PASSA IL DISEGNO DI LEGGE DI CALDEROLI
MA QUESTA ‘AUTONOMIA’ DIVIDERÀ L’ITALIA

Il disegno di legge sull’autonomia differenziata (vecchio pallino di Zaia, Fontana e Bonaccini, quest’ultimo oggi dissidente) firmato dal ministro leghista Roberto Calderoli ha avuto l’approvazione del Consiglio dei Ministri. È un primo step su un provvedimento che già divide l’Italia a partire dai principi che lo ispirano. Il rischio maggiore riguarda la continuità del criterio della spesa storica, in attesa dei provvedimenti legislativi che dovrebbero equilibrare (e uniformare per tutti gli italiani, quelli del Nord, del centro e del Sud e delle Isole) i livelli essenziali di prestazione. Si registra già un coro di proteste e mugugni da ogni parte d’Italia, a partire dai 425 sindaci della rete Recovery Sud: ma il Governo evidentemente non s’accorge del sentiment del Paese e nessuno, evidentemente, si chiede il perché di questa protesta che non è di ieri, ma sta accompagnando l’orrendo (pur se modificato) progetto di Calderoli. Sarà anche questa un’altra porcata? Il dubbio,  che però non sfiora l’establishment governativo, ci sta tutto. (s)

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di PIETRO MASSIMO BUSETTA – Una lunga introduzione che fa il panegirico del valore di un Paese unito, di diritti di cittadinanza uguali per tutti, dell’esigenza che tutte le parti contribuiscano al progresso nella premessa del disegno di legge sull’autonomia.

Quegli stessi  argomenti che poi, con con notevole capacità di affabulazione, vengono riproposti da Calderoli nella conferenza stampa fatta con Raffaele Fitto e Maria Elisabetta Alberti Casellati, nella quale parla della locomotiva che tira e di un’altra dietro che deve spingere nella stessa direzione.

E proprio in tale dichiarazione di principio vi è la subdola strategia che propone da un lato l’individuazione dei LEP, livelli essenziali delle prestazioni, di livelli uniformi come sarebbe corretto non se ne parla, che dopo essere stati individuati ovviamente non potranno trovare attuazione, poiché le risorse questo Paese non le ha per realizzarli; dall’altro invece si evidenzia la statuizione del diritto a trattenere il residuo fiscale ed andare a diverse velocità senza tener conto di quello che è accaduto perlomeno dalla fine della seconda guerra mondiale in poi. Perché deve essere chiaro a tutti lo sviluppo del Nord non è merito dei soli veneti e lombardi ma è stato fatto con lo sforzo di tutti. Il miracolo economico si è compiuto con il sudore dell’exodus dei meridionali. Ed il mercato del Sud ha consentito una riserva indiana per le aziende del Nord, mentre il piano Marshall è stato usato prevalentemente per rimettere in moto la cosiddetta locomotiva.

Il testo dimostra tutta la volontà di superare il Parlamento nazionale con scadenze catenaccio che consentano alla Presidenza del Consiglio,  con accordi con le singole regioni, di andare avanti indipendentemente da qualunque discussione e decisione.

Traspare in modo evidente l’esigenza di portare lo  scalpo alle prossime elezioni lombarde per cercare di avere quel consenso in pericolo, in conseguenza della pessima gestione del Covid che ha portato anche alle dimissioni dell’assessore Giulio Gallera e alla nomina di Letizia Moratti.

E poi quella di congelare la spesa storica. Infatti in molte parti della normativa del disegno di legge proposto si fa riferimento al fatto che le competenze dello Stato vengono trasferite senza aumento di costi. Ad un occhio superficiale sembrerebbe questo un modo corretto di procedere e dà alla Lega la possibilità di dichiarare che nessuno perderà nulla.

Evidentemente dimenticando che ogni anno si consuma uno scippo di 60 miliardi dal Nord al Sud, se si accetta il principio che la distribuzione della spesa sia fatta con equità, dando al bambino che nasce a Reggio Calabria la stessa quantità di risorse del bambino che nasce a Reggio Emilia.

Ma oggi non è cosi e la autonomia differenziata fa sì che questo meccanismo, che finora è stato adottato e che ha portato ad un furto all’italiana, con l’applicazione sbandierata subdolamente della modifica del titolo V, l’errore che con la complicità del PD ha aperto una breccia per consentire tutto quello che sta accadendo, diventi legittimo. D’altra parte come si possono avere uguali diritti di cittadinanza se le risorse a disposizione non lo consentono? Altrimenti, se fosse stato possibile, probabilmente già sarebbero stati realizzati! Penso all’infrastrutturazione, alla diversa sanità, al diritto all’istruzione, settori che registrano differenze importanti.

Nascondersi dietro l’attuazione della Costituzione, quando è rimasta totalmente inattuata fin dal primo articolo che recita  “l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” e quando oltre tre milioni di meridionali non ne hanno alcun diritto, e ha consentito che per cercare una occupazione 100.000 persone all’anno da decenni sono costrette ad emigrare, è da favola bella per spiriti candidi.

La dizione del costituzionalista Michele Ainis di una autonomia zoppa e barocca rende bene la mala fede che sta dietro al disegno. Perché non è incompetenza, tutto si può dire a Calderoli tranne che sia incompetente, ma perfetta mala fede. Così come con una malafede evidente sono stati condotti i colloqui con i Presidenti delle  Regioni meridionali, alcuni dei quali, come il siciliano Schifani,  hanno fatto finta di non capire per non andare in rotta di collisione con il partito di appartenenza, altri come Occhiuto hanno precisato i propri distinguo.

I due Presidenti di Campania e Puglia hanno dichiarato la loro contrarietà, anche se le dichiarazioni di Calderoli parlavano di adesione, immediatamente smentita. Non condivisione del  metodo scelto, dell’accelerazione sospetta, nonché del merito per cui viene definito il disegno  “irricevibile”.

D’altra parte la Lega secessionista ed eversiva  pensava, visto che il Mezzogirono spesso è stato un corpo morto che non ha dato nessun segnale di reazione, che poteva consentirsi qualunque cosa. In altri Paesi dell’Unione ci sarebbero cortei e barricate per un disegno di legge simile. In Francia probabilmente brucerebbero i palazzi del potere.

Calderoli è il nostro Putin, come il secondo ha occupato la Crimea, senza reazione alcuna, ed ha pensato di arrivare a Kiev, così il primo dopo aver visto come si era potuto gestire la conferenza delle Regioni ha pensato che potesse rendere legittimo lo scippo annuale e che si potesse passare dall’individuo soggetto di diritto al territorio.

Forse come Putin non si aspettava la reazione che sta montando, ma sappia che avrà altre e numerose sorprese e che il cammino dell’autonomia non sarà né veloce né semplice. Stupisce che  un uomo così accorto non abbia valutato le conseguenze nefaste sul Paese di un disegno di legge che Adriano Giannola, Presidente della Svimez, ha definito eversivo, e che molti costituzionalisti, in testa Massimo Villone, ritengono devastante per il Paese.

Invece di pensare a mettere a regime il Sud, una forza politica naif, che è riuscita a mettere le mani nei gangli vitali dello Stato, grazie al gioco di maggioranze, con la complicità colpevole del PD, oggi ufficialmente pentito, sta portando il Paese a spaccarsi. Cosa fare è difficile a dirsi se anche i Fitto e le Casellati tengono il sacco ad un Calderoli, “genio” del pastrocchio, meglio di un disegno “zoppo e barocco”!

L’aspetto positivo che sta avendo tale accelerazione è la spinta ad organizzarsi delle forze meridionaliste, che finalmente si sono rese conto che devono abbandonare presenzialismi e protagonismi per trovare un progetto condiviso per contrapporsi alla Lega ladrona. Se avverrà dovremo ringraziare l’insipienza di Calderoli. (pmb)

(Courtesy Il Quotidiano del Sud/L’Altravoce dell’Italia diretto da Roberto Napoletano)

CALDEROLI HA PERSO LA SUA BATTAGLIA
MA ATTENTI ALLE INSIDIE DELL’AUTONOMIA

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – «Non ho mai inteso dividere il Paese, né favorire Regioni che già viaggiano a velocità diversa rispetto alle aree più deboli dell’Italia, il mio auspicio è che tutti aumentino la velocità: il Nord che con l’autonomia può accelerare e un Sud che finalmente si avvicini alla velocità del Nord. In questo modo cresce tutto il Paese».  Queste ultime dichiarazioni di Calderoli ovviamente non possono che essere condivise. E come dire che vogliamo bene alla mamma, o che auspichiamo la pace nel mondo. Chi non è d’accordo che il Sud si avvicini alla velocità del Nord? E chi non è d’accordo sull’affermazione che in tal  modo cresce tutto il Paese?

È la prima parte che è contestabile, quella in cui dice che non non ha mai inteso dividere il il Paese. Magari non è stata la Sua intenzione, ma il  decreto sull’autonomia differenziata, poi retrocesso a bozza, ma ripresentato più o meno uguale al Governo non va nella direzione auspicata.

Non è vero che  non favorisce le Regioni che già viaggiano a velocità diversa rispetto alle aree più deboli dell’Italia. Perché statuisce che le risorse vengano distribuite in base alla spesa storica, il che vuol dire che, a parità di popolazione tra Reggio Emilia e Reggio Calabria, anzi con Reggio Calabria un po’ più popolata, rimarrà la differenza, per cui alla prima verranno date risorse per gestire 60 asili nido e alla seconda per gestirne tre.

In realtà Calderoli la sua battaglia l’ha già persa, perché un’operazione come quella che voleva attuare era possibile solo se fosse stata fatta velocissimamente e nel silenzio dei media, bypassando il Parlamento.

Per fortuna l’operazione di stoppaggio è riuscita grazie alla grande mobilitazione di molti intellettuali meridionali, del Quotidiano del Sud, di alcuni attenti giornalisti, che hanno aperto gli occhi a Presidenti di Regioni e a Sindaci, facendo capire quale posta é in gioco con l’autonomia differenziata.

Non ha potuto ripetere l’operazione  del federalismo fiscale del 2009, quando si decise di attribuire le risorse  per sanità, scuola e trasporto pubblico locale in base alla spesa storica. Quella volta non vi fu la mobilitazione di adesso e, grazie anche al contributo “scellerato” del PD, si cominciò quel viaggio che ci ha portato a una perdita per il Sud di 60 miliardi l’anno.

Anzi come disse all’audizione in Commissione Finanze l’allora ministro per gli affari regionali Francesco Boccia erano allora 61,2 miliardi.

L’insistenza di Veneto e Lombardia, ma anche di Emilia-Romagna con l’aggiunta recente della Toscana, per l’autonomia differenziata è dovuta ad un motivo di sopravvivenza.

Finora l’attribuzione delle risorse sulla base della spesa storica è stata assolutamente anticostituzionale, e come affermava recentemente il direttore del Quotidiano del Sud / L’Altravoce dell’Italia Roberto Napoletano in un suo editoriale: «Si ritiene di poter fare strame dei diritti di cittadinanza  di 20 milioni di persone nonostante i solenni, ripetuti richiami del capo dello Stato, Sergio Mattarella».

Ma da quando la situazione è diventata più chiara la partita è diventata pericolosa per il Nord, perché il rischio di avvicinarsi all’idea di attuare una spesa pro capite analoga per tutte le parti del Paese, così come prescrive la Costituzione, metterebbe in crisi le realtà settentrionali che hanno un welfare, una scuola, una sanità, una infrastrutturazione, basata sulla spesa storica.

La diminuzione di risorse per consentire uguali diritti di cittadinanza anche al Sud, in costanza di crescita con incrementi di zero virgola qualcosa porterebbe ad un rivolgimento difficilmente gestibile.

Perché puoi anche non dare alcuni servizi, sperando che non vi siano particolari rimostranze visto la che la gente è abituata a non averli, ma è complessissimo togliere a chi è stato abituato ad avere servizi sociali di buon livello senza sconvolgimenti popolari.

Per questo fare a meno  delle autonomie differenziate, che tengano le risorse prodotte da ciascuna realtà senza conferirne parte per le esigenze dello Stato nazionale, diventa estremamente complicato. Probabilmente l’autonomia così come è stata concepita, malgrado la forza e la determinazione di Calderoli,  non passerà perché prima si vorrà la determinazione dei Lep.

Ma fatta la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, che dovrebbero essere in realtà i livelli uniformi, passare alla seconda fase cioè quella dell’attuazione di essi non sarà semplice e richiederà una massa di risorse che il nostro Paese non ha disposizione.  

Ed allora quello che accadrà e che resteremo nell’incostituzionalità dei diversi diritti di cittadinanza. Quindi non passerà la legge sulle autonomie differenziate, magari saranno individuati i Lep, ma pensare che possano essere in tempi brevi attuati è cosa estremamente complicata, perché presuppone risorse che non sono disponibili.

Soprattutto per la spesa corrente, perché è possibile anche che con il Pnrr alcune infrastrutture relative alla scuola, alla sanità, alle strade autostrade, alle  ferrovie possano essere anche fatte,  ma che poi si abbiano risorse sufficienti per poter far andare avanti la macchina è cosa tutta da vedere.

Per questo il nostro Paese non può che puntare ad una crescita sostenuta del suo Pil, cosa che potrà ottenersi soltanto mettendo a regime il Mezzogiorno, attraendo investimenti dall’esterno dell’area, puntando alla piattaforma logistica naturale finora trascurata, avendo un piano per uno sviluppo turistico che faccia i conti con numeri consistenti.

In realtà quello che serve è che il Paese si concentri finalmente su questa parte, che abbia programmi, obiettivi, controlli dell’attuazione di questi, verifiche in itinere.

Cioè un progetto vero che venga tenuto in considerazione ogni qualvolta si prenda una decisione importante, evitando di andare in controtendenza rispetto ad un obiettivo come è accaduto con la Intel a Verona.

Se invece quando si tratta di raggiungere obiettivi strutturali,  come nel caso degli asili nido messi a bando, o quando si tratta di gestire leggi pur con obiettivi importanti,  come le Zes, si lascia che si trasformino in strumenti per raccogliere consenso per una politica estrattiva, allora è evidente che tutto rimarrà come è stato per decenni, e magari si darà la responsabilità del fallimento alle norme, che saranno cambiate con altre, ma che in realtà non sono state mai applicate. Ricominciando il rito da zero che porta all’eterno fallimento.

(pmb)

QUELLA MALIZIOSA VOGLIA DI AUTONOMIA
CHE FA ESPLODERE IL DIVARIO NORD-SUD

di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – Se l’autonomia è una bella cosa, non credo valga lo stesso quando questa diventa differenziata. Almeno non per il Sud rispetto al Nord, e in Italia. Dove parlare di secessione o autonomia differenziata, il principio è lo stesso. E non per caso coincide con quello della prova dell’addizione, secondo la quale pur cambiando l’ordine degli addendi, il risultato con cambia.

Il ministro Calderoli arriva in Calabria a parlare di autonomia differenziata, e si presenta in perfetta uniforme. E quel che più inquieta non è tanto la sua interlocuzione, ben ponderata a Roma per essere restituita a noi senza sbavature, ben istruita, quasi quasi accattivante, ma la divisa che porta. Quella cravatta verde color Padania con la quale a noi del Sud vorrebbero mettere un cappio al collo, e far finire la storia.

Da qui la meraviglia del come tanti meridionali, possano far da cornice all’avvio della questione “Sud” del nuovo millennio. Altro che terra dei padri, piuttosto covo di figli ingrati. Ma davvero noi calabresi possiamo credere a chi con tanto di propaganda vuol farci intendere che masturbarsi è più piacevole che fare l’amore? È questa l’autonomia? Fare da soli anche le cose che andrebbero fatte in due?

Ricordo qui le parole di Mario Draghi, ancora presidente del consiglio, quando lo scorso anno, a Napoli, nel cuore della città partenopea, con consapevolezza e onor di Patria, intese ricordare che c’è ancora una questione meridionale da risolvere che il paese si trascina da oltre 150 anni, per via della quale rimane ancora in crisi l’equità nazionale. Ed è la stessa questione che, oggi, con l’avvallo di molti dei nostri, Calderoli intende intensificare con la genialata-porcata di un’autonomia che altro non sarebbe che la messa in pratica di quel vecchio detto senza speranza secondo cui: i sordi fannu sordi e i peducchj fannu peducchj.

E non si rende necessario andare tanto a fondo nella questione, basta pensare ai Bronzi di Riace, e a chi si adopera a lanciare un’immagine desertificata della Magna Grecia pur di deviare verso il Nord i flussi turistici che si addensano in Calabria da ogni parete del mondo; o al Porto di Gioia Tauro per il quale la propaganda anziché ricordalo e promuoverlo come uno degli scali più strategici del Mediterraneo, lo consolida come il sito ufficiale di smistamento della cocaina mondiale. 

Essere autonomi consente di non dover dare conto a nessuno, è vero, ma se è autonomo un povero esso muore di fame, nulla aveva e nulla avrà: Se invece lo è un ricco, mangia per lui e per il povero. E lo sanno bene il Veneto, la Lombardia… 

La Costituzione italiana però, i cui padri non erano certamente quattro sciocchi politici rappresentanti di partiti di cani e di porci, ma uomini lungimiranti e di valore, è ben chiara. E non friziona il paese in 21 regioni, ma parla all’Italia. Tutta quanta è.

La Calabria, e vi prego tentate almeno di estrarre verità dalle vostre memorie, ha rimesso il suo sangue per l’unità del paese, ed è anche solo per questo che a nessuno deve essere consentito di saziarsi ancora delle poche gocce rimastele con cui sopravvivono i nostri figli. Di cui, da allora, si nutrono le generazioni. Restati e spatriati.

Potrete, cari signori delle bische politiche italiane, avere anche il consenso dei politici locali, che ovviamente non sarebbero più nostri rappresentati ma vostri complici, ma mai la nostra adesione ad un’Italia frantumata e derelitta. Io mi dissocio. Nascere in Calabria non si sceglie, essere calabresi sì. E la mia Calabria è differente. La mia Italia pure. 

Nei giorni scorsi il nostro lago Ampollino, nella Sila, dove pare vi sia, che lo vogliate o no, l’aria più pura d’Italia, è stato quasi svuotato. Nessuno parla della questione, eppure la gestione delle acque vende l’energia che ne ricava proprio al grande Nord. E nei nostri paesi di montagna, a Natale, è mancata addirittura l’acqua.

È questa l’autonomia di cui vorreste farci andare fieri?

Ministro Calderoli, la prossima volta, in Calabria, venga pure con la cravatta rossa, almeno sapremo sin da subito che è il nostro sangue che cercate per rendere più verde il Nord del paese.

Ma è al Presidente Occhiuto che la domanda sorge spontanea: “Presidente, cosa intendeva esattamente quando affermò di voler fare vedere all’Italia la Calabria che l’Italia non si aspetta?”

Certamente in questi giorni stiamo vedendo una Calabria che i calabresi non si sarebbero mai aspettati. E sì, perché dopo il palaghiaccio alla stazione centrale di Milano, realizzato a nostre spese, accogliamo festanti Calderoli che fa il suo ingresso in Cittadella regionale come fosse il salvatore della Patria. Col cazzo che ci salveranno mai questi del Nord! Occhi aperti, schiena dritta, pancia in dentro e petto in fuori, Calabria.

Sappiamo tutti che nella scuola italiana si studia Alessandro Manzoni nato a Milano, mentre invece resiste l’ingresso di Corrado Alvaro, nato a San Luca. A Calderoli potrebbe sembrare normale questa struttura, magari anche giusta, non sa però che Alvaro ha fatto la storia della letteratura e anche della politica, mi sia consentito, del nostro paese. A noi infatti, normale non sembra per niente. Ma state a vedere che sulla base dell’autonomia ci verrà detto: studiate chi cazzo ci pare! Mentre l’obbligo del Manzoni resterà a vita. 

Ma come è possibile sbraitare di autonomia come soluzione possibile all’allineamento del paese da Nord a Sud, sapendo che le prestazioni delle regioni più fragili non potranno mai essere uguali a quelle delle regioni più ricche? La lotta si fa pari non impari. 

Il paese con l’autonomia differenziata non potrà mai correre tutto alla stessa velocità, è una questione naturale. E chi insite, mente. La verità è che la Calabria resterà sempre più povera e la Lombardia sempre più ricca. Dai primi del ‘900 quando i meridionali partivano, agli anni 70 quando i meridionali partivano, al 2000 quando i meridionali partono ancora, che cosa è cambiato al Sud? Che nel 2023 partiranno il doppio. 

La Calabria, e qui chiudo, perché tutti lo sanno, i calabresi per primi, è così piccola e così fragile che da sola non potrà fare altro che avviare una campagna di liquidazione totale di tutte le sue cose. In fondo in tempo di saldi fuori dalle porte vi sono sempre lunghissime file. E noi vogliamo che arrivi fino a qui più gente possibile?

Grazie Italia, ché questa fine qui davvero non ce l’aspettavamo. (gsc)