VERSO IL RITORNO A SCUOLA, TRA RITARDI
E MENO STUDENTI: È ALLARME IN CALABRIA

di GUIDO LEONEAncora qualche settimana di vacanze e poi per gli studenti reggini delle scuole di ogni ordine e grado, così come per altri loro colleghi di buona parte delle regioni italiane, si riapriranno le porte delle aule per l’inizio delle lezioni fissato a giovedì 14 settembre.

Nelle scuole superiori, poi, negli ultimi  giorni si stanno svolgendo  le operazioni di verifica dei debiti scolastici che gli studenti  dovranno dimostrare di avere  recuperato entro l’8 settembre come da circolare ministeriale. Si tratta di quelle prove che una volta erano chiamati esami di riparazione. Interessano mediamente  centinaia di studenti che nello scrutinio di giugno hanno avuto il  cosiddetto giudizio sospeso, cioè non sono stati né promossi né bocciati e che, pertanto, hanno dovuto sostenere le prove nelle materie insufficienti.

Intanto, giovedì 1 settembre per il mondo della scuola è l’inizio  del nuovo anno scolastico. Anche quest’anno ci sarà una nuova ripartenza,  la quarta dall’inizio della pandemia da Covid-19,  nel quale, ancora una volta, bisognerà confrontarsi con nuove abitudini e stili di vita che hanno impresso, nel corso degli ultimi anni,  una svolta epocale  nel modo di essere e fare  scuola, grazie anche al massiccio ricorso alle nuove tecnologie che ha colmato l’isolamento imposto dalle restrizioni per arginare il fenomeno Covid. 

I numeri della scuola reggina 

Lo scenario scolastico 2023- 2024, che si apre venerdì 1° settembre, inizia per dirigenti, docenti e personale amministrativo, come al solito, con tutta una serie di operazioni di natura collegiale, dal piano annuale delle attività alla rivisitazione del piano dell’offerta formativa e la preparazione delle attività di accoglienza per le matricole reggine dei vari ordini di scuola statale, così distribuiti: 3338 per l’infanzia ,4.258 per la primaria, 4.594 per la media e 5924 per le superiori.

Ciò che andrebbe evitata è la fretta di sedersi alla cattedra e al banco, di riprendere a insegnare per recuperare il tempo perduto, lasciando le vite di prima, le vite del vuoto scolastico, fuori dalle aule.

Il progetto educativo della ripresa avrebbe bisogno di tre passaggi: accoglienza, narrazione, rimodulazione.

In tutto gli studenti della nostra provincia nell’anno scolastico 2023-2024 saranno 73.298, così distribuiti fra i vari ordini di scuola: 8.825 infanzia, 21.806 primaria, 14.526 media, 28.141 superiore. Cui vanno ad aggiungersi gli allievi delle scuole paritarie.

Se per l’anno scolastico 2023-2024 ci saranno quasi 130mila studenti in meno in Italia, vuol dire che salteranno circa 5mila classi calcolando una media di 25 studenti ciascuna.

Resta, purtroppo, la tendenza, che si registra da tempo ad una diminuzione della popolazione scolastica anche nella nostra provincia, un migliaio in meno rispetto all’anno scorso.

Nel Reggino ad affrontare i prossimi esami di maturità, che avranno inizio mercoledì 19 giugno 2024, nelle scuole superiori  statali saranno 5.312 allievi, mentre nella scuola media inferiore saranno 5.015.

Cosa prevede il nuovo calendario scolastico:una lunga maratona di 203 giorni

 Questo è il ventiduesimo anno della devolution  nel quale le Regioni autonomamente fissano la data d’inizio e il termine delle lezioni.

In Calabria il termine è stato decretato per sabato 8 giugno 2024. Le attività educative nella scuola dell’infanzia, invece, termineranno in quasi tutte le regioni sabato 29 giugno 2024.

Per tutti, giorno più giorno meno, una lunga maratona di nove mesi di lezione, 203 giorni per la Calabria, fatto salvo il minimo dei 200 giorni di lezione.

I giorni di festa (escluse le domeniche) previsti dal calendario ministeriale sono al momento 11, vincolanti su tutto il territorio nazionale.

E cioè l’1 novembre, festa di tutti i Santi; l’8 dicembre, Immacolata Concezione; il 25 dicembre, Natale; il 26 dicembre; l’1 gennaio, Capodanno; il 6 gennaio, Epifania; il giorno di lunedì dopo Pasqua; il 25 aprile, Anniversario Liberazione; l’1 maggio, Festa del Lavoro; il 2 Giugno, Festa nazionale della Repubblica; la festa del Santo Patrono. 

Il decreto del Presidente della Regione Calabria stabilisce, poi, che non si effettueranno lezioni  il 2 novembre 2023; il 9  Dicembre 2023 interfestivo; da sabato 23 Dicembre 2023 al venerdì 5 Gennaio 2024  vacanze natalizie; da lunedì 12 febbraio a martedì  13 febbraio carnevale; da giovedì 28 marzo a martedì 2 aprile 2024 vacanze pasquali; venerdì 26 e sabato 27 aprile 2024 interfestivi. 

Il nuovo calendario, così come prevede l’autonomia scolastica, è, comunque, flessibile e dà la possibilità alle scuole di proporre gli adattamenti che possono riguardare anche la data di inizio delle lezioni , nonché la sospensione, in corso di anno scolastico, delle attività educative e delle lezioni prevedendo, ai fini della compensazione delle attività non effettuate, modalità e tempi di recupero in altri periodi dell’anno. Sicché anche le scuole della nostra provincia potrebbero  iniziare le lezioni ancor prima del 14 settembre.

Anche in provincia di Reggio Calabria il fenomeno dei dirigenti a mezzo servizio.

Anche quest’anno si ripresenta l’atavico problema delle reggenze. Chiunque frequenti una scuola (da docente o da genitore) sa quanto sia drammatico avere un dirigente a mezzo servizio.

Significa un abbassamento sostanziale del servizio offerto, a maggior ragione in un periodo fondamentale per la gestione dei fondi Pnrr. D’altronde, quale attenzione può prestare un Dirigente che si trova a gestire tanti plessi distanti anche decine di chilometri tra loro?

Comunque per garantire la regolarità dell’avvio dell’anno scolastico l’Ufficio scolastico regionale ha provveduto a coprire tutti i posti disponibili con incarichi aggiuntivi di reggenza

Sicché sono 68, di cui 20 in provincia di Reggio, le scuole calabresi che avranno un dirigente part time come reggente e che dovranno dividersi fra due scuole talvolta abbastanza distanti tra loro. In città il Liceo scientifico “Da Vinci” continuerà ad essere à retto dal dirigente Franco PraticòContinua a permanere la tendenza al colore rosa nei numeri della dirigenza scolastica calabrese e reggina in particolare e l’abbassamento dell’età media dei responsabili degli istituti. 

Le sfide ricorrenti del sistema educativo

Solo per citarne alcuni: dall’annosa penuria di docenti alla qualità della formazione e dell’offerta formativa, dalla abbondanza delle classi pollaio alle modeste condizioni retributive e lavorative, alla mancata riforma della carriera degli insegnanti, alla assenza di interventi per migliorare l’efficienza ed efficientamento energetico in strutture ad elevatissimo consumo e dispendio energetico, alla accessibilità degli istituti per gli studenti disabili. Ad evidenziare quest’ultimo aspetto è il Rapporto Annuale Istat che calcola come una scuola su tre non risulta essere accessibile agli alunni con disabilità motoria.

Comunque, i risultati sono sotto gli occhi di tutti: riforme incomplete, cambiamenti continui, spesso improvvisati, sperimentazioni, progetti, innovazioni metodologiche e pedagogiche digitalizzazione a tappe forzate in quanto considerata la panacea di ogni problema, fanno poi puntualmente registrare un tracollo delle conoscenze e capacità cognitive essenziali dei giovani: le prove Invalsi, le indagini Pisa, le statistiche varie ci consegnano da anni il desolante quadro di una sorta di giovanile semianalfabetismo dilagante, a cui si aggiunge un analfabetismo emotivo e sentimentale, aggravatosi dopo il lockdown, alla base dei numerosi episodi di teppismo, bullismo e criminalità nei confronti dei docenti, nemmeno più supportati dalle famiglie, come accadeva un tempo. A proposito a quando la figura dello psicologo in pianta stabile almeno nelle scuole maggiormente a rischio. 

Le risorse destinate al sistema scolastico diminuiscono nell’indifferenza di tutti. La scuola, invece, deve essere la priorità perché ne va del nostro futuro.

Le notevoli risorse finanziarie messe in campo per uscire dalla crisi, a partire dai quasi 200 miliardi del Pnrr, dovrebbero supportare investimenti che accompagnino e rafforzino il benessere dei giovani nelle diverse fasi dei percorsi di vita, intervenendo fin dai primi anni di vita suggerisce così il Rapporto 2023 segnalando che l’Italia spende per prestazioni sociali erogate a famiglie e minori una quota paria all’1,2% del Pil contro il 2,5 della Francia ed il 3,7% della Germania. E anche sul fronte dell’istruzione emerge un “minor impegno” del nostro Paese, che impegna appena il 4,1% del Pil contro il 5,2 della Francia , il 4,6 della Spagna ed il 4,5 della Germania ed una media della Ue del 4,8%.

Perciò è necessario pensare una scuola nuova con modelli metodologici e valutativi rivisti in profondità e con una reale personalizzazione dei percorsi. Serve un cambio di passo per garantire pari opportunità e successo formativo a ogni studente. Solo così potremo pensare di dare risposte ai bisogni formativi dei ragazzi che affollano le nostre scuole, preparandoli alle esigenze del mondo, del lavoro e delle università.

Messi in fila, questi dati raccontano di un ritardo preoccupante della regione calabrese e risultati ancora peggiori in alcune realtà locali. Ben venga pertanto il progetto pilota Agenda Sud che per il prossimo triennio prevede anche per un certo numero di istituzioni scolastiche calabresi una serie di interventi tra cui spiccano attività di orientamento e tutoraggio, didattica innovativa e laboratoriale e una maggiore flessibilità negli orari. Il tutto finalizzato a ridurre il divario  educativo tra il Nord e il Sud d’Italia.

Va sottolineato, altresì, la novità di quest’anno scolastico con le figure del docente tutor e del docente orientatore che dovrebbero essere operative da settembre. (gl)

[Guido Leone è giù dirigente tecnico Usr Calabria]

DISPERSIONE SCOLASTICA: IN CALABRIA
E NEL MEZZOGIORNO DATI ALLARMANTI

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – «La colpa è vostra perché non eleggete una buona classe politica». Questo è il mantra diffuso che tende a colpevolizzare il Sud ritenendolo  responsabile del proprio destino. E a prima vista l’interpretazione data sembrerebbe corretta. Ma quando escono fuori dati, come quelli pubblicati da Svimez nei giorni scorsi, allora ai ricercatori più attenti può venire qualche dubbio in più sulla spiegazione semplicistica che viene accettata da molti. 

Perché in qualunque percorso cognitivo bisogna sforzarsi di capire qual è il punto in cui nasce la sorgente per evitare di farsi ingannare dalle deviazioni del percorso che non fanno più capire le origini vere dei problemi. 

Il tema é di quelli già noti ma che ritornano periodicamente alla ribalta della conoscenza senza mai ipotesi risolutive vere. Trattasi  della missione principe di uno Stato che vuole svolgere il suo ruolo: quella della formazione della propria popolazione in maniera tale che i ragazzi diventino cittadini consapevoli. 

Nei dati del mancato ruolo svolto dallo Stato nei confronti del Mezzogiorno vi è tutta la spiegazione dello stato di arretratezza della realtà meridionale. La dispersione scolastica, l’assenza di una politica di unificazione sociale del Paese, rivela le ragioni della deriva esistente in moltissime realtà meridionali, nelle quali il voto diventa merce di scambio, oggetto di raccolta da parte di chi, acquisita  la tecnica, riesce a tenere in scacco una società per cui non vengono eletti i i migliori ma caste che tengono in oppressione una società che non riesce più a liberarsi di una classe dominante estrattiva. 

I dati sono drammatici: 83.000 i ragazzi che a fine anno scorso sono stati bocciati perché non hanno raggiunto il numero di frequenza minimo misurato dalle presenze. 

Problema che riguarda tutto il Mezzogiorno ma che si accentua nel napoletano. Si tratta di quella stessa pubblica istruzione che Zaia e Fontana, ma non solo, vorrebbero fosse gestita direttamente dall’istituzione regionale. 

Lascia gli studi un ragazzo su 6 al Sud e rappresenta il buco nero della scuola in un’Italia sempre più duale. Al Centro-Nord il tasso di abbandono è del 10,4%, nel Mezzogiorno del 16,6%. E a Napoli arriva a sfiorare il 23%. E la disparità riguarda tutti i servizi, dalle mense alle palestre, al tempo pieno. Già lo stesso Centro-Nord é messo male rispetto all’Europa, con un 10,4% rispetto al 9%. Ma il Sud, con il 16,6%, quasi  raddoppia la media dell’Europa. 

In realtà la formazione collettiva data dalla scuola organizzata dal Ministero della pubblica istruzione, che doveva unire il Paese, non é stata mai all’altezza di una realtà moderna e certamente ha presentato grandi disparità territoriali. Se sei nato nel Sud il tempo pieno è solo al 18 %, contro il 48 %del resto del Paese. Ma a Milano è all’80%, a Napoli solo al 20%. In Toscana l’85 % delle scuole ha una mensa e il 75% dispone di palestra; a Napoli ci si ritrova con l’80% delle scuole senza il tempo pieno e l’83% che non ha palestra. 

Come volete che poi questi ragazzi, abbandonati nel pomeriggio di ogni giorno nei cortili delle periferie, cresciuti in famiglia dove non  ha un lavoro degno di questo nome né padre né madre, possano crescere consapevoli di diritti e di doveri, senza cadere nel giro della criminalità organizzata? Come volete che non siano pronti a “regalare” il proprio voto alle cordate organizzate?

Alla fine della quinta elementare, grazie al tempo pieno, il bambino che ha la fortuna di nascere al Nord avrà 1.226 ore di formazione contro i mille di quello del Sud, e alla fine del ciclo, il ragazzino del Meridione è in credito di un intero anno in termini di formazione, doposcuola, educazione alimentare e allo sport.  

Parlare di attuazione prevista dalla modifica del titolo Quinto della Costituzione per attuare l’autonomia differenziata, quando essa è stata tradita nei suoi obiettivi primari, come il diritto alla pari istruzione, suona come una sfida ed anche se il PNRR dovesse dedicare importanti risorse per colmare i vari tradirebbe il suo scopo che é quello di mettere in condizione il Mezzogiorno di produrre e diventare la seconda locomotiva non di investire risorse per avere uguali diritti di cittadinanza. 

L’investimento per alunno del Pnrr sull’istruzione (esclusi gli asili nido) è stato pari a 903 euro nella provincia di Milano, dove il tempo pieno è assicurato al 75 % ai bambini della primaria, mentre è di 725 euro a Palermo, col tempo pieno solo al 10%. 

Il rischio è che con l’autonomia differenziata si adegui l’investimento della formazione alle possibilità economiche del territorio, con i risultati già consolidati, saltando a pie pari l’esigenza più importante del Mezzogiorno che é quella di avere cittadini formati e quindi consapevoli per poter scegliere una classe dirigente adeguata. In un meccanismo che va in loop e che prevede meno capitale umano formato e conseguentemente meno capacità di scelta di una vera classe dirigente, fondamentale per il cambiamento necessario e per eliminare una classe dominante estrattiva che non ha come obiettivo il bene comune ma quello delle proprie consorterie, dei propri clientes. 

Peraltro risolvere il problema non è così semplice, non basta costruire gli asili nido in realtà nelle quali la proporzione tra i nati e i morti e di uno a 10. E nelle quali il problema dei Comuni è, una volta costruiti gli asili nido, trovare le risorse per poterli fare funzionare. O avere fondi sufficienti per poter garantire la mensa ai ragazzi che usufruiscono del  tempo pieno, quando la maggior parte dei Comuni ha dichiarato il dissesto finanziario. 

La democrazia rappresentativa è un sistema che si regge sulla consapevolezza di chi sceglie i propri delegati alla gestione della cosa pubblica. Quando lo Stato non assicura la preparazione dei propri cittadini non avremo più una forma democratica ma il monopolio di gruppi organizzati. Il passo successivo per assicurare una vera democrazie è simile a quello che avviene quando i comuni vengono sciolti per la presenza nella istituzione di organizzazioni criminali. La controprova che siamo in queste condizioni e data da fenomeni incredibili che vedono i voti diventare patrimonio di alcuni gruppi che li gestiscono individuando di volta in volta un loro candidato, che aldilà di supposti meriti non necessari, viene eletto solo sulla base dell’appartenenza. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

 

I RAGAZZI CALABRESI AMANO PIÙ IL LICEO
NEGLI ISTITUTI PROFESSIONALI SOLO IL 20%

di GUIDO LEONE – Il timer  per le iscrizioni al prossimo anno scolastico 2023/2024 scatterà alle ore 8 di oggi, lunedì 9 gennaio e si concluderà alle 20 di lunedì 30 gennaio 2023. 

Le famiglie  avranno quasi un mese di tempo per scegliere la scuola dei propri figli inoltrando la domanda per tutte le classi prime della scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado statale.

Ogni anno uno studente su cinque sbaglia la scelta delle superiori. E si perde per strada. O abbandona i banchi anzitempo oppure arriva alla maturità senza le competenze minime. A confermarlo sono i dati dei rapporti Invalsi sulle competenze acquisite dagli studenti e sulla  dispersione scolastica, che ritornano d’attualità nel momento in cui le famiglie sono chiamate a scegliere la scuola dei propri figli. 

L’appuntamento perciò si annuncia cruciale soprattutto per i ragazzi che nel 2023/24 andranno in prima superiore. 

Quale sistema formativo scegliere? Quello liceale, tecnico o professionale? E poi quale  indirizzo scegliere? È, insomma ,un momento delicato per gli studenti e  le famiglie che spesso viene vissuto con grande incertezza.

Ad influire su una decisione così importante possono intervenire diversi fattori. Le proprie predisposizioni e attitudini, ad esempio, gli interessi; ma anche la presenza  di istituti con un determinato indirizzo disciplinare nel proprio territorio di residenza e la possibilità di spostarsi più o meno autonomamente.

A questi si aggiungono le aspettative dei genitori, le scelte degli amici. E tutto si complica se si pensa che una decisione così delicata deve essere presa  dai ragazzi proprio nell’età in cui è molto difficile avere le idee chiare sul proprio futuro.

È richiesta, perciò, ai genitori la capacità di lettura della varietà dell’offerta formativa e delle prospettive occupazionali. Ma a loro è richiesto anche uno “sguardo” profondo e oggettivo sulle attitudini e capacità dei figli e sui punti di forza che li caratterizzano in termini di apprendimento e interessi. 

Questo momento cruciale di scelta richiede ai genitori attenzione alle informazioni e la capacità di farsi guidare da dati oggettivi e non da pregiudizi e mode passeggere. L’obiettivo è, infatti, quello della piena realizzazione personale e professionale dei propri figli che si persegue attraverso la scelta dei percorsi che permettono loro di esplicare al meglio le proprie capacità e potenzialità, generando senso di autostima.

Saranno via web anche le iscrizioni ai percorsi di istruzione e formazione professionale erogati in regime di sussidiarietà degli istituti professionali e dei centri di formazione professionale accreditati dalle Regioni che, su base volontaria, aderiscono alla procedura telematica. Laddove resta volontaria l’adesione degli istituti paritari. Nessuna novità anche stavolta per l’infanzia: qui l’istanza resta cartacea. Per tutti gli studenti delle classi intermedie il passaggio alla classe successiva avviene d’ufficio a cura della scuola.

Quali le modalità

Per procedere all’iscrizione sarà necessario avere un’identità digitale: si potrà accedere al sistema utilizzando le credenziali Spid, Cie o eIdeas (electronic IDentification authentication and signature). La funzione per l’abilitazione è già  disponibile  dal 19 dicembre scorso. 

Per accompagnare genitori e studenti nella loro scelta, il Ministero ha ulteriormente rinnovato il Portale ‘Scuola in chiaro’ che raccoglie i profili di tutte le scuole italiane con informazioni utili che vanno dalla organizzazione del curricolo, all’organizzazione oraria, agli esiti degli studenti e ai risultati a distanza e consente, altresì, la ricerca rapida degli istituti di zona in base al proprio indirizzo di residenza.

Sempre su ‘Scuola in chiaro’ è possibile consultare il Piano triennale dell’offerta formativa (Ptof) che ciascun istituto dovrà aggiornare  e  pubblicare. Contiene informazioni preziose per la scelta delle famiglie. Il Piano è il documento costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche e contiene la progettazione curriculare, extracurricolare,educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia.

Le novità

Due le novità rispetto allo scorso anno. La prima è che alla primaria dal prossimo anno l’educazione motoria sarà introdotta in quarta con due ore in più a settimana. Questo incremento orario non riguarderà il temo pieno, poiché le ore di educazione motoria rientrano nelle 40 ore settimanali.

La seconda novità riguarda l’attivazione da parte delle scuole di percorsi ordinamentali a indirizzo musicale che però dovrà essere autorizzata dall’Usr con relativa assegnazione dell’organico. All’atto dell’iscrizione si potrà esprimere l’opzione per tale percorso, ma l’accoglimento verrà comunicato successivamente.

Iscrizioni alle Scuole dell’Infanzia

Potranno essere iscritti i bambini che compiono i tre anni entro il 30 aprile 2024.

Sarà possibile scegliere tra tempo normale (40 ore settimanali), ridotto (25 ore) o esteso fino a 50 ore. In base alle norme concordatarie tra Stato italiano e Santa Sede, nella scuola è prevista la possibilità di avvalersi della religione cattolica.

Iscrizioni Scuola Primaria

Sarà possibile iscrivere alle classi prime della scuola primaria i bambini che compiono 6 anni di età entro il 30 aprile 2024. In subordine rispetto all’istituto scolastico che costituisce la prima scelta, si potranno indicare, all’atto dell’iscrizione, fino ad un massimo di altri due istituti.

All’atto dell’iscrizione, le famiglie esprimeranno le proprie opzioni rispetto alle possibili articolazioni dell’orario settimanale che può corrispondere a 24 ore, 27 ore (elevabili fino a 30) o 40ore (tempo pieno).

Iscrizioni Secondaria di I Grado

Nella scuola secondaria di primo grado, al momento dell’iscrizione, le famiglie esprimeranno la propria opzione rispetto all’orario settimanale, che può essere articolato su 30 ore oppure su 36 ore, elevabili fino a 40 ore (tempo prolungato). In subordine rispetto all’istituto scolastico che costituisce la prima scelta, si potranno indicare, all’atto di iscrizione, fino a un massimo di altri due istituti.

Iscrizioni Secondaria di II Grado

Nella scuola secondaria di secondo grado, le famiglie effettueranno anche la scelta dell’indirizzo di studio, indicando l’eventuale opzione rispetto ai diversi indirizzi attivati dalla scuola. In subordine rispetto all’istituto scolastico che costituisce la prima scelta, si potranno indicare fino ad un massimo di altri due istituti.

Le opzioni per la Scuola Superiore

Non c’è dubbio che l’ansia però colpisce di più i genitori dei ragazzi che dovranno iscriversi alla scuola superiore

Dopo la riforma Gelmini, come si sa, gli indirizzi delle superiori si sono notevolmente snelliti. Sei indirizzi per chi sceglie il Liceo: Classico, Scientifico (con l’opzione scienze applicate e anche la sezione ad indirizzo sportivo), Linguistico, delle Scienze Umane (con l’opzione Economico sociale), Artistico (con sei opzioni) e Coreutico  e musicale.

Gli studenti che scelgono la formazione tecnica possono optare tra due indirizzi di studio: Istituto tecnico economico (suddiviso a sua volta in due indirizzi) e Istituto tecnico tecnologico, suddiviso in nove indirizzi.

Per la scuola professionale si può optare tra 11 indirizzi. Per quanto riguarda i licei musicali e coreutici l’iscrizione avviene solo con il superamento di una prova attitudinale. Quindi si consiglia ai genitori di capire cosa vuole fare il figlio e avere ben chiara la distinzione fra istituto tecnico, professionale e liceo.  (gl)

 

SCUOLA IN CRISI, RIPARTIRE DALLE MEDIE
PER RECUPERARE IL DIVARIO FORMATIVO

di FRANCESCO RAO  – Quello della scuola è uno tra i temi più importanti del momento, non soltanto per la Calabria ma per l’Italia tutta. Il tema è ampio e in questa sede ne affronterò una minima parte, avanzando qualche proposta, rimandando a futuri interventi ulteriori spunti riflessivi. A dire il vero, visti gli esiti forniti dall’OCSE e dall’INVALSI annualmente, il Parlamento, al netto delle rispettive espressioni politiche, avrebbe potuto valutare tale tema interpretando i segnali dettati dai segmenti produttivi, maggiormente esposti alla penuria di risorse umane e al contempo chiamate a soddisfare le crescenti esigenze di una società sempre più complessa, proiettata ad uno stile di vita che interesserà i prossimi 50 anni.

Per quanto riguarda la nostra Calabria, anche quest’anno i dati INVALSI segnano l’ennesimo segnale di allarme. Con un pizzico di positività rispetto al passato, visti i tempi, vorrei poter sperare nell’avvio di una discontinuità nella quale da una parte possa esserci l’avvio della crescita e dall’altro relegare quel vuoto culturale a mero ricordo storico destinato ad essere un motivo in più per fare meglio senza perdere tempo. 

La nostra regione, i nostri giovani, le loro famiglie e tutto il mondo dell’istruzione e della formazione, nei prossimi anni, saranno chiamati a compiere una sfida senza precedenti per recuperare in tempi ridotti la notevole percentuale di quel divario culturale che da sempre divide il Nord dal Sud impedendo di fatto maggiori opportunità occupazionali, incremento del P.I.L. e contenendo i fenomeni migratori soprattutto dei nostri giovani. 

Detto ciò, non è assolutamente mia intenzione bocciare il nostro sistema scolastico. È necessaria però una corposa rivisitazione di competenze da praticare mediante percorsi di formazione e aggiornamento continuo. Tale affermazione ripone moltissima fiducia in un comparto strategico per la nazione e popolato da persone spesse volte demotivate, costrette per mancanza di mezzi e strumenti a ricorrere all’improvvisazione, mettendo da parte la programmazione ministeriale e l’esercizio di quella quota di autonomia utile a stringere collaborazione e partecipazione con gli stakeholder esterni alla scuola ma parte integrante della comunità educante.   

A ciò si aggiungano gli effetti delle varie spending review, praticate nel tempo nel comparto scuola, senza minimamente immaginare quali potevano essere gli effetti futuri. Ed allora, il ricorso all’accorpamento di scuole distanti anche 50 kilometri una dall’altra, con l’intento di limitare il numero di Dirigenti scolastici e per lasciare decine di docenti sotto una guida praticata mezzo etere oppure con limitata presenza è stata una soluzione? Quali benefici culturali ha prodotto? Per quanto mi riguarda, l’esempio dettato dall’art. 5 della Costituzione, come vale per le Stazioni dei Carabinieri, presenti in tutti i Comuni d’Italia, dovrebbe valere per tutte le scuole ossia un Dirigente scolastico per ogni sede scolastica presente sul territorio. Mentre qualcuno potrà dire che non possiamo permetterci questi costi, vorrei sottolineare che la cultura non è un costo ma un investimento nazionale. Intanto, per gli studenti calabresi, figli di un Dio minore, tutti gli indicatori afferenti ai sistemi di valutazione pubblici e privati incrociano le rispettive analisi in una comune conclusione: con un 18% di dispersione scolastica implicita il futuro appare segnato. 

Il nostro punto debole, come più volte segnalato dalla Fondazione Agnelli, continua ad essere la scuola secondaria di primo grado e gli effetti da tale causa saranno poi interamente riversati nel segmento scolastico successivo. Ci sarà stato tempo e modo per riscontrare tutte le possibili criticità, considerando anche l’incidenza della fase dello sviluppo degli adolescenti. Alla luce dei recenti dati, è lecito chiedere quali correttivi sono stati apportati al sistema e quali miglioramenti siano stati registrati? L’approccio allo studio della matematica, della geometria, delle scienze, delle lingue straniere, seppur avviato sin dalla scuola primaria, si pratica proprio nei tre anni di quella che per noi, nati durante lo scorso Secolo, era la scuola media. Sono state considerate le difficoltà del personale docente impegnato in questo specifico settore? Sono state mai valutate eventuali proposte metodologiche, tese a costruire patti educativi condivisi nei quali coinvolgere di più le famiglie anche con l’intento di responsabilizzare e detonare quella carica che alimenta sempre di più ricorsi e denunce a seguito di voti non particolarmente alti, richiami e/o provvedimenti disciplinari?

Sempre per questa fase, vista la crescente povertà educativa e la propensione alla dispersione scolastica, fenomeni maggiormente evidenti nelle aree interne, ricorrendo a personale docente non di ruolo, perché non si attivano i rientri pomeridiani per consentire a tutti gli studenti di poter chiudere entro le ore 18:00 la giornata scolastica facendo svolgere loro oltre ai compiti anche altre attività quali sport, musica, disegno, teatro ecc. ecc.? 

Potrò apparire un visionario, ma la mia convinzione continua a vedere la scuola come il cuore pulsante di ogni Comunità, grande o piccola che sia. Ed in tal senso gli Istituti scolastici non dovrebbero rimanere aperti soltanto dalle 7:00 alle 14:00, ma dovrebbero essere aperti sino alle ore 22:00, immaginando la fase post-curriculare come fase di autogestione nella quale insegnanti non di ruolo, volontari, animatori e quanti siano disposti a rispondere all’appello proveniente dal Ministero della Pubblica Istruzione o dall’assessorato all’Istruzione, possano mettersi in gioco, previo sottoscrizione di contratto e riconoscimento di appositi gettoni di presenza, per innalzare il livello culturale in modo esponenziale dei nostri giovani. In tali sedi, vedrei anche un maggiore coinvolgimento delle Associazioni. Penserei alla pratica del baratto consistente nella verniciatura dei muri, alla sistemazione di porte e finestre oppure alla pavimentazione delle rispettive aule utilizzate quale ricompensa per la fruibilità annuale dei locali e dei servizi messi a disposizione delle varie realtà associative, anch’esse messe nella condizione di stimolare la crescita culturale territoriale.  Gli insegnanti curriculari vanno sostenuti. Loro svolgono quotidianamente un lavoro ineccepibile ma occorre vincolare allo studio i nostri ragazzi, limitando loro una quantità di libertà pomeridiana che nel medio e lungo periodo finirà per alimenterà quella percentuale di  dispersione scolastica destinata a incidere sul  livello culturale del Paese, nella politiche di Welfare, nei fenomeni di micro e macro criminalità e nell’abbandono di tutte quelle identità locali, potenziali fonti di risorse, lasciate all’abbandono per mancanza di “cervelli”, capaci di far rinascere la storia locale rendendola risorsa futura. (fra)

   (Francesco Rao, Giornalista e Presidente Dipartimento Calabria ANS Sociologi)

L’OPINIONE / Lucia Anita Nucera: Gli istituti usino fondi del Pnrr contro dispersione scolastica

di LUCIA ANITA NUCERA – Entra nel vivo il piano nazionale di ripresa e resilienza per l’istruzione che  prevede un finanziamento di 1,5 miliardi per contrastare la dispersione scolastica, le povertà educative e superare i divari territoriali. Dopo una prima fase, infatti, si è passati alla seconda con l’elargizione dei fondi direttamente agli istituti scolastici.

È un segnale positivo, che denota attenzione da parte del Miur verso una problematica che soprattutto in alcune periferie particolarmente a rischio, anche della nostra città, si è accentuata durante la pandemia nonostante l’impegno massimo da parte delle scuole.

La prima tranche di risorse destinate alla Calabria ha coinvolto 227 istituti della regione. Si tratta di fondi che potranno essere utilizzati dai singoli istituti e che sono stati distribuiti sulla base di parametri precisi che riguardano ovviamente l’area in cui la scuola è collocata e la capienza di alunni.
Adesso, le scuole con una prima tranche del finanziamento potranno investire le risorse per il conseguimento di un diploma per i giovani anche tra i 18-24 anni, che hanno abbandonato precocemente gli studi. Mentre, con la seconda si attiveranno progetti per  rinforzare le competenze di base degli alunni più in difficoltà, per superare i divari territoriali anche con alcuni progetti nazionali che coinvolgano direttamente le aree più periferiche della città.
Il mio augurio è che gli istituti usufruiscano appieno delle risorse per contrastare una problematica che purtroppo, nei nostri territori, coinvolge diversi giovani che abbandonano prematuramente il percorso di studi senza conseguire un diploma e avendo dunque, meno possibilità di inserimento lavorativo.
Inoltre, sarà importante attivare percorsi di potenziamento per tutti gli studenti che vivono situazioni  problematiche di povertà educativa. Credo che sarà ancora più significativo il fatto che siano coinvolti gli istituti che ricadono nelle aree maggiormente a rischio della nostra città, a favore dei minori che  di più hanno risentito  dei disagi durante la pandemia. (lan)
[Lucia Anita Nucera è assessore all’Istruzione del Comune di Reggio Calabria]
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Dispersione scolastica a Reggio, le proposte dell’assessore comunale Lucia Anita Nucera

L’ Assessore all’istruzione del comune di Reggio Calabria, Lucia Anita Nucera, ha avanzato delle proposte da realizzare per combattere il fenomeno della dispersione scolastica del territorio reggino.

«Il fenomeno della dispersione scolastica – ha spiegato – non deve solo essere riaffermato in maniera sterile, ma occorre che ci siano interventi sinergici che coinvolgano più soggetti che operano in rete al fine di non demandare al solo comparto scuola, già gravemente oberato con la pandemia, di ogni azione educativa e preventiva. Per questo, credo, che la costituzione di un istituto omnicomprensivo come previsto dal Miur, in ognuna delle zone della città maggiormente a rischio potrebbe essere di supporto ai ragazzi comprendendo in unica scuola la frequenza dall’infanzia alle superiori».

«A questo – ha proseguito Lucia Anita Nucera – è necessario aggiungere a mio avviso nuovi indirizzi affinché tutti possano avere la possibilità di accedere a determinate aree come musica, arte, lingue. All’interno della scuola, poi, è altrettanto essenziale istituire come già era stata prevista, la figura del referente sulla dispersione scolastica con il compito di monitorare giornalmente i ragazzi e i singoli casi».

«I casi di violenza da parte di giovanissimi – ha proseguito l’assessore Nucera – nella nostra città, richiedono una risposta immediata e unitaria da parte di tutti, affinché ci sia un reale supporto con percorsi di rieducazione e anche di supporto dei giovani e delle  famiglie. Il compito non può essere demandato alla sola scuola, ma richiede un impegno comune per evitare che altri giovanissimi trovino normale usare la violenza nella loro quotidianità».

«Inoltre – ha concluso Lucia Anita Nucera – vorrei rivolgere un augurio a tutti gli studenti delle scuole di primo e secondo che saranno impegnati con gli esami di Stato. A loro dico che questa è una prima tappa della vita a cui ne seguiranno tante altre e che sicuramente onereranno il loro impegno come hanno fatto durante il loro percorso scolastico». (rrc)

Il ministro Bianchi: Al centro del Pnrr c’è lotta a dispersione scolastica e il 40% è per il Sud

«Al centro del del Pnrr c’è la lotta alla dispersione scolastica, e il 40% delle risorse è per il Sud perché l’Italia deve ripartire dalla sua parte più fragile». È quanto ha dichiarato il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, intervenendo in un video messaggio al Salone della Giustizia.

Per il ministro, infatti, «occorre prendere atto che la scuola deve garantire la capacità di costruire comunità, investire sulla scuola vuol dire investire nella comunità intera per tutelarsi dalla criminalità: in Italia l’indice di dispersione scolastico, rispetto alla media Ue, è dell’1,24% ma molte regioni del Nord sono sopra la media europea, mentre in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna l’indice è molto alto, e in alcune periferie urbane dei centri del meridione si arriva anche al 40% di abbandono scolastico».

Bianchi, poi, ha fatto presente che l’Invalsi ha fatto emergere che c’ anche «la dispersione implicita di chi ha conseguito il diploma senza aver però conseguito le necessarie conoscenze».

Situazioni che c’erano anche prima della pandemia, ha detto il ministro Bianchi, ma «la pandemia ha esasperato le differenze e le fragilità». Per questo «si riparte dal Sud». (rrm)