di GIUSEPPE DE BARTOLO* – La geografia etnica del nostro Paese è divenuta negli ultimi decenni sempre più articolata, dopo che l’Italia, dagli anni ’70 del secolo scorso, è stata interessata da flussi immigratori sempre più intensi provenienti dal Terzo Mondo e dai paesi dell’est Europa.
Tenuto conto di questa nuova realtà, le minoranze etniche italiane possono essere suddivise in minoranze di recente e di antico o antichissimo insediamento. Queste ultime, chiamate anche minoranze storiche o tradizionali, hanno subìto, durante i secoli, processi di assimilazione più o meno intensi, riducendosi viepiù di numero; pur tuttavia alcune di esse conservano ancora in una certa misura il tratto linguistico.
Sul territorio del nostro Paese possono essere individuati undici gruppi etnico- linguistici tradizionali, suddivisi in minoranze di confine, cioè che parlano una lingua di uno Stato confinante (i tedeschi dell’Alto Adige, gli sloveni del Friuli, i francesi della Valle d’Aosta); quelli che occupano alcune aree interne in seguito ad emigrazioni e diaspore, come gli albanesi del Mezzogiorno, i serbo-croati, gli occitani, i catalani di Sardegna. Abbiamo, infine, i cosiddetti gruppi residuali (grecanici, ladini, friulani e sardi). Di queste minoranze tre sono presenti in Calabria: quella albanese, la occitana e la grecanica della provincia di Reggio Calabria.
Dopo l’Unità, le minoranze etnico-linguistiche hanno avanzato tutta una serie di rivendicazioni di carattere sociale ed economico, tendenti alla riscoperta e alla rivalorizzazione della loro diversità. Rivendicazioni che, dopo la Seconda guerra mondiale, si sono concretate in un vero e proprio movimento culturale con l’obiettivo di dare corpo politico e giuridico alla loro realtà e ai loro ideali, nel tentativo di frenare il processo d’integrazione e di assimilazione che, come per i grecanici, è ormai in una fase molto avanzata.
Ricordiamo che in Italia la tutela delle minoranze è sancita dall’art. 6 della Costituzione, ma ha trovato applicazione soltanto in alcune regioni a statuto speciale che per la loro posizione di frontiera hanno una notevole importanza politica. Con la legge 482 del 1999 lo Stato italiano ha finalmente preso coscienza dell’esistenza anche di altre minoranze linguistiche storiche cosicché ne ha riconosciuto complessivamente dodici (albanese, tedesca, greca, slovena, croata, francofona, franco provenzale, friulana, ladina dolomitica, occitana, sarda) la cui popolazione nel 1995 era stimata dal Ministero dell’Interno in 3.261.600 persone.
In Italia, la difesa delle minoranze è purtroppo un processo che conosce gravi ritardi. Non esistono, infatti, dati ufficiali aggiornati che li riguardino, dati che non sono disponibili nemmeno per le minoranze linguistiche, le quali sono senza dubbio le più interessanti dal punto di vista culturale. In passato, in verità, numerosi sono stati gli sforzi volti a censire la lingua parlata. Per esempio, in occasione del censimento del 1981 fallì il tentativo di far includere nel questionario del censimento alcune domande riguardanti la lingua parlata, com’era avvenuto nel corso dei censimenti che vanno dal 1861 al 1921, prassi che il regime fascista aveva poi interrotto, abolendo la domanda sulla lingua o il dialetto parlato, e che da allora non è stata più inclusa.
La comunità albanese (arbëreshë) è, fra quelle alloglotte, una delle più numerose. È presente in varie aree del Sud, ma le colonie più importanti si trovano in Calabria, conservando una certa unità territoriale e limitando nel tempo la commistione con le popolazioni italofone. Tutto ciò è stato favorito anche dal rito greco, praticato nelle cerimonie religiose, rito che utilizza esclusivamente la lingua albanese.
Nel corso del tempo, la minoranza arbëreshë ha subìto un forte processo di assimilazione, con la conseguenza che, in molti Comuni, la diffusione della lingua albanese si è ridotta notevolmente o è scomparsa del tutto. Di conseguenza, la parlata albanese oggi è presente solo in diciannove comuni della provincia di Cosenza e in tre in quelle di Catanzaro e Crotone. Oltre a ciò, si aggiunge che dal 1951 in poi le comunità albanofone della Calabria mostrano i primi segni di malessere demografico: la popolazione residente via via si riduce. In molti Comuni, soprattutto quelli più interni, si osserva un forte spopolamento. I residenti nei Comuni albanofoni che al 31-12-2019 sono risultati di 37.450 unità, secondo le nostre previsioni perderebbero ulteriori 10.000 abitanti nei prossimi trent’anni.
Nell’età bizantina tutta la Calabria era ellenofona. In età normanna rimase ellenofona solo la Calabria meridionale. Nel corso del tempo l’area grecanica si è ridotta sempre di più e oggi sopravvive solo in una area limitata della provincia di Reggio Calabria. Tra le cause più remote della diminuzione della grecità, ricordiamo l’abolizione del rito greco nelle cerimonie religiose, mentre dopo l’Unità, un ruolo importante ha avuto la lotta contro la lingua grecanica fatta dalla scuola italiana. Oggi quest’area conta 11.211 residenti e i parlanti sarebbero appena.2.724. Si prevede che, nel 2050, la sua popolazione supererebbe appena le 8000 unità.
Gli occitano – valdesi sono la più piccola tra le comunità alloglotte della Calabria. Essi sono giunti nella nostra regione, provenienti dal Piemonte, verso la fine del XIV secolo per sfuggire alle persecuzioni religiose. Oggi le colonie occitano-valdesi sopravvivono soltanto a Guardia Piemontese, San Sisto dei Valdesi e San Vincenzo la Costa, ma la lingua è presente solo a Guardia Piemontese. La popolazione di Guardia Piemontese, dopo l’Unità d’Italia ha conosciuto un intenso esodo migratorio e un forte malessere demografico, fenomeni che hanno prodotto un forte spopolamento.
Da queste brevi note emerge dunque che la Calabria rischia di perdere un patrimonio culturale di grande valore se non saranno messe in atto adeguate misure di salvaguardia che queste comunità da tempo reclamano, purtroppo fino ad oggi con scarso successo. (rcs)
*docente dell’Università della Calabria, estratto da un articolo pubblicato negli Atti del primo Convegno Unicart- International Conference Academic Research & Tourism, tenutosi a Bari nel 2019.