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Terme Luigiane: la stagione è ormai andata. Un fallimento le trattative

Terme Luigiane

di FRANCO BARTUCCI – Cala il sipario sulla stagione delle Terme Luigiane. Anche la giustizia concorre ad affossare, come la politica, le Terme Luigiane, così come è successo anni prima con gli stabilimenti della Marlene di Praia a Mare. Lo dicono molti lavoratori delle Terme Luigiane dopo quanto è accaduto a Catanzaro presso il Tar lo scorso 22 giugno. La farsa sulle Terme Luigine, avviata e scritta dai due Sindaci di Acquappesa e Guardia Piemontese, sulla ricerca del nuovo sub concessionario, a cui affidare la gestione delle acque termali fino al 26 aprile 2036, ha trovato il culmine della sua storia con la richiesta fatta dai legali dei due Sindaci al giudice del Tar, nell’apposita udienza fissata per esaminare i ricorsi presentati dalla Sateca sulla vicenda delle Terme Luigiane. In tale circostanza, avversata dai legali della Società Sateca,  infatti è stata manifestata una richiesta di rinvio dell’esame dei procedimenti  oggetto della causa, supportata pure da una  dichiarazione di non opposizione da parte della stessa Regione.

Una udienza avente in esame tre procedimenti proposti dalla Sateca riguardanti in primo luogo l’ultimo atto a firma della presidenza Oliverio che con il provvedimento regionale n° 16199 del 18 dicembre 2019  rinnovava ai due Comuni la concessione delle acque termali per un periodo di trent’anni a partire dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo 152/2006 e di conseguenza la ricerca del nuovo sub concessionario secondo la formula del concorso pubblico; in secondo luogo un ricorso avverso il regolamento di distribuzione delle acque termali approvato nel mese di novembre 2020 dai consiglieri di maggioranza degli organi consiliari delle due amministrazioni comunali; per ultimo contro l’avviso pubblico, datato 30 aprile 2021, diffuso dalle due amministrazioni comunali nei primi giorni del mese di maggio 2021, per la ricerca di manifestazioni d’interesse da parte di soggetti interessati alla gestione dello stabilimento termale San Francesco e degli uffici amministrativi con l’erogazione di 40 litri a secondo di risorse minerarie idrotermali presenti nel compendio termale delle Terme Luigiane, da presentare entro le ore 12,00 del 14 giugno 2021.

Non entrando nel merito specifico del regolamento e dell’avviso di cui sopra  ad occhio nudo emerge, comunque, un differente trattamento sull’erogazione dell’acqua idrotermale. Nel regolamento si riconosce allo stabilimento “Terme Novae” ed al Parco acquatico “Acquaviva” un quantitativo di acqua idrotermale pari a 18 litri a secondo; mentre per lo stabilimento San Francesco ne vengono indicati ben 40 litri a secondo. Un trattamento differenziato che risalta maggiormente guardando alla capienza di servizio delle due strutture abilitate all’erogazione dei servizi termali. Mentre lo stabilimento San Francesco è dotato di 102 postazioni curative, lo stabilimento “Terme Novae” ne ha ben 173,  in grado di prestarne nell’arco della stagione termale del 2019 ben 443.366, a fronte delle 44.000 del San Francesco. Dati che si riferiscono alla stagione termale del 2019.

Il giudice del Tar ha accolto la richiesta avanzata dai legali incaricati dai due Sindaci rinviando il tutto ad una nuova udienza fissata per il 13 ottobre 2021 quando ormai la stagione termale volge al termine considerato che di solito le stagioni termali delle Terme Luigiane hanno sempre chiuso per fine novembre o al massimo entro la prima decade del mese di dicembre. Una decisione che va a ledere i diritti dei lavoratori per il loro stato occupazionale mancato e soprattutto il diritto alle cure sanitarie per gli innumerevoli curanti che annualmente, convinti dei benefici curativi di quelle acque e fanghi, come il nostro buon San Francesco di Paola consigliava e raccomandava, hanno affollato quelle strutture termali per secoli fino ad arrivare ai nostri giorni.

Cosa faranno adesso i lavoratori e dove andranno tutti quei curanti per farsi le loro cure mediche riconosciute dal sistema sanitario nazionale? Che azione e decisione giudiziaria è mai questa? Chi pagherà mai i danni che lavoratori e curanti insieme si troveranno a subire ed affrontare?

Di solito si dice che bisogna avere fiducia nella giustizia e si fa fatica a comprenderne il senso, come in questo caso, che appare in modo evidente come una sentenza, o meglio una decisione giudiziaria assunta alla “Ponzio Pilato”, senza  una minima considerazione del  fattore umano della vicenda. Che fine faranno le attese di tutte quelle persone anziane e giovani che credevano nell’apertura della stagione termale per trovare conforto alle loro sofferenze e riparo alle debolezze fisiche coperte dal sistema sanitario vigente?

Una vicenda squallida che mette sotto accusa i due Sindaci, il presidente della Regione Spirlì, che ha preso in giro i lavoratori attraverso le sue dichiarazioni di “angelo custode” e di buon “padre di famiglia”, come anche l’assessore Orsomarso che ha fatto della vicenda una questione finanziaria perdendo il senso ed il valore della stessa legge regionale che affidava la tutela delle acque termali ai due comuni di Acquappesa e Guardia Piemontese a condizione di difenderne gli interessi pubblici, che come si è visto  dai fatti accaduti sono venuti meno.

Eppure l’8 febbraio del 2019 presso la Prefettura di Cosenza il Sindaco Vincenzo Rocchetti ed il Sindaco Giorgio Maritato firmarono un accordo, approvato successivamente dai Consigli delle due Amministrazioni comunali, che stabiliva la scadenza del contratto della Sateca per l’erogazione delle acque termali al 31 dicembre 2020 (comma A); mentre nel comma D veniva concordato che a fronte delle varie procedure amministrative tra Comuni e Regione da definire per l’espletamento del concorso, finalizzato alla ricerca del nuovo sub concessionario, veniva puntualizzato che “le attività di Sateca sarebbero potute proseguire fino all’effettivo subentro del nuovo sub concessionario nella gestione del servizio”. Un accordo considerato “aleatorio” dal nuovo sindaco di Acquappesa Francesco Tripicchio nelle varie dichiarazioni pubbliche e mediatiche rilasciate, che ha portato di conseguenza, in accordo con il Sindaco Vincenzo Rocchetti, già firmatario nel 2019 dell’accordo insieme al suo consiglio comunale, al rigetto dello stesso e all’apertura di un nuovo fronte di scontro con la Sateca e i lavoratori.  E’ opportuno chiedersi se lo stesso Consiglio comunale di Guardia Piemontese sia stato messo nelle condizioni o meno del rigetto della delibera di approvazione dell’accordo prima di intraprendere il nuovo percorso perseguito dal sindaco insieme a quello nuovo di Acquappesa. Una situazione caotica che ha portato agli eventi di oggi, come la decisione assunta dal giudice del Tar, con l’aggravante delle operazioni di sfratto unilaterale forzoso di quei beni ubicati all’interno del compendio termale e di proprietà dei due Comuni, utilizzati dalla stessa Sateca per l’erogazione dei servizi termali, per non parlare della deviazione delle acque termali della sorgente nell’attiguo fiume “Bagni”, la cui azione oltre a creare un danno economico alla regione ha avviato una procedura di erosione dell’impianto idrico afferente allo stabilimento “Terme Novae” e al parco termale “Acquaviva”.

Alla luce di tutto ciò quanto sarebbe stato utile rispettare l’accordo della Prefettura di Cosenza dell’8 febbraio 2019 senza “penalizzare” la stagione termale 2021 e dedicarsi “anima e core” all’espletamento della gara per il concorso finalizzato alla ricerca del nuovo sub concessionario, come avrebbero fatto dei bravi e giudiziosi amministratori, meno impulsivi con la bandiera in mano che bisognava distruggere il “Monopolio” esistito negli ultimi ottant ‘anni e passa.  Un fatto è certo che le cose andranno ad aggravarsi anche per i contenuti dell’avviso pubblicato e finalizzato alla ricerca delle manifestazioni d’interesse per la funzionalità dello stabilimento San Francesco, del quale bisognerebbe parlarne alla luce del risultato ottenuto. (fba)

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Sulle Terme Luigiane si è pronunciato Luigi De Magistris, candidato Presidente alla Regione Calabria: “Sulle Terme Luigiane il fallimento della politica regionale e locale è evidente. Incapacità, inadeguatezza e forse anche altro consegnano un disastro di un’eccellenza termale calabrese. Un governo regionale che prima va a casa meglio è e che in questa vicenda mette sul lastrico centinaia di lavoratrici e lavoratori. Un danno anche economico e turistico per tutta la zona. Quando governeremo la Regione non consentiremo fallimenti come questi e che le persone siano trattate come merce di scambio».


L’INTERVENTO DI ORLANDINO GRECO SULLE TERME LUIGIANE
segretario federale Italia del Meridione

La chiusura della Terme Luigiane è un ulteriore schiaffo e pugno allo stomaco per l’intera Calabria. Un grande paradosso considerato che le acque termali di Guardia Piemontese e Acquappesa sono uniche nel suo genere, le seconde per il maggior contenuto di zolfo in Europa, un patrimonio che dovrebbero essere protagonista dell’offerta sanitaria, salutistica e anche turistica della nostra regione. Un paradosso soprattutto istituzionale che non ammette trattazioni di sorta soprattutto in un situazione particolare come quella che stiamo vivendo ormai da due anni. Un settore quello turistico ricettivo tra i più colpiti dalla pandemia che deve sperare in una stagione estiva almeno dignitosa, si trova in questo a caso a dover fare anche i conti con questioni protratte nel tempo e ancora irrisolte e che oggi mostrano la gravità e l’assurdità. Una querelle che assume i tratti di una storia tragico-comica pirandelliana, dove si sono persi di vista ruoli e priorità in una governance quanto meno intelligente dei territori e della cosa pubblica. Interventi, proroghe, contenziosi, procedimenti da attuare, concessioni e bandi che seguono iter tortuosi se non addirittura illegittimi, vertenze rinviate di continuo, un quadro al quanto desolante, come lo sono ora le Terme e l’area interessata completamente abbandonata, con quella grande beffa che vede confluire e quindi disperdere le acque sulfuree nel fiume. Più volte nella scorsa legislatura regionale ho sostenuto azioni di salvaguardia e recupero a favore delle Terme Luigiane, mozioni, interrogazione e una proposta di Legge per la valorizzazione e lo sviluppo termale della regione Calabria e come  segretario federale di Italia del Meridione continuo a sostenerne il valore e la necessità di attuare progetti integrati strategici in direzione di un’offerta di qualità che possa rendere l’area competitiva con altre mete turistiche del Paese, alle quali nulla abbiamo da invidiare per bellezza dei paesaggi e varietà culturale. Alla luce di ciò è inconcepibile in questo momento non anteporre qualsivoglia questione, non risolvibile da un punto di vista tecnico-burocratico nell’immediato, in difesa e tutela di questo patrimonio e dell’occupazione che essa genera. Una storia che ha varcato i confini regionali e che offre nuovamente un’immagine distorta e incomprensibile della Calabria, in barba anche a chi rimane e vuole investire. È urgente una messa a sistema di azioni specifiche che partano nell’immediato come riconoscimento del bene comune e dell’importanza di far riaprire quanto prima le strutture del Parco.

Un impegno assunto dalla stesso presidente f.f. Spirlì, il quale si è posto come intermediario tra le parti, assurgendo un ruolo da mediatore in virtù dell’interesse pubblico primario dello sfruttamento del bene stesso che non sempre è stato accettato, rinviando di continuo la documentazione e gli atti richiesti per procedere alla definizione quanto meno temporanea della questione. Incolmabili distanze che trovano ragion d’essere soltanto in prese di posizione incomprensibili e non compatibili con la gestione della cosa pubblica. Superare l’impasse istituzionale e accelerare i tempi per dirimere le controversie che impediscono lo sviluppo naturale dell’area è una delle priorità della politica ma soprattutto del buon senso a cui sono chiamati tutti compresa l’opinione pubblica che deve saper discernere tra interessi e pubblica utilità, a maggior ragione quando il bene è di proprietà regionale e che i concessionari sono tenuti al rispetto di un utilizzo chiaro, trasparente nelle modalità delle attività di sfruttamento.

Nel continuo rimpallo delle azioni tra rivendicazioni e prese di posizione legittime o presunti tali c’è però una linea di demarcazione che deve essere tenuta in considerazione e cioè che chi detiene lo scranno più alto del civico consesso deve saper deporre l’ascia e pratica quell’arte del buon governo che è la mediazione in virtù del bene comune. E lo stato delle cose al momento richiederebbe soltanto una cosa: l’apertura immediata del complesso termale nella piena erogazione dei servizi, altrimenti l’unico risultato ottenuto è quello di offrire al mondo l’immagine di un patrimonio chiuso, depotenziato, sperperato.

[Orlandino Greco, segretario federale L’Italia del Meridione]

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