Venerdì 24 febbraio, a Cosenza, alle 18.30, nella Sala Telesio dell’Hotel Royal, si presenta il libro Ciellini ad Arcavacata (1976-1989) di Mario De Filippis ed edito da Progetto 2000.
L’evento rientra nell’ambito della rassegna letteraria Cosenza che ama leggere e ascoltare buona musica.
Nel corso della serata don Giancarlo Gatto, eseguirà alcune canzoni scritte da Ciccio Dinapoli, giornalista cosentino, deceduto lo scorso anno.
De Filippis come è scritto nella quarta di copertina in questo “appassionante” e brioso racconto si chiede: chi erano i primi ciellini (1976-1989) che ad Arcavacata portarono il “verbo” di don Giussani? Come facevano a conoscere tutto del Samizdat russo e del sindacato polacco Solidarność? Dove erano i luoghi della Caritativa cosentina? Perché venivano preferiti i canti alpini a quelli “goderecci” silani? Dopo quasi quarant’anni, un recupero della memoria di una presenza significativa all’Unical.
«Questo libro di Mario De Filippis – scrive Demetrio Guzzardi editore di Progetto 2000 – vede la luce nell’anno in cui vengono ricordati il centenario della nascita di don Luigi Giussani, il fondatore del movimento ecclesiale di Comunione e Liberazione e i 50 anni dell’istituzione dell’Università della Calabria; due anniversari che nel testo di De Filippis si danno la mano. Negli anni ’70 si accese un dibattito su dove dovesse sorgere il primo ateneo calabrese; c’era chi proponeva un’area nei pressi dell’aeroporto di Sant’Eufemia, chi a Piano Lago, a Sud di Cosenza, e qualcuno addirittura in alcuni vecchi immobili del centro storico cosentino. L’UniCal trovò poi la sua ubicazione sulle colline della contrada Arcavacata di Rende».
«L’innovativo intervento degli architetti Gregotti-Martensson, a quei tempi – continua – fu il più importante ed esteso progetto architettonico dell’intero Mezzogiorno, che riuscì a saldare anche visivamente il desiderio dei giovani calabresi di studiare in un luogo che coniugasse l’amore per le proprie radici (la ruralità) e lo sguardo verso il futuro: dalle sponde del Mediterraneo alla centralità dell’Europa.
Il più grande istituto di ricerche e studi della Calabria (ma anche di tutto il Sud), nei suoi primi 50 anni di vita, è riuscito nell’intento dei suoi promotori: accelerare processi di un cambiamento, che senza questa presenza, difficilmente si sarebbe concretizzato. L’UniCal con il suo campus, è stata una scommessa vinta, che solo pochi visionari avevano intravisto; senza voler dare medaglie e riconoscimenti a quanti hanno sognato, progettato e lavorato per realizzarla, tra i primi personaggi a intuire le grandi potenzialità che l’UniCal poteva dare all’intero Mezzogiorno, oltre al primo rettore Beniamino Andreatta, merita di essere annoverato Giovanbattista Montini, Paolo VI, che mandò proprio in quegli anni, come arcivescovo di Cosenza, un suo fidato amico: mons. Enea Selis, che fino ad allora era stato, da vescovo, assistente ecclesiastico generale dell’Università cattolica del “Sacro Cuore” di Milano».
Il più grande istituto di ricerche e studi della Calabria (ma anche di tutto il Sud), nei suoi primi 50 anni di vita, è riuscito nell’intento dei suoi promotori: accelerare processi di un cambiamento, che senza questa presenza, difficilmente si sarebbe concretizzato. L’UniCal con il suo campus, è stata una scommessa vinta, che solo pochi visionari avevano intravisto; senza voler dare medaglie e riconoscimenti a quanti hanno sognato, progettato e lavorato per realizzarla, tra i primi personaggi a intuire le grandi potenzialità che l’UniCal poteva dare all’intero Mezzogiorno, oltre al primo rettore Beniamino Andreatta, merita di essere annoverato Giovanbattista Montini, Paolo VI, che mandò proprio in quegli anni, come arcivescovo di Cosenza, un suo fidato amico: mons. Enea Selis, che fino ad allora era stato, da vescovo, assistente ecclesiastico generale dell’Università cattolica del “Sacro Cuore” di Milano».
«La sede episcopale cosentina non era libera – si legge ancora – da qualche anno governava l’arcidiocesi un bravo e amato arcivescovo, mons. Domenico Picchinenna, che per far posto a mons. Selis, fu trasferito in Sicilia con la strana formula: «Vescovo ausiliare di Catania, con diritto di successione». Selis scese a Cosenza innanzitutto per seguire le fasi iniziali dell’UniCal, più che per dirigere la pastorale diocesana. Dalla sua precedente postazione milanese, don Enea, aveva contatti con il variegato mondo cattolico italiano, che usciva dagli anni turbolenti dell’appena concluso Concilio Vaticano II. L’appello di Selis, spalleggiato da Paolo VI, a tutte le organizzazioni e congregazioni religiose fu quello di inviare personale apostolico nelle Indie di quaggiù (così i gesuiti, nel XVII secolo, chiamavano le missioni nel Sud Italia), richiesta accolta da molti».
«Anche don Giussani, che conosceva bene mons. Selis – nel volume di Alberto Savorana Vita di don Giussani (Milano, Rizzoli, 2013, pp. 327-328) c’è un intero paragrafo che racconta della loro amicizia – invitò alcuni giovani docenti a scendere in Calabria per impiantare il credo ciellino ad Arcavacata. Don Giussani più volte venne a Cosenza e il 26 settembre 1976 partecipò all’ordinazione sacerdotale di don Sandro Bonicalzi, un ciellino di Gallarate, che fu ordinato prete nella cattedrale di Cosenza, proprio da mons. Enea Selis – ha raccontato Guzzardi –. Quel giorno don Gius nel salone del Crocifisso alla Riforma, incontrò tutti i ciellini calabresi, poi ritornò qualche anno dopo, il 14 novembre 1982, a Saracena per i 20 anni di presenza in Calabria di CL; di quell’incontro alla Vigna d’oro fu stampato un volumetto con la sua relazione».
«Il testo di Mario De Filippis non è un amarcord degli anni giovanili – ha concluso – ma una rilettura da uomo adulto di un’esperienza che ha segnato in profondità la vita di tanti altri universitari che hanno speso le loro energie nello studio e nella formazione, nella speranza di costruire qui in Calabria un futuro più radioso per i propri figli». (rcs)