TORNANO LE PROVE INVALSI NELLE SCUOLE
E VIENE FUORI LA DISUGUAGLIANZA AL SUD

di GUIDO LEONECon il  mese di marzo sono  ritornati nella normalità  nelle scuole italiane i test Invalsi, croce e delizia degli studenti e non solo, che monitorano il livello di apprendimento di circa 2,6 milioni di studenti italiani. Le prove standardizzate  proseguiranno fino al 31 maggio interessando tutti gli ordini di scuola, dalla primaria, alle medie  di primo e secondo grado.

Va sottolineato che quest’anno lo svolgimento delle prove Invalsi costituisce requisito di ammissione all’esame di Stato conclusivo del primo e del secondo ciclo d’istruzione ma non incideranno sul voto. Un ritorno al passato, al periodo pre-pandemia, quando appunto Invalsi costituiva requisito di ammissione agli esami.

In questa prima fase, saranno impegnati quasi mezzo milione di studenti delle classi quinte della scuola superiore. In Calabria saranno circa 600. Per le classi campione le prove Invalsi 2023 di Italiano, Matematica e Inglese (lettura e ascolto) si sono svolte nei giorni scorsi 

Per le classi non campione, le medesime  prove sono previste fino al venerdì 31 marzo. La sessione suppletiva è fissata dal 22 maggio al 5 giugno. Poi, dal 3 al 28 aprile sarà il turno degli alunni di terza media sia di quelli impegnati con le classi campione e non, anche loro alla prese con prove al computer di italiano, matematica, inglese.

Infine a maggio dal 5 al 9 toccherà agli allievi di II e V primaria affrontare le prove cartacee di italiano, di lettura, e matematica e inglese.

Infine, chiuderà la II secondaria di secondo grado ( prova al computer –CTB) tra l’11 e il 31 maggio con i test di italiano e matematica. In Calabria il campione complessivo sarà rappresentato presumibiLmente da circa 3800 studenti della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado. 

Non c’è dubbio che la pandemia ha causato non pochi problemi alla scuola italiana, soprattutto per quegli alunni che, per via delle chiusure dovute al Covid 19, hanno dovuto affrontare lunghi periodi di DaD.

Le prove Invalsi continuano di anno in anno a restituire il volto di un Paese diviso in due con differenze territoriali in italiano e matematica sempre marcate. Anche gli esiti delle ultime prove 2022 hanno evidenziato che l’istruzione al Sud resta un’emergenza, con una situazione incredibile, diremmo quasi drammatica in particolare per la Calabria.

Dopo due anni di pandemia, ciò che maggiormente emerge, è un livello di apprendimento degli studenti italiani comunque stabile, ma non riesce a raggiungere gli standard pre-Covid.

Si allargano, invece, i divari territoriali, con il Nord e il Sud Italia che viaggiano a due velocità già a partire dalla scuola media, soprattutto in Calabria, Sicilia e Campania.

Per la scuola primaria, i risultati sono rimasti sostanzialmente invariati rispetto al 2019, ma con segnali di preoccupazione soprattutto per la matematica. Se in italiano l’80% degli studenti dell’ultimo anno raggiunge almeno il livello base, in matematica arriva al livello base solo il 66% degli allievi, con la Calabria, sotto la media nazionale.

I divari territoriali non migliorano e rimangono molto ampi anche nella scuola media di primo grado. In alcune regioni come Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna uno studente si due ottiene risultati molto bassi, insufficienti, in Italiano; percentuale che sale al 55-60% per la Matematica e scende al 35-40% per l’Inglese (reading).

Emergono forti evidenze di disuguaglianza educativa al Sud: le scuole riescono a fatica ad attenuare l’effetto delle differenze socio culturali del contesto famigliare e le disparità ci sono sia tra scuole che tra classi.

Per quanto riguarda le superiori l’anno scorso ,si sono registrati oltre 15 punti di distacco tra le regioni del Nord e alcune regioni del Sud. Gli allievi che non hanno raggiunto il livello base in Italiano hanno superato la soglia del 60% in Campania, Calabria e Sicilia. In Matematica chi è rimasto insufficiente alla fine delle superiori è arrivato  al 70% in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna.

Una battuta, infine, sulla dispersione implicita  che misura la quota di studenti che termina il percorso scolastico senza avere acquisito le competenze fondamentali. Nel 2019 la dispersione scolastica implicita si attestava al 7,5% per salire al 9,8% nel 2021, molto probabilmente per via della sospensione delle lezioni in presenza.

L’anno scorso la tendenza si è fermata al 9,7%. In termini comparativi, il calo maggiore della dispersione si registra in Puglia e in Calabria con -3,8 punti percentuali. Tuttavia le differenze assolute a livello territoriale rimangono molto elevate. Per esempio Campania col 19,8% e Calabria, 18%.

Dunque, è una Italia che procede a due velocità e che speriamo gli esiti Invalsi 2023 smentiscano. Riemerge, però, in tutta la sua drammatica evidenza l’urgenza di rimettere al centro dell’attenzione politica e dei nostri governanti l’istruzione e la formazione come emergenza sociale per il Sud e la Calabria in particolare. C’è una questione meridionale all’interno del sistema scolastico nazionale che va attenzionata.

Sicuramente la crisi economica, che ha invaso gli ultimi lustri, e accentuata dalla emergenza pandemica, sta portando ancor più i nodi al pettine e dove la povertà è più densa lo scarso rendimento scolastico è più intenso, e non c’è bisogno di essere sociologi per affermarlo, mentre la riprova è data puntualmente ogni anno  dall’altro dato dell’Invalsi e cioè che al Sud ci sono pure differenze tra scuole e scuole, tra quelle delle zone residenziali e quelle altre delle periferia.

Stupisce, tuttavia, come l’opinione pubblica di fronte alla costante diseguaglianza così forte che si registra ogni anno non reagisca con il dovuto vigore e perché  la classe politica e amministratrice, ma anche il sistema scolastico calabrese non intraprenda azioni più significative che vadano nella direzione di colmarla.

Assumere allora il tema dell’elevamento del grado di istruzione  dei nostri giovani e dei nostri ragazzi credo che sia una questione che ha molto a che fare con i programmi di sviluppo di una  regione che vuole superare il proprio ritardo, che vuole fare i conti con le proprie risorse e che vuole mettersi alle spalle  la dimensione assistita dello sviluppo. Credo, quindi, che questa non possa che diventare una priorità fondamentale per la Regione Calabria e degli altri enti territoriali a cascata(gl)

Rai Calabria riapre le porte alle Scuole

“Protagonisti per un giorno”, ospiti della sede Rai della Calabria di Viale Marconi sono stati ieri gli alunni della Scuola Primaria Paritaria “Il Grillo Parlante” di Cosenza, accolti con grande entusiasmo dai referenti di sede Sara Dente e Giampiero Mazza.

Dopo una breve presentazione dei locali e degli studi, e dopo la consegna dei badge ad ognuno di loro, gli alunni della scuola “Il Grillo Parlante” sono stati accompagnati a visitare la regia e lo studio tv della Tgr.

A fare da padroni di casa e da guide del palazzo sono stati i tecnici della produzione Gianluca Fazio e Franco De Cario. I ragazzi hanno avuto così modo di conoscere tutta la fase della preparazione tecnica utile per la buona riuscita di un TG e di un Giornale Radio.

La visita è poi proseguita nei vari ambienti della Sede, soprattutto nelle salette di montaggio, nella regia del radiofonica e si è conclusa con il saluto e la consegna degli attestati d’onore da parte del direttore di sede Massimo Fedele e dal Caporedattore Pasqualino Pandullo.

Entusiasta il direttore di Sede Massimo fedele: «Gli alunni di V elementare presenti in visita presso la sede sono rimasti entusiasti, euforici e si sono divertiti tantissimo, curiosi e desiderosi di apprendere e conoscere tutto quello che circonda il mondo della comunicazione e della informazione, che è poi il lavoro che viene svolto giornalmente dalla sede Rai per la Calabria, impegnata da sempre su questi temi d’inclusione sociale e delle buone pratiche di governance. Mi auguro solo che queste visite possano proseguire in futuro, perché il contatto con il mondo della scuola avvicina sempre di più il mondo della comunicazione alla società civile e alle tradizioni millenarie di questa regione». (pn)

GIOVANI, LA SFIDUCIA RIPOSTA NEL FUTURO
LA CALABRIA È ANCORA UN PASSO INDIETRO

di FRANCESCO RAO – Non si può trascorrere tutta la vita girando intorno ai problemi. Non può nemmeno essere ammissibile la sfrenata voglia di giustificare tutto, per poi rimandare la soluzione delle annose questioni della Calabria a tempi migliori. Qualcuno, prima o poi, per far ripartire lo sviluppo, dovrà fermarsi e affrontare uno tra i più grandi problemi che affligge questa terra da sempre: mi riferisco alla sfiducia riposta nel futuro.

Questo limite, nel tempo, ha assunto una duplice funzione: da una parte è divenuto un concetto indivisibile dall’agire umano, divenendo molto spesso anche motivo di rinuncia per quanti hanno avuto a cuore l’avvio di un processo di innovazione in alcuni segmenti produttivi rimasti oggi misurabili con cifre da prefisso telefonico; dall’altra si è rivelato come quell’anello debole di un sistema con il quale è stata alimentata la (cattiva) reputazione della Calabria nel mondo. In questi giorni, a far saltare il banco, sono stati i due argomenti trattati dalla Comunità Europea: la rimodulazione della classe energetica delle abitazioni e la fine dell’utilizzo di benzina e gasolio per i mezzi di autotrazione.

Tutto ciò, con molta probabilità, diverrà oggetto di infinite e sfiancanti discussioni per alcune regioni e motivo di velocissima innovazione per altre. La Calabria, in questa delicatissima fase, tra quale delle due fazioni si collocherà? Per tanti la risposta potrebbe apparire scontata. Personalmente, da sempre, ho riposto particolare fiducia nelle sfide della vita. Anche le criticità più stringenti, all’interno del proprio nucleo, riservano straordinarie opportunità per quanti riescono a coglierle in tempo. In questa fase storica, per poter ricucire il nastro del tempo perduto con il tempo che dovremo vivere in futuro, è indispensabile cogliere il senso dell’opportunità senza consentire alla paura di vestire gli abiti del dubbio e cadere nuovamente prima nell’incertezza e poi in una nuova emigrazione di massa. Comprendo e faccio mio ogni timore insito nell’animo dei Calabresi in queste ore.

Queste “rivoluzioni”, deliberate nell’Aula del Parlamento Europeo e consegnate tramite le stringate notizie diffuse dai Media, fa tremare i polsi in modo molto serio soprattutto a quanti vivono con un reddito ben al di sotto della povertà assoluta. Apprendendo queste notizie, la mente va subito alla domanda in quanto il problema si pone nell’immediatezza e non per il futuro. Quindi, posso già immaginare l’insofferenza di tantissimi nostri conterranei mentre si domandano: dove prendo i soldi per mettere a norma la mia casa? Dove prendo i soldi per acquistare una macchina elettrica? Da notare, la coniugazione del verbo utilizzato nel formulare la domanda, non è al futuro ma è al presente.

Anche tale circostanza, nel tempo, ha influito notevolmente nel processo di pianificazione del futuro di tantissimi Calabresi. Si, nei nostri 404 Comuni, oltre alle persone, vivono i nostri dialetti, quotidianamente utilizzati per comunicare e per condividere una quotidianità narrata al passato, al presente ma non al futuro. Potrà apparire strano tutto ciò. In realtà, quando la mente non vede una prospettiva futura subentrano prima i limiti dell’incertezza e poi quelli della paura, bloccando l’impegno nell’affrontare la sfida e successivamente gli sforzi necessari per raggiungere la meta. Oggi, è in atto un profondo processo di riorganizzazione della società. Contrariamente alle precedenti Rivoluzioni industriali, realizzate e comunicate in lassi di tempo molto più ampi e metabolizzate gradualmente dalle persone, il cambiamento in atto sarà repentino. 

L’adeguamento alle nuove dinamiche socioeconomiche, le nuove professioni e la fine di quei lavori che hanno caratterizzato il passato, rischierà di dare vita a una marginalità sociale capace di minare dal basso la tenuta della Democrazia nel Paese. Contrariamente ad altri Stati europei ed alcune regioni italiane, impegnate sin dalla fine degli anni ’80 del Secolo scorso a promuovere sistemi produttivi capaci di interloquire con un sistema scolastico dalla visione duale, La Calabria è al passo con i tempi?

L’informatica e la robotica, la cybersecurity ed i processi di qualità in quale misura sono presenti nei nostri processi produttivi?  Molte regioni, oggi virtuose regioni, nel solco della loro innovazione hanno saputo guardare al futuro attraendo e conquistando i tantissimi neolaureati del Meridione, offrendo loro non solo un posto di lavoro ben retribuito ma soprattutto quella fiducia indispensabile per proseguire la ricerca per mantenere viva l’innovazione tecnologica. Tutto ciò, sia ben chiaro, non è avvenuto in tre giorni. Volendo essere buono si potrebbe parlare di circa quaranta anni.

Tempo trascorso da tantissimi Calabresi in buona parte a smaltire la sbornia del benessere economico, avviatosi nel Secondo dopoguerra e nel cercare di individuare tra i tanti politici, presenti sulla scena locale e regionale, chi tra loro, magari chiamato a battezzare qualcuno della rispettiva famiglia, potesse garantire un posto di lavoro nel pubblico impiego. Percorrendo questa strada, la nostra Calabria ha perso molti dei suoi figli.

Quanti hanno avuto il coraggio di rientrare dopo gli studi o di rimanere per investire, pur mettendo a disposizione il loro entusiasmo e un bagaglio culturale ammirevole, molto spesso hanno avuto spazi risicati e poche opportunità per poter dare seguito a quei processi innovativi che oggi sarebbero stati indispensabili per consentirci di avere un minore divario tecnologico e una maggiore opportunità operativa. I risultati brillanti, registrati oggi in Calabria, rappresentano in ampia percentuale la caparbietà di quanti hanno creduto nella bellezza dei loro sogni oppure nel consolidamento di una storia familiare molto solida.

Adesso, per salvare la Calabria da una nuova fase di emigrazione, è indispensabile ripartire dalla scuola, dalle università e dalla formazione professionale, considerando gli ITS per ciò che sono stati pensati all’atto dell’istituzione e cioè un modello formativo capace di offrire alle aziende quelle Risorse Umane chiamate ad interpretare e interagire con l’innovazione tecnologica per generare nuove opportunità, occupazione e sviluppo economico. In questa straordinaria sfida, dalla quale dipenderà anche il futuro demografico della Calabria, anche la politica regionale avrà un ruolo determinante. Perciò, bisognerà scegliere in fretta quale ruolo svolgere considerando che la nostra è una tra le regioni d’Italia e dell’intera Europa a possedere una notevole posizione di vantaggio, grazie al ruolo svolto dal Porto di Gioia Tauro e dalla Zes. Tutto ciò potrà consentirci di scrivere i prossimi cento anni di storia, ponendoci questa volta come il Nord di un Continente che è alla vigilia di una nuova fase storica e tale circostanza potrebbe divenire per l’Italia la creazione di nuove opportunità ai quali oggi è impensabile potersi rapportare. (fr)

Autonomia differenziata: i rischi per la scuola calabrese

di GUIDO LEONE – Il dibattito in corso sull’autonomia differenziata procede fra toni accesi e scontri politici. E affronta tutte le materie del progetto governativo, in particolare  l’attenzione si sofferma sull’istruzione. La scuola è stata una dei principali artefici dell’unità nazionale, della stessa nascita e consolidamento della comunità nazionale. E continua ad esercitare tale ruolo. E poi è lo strumento principe per formare il cittadino, per eliminare o ridurre le varie differenze esistenti tra i cittadini e tra i diversi territori in cui si articola il paese.

Invece, l’autonomia differenziata sancisce  gli squilibri che già esistono e li rende definitivi e insuperabili. Il gap di servizi  nella scuola, nella sanità, negli asili, in tanti servizi del welfare, nelle risorse di sostegno all’apparato produttivo, etc., diventerà “legittimo”, un privilegio etnico- territoriale immodificabile. Insomma ,chi, all’interno della stessa nazione, abita in territori particolari e benestanti ha più diritti di chi invece ha avuto la ventura di abitare in territori disgraziati. La nazione diventa così matrigna per alcuni cittadini e per alcune aree che hanno la colpa di essere cresciute meno di altre.

Per esempio, se teniamo conto che il gettito fiscale del Veneto è il doppio del gettito fiscale della Calabria ci rendiamo conto che una scuola o un ospedale del Veneto riceverebbe un finanziamento doppio a quello della Calabria, con la conseguenza di una compressione violenta dei diritti primari, costituzionalmente garantiti (diritto all’istruzione, diritto alla salute, ecc.) dei cittadini calabresi.

È fondata, perciò, la preoccupazione che una deriva regionalistica del sistema di istruzione possa accentuare gli squilibri già oggi esistenti fra le diverse aree territoriali del Paese, con esiti ancor più penalizzanti per quelle economicamente e socialmente più in sofferenza come la Calabria nei suoi vari servizi alla persona.

Quali gli effetti di una simile manovra sulla scuola.

Non avremmo più un unico sistema nazionale di istruzione ma tanti sistemi regionali quante sono le Regioni con autonomia differenziata.

I soldi di cui ogni amministrazione scolastica potrà disporre verrebbero determinati in rapporto al reddito pro capite della regione di appartenenza  a tutto vantaggio delle Regioni del Nord che godono mediamente di una ricchezza doppia rispetto alle regioni meridionali come doppio è mediamente il PIL, tra il Nord e il  Sud .

Il Ministero dell’Istruzione verrebbe svuotato e depotenziato delle sue principali funzioni e dei suoi apparati direzionali e ispettivi, senza più un unico centro di programmazione e indirizzo nazionale per le riforme;senza  più un coordinamento centrale dei processi di cambiamento e  un controllo ispettivo centrale della gestione educativa.

Con l’istruzione regionale sarebbe negato l’esercizio del diritto allo studio in maniera uguale su tutto il territorio nazionale e si realizzerebbe un doppio regime fra quello nazionale e quello regionale.

Le scuole si differenzierebbero sempre più radicalmente, il divario Sud-Nord non potrebbe che aumentare, la diffusione uniforme di scuole dell’infanzia e tempo pieno sarebbe definitivamente negata, il valore legale del titolo di studio sarebbe compromesso e le regioni potrebbero decidere autonomamente su programmi, strumenti e risorse.

Proprio il contrario della direzione verso cui tende il PNRR che investe il 40% delle risorse nel sud del Paese finalizzato al superamento delle disparità e degli squilibri ancora persistenti tra le varie regioni.

Per queste ragioni il progetto governativo di autonomia differenziata va contrastato e sconfitto con la più ampia partecipazione possibile.

L’istruzione deve rimanere statale e nazionale con pari livelli delle prestazioni, senza condizionamenti di natura politica e quindi fuori da qualunque percorso di autonomia differenziata.

La nostra comunità non può tollerare che un diritto fondamentale come quello dell’istruzione possa essere esposto a forme di razzismo territoriale .

Il mondo della scuola, docenti,studenti,personale scolastico tutto, più esposto a questi processi pseudo riformatori che minano l’unità culturale della nazione devono reagire e insieme a difendere l’autonomia delle loro scuole e a salvaguardarne i valori di democrazia e solidarietà, sotto l’egida della Costituzione.  (gl)

(Già Dirigente tecnico USR Calabria)

SCUOLA, PRIMA VITTIMA DELL’AUTONOMIA
SE PASSA IL PROVVEDIMENTO APPROVATO

di PIETRO MASSIMO BUSETTAGiù le mani dalla scuola si potrebbe dire. Uno dei settori oggetto di interesse in cui le Regioni che hanno chiesto l’autonomia differenziata vogliono entrare è quello della formazione e della scuola. Ed è proprio uno di quei settori che registra maggiore opposizione da parte di coloro che sono contrari all’autonomia.

Riuscire a far diventare la scuola regionale è un obiettivo che se realizzato farà diventare reale l’accusa che l’autonomia differenziata si può definire come “spaccaitalia”. 

Avere possibilità di intervenire sui programmi scolastici, sull’assunzione dei docenti, sull’organizzazione complessiva della scuola, sulle materie da insegnare, (niente vieterebbe di inserire come materiale di insegnamento lo studio del dialetto, cosa che potrebbe anche essere opportuna se non diventasse un modo per discriminare coloro che non lo conoscono) è un modo per far diventare le Regioni degli Stati.

È noto che la scuola è la materia più delicata che uno Stato deve  gestire. Da lì passa la formazione dei nuovi cittadini. E l’unificazione sociale di un paese passa da una scuola uniforme. La possibilità di creare buoni cittadini, consapevoli delle scelte che faranno anche nelle cabine elettorali, dipende molto dalla formazione della scuola.

E più le realtà sono deboli e fragili più la scuola diventa importante. Quando si accusa il Mezzogiorno di non avere classe dirigente e successivamente l’elettorato  attivo di non scegliere dei rappresentanti adeguati, colpevolizzando la popolazione, non si mette in evidenza come la responsabilità di tali carenze sia dello Stato centrale.

Perché se non combatti la dispersione scolastica, consentendo a molti di rimanere analfabeti, se non non adotti il tempo pieno in modo da far si che i ragazzi possano stare praticamente tutto il giorno a scuola ed essere guidati nel loro processo formativo, se non cominci a far socializzare i bambini dall’asilo e li lasci a casa in famiglie più o meno adeguate, dove magari la donna non lavora perché le possibilità di inserimento sono molto contenute, allora la cosa più facile è che escano dei cittadini dalla scuola assolutamente incapaci di essere soggetti di una  democrazia evoluta. 

E poiché in genere le carenze si sommano nelle realtà meridionali, per cui si inizia col non avere l’asilo nido per l’infanzia, si continua poi con la mancanza di tempo pieno a scuola, con la perdita di numerosi ragazzi che abbandonano per lavorare e continui poi con una madre casalinga e un padre disoccupato, allora il risultato ovviamente non potrà essere un cittadino consapevole. 

Se le risorse che oggi sono state destinate alla scuola sono ancora insufficienti visto che a parte la fatiscenza di molti edifici scolastici poi in realtà molti servizi che la scuola potrebbe e dovrebbe dare non vi sono, per cui vi é già una differenza tra le aree del Paese, un ulteriore impoverimento di risorse per il Sud, conseguenza dell’autonomia, non potrà che peggiorare la situazione, imbarbarendo ulteriormente le realtà più periferiche, come quelle del Sud. 

E pensiamo poi ai contenuti scolastici e a come anche l’ insegnamento della storia può essere dipendente dalla posizione politica di ciascuna regione, per cui il periodo fascista, se il governo regionale è di destra, potrebbe essere valutato in un certo modo, mentre  la Resistenza in un altro o al contrario se il governo regionale é di sinistra può influenzare le materie da studiare e i programmi e i temi da approfondire indirizzandoli in un modo o in un altro.

Così come a livello territoriale le esperienze  storiche di ciascun regione possono essere valutate in modo diverso. Pensate al l’insegnamento della storia  che affronta argomenti come il brigantaggio. Già adesso esistono rispetto alla scuola cittadini di serie A e di serie B. È facile immaginare cosa diventerebbe l’insegnamento scolastico regionalizzato. 

 Tutto il contrario di quello di cui ha bisogno l’Italia. Docenti con remunerazioni differenziate, al di là delle difficoltà relative alla loro mobilità all’interno delle varie regioni, ripeterebbero la grande inefficienza che si è vista nel periodo del covid per la sanità.

 Ma forse è proprio questo quello che i leghisti vogliono. E forse proprio per questo le voci contrarie all’autonomia differenziata diventano sempre più consistenti e molte professionalità si stanno pronunciando contro in modo determinato. Dopo la ritirata rispetto all’argomento di Bonaccini e di Fassino a sostenere questa esigenza è rimasta solo la Lega per cercare di recuperare quel consenso che ormai anche nelle regioni dove è nata sta perdendo. Mentre gli alleati di Governo si mostrano molto tiepidi rispetto alle esigenze leghiste. 

La pericolosità di tale riforma è  fra l’altro dovuta ad una costruzione che prevede di non poter intervenire praticamente in alcun modo se non dando il proprio assenso o il proprio rifiuto in maniera globale. Per cui la cosa più facile é che le maggioranze di governo si ricompattino anche in Parlamento. 

Il nostro ordinamento addirittura prevede due Camere, il bicameralismo perfetto,  in modo tale da evitare errori troppo grossolani. In questo caso invece vi è una approvazione per adesione quasi a scatola chiusa. In un momento in cui l’Europa finanzia  progetti tipo Erasmus per farsi che si formino i nuovi europei noi andiamo nel senso opposto per inculcare nei nostri ragazzi un’identità, che avevano ormai perso, relativa all’essere veneti o siciliani. 

 La leva obbligatoria per molti anni aveva consentito un mescolamento  delle identità, per evitare che ci fossero troppe differenze nelle nuove generazioni. Adesso si vuole fare il percorso inverso, grazie ad una visione gretta ed assolutamente provinciale. 

Assisteremo a cartelli del tipo “non si vogliono insegnanti meridionali” come abbiamo visto annunci per anni con su scritto “non si affittano case a meridionali”? E si richiederà la conoscenza del dialetto veneto a chi vorrà insegnare a Treviso? Finiremo col non  mettere più nei programmi di letteratura Pirandello o Sciascia perché rispettivamente agrigentino o racalmutese? 

Gli scenari che si aprono sono talmente preoccupanti che forse rallentare questo processo, al di là delle accelerazioni un po subdole del ministro Calderoli, può essere l’unico sistema perché questo innamoramento folle di un percorso veloce, che non potrà che portare a un ulteriore confusione e difficoltà nel Paese, possa essere stoppato. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

LETTERA APERTA / Giusi Princi: Fare tesoro degli insegnamenti del passato

di GIUSI PRINCI In occasione dell’importante appuntamento annuale con la Memoria, un appello particolare lo rivolgo alle Scuole, certa della rilevanza che daranno all’educazione su temi cruciali nella formazione degli studenti, come la memoria storica della vergogna dell’Olocausto, la difesa della libertà ed il rispetto della vita.

Non si tratta di una ricorrenza come le altre: la lettura, l’approfondimento e l’analisi dei percorsi didattici che possono essere realizzati in questa occasione sul drammatico sterminio degli ebrei hanno un impatto sociale fortissimo, sono finestre sul mondo che ci permettono di capire il passato e di evitare che gli errori si ripetano nel futuro.

Nel corso di questi mesi difficili, nostro malgrado, abbiamo tutti acquisito piena consapevolezza di quanto sia delicato l’equilibrio della pace; la guerra in Ucraina è un esempio di come la mancanza di comprensione e di dialogo possa portare a conflitti e sofferenze evitabili, forse addirittura inutili.

È importante che la Scuola si impegni a trasmettere una memoria storica critica, che permetta agli studenti di comprendere gli eventi trascorsi e di riflettere su come occorra indirizzare le scelte politiche e sociali. La scuola deve diventare un luogo di formazione e di educazione per la pace, dove gli studenti possono imparare a rispettare le diversità culturali e a promuovere il dialogo e la concertazione.

In questa giornata particolare, vorrei esortare ogni docente a dedicare un momento di riflessione e di approfondimento sulla storia della guerra in Ucraina e sull’importanza di fare tesoro degli insegnamenti del passato. La scuola ha un ruolo fondamentale nella sensibilizzazione e nella formazione dei giovani, e siamo certi che Voi tutti saprete approfittare di questa occasione per scuotere le coscienze e promuovere la cooperazione, il rispetto, la tolleranza, la difesa della libertà e della democrazia, senza mai dare nulla per scontato.

Questo messaggio vorrei fosse letto anche come un appello accorato ad ogni calabrese. Facciamo tesoro di cose è accaduto in passato, perché oggi come non mai, si avverte il grave pericolo di una società civile incapace di ascoltare e di indignarsi sui tanti episodi di intolleranza e discriminazione. Occorre tenere vivo il ricordo di ciò che è avvenuto nella prima metà del secolo scorso, per mantenere la capacità e l’umanità di guardare sempre all’altro con interesse e senso di inclusione. (gp)

Cuzzupo (Ugl): Nella scuola il rispetto deve valere per tutti

«Nella scuola, il rispetto deve valere per tutti». È quanto ha dichiarato la segretaria nazionale di Ugl Scuola, Ornella Cuzzupi, commentando gli episodi di violenza e di intolleranza verso il personale scolastico.

«I ruoli – viene evidenziato in una nota – vanno considerati nella loro giusta ottica senza alcuna giustificazione o alibi. Alunni, famiglie, docenti sono tutti posti sullo stesso piano, ma ognuno ha un compito che deve rimanere nel perimetro dettato dall’educazione e dal rispetto verso il prossimo».

«Ciò che stiamo vivendo – ha continuato Cuzzupirappresenta una fase della scuola italiana da analizzare con estrema attenzione. Nell’ambito scolastico, tra le mura di quello che dovrebbe essere un vero sacrario dell’educazione, si stanno verificando, troppo spesso, una serie di gravi episodi che vanno dal bullismo, alla violenza gratuita verso studenti e personale scolastico».

«Un campanello di allarme per la nostra società – ha evidenziato –. La crescita umana e culturale degli studenti non può prescindere da processi inclusivi basati sul rispetto. L’istituzione scolastica deve ritrovare la giusta dimensione esaltando la propria autorità di tutela nei confronti di chiunque, e sottolineo chiunque, ponga in essere atteggiamenti aggressivi e violenti».

La segretaria Cuzzupi non si lascia andare ad enunciazioni solo teoriche, ma indica la strada da percorrere e si rivolge, in questo caso, direttamente alle istituzioni.

«Occorre partire dal dialogo e dalla reciproca comprensione, i giovani vanno ascoltati e compresi così come i docenti devono, sì, recepire le problematiche della loro età elaborando idonee strategie educative ma nell’ambito di un ruolo che non può ne deve mai essere minimizzato o reso complementare. Il rispetto – ha continuato Cuzzupi – scaturisce dalla condivisione di principi e valori recepiti da tutti. Le famiglie hanno un ruolo fondamentale in un tale meccanismo, ma sono i docenti e gli operatori della conoscenza coloro ai quali tocca il peso, la responsabilità e il giusto rispetto per la guida pedagogica e formativa di quello che sarà il futuro della nazione».

«Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, on. Valditara – ha concluso – unitamente al sottosegretario on. Frassinetti a cui si richiamano deleghe delicatissime dovranno puntare con decisione al potenziamento delle attività di educazione civica proteggendo chi opera correttamente e mai dimenticando che quello che si fa oggi troverà piena realizzazione nel domani del nostro Paese». (rcz) 

Usb Calabria: A rischio il diritto all’istruzione in Calabria

Usb Calabria ha denunciato come «in Calabria sia in atto un nuovo metodo di interpretazione delle  norme: quello personale, atto allo scopo che si vuole raggiungere che è quello di non nominare i supplenti temporanei sia docenti che Ata».

Una interpretazione che viene fatta anche quando «si è di fronte “a necessità obiettive non procrastinabili, improrogabili e non  diversamente rimediabili” (nota MIUR 2116/2015), casi in cui è possibile nominare  il collaboratore scolastico anche dal primo giorno di assenza del titolare. In tutti i casi in cui le suddette soluzioni normative (supplenze fino a15 giorni) non si rivelano idonee a sopperire alla sostituzione dei docenti assenti, al fine  primario di non incorrere in una sospensione della didattica nei riguardi degli  allievi interessati, i dirigenti scolastici possono provvedere, per periodi di assenza  anche inferiori a 15 giorni, alla nomina di personale supplente temporaneo.” (Nota  MIUR 14991/2009)».

Quando «non si è nella condizione – si legge nella nota – di “garantire ed assicurare il prioritario obiettivo del  diritto allo studio e della piena funzionalità delle attività didattiche in caso di assenza  temporanea del personale docente.” (Nota MIUR 9839/2010) “… possono  nominare supplenti nel caso di assenza del titolare per periodi inferiori a 5 giorni  nella scuola primaria, come previsto dall’art. 28, c. 5 del Ccnl e a 15 giorni nella  scuola secondaria, fermo restando quanto previsto in merito alla procedura  semplificata per la nomina del supplente nella scuola dell’infanzia e primaria per  assenze fino a 10 giorni… Appare opportuno richiamare l’attenzione  sull’opportunità di non ricorrere alla sostituzione dei docenti assenti con personale in servizio su posti di sostegno, salvo casi eccezionali non altrimenti risolvibili».

«Questa “forzata” interpretazione continua – si legge –. Utilizzando “La soluzione organizzativa di accorpare le classi in caso di assenze  brevi del personale docente; … ciò non solo non è previsto da alcun regolamento,  ma costituisce di fatto, sia pure in via temporanea, una modifica dell’organico  non autorizzata, la costituzione di pluriclassi e la violazione di qualsiasi  norma di sicurezza.” (Nota7934 /20210 Usr Basilicata). Utilizzando “ Il personale docente assegnato su posti di sostegno viene  impiegato per l’effettuazione di supplenze in sostituzione di colleghi assenti dal  servizio, della propria o di altre classi. …Tale situazione, ove rispondente a verità,  non appare uniformata a criteri di regolarità, tenuto conto che finisce per  distogliere l’insegnante di sostegno dal proprio compito istituzionale».

«Utilizzando i collaboratori scolastici – si legge – per sostituire i colleghi assenti durante il proprio  orario di servizio (intensificazioni delle prestazioni) per coprire tutto il servizio  pomeridiano che la scuola offre (scuole aperte) nonostante l’organico di questo  personale sia calcolato sull’orario scolastico delle ore curriculari (tempo normale,  tempo prolungato, tempo pieno) e non per coprire tutte le attività extracurriculari e  quanto viene offerto con il servizio delle “Scuole Aperte”».

«È evidente – viene evidenziato – che in questa situazione viene meno la vigilanza e sicurezza degli alunni e  drasticamente ridotto il servizio di assistenza all’H. violando l’intesa tra Miur e le  OO.SS sulle funzioni aggiuntive del 9/11/2001: ”Vanno comunque garantite, anche  attraverso particolari forme di organizzazione del lavoro e l’impiego di funzioni aggiuntive o  l’erogazione di specifici compensi, le attività di ausilio materiale agli alunni portatori di H…ai bambini e bambine della scuola materna nell’uso dei servizi igienici e nella cura  dell’igiene personale”». 

«Dalle succitate norme – continua Usb – emerge con chiarezza che i responsabili del conferimento delle  supplenze brevi sono i Dirigenti scolastici.  A loro spettano tutte le valutazioni per garantire la continuità dell’azione amministrativa,  l’efficacia e l’efficienza del servizio scolastico, la garanzia ed il diritto allo studio degli  alunni, la piena funzionalità delle attività didattiche. Basterebbe fare un semplice controllo incrociato per ogni singola scuola (assenze del  personale al Sidi, supplenti interni ed esterni a copertura delle assenze) per verificare che il monte ore annuale curriculare è violato privando gli alunni dei loro sacrosanti diritti e  riducendo l’efficienza dell’azione amministrativa, la quale deve sempre ispirarsi al rispetto  del principio della legalità».

 Per questo l’Unione Sindacale di Base ha indetto una manifestazione pubblica per giovedì 26 gennaio, alle 10, alla sede dell’Usr Calabria e chiede al direttore generale di «ricevere, in occasione della manifestazione una delegazione sindacale insieme ad  una rappresentanza dei manifestanti». 

Il sindacato ha chiesto, inoltre, «al personale della scuola e alle famiglie di mobilitarsi, per dare il contributo dei calabresi alle richieste, a livello nazionale, della  trasformazione dell’organico di diritto in organico di fatto, della stabilizzazione del  personale precario docente e ATA, della revisione delle tabelle di calcolo dell’organico Ata (almeno un CS in più per ogni plesso diverso da quello principale, l’inserimento di  nuovi parametri relativi alle tipologie degli edifici, piani, planimetrie, laboratori, palestre, cortili e alla quantità di ore che giornalmente la scuola resta aperta». (rcz)

LA LETTERA / Giusi Princi: Cari studenti, scegliete seguendo le vostre attitudini

di GIUSI PRINCI – Scegliere non è mai facile, ancor di più quando le scelte interessano il proprio percorso di studi che influenzerà la futura vita lavorativa. Per questo, in questi giorni, la scuola calabrese, come in tutta Italia, è chiamata ad accompagnare le famiglie a valutare attentamente le scelte da fare per l’ingresso nel mondo scolastico dei loro figli: in scuola primaria, nella secondaria di primo grado e, ancora di più, in quella secondaria di secondo grado.

Per tutti si tratta di una scelta importante, penso in particolar modo ai ragazzi che si accingeranno ad entrare nel mondo della scuola di secondo grado, optando per licei ma anche per gli istituti tecnici o per quelli professionali. I ragazzi, e le loro famiglie, sono chiamati a fare una scelta oculata, non emotivamente legata alle aspettative familiari o alle scelte degli altri compagni, ma calibrata, anche con l’aiuto dei docenti dei propri consigli di classe, sulle reali potenzialità dello studente, evitando che una scelta sbagliata provochi effetti pesanti sulla crescita delle nostre giovani generazioni, appesantite da quello che potrebbero definire come un fatale insuccesso. Ecco perché sono molto importanti gli open day di apertura delle scuole al territorio, alle famiglie; i vari momenti, cioè , di presentazione dell’offerta formativa e dei piani di studio relativi ai vari indirizzi, promossi dai singoli istituti.

Per il prossimo anno scolastico d’intesa con l’Ufficio scolastico regionale e con il sistema universitario calabrese, attiveremo il Sistema Regionale di Orientamento Calabria (SROC), supportando le istituzioni scolastiche con attività di orientamento rivolte a studentesse e studenti delle scuole secondarie di I e II grado con percorsi di educazione alla scelta, orientamento alla professionalità, seminari informativi ed anche colloqui individuali. Il tutto per supportare nella scelta le nostre giovani generazioni.

Una particolare attenzione vorrei che i ragazzi la rivolgessero agli istituti tecnici ed a quelli professionali, ormai sempre più calibrati nella loro attività formativa alle diverse esigenze del mercato del lavoro, in grado di formare giovani professionisti e tecnici del domani. Il legame scuola-impresa è fondamentale, come anche puntare su didattica innovativa e laboratori 4.0: le scuole tecniche e professionali non sono un ripiego, ma un investimento sul futuro dei giovani.

La riforma degli istituti tecnici e professionali, insieme a quella degli Its cui si lega, è senza dubbio uno degli elementi qualificanti del nostro Piano nazionale di ripresa e resilienza sul quale la nostra Regione sta dando un forte impulso. Consolidare le scuole professionali e tecniche vuol dire non solo operare per dare una sempre più ampia gamma di possibilità di scelta alle nostre studentesse e ai nostri studenti, ma anche investire per ridurre i rischi di dispersione scolastica e sostenere i nostri ragazzi in un contesto di grandi cambiamenti e trasformazioni tecnologiche.

A voi che state per affrontare un momento delicatissimo della vostra vita, in cui occorre consapevolezza e discernimento, il consiglio che vorrei porgervi è quello di scegliere con serenità, seguendo le vostre passioni, di intraprendere il percorso di studi più idoneo a sviluppare le vostre potenzialità e a consentirvi di volare alto, così da realizzare tutti i vostri sogni ed esprimere nel mondo la creatività ed il talento della nostra straordinaria terra di Calabria. (gp)

I RAGAZZI CALABRESI AMANO PIÙ IL LICEO
NEGLI ISTITUTI PROFESSIONALI SOLO IL 20%

di GUIDO LEONE – Il timer  per le iscrizioni al prossimo anno scolastico 2023/2024 scatterà alle ore 8 di oggi, lunedì 9 gennaio e si concluderà alle 20 di lunedì 30 gennaio 2023. 

Le famiglie  avranno quasi un mese di tempo per scegliere la scuola dei propri figli inoltrando la domanda per tutte le classi prime della scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado statale.

Ogni anno uno studente su cinque sbaglia la scelta delle superiori. E si perde per strada. O abbandona i banchi anzitempo oppure arriva alla maturità senza le competenze minime. A confermarlo sono i dati dei rapporti Invalsi sulle competenze acquisite dagli studenti e sulla  dispersione scolastica, che ritornano d’attualità nel momento in cui le famiglie sono chiamate a scegliere la scuola dei propri figli. 

L’appuntamento perciò si annuncia cruciale soprattutto per i ragazzi che nel 2023/24 andranno in prima superiore. 

Quale sistema formativo scegliere? Quello liceale, tecnico o professionale? E poi quale  indirizzo scegliere? È, insomma ,un momento delicato per gli studenti e  le famiglie che spesso viene vissuto con grande incertezza.

Ad influire su una decisione così importante possono intervenire diversi fattori. Le proprie predisposizioni e attitudini, ad esempio, gli interessi; ma anche la presenza  di istituti con un determinato indirizzo disciplinare nel proprio territorio di residenza e la possibilità di spostarsi più o meno autonomamente.

A questi si aggiungono le aspettative dei genitori, le scelte degli amici. E tutto si complica se si pensa che una decisione così delicata deve essere presa  dai ragazzi proprio nell’età in cui è molto difficile avere le idee chiare sul proprio futuro.

È richiesta, perciò, ai genitori la capacità di lettura della varietà dell’offerta formativa e delle prospettive occupazionali. Ma a loro è richiesto anche uno “sguardo” profondo e oggettivo sulle attitudini e capacità dei figli e sui punti di forza che li caratterizzano in termini di apprendimento e interessi. 

Questo momento cruciale di scelta richiede ai genitori attenzione alle informazioni e la capacità di farsi guidare da dati oggettivi e non da pregiudizi e mode passeggere. L’obiettivo è, infatti, quello della piena realizzazione personale e professionale dei propri figli che si persegue attraverso la scelta dei percorsi che permettono loro di esplicare al meglio le proprie capacità e potenzialità, generando senso di autostima.

Saranno via web anche le iscrizioni ai percorsi di istruzione e formazione professionale erogati in regime di sussidiarietà degli istituti professionali e dei centri di formazione professionale accreditati dalle Regioni che, su base volontaria, aderiscono alla procedura telematica. Laddove resta volontaria l’adesione degli istituti paritari. Nessuna novità anche stavolta per l’infanzia: qui l’istanza resta cartacea. Per tutti gli studenti delle classi intermedie il passaggio alla classe successiva avviene d’ufficio a cura della scuola.

Quali le modalità

Per procedere all’iscrizione sarà necessario avere un’identità digitale: si potrà accedere al sistema utilizzando le credenziali Spid, Cie o eIdeas (electronic IDentification authentication and signature). La funzione per l’abilitazione è già  disponibile  dal 19 dicembre scorso. 

Per accompagnare genitori e studenti nella loro scelta, il Ministero ha ulteriormente rinnovato il Portale ‘Scuola in chiaro’ che raccoglie i profili di tutte le scuole italiane con informazioni utili che vanno dalla organizzazione del curricolo, all’organizzazione oraria, agli esiti degli studenti e ai risultati a distanza e consente, altresì, la ricerca rapida degli istituti di zona in base al proprio indirizzo di residenza.

Sempre su ‘Scuola in chiaro’ è possibile consultare il Piano triennale dell’offerta formativa (Ptof) che ciascun istituto dovrà aggiornare  e  pubblicare. Contiene informazioni preziose per la scelta delle famiglie. Il Piano è il documento costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche e contiene la progettazione curriculare, extracurricolare,educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia.

Le novità

Due le novità rispetto allo scorso anno. La prima è che alla primaria dal prossimo anno l’educazione motoria sarà introdotta in quarta con due ore in più a settimana. Questo incremento orario non riguarderà il temo pieno, poiché le ore di educazione motoria rientrano nelle 40 ore settimanali.

La seconda novità riguarda l’attivazione da parte delle scuole di percorsi ordinamentali a indirizzo musicale che però dovrà essere autorizzata dall’Usr con relativa assegnazione dell’organico. All’atto dell’iscrizione si potrà esprimere l’opzione per tale percorso, ma l’accoglimento verrà comunicato successivamente.

Iscrizioni alle Scuole dell’Infanzia

Potranno essere iscritti i bambini che compiono i tre anni entro il 30 aprile 2024.

Sarà possibile scegliere tra tempo normale (40 ore settimanali), ridotto (25 ore) o esteso fino a 50 ore. In base alle norme concordatarie tra Stato italiano e Santa Sede, nella scuola è prevista la possibilità di avvalersi della religione cattolica.

Iscrizioni Scuola Primaria

Sarà possibile iscrivere alle classi prime della scuola primaria i bambini che compiono 6 anni di età entro il 30 aprile 2024. In subordine rispetto all’istituto scolastico che costituisce la prima scelta, si potranno indicare, all’atto dell’iscrizione, fino ad un massimo di altri due istituti.

All’atto dell’iscrizione, le famiglie esprimeranno le proprie opzioni rispetto alle possibili articolazioni dell’orario settimanale che può corrispondere a 24 ore, 27 ore (elevabili fino a 30) o 40ore (tempo pieno).

Iscrizioni Secondaria di I Grado

Nella scuola secondaria di primo grado, al momento dell’iscrizione, le famiglie esprimeranno la propria opzione rispetto all’orario settimanale, che può essere articolato su 30 ore oppure su 36 ore, elevabili fino a 40 ore (tempo prolungato). In subordine rispetto all’istituto scolastico che costituisce la prima scelta, si potranno indicare, all’atto di iscrizione, fino a un massimo di altri due istituti.

Iscrizioni Secondaria di II Grado

Nella scuola secondaria di secondo grado, le famiglie effettueranno anche la scelta dell’indirizzo di studio, indicando l’eventuale opzione rispetto ai diversi indirizzi attivati dalla scuola. In subordine rispetto all’istituto scolastico che costituisce la prima scelta, si potranno indicare fino ad un massimo di altri due istituti.

Le opzioni per la Scuola Superiore

Non c’è dubbio che l’ansia però colpisce di più i genitori dei ragazzi che dovranno iscriversi alla scuola superiore

Dopo la riforma Gelmini, come si sa, gli indirizzi delle superiori si sono notevolmente snelliti. Sei indirizzi per chi sceglie il Liceo: Classico, Scientifico (con l’opzione scienze applicate e anche la sezione ad indirizzo sportivo), Linguistico, delle Scienze Umane (con l’opzione Economico sociale), Artistico (con sei opzioni) e Coreutico  e musicale.

Gli studenti che scelgono la formazione tecnica possono optare tra due indirizzi di studio: Istituto tecnico economico (suddiviso a sua volta in due indirizzi) e Istituto tecnico tecnologico, suddiviso in nove indirizzi.

Per la scuola professionale si può optare tra 11 indirizzi. Per quanto riguarda i licei musicali e coreutici l’iscrizione avviene solo con il superamento di una prova attitudinale. Quindi si consiglia ai genitori di capire cosa vuole fare il figlio e avere ben chiara la distinzione fra istituto tecnico, professionale e liceo.  (gl)