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AUTONOMIA E DISTRIBUZIONE DI RISORSE
VA UNIFORMATA LA SPESA PRO-CAPITE

Asili nido: un esempio di mancata distribuzione delle risorse tra Nord e Sud

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – Bisogna superare la spesa storica. Credo che l’esigenza che la distribuzione delle risorse avvenga sulla base di una equità sostanziale non può essere messa in dubbio se non con argomentazioni molto discutibili. Per essere più precisi il tema riguarda l’esigenza che in un Paese, che voglia restare unito, ogni cittadino abbia diritto, al di là delle sue capacità reddituali, di una quota di spesa pubblica complessivamente uguale.

Poi essa sarà distribuita in modo diverso perché coloro che hanno più bisogno avranno una quota maggiore di welfare, per cui alcuni avranno moltissimo ed altri, meno bisognosi, non avranno nulla, ma come principio generale ogni individuo, nella distribuzione complessiva della spesa pubblica dovrebbe avere una quota uguale.

Sarebbe invece assurdo il contrario, cioè che si destini di più alle aree più sviluppate e più ricche. Sembra impossibile ma è quello che da anni avviene in Italia.

La somma sottratta rispetto ad una teorica equidistribuzione, contestata nella cifra ma non nel principio, sarebbe se includiamo gli oneri pensionistici, visto che per anni sono state retributivi e non contributivi, e gli investimenti del settore pubblico allargato, molto contestati perché si afferma che le società relative sono quotate in borsa e quindi in parte proprietà di azionisti privati, sarebbe di oltre 60 miliardi.

In tale  somma non sono compresi quei 20 miliardi che ogni anno vengono regalati, in parte, al netto delle emigrazioni all’estero,  al nord del Paese,  con il processo migratorio dei  100.000, che formati abbandonano il Sud.

Né la somma che le singole Regioni versano a quelle del Nord per i servizi sanitari, che da queste ultime vengono forniti a cittadini meridionali, né la sottrazione di risorse che avviene per un patrimonio immobiliare che ogni anno perde di valore per l’effetto spopolamento e che invece provoca un aumento del valore di esso  nelle aree che incrementano la popolazione.

Non serve ripetere che la spesa pro-capite di ogni cittadino riguarda quello che viene destinato all’infrastrutturazione, all’istruzione, alla sanità, al welfare, a tutti i servizi che fornisce lo Stato, compresi quello per la sicurezza, per la difesa, per il funzionamento della macchina pubblica.

In realtà vi è chi vorrebbe semplicemente superare la problematica posta statuendo costituzionalmente, con l’autonomia differenziata, che le risorse rimangano alle Regioni che le producono, modificando il soggetto, previsto dalla Costituzione, che è l’individuo e sostituendolo, per il calcolo, con la Regione, che avrebbe diritto a trattenere le risorse che vengono prodotte sul territorio, sottratte piccole compensazioni da versare alla Stato centrale per le realtà meno sviluppate.

Quindi l’esigenza delle regioni meridionali è di quelle legittime e l’indignazione, che sale dai Presidenti delle Regioni del Sud, opportuna rispetto a una distribuzione delle risorse per la sanità che non rispetta il principio dell’equidistribuzione.

Ma bisogna essere realisti: se Reggio Emilia ha 66 asili nido e Reggio Calabria, con una popolazione superiore, ne ha tre pensare che le risorse non vengano date in base alla spesa storica significa chiedere a Reggio Emilia di chiuderne la metà.

È chiaro che tale prospettiva è assolutamente irrealizzabile, a meno di prospettive non auspicabili.

E allora bisogna aver chiaro che l’unico modo, perché gradualmente possa realizzarsi un processo di convergenza tra aree ricche e povere, è quello di avere crescite consistenti e risorse aggiuntive, come quelle del PNRR, ma anche una politica che metta veramente al centro il Mezzogiorno e che preveda un processo continuo che porti le due parti ad un percorso  di avvicinamento progressivo.

Come si sta vedendo nella preparazione della prossima finanziaria le risorse sono sempre estremamente limitate, la coperta è stretta ed è facile che non tutte le esigenze possano essere soddisfatte.

La richiesta che deve provenire dalle Regioni meridionali è che vi sia un piano di rientro che porti nel giro di qualche anno ad avere una spesa pro capite uguale per tutto il Paese. Richiesta che è in completa contraddizione e contrapposizione rispetto al percorso che si sta intraprendendo con l’autonomia differenziata, che prevede il trucco dei Lep, che presto sarà chiaro a tutti, che per i motivi detti, non potranno essere realizzati come peraltro è avvenuto nella sanità con i Lea (livelli essenziali di assistenza del SSN).

Ma ovviamente il tema non è tecnico, come si vorrebbe far credere, con il gruppo costituito da Calderoli per individuare i Lep, ma esclusivamente politico. I partiti nazionali, che devono dare risposte ai loro più esigenti elettori del Nord, avranno difficoltà, come si è visto anche con la distribuzione delle risorse del PNRR, a far accettare un riparto meno sbilanciato della spesa pubblica.

Le regioni settentrionali vogliono, giustamente, tenere il passo con le aree più sviluppate dell’Unione Europea e per questo hanno bisogno di spesa pubblica abbondante, per infrastrutturare il territorio con la quarta e quinta corsia per avere servizi adeguati mentre l’impresa privata, ma anche quella partecipata,  pressa per aiuti che riguardino la possibilità di innovare per essere competitivi sui mercati internazionali.

Per questo l’unica strada possibile è quella di una crescita che non sia dello zero virgola ma che metta in funzione quella che viene chiamata la seconda locomotiva e che per ora è rimasta ferma nei depositi delle ferrovie.

Pensare di far crescere un paese puntando su una sola gamba se non fosse ridicolo sarebbe da ingenui. Lasciare il 40% del territorio non utilizzato e il 33% della popolazione a un tasso di occupazione di una persona su quattro significa non capire le potenzialità possedute.

Il cambio di passo è proprio quello che serve ma non sembra ancora che tutti se ne siano resi conto, se ancora PD e Cinque Stelle si allertano per manifestazioni contro il ponte sullo stretto di Messina. Non capendo che la logistica è uno dei tre pilastri sui quali deve fondarsi il New Deal del Mezzogiorno, insieme al manifatturiero e al turismo. Mentre la proiezione euro-mediterranea, ormai indispensabile per l’Europa, è un altro degli elementi su cui si può fondare il Rinascimento del nostro Paese, partenendo da Sud. (pmb)

(courtesy Il Quotidiano del Sud / L’Altravoce dell’Italia)

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