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SudeFuturi, cultura e marketing territoriale per rinnovare il Mezzogiorno

SudeFuturi

«La Calabria non fa promozione, parla solo di mare e ignora montagna e siti storici. Manca la visione, mancano persone competenti che si siedono dando una strada maestra da perseguire. Molti investitori non investono qui perché hanno paura» ha dichiarato Maurizio Talarico, imprenditore, nel corso del confronto su marketing territoriale, cultura, miti e cinema al Castello Ruffo di Scilla, durante la seconda giornata della terza edizione di SudeFuturi, organizzato dalla Fondazione Magna Graecia.

Tantissimi gli ospiti che si sono confrontati, in questa seconda giornata, con i giornalisti Paola BotteroAlessandro Russo: per Marina Lalli, presidente di Federturismo, «il turismo è espressione del territorio per cui il marketing territoriale è l’asset fondamentale su cui il turismo deve basarsi», e «per ogni euro investito in cultura se ne attivano 5 su turismo e trasporto».

Il turismo ha un forte impatto sui territori per cui bisogna promuoverne uno responsabile che non snaturi i luoghi ed eviti il fenomeno della gentrificazione. «In passato abbiamo snaturato alcuni territori e non va bene. Se leviamo i veneziani dalle calle chi arriva non troverà autenticità. Affittare agli stranieri è più conveniente che ai locali e abbiamo visto con Airbnb cos’è successo. Ma dopo la pandemia il mondo è cambiato per cui tocca a noi rilanciare i nostri territori anche attraverso la gente del luogo». In questo gli eventi possono avere un ruolo fondamentale perché in passato « hanno lanciato dei luoghi che nessuno avrebbe conosciuto, tipo il festival di Spoleto. Gli eventi sono un vero prodotto turistico e la loro costruzione è diventata la strategia di marketing territoriale principale anche per allungare la stagione turistica».

Bisogna però evitare i rischi che le città, accogliendo più persone del solito, vadano in tilt per quanto riguarda la racconta rifiuti perché sarebbe «imperdonabile» ha concluso Lalli, sottolineando l’urgenza di investire in formazione. «Quest’anno molte risorse umane sono mancate per tutta una serie di motivi e dobbiamo prepararci all’anno prossimo per trovarci pronti».

La rivoluzione digitale può essere una scintilla per rianimare i territori del Sud secondo Michelangelo Suigo, Direttore Relazione Esterne, Comunicazione e sostenibilità di INWIT. «Per raggiungere la piena e completa digitalizzazione e consentire al Sud di fare un salto in avanti verso la società del futuro, che ponga le basi su innovazione e sviluppo sostenibile, è fondamentale sfruttare appieno la grande opportunità rappresentata dal Pnrr e costruire così una nuova idea di Mezzogiorno».

«Dobbiamo guardare al futuro – ha aggiunto – e costruire le basi di un’Italia più sostenibile e tecnologica da consegnare alle generazioni che verranno. Grazie al 5G si potrà sperimentare una nuova modalità di viaggio grazie ai percorsi interattivi. Ancora il 5g potrà influire nel remote working e gli italiani potranno scegliere di tornare a lavorare nei loro luoghi di origine magari tornando in quei borghi spopolati che in passato hanno vissuto altri fasti».

Dell’urgenza di sinergia ha parlato Pasqualino Ciccone, sindaco di Scilla: «Credo sia arrivato il momento per gli amministratori locali di fare rete. Non abbiamo rappresentanza politica a livello nazionale, ma nonostante questa situazione noi possiamo giocarci questa situazione nel nostro piccolo. Stiamo pensando di creare un organismo per poter gestire direttamente i fondi che riusciamo ad attrarre dall’Unione Europea per non rischiare di perderli. Ognuno, nel compito che ha e nel ruolo che svolge, deve fare il proprio lavoro per questa terra».

Il giornalista Antonio Padellaro, ha sottolineato che «quando si parla di Sud, l’informazione viaggia tra due estremi: se ci si affida allo stereotipo della cartolina o alla cultura del piagnisteo e la Calabria resta lì cristallizzata in queste due immagini e non si risolvono tutti i problemi che sappiamo».

Interessante e ricco di spunti, la seconda sessione dei lavori mattutini, che si è incentrata su Cultura e mito: le chiavi di sviluppo del Sud, introdotto dal giornalista Paolo Mieli, che ha provato a focalizzare l’attenzione sui motivi per i quali la Calabria non è ancora riuscita a sfruttare arte, cultura e bellezza per riscattare la propria immagine e programmare un futuro diverso.

A provare a rispondere, per primo, è stato l’imprenditore Santo Versace, collegato in streaming. «La Calabria ha tutto quello che serve in teoria per essere una regione ricchissima e con la piena occupazione. Ma questo non avviene intanto per responsabilità della politica».

«Ogni giunta regionale – ha detto Santo Versace – è stata peggiore della precedente e poi anche lo Stato ha le sue responsabilità, come si può rilevare per la sanità, commissariata da lunghi anni. C’è poi da considerare anche la commistione tra criminalità, istituzioni e politica. Se la Calabria fosse correttamente amministrata potrebbe primeggiare. Credo che manchi il Draghi della situazione in grado di governare e premiare il talento».

A dare il cambio a Paolo Mieli nella conduzione del dibattito sono stati poi i giornalisti Paola Bottero e Alessandro Russo che hanno insistito sulla necessità di un diverso storytelling che riesca a far emergere il bello e il positivo della nostra terra.

In piena sintonia il regista Mimmo Calopresti. «La Calabria non viene mai raccontata in chiave positiva o sentimentale – ha detto Calopresti – eppure dovrebbe essere una vera e propria “fabbrica della bellezza” oltre il mito, il mare, il silenzio delle sue montagne. Lo Stretto ha la luce più bella del mondo e un film su Scilla potrebbe partire da qui, da una luce che cambia la storia e lo stesso modo di stare al mondo».

Lo scenografo e premio Oscar Gianni Quaranta, su stimolo arrivato sia dall’assessore alla Cultura del Comune di Scilla Marinella Gattuso e di Paola Bottero, ha immaginato da dove poter partire per un film da girare a Scilla. «La finestra la aprirei sul villaggio dei pescatori – ha detto Quaranta – un punto di riferimento del passato, ma presente per il futuro. L’altra finestra l’aprirei dal castello che offre una veduta unica. Trovare una storia da ambientare in questo villaggio e svilupparla attraverso la baia. Servono però scuole per arrivare a questo risultato. Perché non fare qui una scuola artistica? O le strutture per realizzare questi film. Non c’è uno studio in Italia per girare film che prevedono scene in mare e si deve andare a Malta. Realizzare una struttura del genere qui potrebbe essere anche un modo di garantire economia e occupazione».

Il docente Unimed, del dipartimento dArTe, Ottavio Amaro ha illustrato l’esperienza fatta in ateneo per provare a scoprire una nuova Calabria. «Come Università ci siamo posti il problema di conoscere in maniera diversa questa regione. Il mito è strutturale a questa terra. Tutta la nostra iconografia storica tiene insieme la dimensione di mito e mistero che, però, spesso viene occultata da una comunicazione turistica che non riesce a raccontarla. Come superare questa narrazione negativa? Serve scavare sotto il sistema di degrado costruito dalla cronaca per creare un vero turismo culturale, inteso come arte dei luoghi».

Più pragmatico l’intervento del presidente della Fondazione Nino Foti, che detto chiaramente come per «valorizzare al massimo il mito della bellezza serva un cambiamento degli uomini che devono essere formati da giovani ad amare cinema, arte e cultura. Anche la formazione accademica deve fare la sua parte. Lo stesso discorso vale per la politica così come abbiamo già detto in occasione del prequel di questa manifestazione al quale ha partecipato Nicola Gratteri che ha lanciato l’idea di una possibile scuola di formazione politica che stiamo valutando».

In pieno accordo l’intervento dell’assessore alla Cultura del Comune di Scilla, Marinella Gattuso: «Nel mancato sviluppo del Sud c’è una sicura responsabilità della politica che da 50 anni non investe qui. Esiste poi, ovviamente, il problema legato alla criminalità, ma c’è da considerare anche la formazione culturale del calabrese che spesso viene sottovalutata.  La maggior parte della popolazione non partecipa alla vita pubblica e non crede alle potenzialità della propria terra.  Si deve invece cominciare da qui con un diverso tipo di partecipazione e di volontà». (rrc)

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