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VERSO IL FERENDUM DELLA CITTÀ UNICA / Sergio Dragone: Perché voterei no

VERSO IL FERENDUM DELLA CITTÀ UNICA / Sergio Dragone: Perché voterei no

di SERGIO DRAGONENon mi sento proprio un “intruso” nel dibattito sulla Grande Cosenza, pur essendo orgogliosamente catanzarese, per i forti rapporti umani, affettivi, professionali e politici che mi legano alla Città dei Bruzi. Vi ho vissuto e lavorato per alcuni anni, più o meno dal 1975 al 1980.

Sono cresciuto professionalmente alla grande scuola del Giornale di Calabria che annoverava fuoriclasse come Piero Ardenti e Paolo Guzzanti e a Cosenza ho coronato il sogno di diventare giornalista professionista all’età di 22 anni. E a Cosenza ho conosciuto, senza mai più lasciarlo politicamente, Giacomo Mancini. Quelli cosentini sono stati anni formidabili che ho vissuto con l’intensità della giovane età, l’entusiasmo del giornalismo militante. È forse troppo dire che considero Cosenza la mia seconda città, ma ci vado molto vicino. Con l’eccezione ovviamente del calcio dove la passione giallorossa non fa sconti.

E allora voglio provare brevemente a dire la mia alla vigilia del referendum sulla fusione di Cosenza con Rende e Castrolibero, dicendo subito che se fossi residente nella città dei Bruzi  probabilmente voterei no. 

Lo dico per una ragione semplicissima: la Città Unica Cosenza-Rende-Castrolibero esiste già, da quasi mezzo secolo, nei fatti, senza che nessuna delle tre realtà urbane abbia dovuto rinunciare alla propria storia e alla propria autonomia.

Parlo della mia esperienza personale. Quando ero giovane redattore del Giornale di Calabria, ho abitato a Rende e poi a Castrolibero, lavoravo in pieno centro a Cosenza, frequentavo i cinema di Cosenza e Rende, giocavo a tennis a Commenda, facevo acquisti su corso Mazzini e trovavo i ricambi dell’auto a Roges. Ero già un abitante della Città Unica.

È evidente che l’area metropolitana di Cosenza-Rende-Castrolibero ha bisogno di una governance,  di un sistema di servizi moderni ed efficienti, partendo da quelli di base come acqua, rifiuti, depurazione (per i trasporti da decenni esiste il consorzio, resta in sospeso il discorso della metropolitana Cosenza-Università) e comprendendo ovviamente la sanità, con il nuovo ospedale, l’istruzione, la cultura, lo sport.

Ma è proprio necessario comprimere la storia identitaria di Cosenza? E il progetto visionario della nuova Rende voluto dai Principe? Non basterebbe potenziare e unificare i servizi e varare una progettazione urbanistica armonica che esalti le caratteristiche di ognuno dei tre Comuni? La mia è solo un’opinione, quella dei cosentini, dei rendesi e dei castroliberesi sarà invece una risposta definitiva. (sd)

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