Site icon Calabria.Live

Calabria, il rischio inquinamento da mascherine e la balneazione eccellente all’88,5%

Il mare della Calabria

di PIETRO AMENDOLA – Una macchia nera, scura e putrida. Potrebbe essere questo  il simbolo dell’inizio della Fase 2. Non ci sono volute troppe ore. Dopo la fine del lockdown del 4 maggio, l’essere umano sta tornando parzialmente a vivere. Il mondo esterno è ora di nuovo accessibile agli italiani, e forse l’unico preoccupato di questo evento è proprio l’ambiente che stiamo ritrovando fuori dalle nostre case. Questa immensa macchia nera che è stata avvistata intorno alla foce del canale Agnena, in provincia di Caserta, è il mostro che non volevamo mai più rivedere. È il mostro dell’inquinamento, ma purtroppo è anche il mostro del passaggio umano, delle nostre azioni. Sono state fatte indagini su questo improvviso alone di sporcizia che si dimostra un nemico quasi imbattibile per le acque del nostro paese. Ancora non è stata individuata nessuna chiara manifestazione di criminalità nella zona. Ma la situazione è molto allarmante. C’era da restare esterrefatti, durante le settimane di quarantena, davanti alle foto dei nostri fiumi e dei nostri mari, che sembravano vivere molto meglio senza la nostra presenza.

Il discorso, ovviamente, riguarda anche la regione Calabria, le cui acque costituiscono un patrimonio per il territorio. La domanda che dovremmo porci in questo momento è : “Questo periodo di lockdown ci ha dato maggior consapevolezza dell’importanza di queste risorse e dell’effetto negativo che le azioni umane possono avere, in termini di inquinamento?”.  Probabile. Ma c’è da fare una distinzione tra questa consapevolezza e il vero rispetto per i corsi d’acqua.

La Regione Calabria ha da poco pubblicato sul suo sito i dati della campagna di monitoraggio delle acque di balneazione della regione, iniziata nel 2019. Se da una parte troviamo statistiche confortanti, con l’88,55 %  dei 670 km di costa analizzati risultato “eccellente”, dall’altra comprendiamo anche l’effetto che ha avuto il lockdown su fiumi e mari. Se andiamo a guardare i dati risalienti a Luglio 2019 di Goletta Verde, storica campagna di Legambiente, era emersa una poco adeguata depurazione. Ben 13 dei 24 campioni analizzati, erano risultati fuori dai limiti di legge. Numeri che fanno parte di una fotografia delle coste calabresi, di cui non ci dobbiamo dimenticare, per essere in grado di sostenere nel modo giusto il ritorno alla normalità, nel rispetto delle risorse ambientali.

Sono molti gli interrogativi legati all’inquinamento. Uno di questi è sicuramente lo smaltimento delle mascherine, oggetto divenuto ormai parte integrante di questa fase di “convivenza” con il Covid-19.  Nonostante le scarse informazioni, al momento è importante che questi dispositivi vadano gettati negli appositi contenitori dell’indifferenziata, dopo averli prima avvolti in un sacchetto. Stanno già arrivando segnalazioni di mascherine disperse nell’ambiente, nella violazione di queste indicazioni. Sarebbe utile una maggiore precisione sulle direttive legate allo smaltimento di questi materiali, specialmente nella sezione del sito della regione “Pulizia Spiagge”, al momento vuota. Sarà importante una risposta chiara e decisa, per arginare il pericolo inquinamento dovuto a utensili indispensabili per la nostra protezione. Altra insidia sono gli oli esausti. Si tratta di un rifiuto potente, che deriva da macchinari industriali, automobili e barche e che può determinare gravi effetti inquinanti.  Anche in questo caso, l’assenza di vita umana nel paese ha permesso una diminuzione della presenza di questi materiali nelle acque. La soluzione migliore sarebbe quella legata ad un’economia circolare, che mira a riutilizzare questi oli esausti per trasformarli in nuove risorse. Lo ha già fatto 2 anni fa il Consorzio CONOU, partner della già citata Goletta Verde, consentendo la rigenerazione di 5,3 milioni di tonnellate di oli esausti,  con 3 milioni di tonnellate di olio nuovo prodotte.

C’è molta confusione anche sui fanghi di depurazione, residui derivanti dai processi di depurazione delle acque reflue(come spiegato dall’articolo 2 del Decreto Legislativo 99/1992). L’articolo 127 dello stesso decreto legislativo spiega invece l’importanza del riutilizzo di questi fanghi di depurazione e l’assoluto divieto di un loro smaltimento nelle acque. La Regione Calabria dal 2007 ha avviato un’attività di informazione puntuale sulla corretta gestione di questi materiali. Gli enti provinciali sono stati incaricati di compilare una scheda riguardante i dati sui fanghi di depurazione prodotti e sul loro riutilizzo. I numeri sono aggiornati fino al 31 dicembre 2018, anche se sono numerose le province per le quali ci sono evidenti mancanze di dati precisi. Inoltre per parecchie sezioni territoriali ci sono aggiornamenti solo fino al 2015. Si spera che anche su questo tema verrà fatta maggiore chiarezza. (pa)

Exit mobile version