L’OPINIONE / Bruno Tucci: La gente che va a votare in percentuali irrisorie

di BRUNO TUCCI – Ormai è una prassi consolidata in tutto il Paese, purtroppo. La gente che va a votare ha percentuali irrisorie. Così accade da tempo in Italia, così è accaduto di recente in Calabria quando la gente ha dovuto esprimersi su “La città unica” che riguardava Cosenza e il suo hinterland.

Ci sono i soliti sapientoni che hanno letto i risultati e si sono espressi contro coloro che non si recano alle urne. Sono ritornelli riti e ritriti a cui noi calabresi abbiamo fatto il callo. Stavolta i pessimisti, non hanno potuto criticare a lungo, perchè il fenomeno interessa ogni angolo del nostro Paese, da Nord a Sud. Ragione per cui il borbottio ha avuto la durata di qualche ora, poi è finito nel nulla..

Comunque, la statistica di quest’ultimo voto è  a dir poco sconvolgente: ha votato poco più del 25 per cento della popolazione con il primato di Cosenza che non è andata al di là di un venti per cento. Se l’Italia non vota noi non dobbiamo essere contenti di un risultato così povero.
D’accordo, abbiamo violato un principio sacrosanto della nostra Costituzione. Però, qualche giustificazione è doverosa. Il progetto presentato agli elettori non aveva i crismi della originalità. Anzi, percorreva strade ormai note che non  ingannano più la gente. Chi deve esprimersi non si fa più prendere per i fondelli: legge e ragiona. Per cui molti si sono convinti che quanto proposto dalla regione era insufficiente anche se dagli organi responsabili si diceva un gran bene della “città unica”.
Adesso che è stato risposto con un chiarissimo no, quegli stessi studiosi ed esperti dovranno correre ai ripari perché “il progetto era privo di una qualsiasi visione del futuro”: In parole semplici, non c’era nulla di nuovo e lo studio non risolveva i problemi di oggi.
Allora, da ora in poi, sarà bene prima di indire un referendum che inviti la gente a rimanersene a casa, di avere una cura più attenta del piano o del programma che dir si voglia di modo che chi dovrà esprimersi con un voto lo farà volentieri senza rispondere con un no secco. (bt)

L’OPINIONE / Filippo Veltri: Vince anche il “no” del sentimento

di FILIPPO VELTRIDomenica sera sotto il diluvio di cifre e commenti su Tv e social per il referendum sulla fusione delle tre città, finito come è ormai noto mi è tornato in mente un vecchio racconto di tanti e tanti anni fa che mi fece una sera, ad una Festa meridionale dell’ Unità, il grande dirigente del PCI Pio La Torre. Dopo pochi mesi La Torre sarebbe stato assassinato dalla mafia a Palermo.

In un palermitano accentuato più del solito La Torre mi indicò un tavolo dove stavano cenando, separati, alcuni ‘’illustri’’ ospiti esterni al Pci e con un lampo e un gesto imperioso della mano destra mi disse: «Filippo… Filippo… non ti fidare mai di questi presunti intellettuali che ti scavalcano a sinistra a parole e con paroloni! Sono i primi pronti a raccattare le briciole sotto il tavolo dei potenti! Sotto il Tavolo! Manco sopra».

Queste parole di Pio La Torre – che passava per essere uno della destra del PCI – mi tornano spesso nei ragionamenti vari che si fanno attorno, e sopra appunto, la politica e mi sono riaffiorati l’altra sera al pensiero di quanto avvenuto in questo mese di campagna elettorale per dire sì o no alla fusione, clamorosamente bocciata dagli elettori. I pochi elettori in verità, soprattutto a Cosenza, ma anche questa è una sconfitta per chi pensava a ben altro.

Quelle parole di Pio La Torre mi servono per aggiungere un paio di notarelle sull’allegra compagnia di giro che si è accodata alla decisione del Consiglio Regionale della Calabria di tentare una così improvvida manovra alle spalle di tre città. 

Professorini e presunti tali, professoroni ordinari nelle università, intellettualini di mezza tacca di provincia, politici di vecchio stampo e accademici sonnolenti, autonominati pensatori-portavoce- addirittura opinion leader dell’invincibile armata (somigliava tanto a quella del povero Achille Occhetto sbaragliato come è noto alla fine da Silvio Berlusconi), aspiranti incarichi/prebende nel codazzo alla corte dei Re oggi in auge (per domani sono peraltro già pronti a un nuovo eventuale salto della quaglia) sono, infatti, accorsi per qualche briciola sotto il tavolo (a Cosenza diciamo in dialetto ‘pi nu piatto i pipi’), inventandosi dotte disquisizioni, arditi argomenti, persino accuse infamanti contro chi tentava solo di fare ragionare e pensare. Qualche buontempone è arrivato a definirci dei borbonici!

 I social e le Tv in questi 30 giorni sono stati invasi, tutti i partiti – da Fratelli d’ Italia a Sinistra Italiana passando per i sindacati (roba mai vista questa unità) – hanno martellato ma poi la gente ha capito e non è andata a votare (a Cosenza) o ha dato il suo No ad un progetto che era pasticciato e inutile. Ma è proprio a Cosenza che è emerso un ultimo dato, da non sottovalutare affatto, che mi sta molto a cuore, espressosi sia nel non voto che nel No: quello cioè di uno spirito di appartenenza che non è conservazione ma voglia di contare.

Di dire una cosa in fondo semplice semplice: una città non è fatta solo di strade e palazzi ma di quello che ci sta sotto e prima, di chi l’ha messa in piedi, delle pietre che parlano, degli angoli che narrano un passato che è storia e per essere cancellato ha bisogno di essere dunque quantomeno condiviso. A Cosenza come a Rende e a Castrolibero. 

Lo abbiamo scritto il primo giorno e oggi lo ribadiamo: non è nostalgia (peraltro sentimento nobilissimo) ma umile voglia di contare, di non stare sotto i tavoli del racconto di La Torre ma almeno al tavolo con pari dignità.

Chi non ha pensato a questo ha dimostrato di non sapere che la politica è anche sentimento, o almeno dovrebbe essere, e chi a questo sentimento ha dato una sponda (a Cosenza una ventina di persone in tutto) alla fine ha vinto ed è una lezione che vale anche per il futuro. O almeno dovrebbe valere, se non si vuole andare incontro a nuove spiacevoli sorprese.

Il professore Renzo Rosso, ordinario di ingegneria idraulica alla Statale di Milano, ieri ci ha ricordato come in Liguria, ad esempio, ci sono due Albissola, di sotto e di sopra. Due comuni rigorosamente governati da sponde politiche diverse che talora si invertono. Ma lì in Liguria sanno come fare le cose! (fv)

  

L’OPINIONE / Franco Bartucci: Occhiuto è lo sconfitto di questo referendum

di FRANCO BARTUCCI – «Roberto Occhiuto, presidente della Giunta Regionale della Calabria è lo sconfitto di questo referendum. A dirlo è stato Mimmo Bevacqua, capogruppo PD in Consiglio regionale. Concordo perfettamente con questa dichiarazione e aggiungo altri nomi, Simona Loizzo, con la quale per prima mi sono confrontato nel 2019 nello scongiurare di mandare avanti la proposta di fusione dei tre comuni e di guardare invece all’idea progettuale della “Grande Cosenza”, elaborata nel 1971 dai padri fondatori dell’Università della Calabria ed in particolare del Comitato Tecnico Amministrativo, presieduto dal Rettore Beniamino Andreatta.

Una “Grande Cosenza” che includeva il Comune di Montalto Uffugo per effetto che il progetto dell’Università della Calabria si estendeva da Rende (Statale 107) a Montalto Uffugo (incrocio ferroviario di Settimo) e che il disegno regionale della fusione lo escludeva.

Tra gli sconfitti inserisco anche sindacalisti e figure politiche, compreso gli amici del Partito Democratico, ai quali ho esteso lo stesso invito nell’arco degli ultimi tre anni da a quando questa questione è venuta a galla ricevendo come risposta: «A Montalto ci penseremo dopo».

Chissà quando e come! Sappiamo per esperienza come le vie della politica sono complicate e lunghe.

Sull’idea della “Grande Cosenza” e dell’insediamento come dello sviluppo dell’Università in un’area urbana unica e vasta, il Rettore Beniamino Andreatta amava a quel tempo del suo mandato confrontarsi con la classe politica, sindacale ed istituzionale del posto come della regione a cominciare dal presidente Antonio Guarasci. Amava confrontarsi in incontri pubblici che avvenivano nell’aula circolare dell’edificio polifunzionale, come nel salone di rappresentanza del Comune di Cosenza ed anche nella sala del Consiglio provinciale di Cosenza.

Ad organizzare tali incontri fummo chiamati: il dott. Antonio Onofrio, io e Aldo Orrico, con la raccomandazione di chiamare a raccolta per quanto riguarda il settore politico solo i rappresentanti di quei partiti appartenenti all’area costituzionale. Ciò significava l’esclusione dei sostenitori ed appartenenti al Movimento Sociale Italiano. Da Democristiano e cattolico non aveva fiducia e stima di quel partito.

Passano gli anni, oltre cinquant’anni, e i discendenti di quel soggetto politico arrivano a governare la Regione Calabria, cosicché non so come tirano fuori un progetto e un disegno di legge che cozza e mira a bloccare l’idea progettuale della “Grande Cosenza” con al centro l’Università della Calabria scaturita dall’intelligenza e dalla passione politica di un uomo venuto in Calabria dal Nord Italia, con amore e rispetto nei confronti degli uomini e donne del nostro territorio, per insegnarci a vivere e credere nelle nostre possibilità di creare sviluppo e crescita economica, sociale e culturale, valorizzando e credendo soprattutto nei giovani, speranza del futuro.

Uno di quei giovani laureatosi all’Università della Calabria e divenuto Presidente della Giunta Regionale non ha dato ascolto alla lettera aperta pubblica apparsa su questo giornale in data 7 agosto 2024, con la quale rivolgevamo una preghiera, per salvaguardare l’ integrità territoriale destinata all’UniCal e al pensiero di Andreatta, di rinviare quel disegno di legge al consiglio regionale per la scrittura di un nuovo testo di legge, impostato in concordia con le parti e con il coordinamento degli esperti dell’UniCal, in modo da evitare danni consistenti a livello di immagine, per come è avvento con il referendum che in molti ritengono illegittimo, che ha dato l’esito che tutti sappiamo. Con questo mio contributo do un consiglio chiaro di impegno e lavoro agli amici del PD di riprendere nel cassetto il progetto della “Grande Cosenza” che ci ha lasciato in eredità Beniamino Andreatta, primo Rettore dell’UniCal e tra l’altro padre fondatore del Partito Democratico.

Non abbiamo bisogno di nulla se non metterci al lavoro da subito e concretizzare al più presto la ripresa dei lavori. Sulla Collina di Contrada Vermicelli ci sono da diciassette anni immobili due cubi che attendono di scendere a valle per raggiungere i binari ferroviari di Settimo e collegarsi con l’alta velocità che da Sibari vola verso Bolzano. (fb)

L’OPINIONE / Domenico Mazza: Vince l’astensione mentre dilaga l’apatia politica

di DOMENICO MAZZA – In ambito pubblico, l’apatia politica è una mancanza di interesse verso la πόλις (Città). Ciò detto, include: il disinteresse degli elettori e dei mezzi d’informazione negli eventi politici, le difficoltà di comunicazione delle proposte da parte dei partiti e dei gruppi di pressione, la disaffezione alla partecipazione democratica e ai sistemi di voto.

Non trovo altre parole che possano descrivere il disastroso metodo con cui la politica bruzia ha condotto la campagna referendaria sulla sintesi dei Comuni e l’altrettanta sciagurata risposta che è fuoriuscita dalle urne. Si badi bene, l’accezione “sciagurata” non è da riferire all’esito del referendum. Piuttosto, alla più completa apatia con cui gli aventi diritto al voto hanno licenziato l’argomento della fusione amministrativa. Personalmente, se l’esito positivo o negativo del referendum avesse visto la partecipazione di una distinta percentuale delle Popolazioni, avrei avuto ben poco da eccepire. Tuttavia, quando l’astensionismo da una condizione di deroga diventa norma, si conferma la presenza di malesseri profondi e conclamati: indifferenza, rassegnazione e scelta di non scegliere.

Affluenza alle urne: un quadro desolante che pesa sulla politica  

Poco meno di 95mila aventi diritto e a votare si sono recati in appena 25mila. Nonostante la percentuale di affluenza abbia fatto registrare picchi più significativi a Castrolibero e Rende, il dato complessivo dei votanti resta comunque distante dal rendere significativa la competizione. Ad intestarsi la vittoria di un anonimo referendum, quindi, restano i sostenitori del “No” che incassano il dato della dilagante astensione come fosse un plebiscito a loro favore.

Una lettura controversa quanto inesatta, figlia di un’interpretazione che distorce il concetto più nobile della democrazia partecipativa. Nonostante settimane di dibattiti e iniziative, invero, né le forze di maggioranza del centrodestra regionale, né una parte della sinistra sono riuscite a spingere le popolazioni a recarsi ai seggi. Un fallimento collettivo che evidenzia il distacco crescente tra politica e cittadini. Vieppiù, che conclama l’incapacità delle Classi Dirigenti a trasmettere un messaggio di crescita e sviluppo insito al progetto stesso di fusione amministrativa. Inoltre, il disinteresse mostrato dalla collettività verso il processo di sintesi indica come il concept progettuale necessiti di una revisione profonda; non solo nelle sue motivazioni, ma, soprattutto, nel modo in cui viene comunicato e percepito dai Cittadini.

Nessun vincitore, solo uno sconfitto: il popolo dell’area urbana

Probabilmente nella scelta di non scegliere il popolo cosentino ha voluto bocciare un Establishment che non ha saputo declinare le potenzialità racchiuse nel progetto di fusione. La Grande Cosenza, d’altronde, non poteva essere liquidata con l’effimero tentativo di costruire una semplicistica sommatoria demografica. Le titubanze della Politica che non ha saputo descrivere i vantaggi della nuova conformazione amministrativa, si sono tradotte in paura, immobilismo e apatia nelle Popolazioni.

Tuttavia, va considerato un altro fattore: se la partecipazione democratica si verifica a mo’ di random nelle varie tornate amministrative e langue nelle espressioni referendarie, evidentemente, una visione inquinata dei sistemi di consultazione elettorale esiste ed è concreta. Durante le campagne elettorali di indicazione locale apparati, correnti e interessi la fanno da padrone.

I quesiti referendari, al contrario, vengono avvertiti come distanti dalle esigenze particolari e dai personalismi e, pertanto, ritenuti poco interessanti e per nulla motivanti. La descritta percezione, purtroppo, è frutto di una visione miope e malata del corpo elettorale. Esternare il proprio parere su un’idea è, con ogni probabilità, ben più importante di quanto non sia esprimere la propria preferenza a un Amministratore. Il Cittadino che rinuncia al suo diritto-dovere di partecipazione elettorale non può considerarsi parte di una Comunità. Piuttosto, è un individuo che tenta di solcare i mari a bordo di una nave, ma senza l’ausilio di un timone.

E adesso? 

Considerare tramontata l’idea di una fusione dei Comuni vallivi contermini a Cosenza sarebbe un grave errore. Probabilmente, il progetto va ripensato, arricchito e esportato oltre i confini dei tre Comuni chiamati alle urne domenica scorsa. Bisognerà partire dalle scuole e dalle piazze. Sarà necessario trasmettere alle Popolazioni, senza titubanze, che Il progetto di fusione a Cosenza — in funzione di una razionalizzazione del numero dei Comuni e nell’ambito di una prospettiva di riassetto amministrativo della Calabria — può diventare volano di svolta, ma solo se accompagnato da una nuova governance del territorio regionale. L’azione descritta, infatti, risulterebbe in perfetta sintonia con la principale politica di investimento dell’Europa: la coesione territoriale.

La stessa che mette al centro il territorio sostenendone la crescita economica, la creazione di posti di lavoro, la competitività delle imprese, lo sviluppo sostenibile e la protezione dell’ambiente. I suoi vantaggi, dunque, sarebbero direttamente proporzionali all’autorevolezza politica inverata dalle aggregazioni territoriali.

Soprattutto, però, sarà necessario che le espressioni politiche del centralismo cosentino imparino a declinare un nuovo paradigma per l’agognata sintesi della Città unica: rinnovate narrazioni che abbandonino scampoli di pennacchi motivati da inutili dualismi con l’Arco Jonico.

Serviranno, invero, nuove relazioni programmatiche e non astruse teorie volte a infondere paure su improbabili traslazioni geografiche del Capoluogo e amenità simili. Così come, sulle sponde joniche, sarà necessario evitare squallide e disdicevoli politiche di salamelecchi, prostrate agli ordini di una casta cosenzacentrica che non affascina più neppure gli abitanti della val di Crati. (dm)

[Domenico Mazza è del Comitato Magna Graecia]

Orrico (M5S): Da referendum è venuta fuori una comunità divisa

«I (pochi) cittadini dell’area urbana che sono andati a votare al referendum per la città unica Cosenza-Rende-Castrolibero si sono espressi per il no», ha commentato la deputata del M5S, Anna Laura Orrico, a seguito dell’esito del referendum per la Città Unica, a cui i cittadini hanno detto «no ad un progetto imposto dall’alto, privo di ogni ascolto delle tre comunità e delle rispettive assise cittadine: figurarsi che a Rende c’è ancora il commissariamento».

«Un progetto di città unica che –  ha proseguito Orrico – come avevo più volte denunciato, è sempre stato carente di visione politica su cosa e come sarebbe dovuta essere la città unica. Frettoloso, dal sapore elettorale, costruito male. Vince l’astensionismo, tre su quattro hanno disertato le urne, che restituisce l’incapacità dei promotori di stimolare la partecipazione dei cittadini i quali, dal canto loro, hanno percepito il percorso come un dialogo fra gruppi di interesse, poco interessati però agli affanni quotidiani delle famiglie dell’area urbana a meno che non siano famiglie politiche. Ecco a voi la città divisa».

«Siamo curiosi di capire se – ha concluso l’esponente pentastellata –  almeno questa volta verrà rispettata la decisione emersa (sappiamo bene che qualcuno del centrodestra è abituato a sovvertire gli esiti elettorali, vedi le ultime politiche) oppure se i padroni del vapore, di tutti i colori politici, capiranno come processi del genere richiedono ascolto e rispetto, a partire dal basso. Sappiano, in caso contrario, che dall’altra parte, insieme alle persone comuni, ci saremo anche noi. Ci siamo abituati». (rp)

 

REFERENDUM, È FLOP DI PARTECIPAZIONE
VINCE IL NO, PERÒ IL PROGETTO RIMANE

di MASSIMO CLAUSI – Il dato del referendum sulla fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero alla fine è stato clamoroso. 10652 votanti a Rende, 10655 votanti a Cosenza e 3657 votanti a Castrolibero hanno detto ampiamente no al progetto incardinato dal centrodestra regionale. I numeri finali dicono che a Cosenza e si sono stati il ​​69,48% e no il 29,45. A Rende i “si” il 18,12% e i no l’81,43; a Castrolibero i “si” il 25,57 ei no il 73,81% In totale, quindi, il no ha vinto con il 56,81 (13166 voti) contro il 42,45 (9838 voti).

E davvero in pochi alla vigilia erano disposti a scommettere su un’affermazione così netta del no, anche perché il percorso verso la fusione dei tre comuni è davvero ineludibile. Quello che non ha convinto è stato evidentemente il progetto, ammesso ce ne fosse uno.

Un brutto colpo per l’attuale amministrazione regionale che si è fatta promotrice della proposta, nonostante il presidente della giunta, Roberto Occhiuto, abbia preferito rimanere sott’acqua. Non così il fratello, il senatore Mario, che ha cavalcato moltissimo le ragioni del sì con post e dichiarazioni quasi quotidiane.

A salvare il centrodestra regionale dalla clamorosa sconfitta è stato l’atteggiamento dell’opposizione che ha votato in linea con la maggioranza sulla proposta di legge di fusione con l’eccezione di Laghi e Tavernise che si sono astenuti e il no del consigliere del Misto, Antonio Lo Schiavo, in splendida solitudine. Quanto basta per far dire a Sandro Principe di essere dispiaciuto per l’atteggiamento del centrosinistra che avrebbe potuto fare una battaglia caratterizzante contro la destra sul punto.

Il problema di fondo è stata la partecipazione, fiacca anzi fiacchissima che non si può spiegare solo con il progressivo astensionismo che attanaglia la politica. Se questa, infatti, è dato dalla scarsa capacità dei partiti di interpretare le istanze della gente, in un meccanismo di partecipazione diretta come il referendum l’assioma non può reggere.

L’OPINIONE / Franz Caruso: Con referendum è stato bocciato il metodo impositivo portato avanti

di FRANZ CARUSO – Non è stata bocciata la città unica. È stato bocciato, anche sonoramente, il metodo impositivo utilizzato dalla Regione Calabria e che ha portato al referendum. Come ho sempre detto la città unica è un progetto di progresso straordinario che deve essere condiviso e partecipato dai territori interessati. Oggi tutto questo non è avvenuto perché la città unica è stata rappresentata come una scatola vuota, quindi, senza contenuti.

Già in tempi non sospetti, quando cioè sono stato audito in commissione Affari istituzionali di Palazzo Campanella ho detto si alla Città unica.  Nel mio programma elettorale l’ho posta come una priorità strategica. È un’idea identitaria dei socialisti cosentini e del centrosinistra, ma non così per come, cioè, l’hanno voluta portare avanti in Calabria.

Proprio durante la mia audizione proposi di tracciare un percorso graduale e definito, partendo da uno studio di fattibilità serio, che cioè non si limitasse ad illustrare il presente ma che indicasse la strada migliore da seguire per la fusione, l’avvio di servizi integrati ed un piano economico reale dei tre Enti. Non mi hanno voluto ascoltare, anzi sono stati sordi ad ogni proposta e perplessità avanzata  da quanti sono stati auditi tra Comuni, associazioni e movimenti, andando avanti con testardaggine, imponendo scelte di parte. Imposizione e scelte  che, per come detto, sono state respinte al mittente dai cittadini.

Ora, però, è il tempo della ripartenza. Per quanto mi riguarda, infatti, la Città Unica è la base su cui costruire un’area metropolitana vasta che abbracci le Serre Cosentine, la media Valle del Crati, la pre-sila ed il Savuto in una strategia di sviluppo indispensabile per la provincia di Cosenza e per l’intera regione.
Da domani con il sindaco Orlandino Greco e  con Rende, dovremo ragionare all’istituzione dell’Unione dei Comuni tracciando azioni condivise e ragionate insieme alle nostre popolazioni in un percorso che, comunque, è già iniziato con la costituzione dell’ambito territoriale per l’unificazione del servizio di trasporto pubblico locale che domani è, peraltro, all’o.d.g. del Consiglio Comunale di Cosenza. (fc)
[Franz Caruso è sindaco di Cosenza]

Tavernise (M5S): Bassa affluenza a referendum è un segnale chiaro

Per il consigliere regionale del M5S, Davide Tavernise, «la bassissima affluenza registrata al referendum, con una partecipazione inferiore al 27%, rappresenta un segnale chiaro e inconfondibile: le comunità locali non si sono sentite coinvolte né rappresentate da questo processo».

«Questa bassissima affluenza – ha aggiunto – può essere interpretata in due modi: come semplice disinteresse, ma anche come una presa di posizione netta contro un progetto che appare imposto dall’alto, senza un adeguato coinvolgimento delle tre comunità».

«Le fusioni – ha proseguito – sono processi lunghi e complessi, che non si possono liquidare con proposte frettolose e calate dall’alto. Presuppongono partecipazione, comprensione e ascolto. Il voto di ieri parla chiaro. I cittadini di Cosenza, Rende e Castrolibero hanno espresso un giudizio inequivocabile, seppur in modo silenzioso, sul progetto di fusione dei tre comuni».

«Come ho già avuto modo di specificare – ha detto ancora il pentastellato – la legge sulla fusione presenta delle gravi lacune e non garantisce una reale partecipazione democratica. La mia proposta di legge, che prevedeva una modifica del referendum e un maggiore coinvolgimento dei tre Consigli Comunali, è stata ignorata dall’esecutivo. Così come non è stato dato alcun valore al mio voto di astensione in Aula».
«La maggioranza Occhiuto – ha proseguito ancora – deve ascoltare con attenzione il messaggio lanciato dai cittadini e ripensare completamente il progetto di fusione. Se si vuole andare avanti è necessario avviare un nuovo percorso di confronto e partecipazione che coinvolga tutti i soggetti interessati, garantendo trasparenza e democraticità».
«Chiediamo al presidente della Giunta regionale di rispettare la volontà popolare – ha concluso – e di sospendere ogni iniziativa che possa ledere l’identità e le specificità delle nostre comunità che, numeri alla mano, non si sentono rappresentati da questo progetto. La bassissima affluenza al referendum rappresenta una sconfitta per la democrazia e un monito per le istituzioni. È urgente ristabilire un rapporto di fiducia con i cittadini, coinvolgendoli attivamente nelle decisioni che riguardano il loro futuro». (rrc)

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L’OPINIONE / Rosi Caligiuri: No al referendum sconfitta della Regione di Occhiuto

di ROSI CALIGIURI – Il progetto di fusione amministrativa tra Cosenza, Rende e Castrolibero, sottoposto a referendum consultivo, si è concluso con un no netto di Rende e Castrolibero e con un si nella città di Cosenza.

Questa la risposta dei cittadini e delle cittadine che non hanno detto no alla fusione, ma che si sono opposti all’arroganza del centrodestra che ha voluto utilizzare un progetto di fusione monco, calato dall’alto e a freddo, senza una progettualità del futuro unico urbano che ha escluso i consigli comunali delle municipalità interessate e un dibattito pubblico inclusivo e partecipato.

Un progetto importante come quello della fusione utilizzato come mero strumento di lotta politica che è stato punito duramente al momento del voto.
La regione di Occhiuto registra, così, una ulteriore sconfitta, dopo quella di Cosenza e di Vibo.
A Cosenza vince il si con il 70% grazie al PD unito, al circolo di Cosenza e all’amministrazione comunale di Franz Caruso che è stato sempre a sostegno del si. Persino l’astensionismo registrato è dovuto al fatto che moltissimi cittadini e cittadine non hanno voluto dire di no al progetto di fusione ma che auspicano alla creazione di una entità amministrativa più efficiente e moderna, in linea con le tendenze di aggregazione urbana in atto a livello nazionale e internazionale, che segua un progetto partecipativo dal basso e che veda la nascita di una pianificazione urbana complessiva ed esaustiva.
Per questo motivo fin dall’inizio, come circolo cittadino, abbiamo sottolineato le criticità della legge regionale e abbiamo sostenuto il ricorso al Tar e al CDS del comune di Cosenza, con l’obiettivo di evitare che il referendum si svolgesse in queste condizioni, ma assicurasse un modello di città partecipata e non una realtà istituzionale imposta dall’alto.
Necessaria sarebbe stata una ampia consultazione di ascolto per sollecitare un protagonismo attivo delle diverse forme di rappresentanza, finalizzata a individuare le scelte unitarie fondative e la definizione di un percorso virtuoso sul come realizzare la fusione e istituire, poi, la nuova municipalità della città unica. Questo dimostra come la nostra linea sia stata sempre l’indirizzo migliore, voluto dai cittadini e dalle cittadine e che, auspichiamo sia il punto dalla quale ripartire.
Il progetto della città unica non tramonta oggi. Oggi viene bocciato un atto d’imperio compiuto dal centrodestra, un monito perché la futura città unica che ci aspetta sia una efficiente città europea basata sul benessere e sulla crescita dei suoi abitanti. (rc)
[Rosi Caligiuri è segretaria cittadina del PD di Cosenza]

La vittoria del no al referendum per la Grande Cosenza

di FRANCO BARTUCCIUn referendum consultivo per la città unica tra Rende Cosenza e Castrolibero inutile quanto dannoso per gli effetti di grande conflitto politico creatosi nell’area dei tre territori comunali che ha portato ad un forte astensionismo, ma soprattutto alla vittoria del “No”  rispetto al “Si” con una ripartizione del 60% a favore dei primi e del 40% per i secondi.

L’affluenza alle urne è stata pari al 26,1%, così ripartita per Comune: Cosenza 19,12%, Rende 33,2%, Castrolibero 44,78%. I votanti sono stati 24.964 su 93.646, con questa ripartizione: a Rende 10.652, a Cosenza 10.655, a Castrolibero 3.657.

 Circa la ripartizione dei voti a Rende e Castrolibero ha vinto il “No”; mentre a Cosenza il “Si” è prevalso sul “No” con la percentuale più bassa dei votanti rispetto agli altri due centri urbani.

I commenti a caldo sono stati vari sia per l’aspetto dell’alta astensione: un progetto scritto male e presentato peggio ed imposto dall’alto anche se sostenuto dai vari partiti politici di maggioranza e minoranza, dai sindacati ed Associazioni varie di categoria a sostegno del “Si”, come da parte delle testate giornalistiche locali testardamente inchiodati a favore della creazione della città unica.

Poi ci sono stati i commenti del perché della vittoria del “No” soprattutto a Rende e Castrolibero; mentre su Cosenza è prevalsa nelle analisi la soddisfazione di coloro che attraverso movimenti liberi si erano schierati per il “No” invocando la creazione di una Cosenza policentrica. In sostanza diciamo che a vincere sono stati i liberi comitati costituitisi per il “No” sia su Rende che su Cosenza; mentre su Castrolibero è stata la vittoria del sindaco Orlandino Greco nettamente contro la “città unica”; mentre Franz Caruso che si era schierato per il “Si”, pur vincendo a Cosenza si è trovato isolato.

La verità è che l’unico soggetto e strumento di comunicazione entrato in campo nel parlare del disegno di legge regionale della città unica con la fusione dei tre comuni, chiedendone al Presidente Occhiuto il rinvio al Consiglio regionale per riscriverne uno nuovo in concordia tra le parti e con il coinvolgimento dell’UniCal è stato proprio Calabria live con la lettera aperta indirizzata al presidente della Giunta regionale pubblicata il 7 agosto 2024. 

Nei commenti a caldo fatti ieri sera qualcuno ha parlato della mancanza di un progetto serio al quale gli elettori potevano appellarsi e trovare le giuste motivazioni per recarsi alle urne. Per dire la verità Calabria live il progetto serio lo ha presentato ed illustrato da tre anni: “La grande Cosenza” auspicata dal Rettore Andreatta a seguito della scelta fatta di collocare l’Università della Calabria a Nord di Cosenza sui territori di Rende e Montalto Uffugo.  

Spiace che nessuno ha voluto prendere in considerazione questa idea progettuale della “Grande Cosenza”. Finanche nei commenti di ieri sera. L’Unical da questa campagna ne esce sconfitta in quanto non considerata e calcolata. Eppure basta andarci per capire che il tesoro, il segreto, il sogno della “Grande Cosenza” si trova lì su quell’asse non portato a compimento e collocato sui territori di Montalto e Rende tra una superstrada (SS107) e due tracciati ferroviari visibili in località Settimo (Cosenza/Paola e Sibari/Paola) con addosso l’autostrada Salerno/Reggio Calabria.

Abbiamo chiesto che il disegno di legge venisse bocciato con il “No” per salvare l’integrità territoriale dell’UniCal ed avere una opportunità di ripartire per realizzare il Sogno del Rettore Andreatta della “Grande Cosenza” ed p per questo che riporto la delibera discussa ed approvata dal Comitato Tecnico Amministrativo  dell’UniCal il 23 giugno 1971 nel momento in cui decise l’insediamento dell’Università con la raccomandazione di creare una metropolitana di collegamento con la città ed il territorio: «La localizzazione non può essere vista come fatto di pura “addizione” urbana, come un nuovo quartiere, ma deve essere vista come oculata strutturazione di una nuova città (la grande Cosenza) organizzata sulle relazioni e sul sistema dei trasporti che meglio ne favorisce l’efficienza del livello metropolitano. La nuova Università deve, anche con la localizzazione, mirare ad obiettivi di massima utilità e incidenza sociale favorendo la diretta accessibilità del maggior numero possibile di utenti. Per assolvere tutti i compiti che avrà nel futuro, Cosenza deve sfruttare al massimo la sua posizione baricentrica nel Mezzogiorno, ottenendo, dal sistema dei trasporti, le relazioni efficaci che deve avere, a partire dai collegamenti ferroviari. I punti nodali-strutturali della “Grande Cosenza” sono alla confluenza della valle del Settimo (sbocco della galleria ferroviaria Paola Cosenza nella Valle del Crati e lungo la valle dell’Esaro, da Belvedere a Sibari».

Completiamo il disegno dell’UniCal che significa nuovi posti di lavoro per chi la costruisce e ancora di più, in forma permanente, per chi vi troverà posti occupazionali di lavoro nelle strutture che mancano: Parco Tecnologico, strutture fieristiche per la ricerca, Scuole di specializzazioni, Biblioteca per il territorio, il villaggio dello sport. A chiusura un breve pensiero di Andreatta rilasciato alla Gazzetta del Sud nel mese di maggio 1972 ci dovrebbe far riflettere tutti e rimettersi al lavoro per dare a noi tutti la vera identità nel costruire la “Grande Cosenza”: «La Calabria diventerà un punto di riferimento per altre regioni italiane e anche per studenti provenienti da altre nazioni, si pensi ad esempio alla vicina Africa, che hanno bisogno di manager, dirigenti, imprenditori forgiati da una scuola moderna e più vicina». (fb)