strati, ma, oggi, è un esempio riuscito di rigenerazione urbana. Un modello che dovrebbero imitare e mettere in pratica il Presidente della Regione e il sindaco Metropolitano di Reggio contro lo spopolamento dei borghi e la valorizzazione del capitale umano che essi conservano.

Non so se Roberto Occhiuto e Giuseppe Falcomatà siano andati negli ultimi anni a Sant’Agata del Bianco, nel caso rimedino al più presto e si facciano guidare dal giovane e intrepido sindaco Domenico Stranieri: è un “cicerone” straordinario, appassionatamente convinto della necessità di ridare ai cittadini lo spazio vitale della sua città, utilizzando – ahimè – solo valentissimi ed eccezionali volontari non pagati ma non per questo meno prodighi di attenzioni e impegno verso un territorio, che, a ben ragione, appartiene a loro.

Ero stato a Sant’Agata più di 50 anni fa, giovane cronista, di ritorno da San Luca dove una terribile alluvione aveva completamente devastato il paese di Corrado Alvaro. Ero curioso di vedere questo piccolo angolo d’Aspromonte, stuzzicato dall’idea di uno scrittore in ascesa che portava il mio stesso cognome (ma nessun legame di parentela) che sapevo nato lì e andato via molti anni prima. M’incuriosiva il fatto che in un così piccolo spazio di territorio (San Luca – Bianco – Bovalino) ci potesse essere una così ampia presenza “letteraria”. Era il 1972, Saverio Strati aveva pubblicato già diversi libri che mi avevano intrigato (soprattutto Tibi e Tascia) e stava lavorando a Noi Lazzaroni. A San Luca c’era la meravigliosa “presenza” di Alvaro e a Bovalino Mario La Cava “marcava” il territorio con una prosa efficace, avendo già delineato i Caratteri dei calabresi. A vent’anni mi era difficile non restare affascinato dall’idea di tre scrittori nati in Aspromonte di cui due in corsa verso il successo nazionale (Alvaro aveva già raggiunto l’apice del successo).

Sant’Agata – nei ricordi che sono ritornati limpidi appena ho rimesso piede nel borgo – mi era apparsa come tanti altri paesi abbandonati (nel senso della trascuranza da parte degli amministratori): strade acciottolate, rotte, mura scrostate, le immancabili pareti esterne con mattoni a vista (in Calabria mancano sempre i soldi per l’intonaco esterno), un paese di anziani. Chiesi di Saverio Strati, ma solo qualche maturo contadino ricordava vagamente che era nato lì uno che scriveva libri ma viveva da tanto tempo al Nord. Erano altri tempi, sia chiaro, le notizie avevano un loro lento percorso, c’era un solo canale televisivo e di Calabria non parlava mai nessuno se non in occasione di morti ammazzati di mafia o di tragedie naturali come l’alluvione. Terra di fiumare e di devastazioni, di fiumi che facilmente rompevano gli argini e allagavano le campagne. Ma quella di San Luca nella memoria storica superava tante altre alluvioni e devastazioni.

Il ritorno a Sant’Agata, però, mi riserva una sorpresa straordinaria: non ci sono più le polverose strade di ciottoli e l’antico borgo, il centro cittadino, intorno alla casa natale di Saverio Strati, è un meraviglioso museo all’aperto, con tanti murales e una quantità incredibile di sculture di metallo realizzate da un artista autodidatta, Antonio Scarfone, che raccoglie i rottami di ferro e dà loro una intensa ed eccezionale dignità artistica. Scarfone, peraltro, è anche l’ideatore, di fronte alla casa natale di Strati, di un “Museo delle cose perdute” che raccoglie testimonianze di vita, segni di una civiltà contadina che suggeriscono al visitatore un percorso di grande suggestione. Ma è tutto il paese che è un museo all’aperto, dove la rigenerazione urbana (pur in assenza totale di fondi  e basterebbero appena poche decine di migliaia di euro) compie un miracolo che deve divenire un modello per tanti altri borghi.

C’è voluta la testardaggine del sindaco Stranieri per ridare vita a un paese dimenticato e abbandonato, creando un’atmosfera di luce e di colore che da sola esprime il senso della gioia di vivere, soprattutto in un piccolo borgo. E attraversando i viottoli del centro storico si è affascinati dalla ricchezza di vitalità che muri un tempo scrostati oggi promanano, si è ammaliati dalle “porte pinte” che sono chiuse ma esprimono il grande senso di libertà che l’arte, un disegno, una scultura riescono a infondere nel visitatore. Non è turismo di massa, ma diviene passione e attenzione per un territorio rigenerato, dove i giovani artisti del luogo (quasi tutti autodidatti) hanno potuto far sgorgare il loro talento e raccontare con una narrazione pittorica il sentiment che accompagna le suggestioni del cuore.

Non bisogna aver letto Saverio Strati per appropriarsi, con autentica gioia, della ricchezza di queste case, di queste mura, di queste stradine dove il colore ha dato una dimensione nuova e unica. Ma poi, naturalmente, viene da sé il bisogno di cercare (e trovare) nelle pagine di Saverio Strati le emozioni e le suggestioni appena vissute.

Sant’Agata del Bianco domina la fiumara La Verde e le montagne all’orizzonte sembrano colorate di blu: è una sensazione di grande respiro quella che prende il visitatore, che non può fare a meno di innamorarsi di questo borgo, dove il tempo sembra essersi fermato per creare uno spazio infinito dove dimenticare i quotidiani affanni. Certo, la visita guidata dal sindaco o da uno dei tanti volontari diventa un elemento essenziale per gustare e poter raccogliere il messaggio che è ancora possibile una qualità della vita lontana dal logorio di corse infinite. Corriamo tutti, senza una vera e propria ragione, corrono tutti, corriamo anche noi, trascurando la bellezza della natura che in luoghi come Sant’Agata sono a portata di tutti: non ci accorgiamo di come sprechiamo gran parte della nostra vita trascurando quanto di bello e vitale abbiamo intorno.

Il miracolo di Domenico Stranieri – perché, sia chiaro, di miracolo si tratta – di far rinascere senza risorse il centro storico di Sant’Agata è qui davanti agli occhi di chiunque voglia avventurarsi a scoprirlo: ci son voluti la passione, l’ostinazione, l’entusiasmo di un giovane sindaco a compiere quella rigenerazione urbana di cui tutti amano oggi parlare, senza poi far seguire le azioni concrete, le realizzazioni.

Ecco la ragione per la quale Sant’Agata deve diventare un punto di riferimento essenziale per chiunque abbia voglia di far rinascere e prosperare un territorio: la Regione deve finanziare le opere necessarie per rendere stabile il precario, per dare ossigeno a un paese che merita di farsi scoprire. E il pretesto dell’aver dato i natali a uno dei più grandi autori del Novecento (la rivalutazione di Saverio Strati, grazie al cielo, è già partita) non sarà solo un elemento di orgoglio, ma un modello di trasformazione del modo di sostenere iniziative di cultura nel e del territorio. Non sono i murales a fare di Sant’Agata un borgo di straordinaria bellezza (ce ne sono a Diamante e in molti altri centri della Calabria che hanno fatto della street art un itinerario narrativo per il territorio) ma è l’idea che sta alla base che è vincente.

Domenico Stranieri ha coltivato il talento dei giovani locali, ha motivato cantastorie (uno di essi, Romano Scarfone, straordinario cantore, ha accompagnato con la sua chitarra e la sua musica la mia visita), ispirato iniziative, ha reso fruibile un territorio abbandonato: è questa la scelta vincente. Il borgo diventa centro di attrazione, per i giovani opportunità di lavoro e di crescita, per i bambini un segnale, un’indicazione-promemoria per non dimenticare le tradizioni, per gli anziani rivivere nelle strade e per le vie l’orgoglio dell’appartenenza e la sensazione di avere vissuto un sogno che si chiama vita, tra le mura di casa e gli odori, i profumi, i colori del cielo. Sant’Agata esprime tutto questo e merita la massima attenzione perché il suo modello – lo ripeto – è decisamente vincente.

Questo è il percorso intelligente per la rigenerazione della Calabria e dei suoi tantissimi, meravigliosi, borghi. Riscoprirne l’essenza vitale, valorizzare case, strade, angoli di suggestione unica. Un obiettivo neanche tanto difficile da raggiungere: le migliaia di bambini che le scuole della zona fanno arrivare in gita a Sant’Agata del Bianco sono il punto di partenza di un itinerario che fa scoprire la cultura dei borghi, ma esalta, allo stesso tempo, la cultura, la voglia di conoscenza che le nuove generazioni non nascondono. La scuola è determinante nella formazione dei nostri futuri concittadini, che si sentiranno, anche loro, figli di una terra meravigliosa ma un po’ matrigna (perché fa scappare i suoi figli), con l’orgoglio  di quella calabresità che Corrado Alvaro prima, Saverio Strati poi e insieme tanti altri autori nati in Calabria hanno saputo trasmettere. (s)

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