Site icon Calabria.Live

DISPERSIONE SCOLASTICA: IN CALABRIA
E NEL MEZZOGIORNO DATI ALLARMANTI

Un'aula scolastica semivuota

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – «La colpa è vostra perché non eleggete una buona classe politica». Questo è il mantra diffuso che tende a colpevolizzare il Sud ritenendolo  responsabile del proprio destino. E a prima vista l’interpretazione data sembrerebbe corretta. Ma quando escono fuori dati, come quelli pubblicati da Svimez nei giorni scorsi, allora ai ricercatori più attenti può venire qualche dubbio in più sulla spiegazione semplicistica che viene accettata da molti. 

Perché in qualunque percorso cognitivo bisogna sforzarsi di capire qual è il punto in cui nasce la sorgente per evitare di farsi ingannare dalle deviazioni del percorso che non fanno più capire le origini vere dei problemi. 

Il tema é di quelli già noti ma che ritornano periodicamente alla ribalta della conoscenza senza mai ipotesi risolutive vere. Trattasi  della missione principe di uno Stato che vuole svolgere il suo ruolo: quella della formazione della propria popolazione in maniera tale che i ragazzi diventino cittadini consapevoli. 

Nei dati del mancato ruolo svolto dallo Stato nei confronti del Mezzogiorno vi è tutta la spiegazione dello stato di arretratezza della realtà meridionale. La dispersione scolastica, l’assenza di una politica di unificazione sociale del Paese, rivela le ragioni della deriva esistente in moltissime realtà meridionali, nelle quali il voto diventa merce di scambio, oggetto di raccolta da parte di chi, acquisita  la tecnica, riesce a tenere in scacco una società per cui non vengono eletti i i migliori ma caste che tengono in oppressione una società che non riesce più a liberarsi di una classe dominante estrattiva. 

I dati sono drammatici: 83.000 i ragazzi che a fine anno scorso sono stati bocciati perché non hanno raggiunto il numero di frequenza minimo misurato dalle presenze. 

Problema che riguarda tutto il Mezzogiorno ma che si accentua nel napoletano. Si tratta di quella stessa pubblica istruzione che Zaia e Fontana, ma non solo, vorrebbero fosse gestita direttamente dall’istituzione regionale. 

Lascia gli studi un ragazzo su 6 al Sud e rappresenta il buco nero della scuola in un’Italia sempre più duale. Al Centro-Nord il tasso di abbandono è del 10,4%, nel Mezzogiorno del 16,6%. E a Napoli arriva a sfiorare il 23%. E la disparità riguarda tutti i servizi, dalle mense alle palestre, al tempo pieno. Già lo stesso Centro-Nord é messo male rispetto all’Europa, con un 10,4% rispetto al 9%. Ma il Sud, con il 16,6%, quasi  raddoppia la media dell’Europa. 

In realtà la formazione collettiva data dalla scuola organizzata dal Ministero della pubblica istruzione, che doveva unire il Paese, non é stata mai all’altezza di una realtà moderna e certamente ha presentato grandi disparità territoriali. Se sei nato nel Sud il tempo pieno è solo al 18 %, contro il 48 %del resto del Paese. Ma a Milano è all’80%, a Napoli solo al 20%. In Toscana l’85 % delle scuole ha una mensa e il 75% dispone di palestra; a Napoli ci si ritrova con l’80% delle scuole senza il tempo pieno e l’83% che non ha palestra. 

Come volete che poi questi ragazzi, abbandonati nel pomeriggio di ogni giorno nei cortili delle periferie, cresciuti in famiglia dove non  ha un lavoro degno di questo nome né padre né madre, possano crescere consapevoli di diritti e di doveri, senza cadere nel giro della criminalità organizzata? Come volete che non siano pronti a “regalare” il proprio voto alle cordate organizzate?

Alla fine della quinta elementare, grazie al tempo pieno, il bambino che ha la fortuna di nascere al Nord avrà 1.226 ore di formazione contro i mille di quello del Sud, e alla fine del ciclo, il ragazzino del Meridione è in credito di un intero anno in termini di formazione, doposcuola, educazione alimentare e allo sport.  

Parlare di attuazione prevista dalla modifica del titolo Quinto della Costituzione per attuare l’autonomia differenziata, quando essa è stata tradita nei suoi obiettivi primari, come il diritto alla pari istruzione, suona come una sfida ed anche se il PNRR dovesse dedicare importanti risorse per colmare i vari tradirebbe il suo scopo che é quello di mettere in condizione il Mezzogiorno di produrre e diventare la seconda locomotiva non di investire risorse per avere uguali diritti di cittadinanza. 

L’investimento per alunno del Pnrr sull’istruzione (esclusi gli asili nido) è stato pari a 903 euro nella provincia di Milano, dove il tempo pieno è assicurato al 75 % ai bambini della primaria, mentre è di 725 euro a Palermo, col tempo pieno solo al 10%. 

Il rischio è che con l’autonomia differenziata si adegui l’investimento della formazione alle possibilità economiche del territorio, con i risultati già consolidati, saltando a pie pari l’esigenza più importante del Mezzogiorno che é quella di avere cittadini formati e quindi consapevoli per poter scegliere una classe dirigente adeguata. In un meccanismo che va in loop e che prevede meno capitale umano formato e conseguentemente meno capacità di scelta di una vera classe dirigente, fondamentale per il cambiamento necessario e per eliminare una classe dominante estrattiva che non ha come obiettivo il bene comune ma quello delle proprie consorterie, dei propri clientes. 

Peraltro risolvere il problema non è così semplice, non basta costruire gli asili nido in realtà nelle quali la proporzione tra i nati e i morti e di uno a 10. E nelle quali il problema dei Comuni è, una volta costruiti gli asili nido, trovare le risorse per poterli fare funzionare. O avere fondi sufficienti per poter garantire la mensa ai ragazzi che usufruiscono del  tempo pieno, quando la maggior parte dei Comuni ha dichiarato il dissesto finanziario. 

La democrazia rappresentativa è un sistema che si regge sulla consapevolezza di chi sceglie i propri delegati alla gestione della cosa pubblica. Quando lo Stato non assicura la preparazione dei propri cittadini non avremo più una forma democratica ma il monopolio di gruppi organizzati. Il passo successivo per assicurare una vera democrazie è simile a quello che avviene quando i comuni vengono sciolti per la presenza nella istituzione di organizzazioni criminali. La controprova che siamo in queste condizioni e data da fenomeni incredibili che vedono i voti diventare patrimonio di alcuni gruppi che li gestiscono individuando di volta in volta un loro candidato, che aldilà di supposti meriti non necessari, viene eletto solo sulla base dell’appartenenza. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

 

Exit mobile version