La figura materna evocata in tutte le possibili declinazioni: gravida, protettiva, spesso colta nella sua innocente nudità, ma anche avvolta nel mistero, quello insondabile della vita, con tutte le sue degenerazioni che assumono, in questi tempi difficili, i connotati della guerra o della violenza. E’ un invito alla riflessione e alla ribellione verso questa recrudescenza di conflitti e violenza quello formulato, attraverso una quindicina di opere pittoriche ed un angolo dedicato alla scultura, dall’artista cosentina Rita Mantuano, nella sua mostra “Arcana Mater”, ospitata fino a ieri nelle sale del BoCS Museum del complesso monumentale di San Domenico.
Un’esposizione patrocinata dall’amministrazione comunale guidata dal sindaco Franz Caruso e che, in occasione del suo vernissage, aveva fatto registrare la presenza della consigliera delegata del sindaco alla Cultura, Antonietta Cozza, della direttrice del Museo dei Brettii e degli Enotri e del BoCs Museum, Marilena Cerzoso, e i contributi, tra gli altri, del critico d’arte Nuccio Mula, dello storico dell’arte Maria Teresa Buccieri e dell’archeologo Francesco Cuteri, dell’Accademia delle Arti di Roma.
La mostra di Rita Mantuano prende le mosse da una sua riflessione sugli studi di Marija Gimbutas, archeologa e linguista lituana, che ha condotto numerosi scavi archeologici sulle popolazioni arcaiche del Paleolitico, studiando il mito della dea madre fortemente radicato in queste popolazioni pacifiche che vivevano in simbiosi con la natura, seguendo il ciclo di nascita e morte. Nel percorso espositivo di “Arcana Mater”, Rita Mantuano rimette in circolo quanto introiettato dalla Gimbutas e dal suo concetto di matrilinearità. Nel ristretto lotto delle opere selezionate, tra pittura ad olio, acrilico e tecniche miste, l’artista, nota per il suo vivacissimo tratto creativo e la sua poliedricità, evoca il tema ricorrente della fertilità e lo ripropone nelle più diverse accezioni, mettendo al centro della sua ricerca la dea madre che è proprio la dea della vita.
Senza troppi giri di parole, la pittura di Rita Mantuano avverte, in un periodo storico come l’attuale, contrassegnato dalla guerra e da violenze, sempre più ricorrenti, sulle donne, l’esigenza di dover rendere omaggio alla sacralità dell’essere umano, con particolare riferimento proprio alla donna, per propugnare un ritorno alla pace e ad una società senza più diseguaglianze, quasi una Città del sole. Occupandosi molto di iconografia, Rita Mantuano, ha cercato quasi di restituire questa matrice iconografica alla mater, intesa non nel senso religioso del termine, ma come simbologia visiva. Di qui il percorso che si apre con un vero e proprio inno alla Dea Madre: Artemide e Persephone, Pallade Athena, Grembo Vitae, Mater terra (che ha dato il titolo alla mostra), Iside, Zemyna, sono tutte facce della stessa medaglia, accomunate da una propensione alla ricerca delle radici e ai legami ancestrali. Il percorso si chiude con un angolo riservato a più statuine antropomorfe della dea, in argilla, alle quali si viene condotti attraverso un sentiero disseminato di sassi dipinti sempre con la stessa simbologia e che trovano il loro completamento in un totem scolpito in pietra e argilla. Per Rita Mantuano l’arte è stata quasi una folgorazione, sin dalla più tenera età, anche se la prima mostra risale al 2012.
Il radicamento in lei della sensibilità artistica è coinciso con l’accostarsi all’iconografia, soprattutto dopo aver incrociato sulla sua strada il padre gesuita Pino Stancari, intraprendendo un cammino da iconografa nel laboratorio “San Luca”, presso la Comunità dei Gesuiti a Quattromiglia di Rende. E all’iconografia, ora che si prenderà una pausa dall’ultima esposizione al BoCs Museum, ricomincerà a dedicarsi con rinnovato entusiasmo. D’altra parte, per sua stessa ammissione, è questa la forma d’arte che ama di più. (rcs)