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Città unica di Occhiuto o Grande Cosenza di Andreatta?

Città unica di Occhiuto o Grande Cosenza di Andreatta?

di FRANCO BARTUCCIVisto così potrebbe essere un quesito che i cittadini di Rende, Cosenza e Castrolibero, saranno chiamati a scegliere partecipando al referendum indetto per il prossimo 1° dicembre dal Presidente della Giunta Regionale della Calabria, Roberto Occhiuto. Per dire la verità costoro saranno chiamati ad esprimersi per il “Sì”, che prevede la fusione in “città unica” dei tre comuni sopra citati, oppure per il “No”, preferendone la indipendenza e autonomia come tuttora vigente.

Per la “città unica” si intende questa scelta netta e nelle condizioni e descrizione che abbiamo ampiamente trattato nei nostri servizi precedenti e cioè riconoscere e legalizzare l’insieme di tre aree urbane ormai già esistenti nelle parti basse dei centri storici di Rende e Castrolibero con annessione ed integrazione all’area urbana di Cosenza con in cima il suo centro storico. Il termine “Città unica” è stato lanciato nel 2019 dalla consigliera regionale Simona Loizzo, oggi parlamentare.

Mentre della “Grande Cosenza” il termine nasce negli anni Sessanta nei vari circoli culturali e politici della città bruzia a seguito dell’impegno per far nascere in Calabria la prima università calabrese, che si concretizza con l’approvazione della legge istitutiva 12 marzo 1968, n° 442, che porta il nome di Aldo Moro (presidente del Consiglio) e dei ministri: Gui, Pieraccini, Colombo, Mancini, Pastore.

Nel mese di febbraio 1971 il Presidente del Consiglio Emilio Colombo, avendo come sottosegretario alla presidenza del Consiglio Dario Antoniozzi, nonché come Ministro della Pubblica Istruzione l’on. Riccardo Misasi, fa approvare dal consiglio dei Ministri, il cosiddetto “Pacchetto Colombo”, che prevede per il cosentino l’insediamento della prima università statale calabrese, ratificata successivamente nel mese di aprile da un Decreto del Presidente della Repubblica.

Il Comitato Tecnico Amministrativo, presieduto dal Rettore Beniamino Andreatta, riunitosi nel salone di rappresentanza di Palazzo dei Bruzi, delibera, dopo un periodo di studio del territorio, di insediare la nuova università, la prima istituita dalla Repubblica italiana, a Nord di Cosenza, sui territori di Rende e Montalto Uffugo, legando a Sud il complesso universitario alla superstrada 107 Crotone/Cosenza/Paola, mentre a Nord all’asse ferroviario Cosenza/Paola in località Settimo di Montalto Uffugo, costeggiata a valle dall’autostrada Salerno Reggio Calabria. Da questa scelta prende corpo, quindi, l’idea progettuale della “Grande Cosenza”, avendo come cuore palpitante e propulsivo la nascente Università della Calabria, sull’asse portante principale Montalo Uffugo/Rende e legato alla città capoluogo di Cosenza per ragioni soprattutto istituzionali e governative.

Che cos’è quindi la Grande Cosenza scaturita dalla nascita dell’Università della Calabria ed impostata nel territorio appena descritto? In parole semplici non è altro che una nuova città pensata nella media Valle del Crati, che per il Comitato Tecnico Amministrativo ed il suo presidente, prof. Beniamino Andreatta, doveva essere punto di riferimento al centro del Mediterraneo, ma soprattutto una città europea con la sua università aperta ed al servizio del territorio per un suo sviluppo economico, sociale e culturale.

Una nuova città che con l’Università si estendeva nella vasta area della media Valle del Crati, coinvolgendo attraverso un sistema viario, autostradale, ferroviario e metropolitano i vari centri urbani dislocati sulle fasce montane circostanti e lungo l’autostrada tanto da paragonare la nuova Grande Cosenza alla città metropolitana di Londra, fatta da un insieme di comuni. La Grande Cosenza legata a Castrovillari e Sibari attraverso un sistema di metropolitana veloce guardando alle due sponde dello Jonio e del Tirreno, come anche alla fascia interna della Sila per esserne laboratorio sperimentale di studio e valorizzazione in termini di investimenti turistici ed imprenditoriali.

Per fare tutto ciò si raccomandavano interventi importanti da realizzare: il completamento della galleria ferroviaria di base Paola/Cosenza; la costruzione della strada dell’Esaro; la costruzione dei raccordi stradali dall’autostrada del Sile ai nuovi insediamenti presso gli abitati a sinistra del Crati; il riammodernamento dell’itinerario stradale da Catanzaro Lido a Sant Eufemia; la costruzione della sede, con tracciato poi utilizzabile per la metropolitana veloce su rotaia, sull’itinerario della pedemontana della Serra inserito tra gli abitati storici a sinistra del Crati e la fascia boschiva a monte.

Insomma dichiarava il Rettore Beniamino Andreatta al quotidiano “La Stampa” di Torino in un servizio giornalistico pubblicato il 30 giugno 1971 con il titolo “La sfida dell’Università in Calabria” : «Pensiamo all’Ateneo calabrese come ad un quartiere specializzato di un’area metropolitana». Ed ancora: «dobbiamo fare scelte rapide per rompere la delusione del Mezzogiorno, e scelte precise per non annegare nel perfettismo dei meridionali, che alimenta discussioni interminabili. Una città come Cosenza con l’Università avrà influenza su tutta la Calabria, sarà una città di giovani in una regione che da decenni perde i suoi giovani. Naturalmente vogliamo che l’Università sia come la concepiamo, che funzioni come se ci fossimo noi stessi che l’organizziamo».

Ci sono i disegni, le planimetrie, le relazioni descrittive che mostrano il tipo di Università che la Calabria avrebbe dovuto avere sviluppata su un asse di 3 km e 400 metri tra la superstrada 107 e i binari del tracciato ferroviario Cosenza/Paola in località Settimo di Montalto Uffugo sui territori dei comuni di Rende e Montalto. Sono state appena realizzate opere strutturali lungo un asse di un chilometro e 420 metri lineari ed un complesso residenziale pari a 2.300 posti letto; mentre in base alla legge istitutiva ne avrebbe dovuto accogliere il 70% degli studenti iscritti, tradotti in termini numerici almeno 8000 posti.

L’incuria politica ed il disinteresse scaturito negli anni anche per una scarsa attenzione sia da parte della stessa comunità universitaria come della società calabrese, ne ha bloccato il progetto da ben 15 anni; mentre adesso con il disegno di legge regionale della “Città unica” ne cancellano la memoria decurtando l’area  di 310 ettari assegnatele nel 1971, con delibere dei Comuni di Rende e Montalto Uffugo, spazzando via circa 50 ettari che si trovano sul territorio di contrada Settimo, attigui al torrente che costituisce la linea di confine tra i due comuni, dove si trova la confluenza dei tratti ferroviari Cosenza/Paola e Sibari/Paola, utilizzati dal treno alta velocità Sibari/Bolzano, per non ricordare che proprio su Settimo sono in cantiere la stazione ferroviaria incrocio dell’asse portante dell’UniCal e lo svincolo autostradale Montalto sud/Rende.

C’è da chiedersi cosa ha spinto questa classe politica regionale ad insistere nel predisporre un disegno di legge che prevede la fusione solo dei tre comuni Rende/Cosenza e Castrolibero escludendo Montalto Uffugo? Sebbene informati fin dal 2019 della debolezza del progetto rispetto al disegno della Grande Cosenza, con costanti servizi giornalistici pubblicati da Calabria.Live e da contatti e colloqui frontali, come telefonici, perché questa perseveranza verso un referendum consultivo che anziché unire una comunità nell’impostare la nascita di una nuova città, posta su una unica area urbana, finisce per spaccarla?

Attraverso i vari servizi giornalistici abbiamo sempre chiarito che la nuova grande città andava realizzata in funzione del rispetto del progetto dell’Università della Calabria ed è un punto doloroso che questo non sia avvenuto, sia nella fase preparatoria del testo di disegno di legge, come nella fase di dibattimento in corso per la campagna referendaria. L’UniCal è un oggetto calato dal cielo non avendo diritto di rendersi visibile. Eppure i padri fondatori ebbero a fare raccomandazioni particolari riportati in precedenza in questo servizio per garantire crescita e sviluppo a se stessa, ma principalmente alla società calabrese.

Come altrettanto triste è il fatto che la stessa comunità universitaria e chi la dirige oggi nella sua governabilità non abbia alzato voce per tutelare e difendere l’integrità territoriale della nascente Università della Calabria da collocare in un’area urbana unica, per come chiesto dai padri fondatori, e non su due per come emerge dal disegno di legge regionale oggetto di discussione.

Se la dirigenza dell’UniCal tace con il referendum è bene che i cittadini esprimano il loro pensiero se le cose vanno bene così come sono, oppure credere che c’è ancora una speranza per cambiare pagina ed essere parte attiva nella costruzione di una nuova Grande Cosenza apponendo un “no” sulla scheda referendaria, aprendo, così, la strada nel dare inizio a quel percorso mirato a creare la città metropolitana sull’asse portante Università della Calabria esteso sul territorio Rende/Montalto Uffugo. Ci sono in questo servizio quattro immagini di Settimo e che mostrano la vacuità del disegno della città unica che ne esclude l’annessione, che ne giustifica la bocciatura. (fb)

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