La deputata del M5S, Vittoria Baldino, ha chiesto che il ministro agli Affari Regionali, Roberto Calderoli, ritiri la proposta di legge sull’autonomia differenziata, che «allarga le disuguaglianze Nord-Sud».
La parlamentare, poi, ha definito «vergognoso» l’attacco del ministro alla stampa libera: «Ma è normale leggere che un ministro preannuncia azioni legali contro quotidiani che esercitano il sacrosanto diritto di critica, rispetto ad un progetto politico di cui invece lo stesso ministro dovrebbe assumersi tutta la responsabilità?».
«Eppure – ha spiegato – la volontà di acuire ancor di più la sperequazione territoriale è cristallizzata in un atto normativo, dallo stesso ministro elaborato, con evidenti criticità, più volte sollevate anche da autorevoli esperti. Tanto da richiedere implicitamente l’intervento di Mattarella nel discorso di fine anno. Come ricordato dal capo dello Stato, le differenze legate a fattori sociali, economici, organizzativi, sanitari tra i diversi territori del Paese, creano ingiustizie, feriscono il diritto all’uguaglianza».
«Il criterio della spesa storica – ha rimarcato Baldino – è iniquo e foriero di allargare ancora di più le diseguaglianze tra regioni. Quindi, di spaccare ulteriormente un Paese che viaggia già a due velocità. Si prendano come esempio alcuni dati relativi alle differenze tra Reggio Emilia e Reggio Calabria, due città vicine come numero di abitanti: per l’istruzione Reggio Emilia spende 28 milioni di euro, Reggio Calabria 9; per i servizi sanitari Reggio Emilia spende 40 milioni di euro, Reggio Calabria 17; per le infrastrutture Reggio Emilia 54 milioni di euro, Reggio Calabria 8 milioni».
«I Lep, che si promette di determinare, senza lo stanziamento dei fondi sono e restano lettera morta – ha concluso Baldino –. II disegno autonomista della lega in tal senso, come rilevato dalla stampa e dalla società civile, offre nessuna garanzia. Tutto si rimanda ad un’eventuale legge di bilancio. L’ultima della quale ci ha insegnato che questo governo è pronto a penalizzare i più deboli in nome dei più forti». (rp)