di MIMMO NUNNARI – Abraham Lincoln, che è stato il XVI° Presidente degli Stati Uniti d’America ed è ricordato per la sua vita straordinaria – partendo da umilissimi origini, riuscì ad ottenere la più alta carica dello Stato – amava ripetere: «Potete ingannare tutti per qualche tempo, o alcuni per tutto il tempo, ma non potete prendere per i fondelli tutti per tutto il tempo».
Questo aforisma, che riassume in poche parole una verità indiscutibile, si potrebbe, parafrasandolo, adattare al caso – unico nell’Occidente – dei Governi italiani, tutti: ingannatori seriali nei confronti del Sud, fin dal tempo dell’Unita’ Nonostante proclami, promesse e chiacchiere in libertà, il Sud è da sempre preso per i fondelli, bollato come perso irredimibile, e perciò non meritevole delle medesime attenzioni che si hanno per gli altri territori del Paese.
C’è da chiedersi – stando così le cose – quanto a lungo, si possa continuare a prendere per i fondelli il Mezzogiorno, e quanto potrà reggere ancora un rapporto così squilibrato tra Nord e Sud, senza che ci siamo conseguenze per l’unità, la sicurezza e la stabilità del Paese. I problemi del Sud, sono rimasti quelli di cinquanta o cento anni fa. Problemi, sui quali piove di tanto in tanto, come un elemosina, un’opera pubblica o un investimento finanziario, che accendono una speranza che poi resta delusa:«Gocce d’acqua in una terra assetata», diceva Gaetano Afeltra, mitico direttore negli anni Sessanta e Settanta di grandi giornali all’epoca, come il Giorno, ed editorialista del Corriere della Sera, nativo di Amalfi.
Anche con questo Governo di centrodestra, presieduto dalla leader di FdI Giorgia Meloni, si profila l’ennesima presa in giro del Meridione, in continuità con quell’ottica di tipo coloniale che ha sempre caratterizzato l’azione dei precedenti governi di ogni colore politico. Non c’è – propaganda ed annunciazioni a parte – un piano di sviluppo economico organico e credibile, che affronti lo squilibrio economico tra Nord e Sud. È tutto sulla carta e nelle verbosità stucchevoli, sparate al vento da alcuni leader della coalizione di governo.
C’è molto fumo e molto poco in cantiere: le infrastrutture, le strade, i porti, gli aeroporti, le scuole, gli asili, gli incentivi, le semplificazioni burocratiche mirate, capaci di attrarre investimenti con la capacità di leggere la complessità della realtà del Sud sono come l’araba fenice: l’uccello di fuoco che viveva nell’Arabia Felix. Tutti dicevano che c’era, ma nessuno riusciva a vederlo. Nel migliore dei casi mancano le coperture finanziarie per le cose annunciate, ponte sullo Stretto e statale 106 comprese. C’è un silenzio preoccupante su questo già “poco” che si profila per il Sud.
Lo sanno le opposizioni parlamentari e i sindacati che di tutto parlano meno che di sviluppo concreto del Mezzogiorno e dell’urgenza di un riequilibrio tra le diverse aree del Paese. Sono tutte cose che dovrebbe essere scritte al primo posto dell’agenda di ognuno è che invece non figurano neppure all’ultima pagina o all’ultimo rigo del planning dove si appuntano le cose da fare. Il Pnrr, come è stato detto da più parti e in più occasioni, rappresenta l’ultima opportunità per tentare di rimettere in giusto equilibrio lo sbilanciamento tra la parte settentrionale d’Italia toccata dal benessere e la parte meridionale, che sta continuando a scontare la consunzione e lo spreco delle sue notevoli risorse umane e sociali. Ciò che preoccupa maggiormente è la fumosità dei programmi e dei progetti insieme alla chiara difficoltà di “mettere a terra” (espressione che realmente non vuol dire niente ma che ormai è sulla bocca di tutti) le poche cose già previste. Facciamo un solo, illuminante, esempio: qualcuno sa dire con chiarezza se l’Alta velocità ferroviaria raggiungerà Reggio Calabria?
E se il tracciato previsto accorcerà le attuali distanze o se invece, paradossalmente, le allungherà, isolando ancora di più di quanto non lo siano già i territori della Calabria meridionale? Compresa la Gioia Tauro, capitale della navigazione nel Mediterraneo? E la baricentrica nel Mediterraneo città metropolitana dello Stretto ? La reticenza, nel discutere di queste questioni, induce a pensare amaramente che si profila ancora una volta uno stravolgimento di programmi e progetti strategici per lo sviluppo del territorio terminale dell’Europa. Il rischio del fallimento è legato anche al mancato supporto alle pubbliche amministrazioni locali, storicamente deboli e da decenni paurosamente svuotate di organici e competenze. Come ha denunciato recentemente la Svimez, il 62 per cento dei Comuni del Sud ha giudicato complessa la partecipazione ai bandi del Pnrr, al limite, cioè, di non riuscire a farcela; per cui onde scongiurare rischi di non riuscire a portare a termine le opere sarebbero necessarie robuste e incisive azioni di aiuto delle amministrazioni locali, evitando gli scandalosi tentativi – che vedono trasversalmente d’accordo alcuni amministratori del Nord – di portare nel Settentrione finanziamenti destinati al Meridione.
La stessa idea del collegamento stabile tra Sicilia e Calabria, di cui si parla da secoli, attuale cavallo di battaglia del vicepremier e ministro per le Infrastrutture Matteo Salvini, rassomiglia molto alla storia del cavallo di Troia, che fu un dono subdolo, che in realtà danneggio’ chi lo ricevette. Nel silenzio avvilente delle opposizioni e nei balbettìi soliti dei parlamentari meridionali, si sta ripetendo la scena di un vecchio film già visto, con promesse che difficilmente saranno mantenute. Ma bisogna fare attenzione: i meridionali sono stanchi, oltre che delusi e c’è un fuoco che se non si vede, cova però sotto la cenere. Chi oggi si mostra amico si ricordi le parole di San Girolamo: “È facile trasformare un amico in nemico, se non si mantengono le promesse”. Poche voci preoccupate, si sentono, anche nel Mezzogiorno. Fa eccezione il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi: «Vedo poco Sud nella manovra del Governo». Manfredi auspica che ci sia maggiore coesione istituzionale tra le amministrazioni del Sud, ma le sue parole finora sembrano cadute nel vuoto. Qual è la situazione oggi, con riferimento al Pnrr, la spiega Gianfranco Viesti, economista autorevole e docente universitario, autore di Riuscirà il Pnrr a rilanciare l’Italia? (Saggine Donzelli), un libro che può aiutare i cittadini a capire meglio quel che è successo e soprattutto cosa può accadere. Viesti tempo fa ha coniato quel termine “secessione dei ricchi” che ha messo in guardia il Sud sul grande imbroglio che si cela dietro la riforma proposta dal ministro Calderoli.
Riguardo al Pnrr, dice: «Un paese non si rilancia con una lista di riforme e di investimenti scritte da tecnici, ma solo attraverso una visione politica del suo futuro. Il Pnrr, può rappresentare una tappa molto importante, ma senza queste scelte non può produrre un cambiamento». Non sembra, tuttavia, che per il nuovo governo il divario Nord Sud sia un problema, come, in verità, non lo è stato per tutti i precedenti: i segnali che arrivano – ripetiamo propaganda a parte – sembrano non andare nella giusta direzione, anzi la situazione sta peggiorando rispetto alle impostazioni del Governo di Mario Draghi che aveva vincolato il 40% degli investimenti alle regioni meridionali.
Di quelle percentuali, raccomandate anche dall’Ue, non si parla più, si sono perse le tracce come si sono perse dei progetti capaci di risolvere l’annoso problema delle disuguaglianze tra Nord e Sud. Resta il ponte, per il quale, nonostante le date già sbandierate per l’inizio dei lavori, mancano le coperture finanziarie. C’è scritto nel Def (Documento di Finanza pubblica) del Governo in carica. (mnu)