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A Lamezia concluso il primo anno della Scuola Biblica Diocesana

A Lamezia concluso il primo anno della Scuola Biblica Diocesana

«Dove passa il cristiano non ci può essere più tanfo di vecchio. Dove passa il cristiano c’è l’odore del Crisma, dello Spirito, c’è davvero l’odore della novità e la novità si distingue per un solo ingrediente: la gioia, quella del Vangelo». Così il vescovo, monsignor Serafino Parisi, durante l’omelia della Santa Messa di Pentecoste con cui si è concluso anche il primo anno della Scuola Biblica Diocesana “Shekhinah” (Tenda della presenza).

«Vorrei immaginare, oggi, con voi – ha detto il Vescovo rivolgendosi ai presenti – quale poteva essere stato il pensiero, la riflessione degli apostoli, di Maria, nell’evento della Pentecoste, cioè quando lo Spirito Santo, con la pienezza dei suoi doni, spirato dal Risorto toccò la vita di queste persone che erano state legate a Gesù con tutte le loro potenzialità ma anche con tutte le loro fragilità. Persone che, molto probabilmente, non avevano ancora compreso la portata del dono e le conseguenze estreme della sequela di Gesù».

«Forse ancora non avevano nemmeno compreso pienamente la morte di Gesù perché l’avevano vissuta con la tristezza del fallimento. Non avevano ancora compreso, molto probabilmente, nemmeno la portata della novità legata alla resurrezione di un crocifisso. Ed ecco perché mi interesserebbe capire quale era il pensiero di Pietro, di Tommaso, di Matteo, di tutti quelli che erano lì. Con quali occhi guardavano, ormai distanti – probabilmente qualche giorno – dagli eventi della morte e della resurrezione di Gesù, alla vicenda della loro vita. Perché è proprio a partire da quel momento della resurrezione di Gesù che la loro vita comincia ad avere una svolta, a prendere una piega diversa. E nel giorno della Pentecoste questo mistero nascosto doveva diventare evidente, per tutti. Innanzitutto per la loro stessa vita e poi anche per gli altri. Ecco perché mi piacerebbe sapere come hanno rielaborato tutti i momenti della loro vita contigua a quella del Signore, di Gesù il Nazareno».

«La grande parola che ci viene data oggi dalla liturgia che stiamo celebrando – ha aggiunto il Vescovo – è una parola di incoraggiamento. È certamente una parola di speranza, ma è anche una parola di impegno. Noi, non gli altri, siamo chiamati perché altrimenti ci chiudiamo ancora una volta dentro queste mura per fare questo gioco che è il gioco di chi piange di più. Invece, noi siamo chiamati ad uscire» e «lo Spirito Santo agisce nella nostra vita e nella vita della Chiesa non per farci chiudere, ancora una volta, in gruppetti autoconsolatori» ma per darci la forza di «poter costruire speranza dove c’è la parola di disperazione» e «di  essere davvero i costruttori della pace dove c’è desiderio di pace».

La forza dello Spirito, quindi, «entra dentro la nostra povera vita come è entrata nella vita degli apostoli» e «rende dinamica e vitale l’esistenza di tutta l’umanità». Anche se «questa è la dimensione esterna. Poi c’è quella più profonda, quella interna, perché è sempre quello stesso Spirito che ci rende dinamici dentro il mondo, agisce dentro di noi, ci tira dentro la vita endodivina. Anche noi ci siamo dentro, anche noi siamo lì a condividere nello Spirito con il Padre ed il Figlio la stessa comunione eterna della Trinità».

Lo Spirito, infatti, «è la forza dell’amore di Dio» ed “altri non è se non quell’amore eterno all’interno del quale si lega la vita del Padre con la vita del Figlio nella vita dello Spirito: è quel legame intratrinitario, all’interno del quale noi stessi siamo collocati”.

«È dal testo biblico – ha aggiunto monsignor Parisi –, dalla Parola di Dio, certamente mediata dal magistero e dalla tradizione della Chiesa, che noi riusciamo a scoprire queste verità, la grandezza di questo mistero che è mistero e rimane mistero all’interno del quale, però, tutti dobbiamo lasciarci coinvolgere e lo Spirito che agisce in noi farà grandi cose perché questa è la finalità dello studio della Sacra Scrittura nella visione della Chiesa»

«Nella liturgia – ha proseguito il Vescovo – ci alimentiamo della forza di questa Parola e poi del pane e del vino che ci danno la salvezza e ci orientano all’eternità, ma c’è anche la ricaduta esistenziale nella nostra vita e la ricaduta pubblica nel mondo. Ecco perchè auguro che conoscendo sempre più la parola di Dio noi – lo dice san Girolamo – riusciamo ad incontrare personalmente Gesù Risorto e dal Cristo Risorto possiamo ricevere, come abbiamo ricevuto, l’abbondanza dello Spirito Santo per essere nel mondo costruttori di storia nuova».

«Non dimentichiamo – ha concluso monsignor Parisi – che nel giorno di Pentecoste, lo Spirito Santo entra sotto forma di lingue di fuoco, cioè lingua per parlare, per non stare zitti, e fuoco perché è la stessa passione di Dio ad essere comunicata con la lingua degli uomini che tutti erano chiamati ad ascoltare ed a capire».

Quindi, nel fare riferimento al miracolo della glossolalia, il Pastore della Chiesa che è in Lamezia ha fatto notare che «da un punto di vista strettamente biblico potremmo dire che c’è l’inversione della logica di Babele dove, mentre l’uomo, illudendosi, immaginava di potere raggiungere Dio e toccare il cielo, saliva in alto, le lingue sulla terra si confondevano e gli uomini non si capivano più».

Invece, «arriva lo Spirito e trasforma, sconvolge, dà la possibilità di rileggere nuovamente quella divisione che si trova attestata nel libro della Genesi e diventa l’unica lingua che tutti comprendevano. Ma c’è anche un’altra indicazione: gli apostoli dovevano essere preparati, si dovevano anche attrezzare per imparare le lingue degli altri. Noi dobbiamo imparare a parlare la lingua del mondo, per comprenderlo, per comprenderne i suoni, i lamenti, le attese, i desideri, le speranze, le difficoltà, le amarezze, però anche le gioie, la vitalità. Tutto questo linguaggio non ci può essere estraneo». (smg)

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