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AUTONOMIA (ED EGOISMO) A TUTTI I COSTI
E IL SUD ASPETTA LA DEFINIZIONE DEI LEP

La sala operatoria dell'Ospedale di Locri

di PIETRO MASSIMO BUSETTA La domanda che sorge spontanea è come mai una riforma come quella dell’autonomia differenziata, contestata dalla maggioranza degli italiani, dalle parti sociali, dalla Banca d’Italia, dagli organi indipendenti, dai Governatori appartenenti anche alla maggioranza, vista l’ultima presa di posizione di Occhiuto, Governatore della Calabria, oltre che da gruppi organizzati di cittadini che hanno raccolto circa 100 mila firme per una legge di iniziativa popolare che correggesse il grande errore della modifica del titolo V, e perfino, con la sua “moral suasion”, dal Presidente della Repubblica, in tempi velocissimi, sta arrivando in Parlamento? 

Come mai Fratelli d’Italia che è portatrice di una logica opposta, vista la sua storia e il centralismo attuato in molti provvedimenti, compreso quello della Zes unica, e il Fondo Sviluppo e Coesione, che tante lamentele ha provocato in molti Governatori /Presidenti, consente un percorso che, se può essere positivo a breve per le Regioni del Nord, danneggia pesantemente il Sud e quindi tutto il Paese?

La ragione è molto semplice e deriva da una mancanza di rappresentanza parlamentare delle Regioni meridionali e da una sovra rappresentanza, dovuta alla legge elettorale vigente, di un movimento territoriale come la Lega. Tale partito  ha ormai piazzato nei posti chiave del Governo i suoi uomini, che ovviamente perseguono gli obiettivi propri di un movimento territoriale, che parte accusando Roma di essere ladrona, passa da un progetto di indipendenza/secessione e  nel tempo cambia strategia, visto l’insuccesso della prima, puntando all’autonomia differenziata. 

L’obiettivo rimane lo stesso  ma tenendosi  pure i vantaggi  di avere una realtà con il 40% del territorio da utilizzare per le esigenze contingenti. La squadra è di quelle di alto livello: Giorgetti all’economia, che, in passato, da Ministro dello sviluppo economico dirottò l’investimento della Intel a Vigasio, in provincia di Verona, malgrado in tale realtà vi è la piena occupazione e grande difficoltà a trovare ingegneri se non emigrano dal Sud, adesso  ha un ruolo fondamentale nel Governo Meloni. 

Il vice Presidente del Consiglio, Matteo Salvini, ha la stessa provenienza, anche se sembra avere una visione di Paese. In particolare  intestandosi una battaglia importante per valorizzare la posizione logistica dello Stivale con, l’avversata da molti,  costruzione del ponte sullo stretto di Messina. 

E poi Calderoli, noto per la sua preparazione e determinazione, che ha deciso, insieme a Luca Zaia e a tutto il partito, che l’autonomia dovrà essere lo scalpo da portare alle elezioni europee del 2024. Costi quel che costi. Anche una crisi di Governo nel caso in cui ciò non avvenga come ha dichiarato in maniera assolutamente esplicita alla Stampa, il 18 maggio 2023, il Governatore del Veneto Luca Zaia «se non passa la riforma, viene meno la maggioranza».

In parole povere si minaccia la crisi di Governo, e certo le parole sono pietre e vanno valutate adeguatamente. Poco importa al Governatore del servizio di bilancio, che dovrebbe essere un organismo neutrale, e con il solito garbo istituzionale afferma: «Mi piacerebbe sapere chi sia il signor Servizio di Bilancio che ha bocciato la proposta di Calderoli. Si tratta di giudizi politici più che tecnici».  

Anche Calderoli non ci va leggero ed a una precisa domanda di un cronista, il recente l’11 novembre, che sostiene che c’è un patto stretto con Forza Italia e che prima si debbano trovare le risorse per garantire i Lep e poi si può fare l’Autonomia, risponde in modo netto:
«Mi dispiace, ma sbagliano, non è così. Il patto è che la legge venga approvata e che non venga trasferita nessuna funzione prima che siano definiti i Lep e i relativi costi e fabbisogni standard. La garanzia delle risorse per i Lep è nella Costituzione».  

Definiti, notate la sottigliezza, non finanziati. Il finanziamento lo garantisce la Costituzione. Verrebbe da dire che infatti in vigenza di essa i livelli essenziali sono stati completamente diversi nelle due parti del Paese. Ma viene spontanea la domanda che ci si è posti all’inizio: come mai tutto questo può avvenire e non vi è alcuna reazione da parte del Sud che secondo molti sarebbe la vittima sacrificale di tale nuova legislazione? La risposta non è così complessa. In realtà il Sud manca di una sua rappresentanza politica.

Infatti malgrado vengano eletti deputati e senatori al Parlamento italiano in realtà essi fanno riferimento a partiti nazionali che, molte volte, hanno interessi diversi rispetto a quelli territoriali del Sud. E la disciplina di partito è tale per cui chiunque voglia ribellarsi a tale visione, con la legge elettorale esistente, non sarà nemmeno più non solo eletto ma nemmeno candidato.

E quindi la disciplina ferrea viene rispettata da tutti e la classe dominante estrattiva meridionale, spesso ascara rispetto a quella settentrionale, si accontenta dei piccoli vantaggi derivanti dal ruolo ricoperto disinteressandosi totalmente degli interessi dei propri territori.

È una dinamica antica che ha consentito che l’autostrada si fermasse a Napoli come anche che i diritti di cittadinanza fossero diversi nelle varie parti del Paese, come è stato rilevato in modo inoppugnabile dall’esigenza di finanziare i Lep, cosa ovviamente complicata considerata la mancanza permanente di risorse. 

Quindi ci si ritrova con una parte che porta avanti i propri interessi e la parte opposta, quella che dovrebbe difendersi, che   funziona da supporto, come si è visto peraltro in Conferenza Delle Regioni, nella quale i Presidenti  meridionali hanno perfino votato a favore. Tranne qualche pentimento dell’ultima ora forse strumentale a  presentarsi presso gli elettori da vittime piuttosto che da carnefici.

In tutto questo l’opposizione prima ha supportato il percorso, con Bonaccini che ha fatto la stessa richiesta di autonomia, per poi, fulminato sulla via di Damasco, rientrare nei ranghi di un PD che adesso è contro. Lo stesso movimento Cinque Stelle ha sottovalutato molto tale provvedimento è oggi si schiera contro, ma quando i buoi sono scappati. Evidentemente funziona sempre il meccanismo del vaso di coccio vicino  a quello di ferro, qualunque scossone finisce per rompere il coccio. Potrebbe accadere anche questa volta. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

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