LA CALABRIA, UNA TERRA DALLE PROFONDE
CONTRADDIZIONI CHE VUOLE RIPARTIRE

di BRUNO GUALTIERII numeri parlano chiaro: 59 reati di disastro ambientale dal 2015 al 2024 (primo posto in Italia), 221 siti contaminati senza nemmeno un iter di bonifica completato, solo 13,9 milioni di euro ottenuti dal PNRR su 500 milioni disponibili per i “siti orfani”. Un danno ambientale e sociale che supera i 2 miliardi di euro. Un’emergenza silenziosa ma devastante.

In Calabria si confrontano due realtà molto diverse: da una parte c’è chi guarda al futuro con competenza e visione chiara, dall’altra chi rallenta il progresso tra inerzie amministrative, interessi poco trasparenti e lungaggini burocratiche. È come avere due rematori sulla stessa barca che vanno in direzioni opposte: uno spinge verso il futuro, l’altro frena. Questa contraddizione la viviamo ogni giorno, soprattutto quando si parla di ambiente e delle speranze dei cittadini nel cambiamento.

Un triste primato che grida vendetta

I dati presentati dal forum “La verità è nella terra” di Legambiente e Libera sono allarmanti: dal 2015 al 2024 la Calabria si è classificata prima in Italia per reati di disastro ambientale, con 59 casi accertati. Una classifica che nessuno vorrebbe guidare, fatta di discariche abusive, scarichi industriali non autorizzati e traffico illegale di rifiuti pericolosi che danneggiano il territorio e mettono a rischio la salute.

Ma c’è un dato ancora più preoccupante: dei 221 siti contaminati che la Regione ha in carico per le bonifiche, nessuno ha ancora completato l’intero iter di risanamento. Decine di ettari rimangono così inutilizzabili, spesso in aree che potrebbero tornare produttive.

«Il collegamento tra siti contaminati e rischi sanitari è scientificamente documentato», afferma il prof. Alessandro Marinelli, esperto in medicina ambientale dell’Università Magna Græcia di Catanzaro. «Senza bonifiche efficaci, ogni giorno perso è un rischio in più per la salute dei cittadini».

Una paralisi burocratica che, da anni, trasforma gli uffici da strumenti di tutela in ostacoli al risanamento del territorio.

Il paradosso dell’agricoltura sostenibile

Mentre si promuovono l’agricoltura biologica e i prodotti a chilometro zero — grazie all’impegno dell’Assessore Gallo — si dimentica una scomoda verità: molti terreni calabresi sono ancora contaminati da metalli pesanti, idrocarburi e POP (composti organici persistenti) che non dovrebbero mai finire nel suolo.

Il Piano regionale delle Bonifiche si basa ancora su un elenco di siti inquinati fermo al 1999 e su un decreto ministeriale ormai superato. È come cercare di navigare con una mappa vecchia di 25 anni, ignorando strumenti moderni come i Sistemi Informativi Geografici (GIS) e le analisi di rischio aggiornate.

Manca un censimento aggiornato dei terreni contaminati, una lista di priorità basata sui reali rischi sanitari, e una guida regionale solida e competente che coordini e controlli gli interventi.

Le conseguenze sono gravi. Come ha dimostrato uno studio congiunto tra Regione e Istituto Superiore di Sanità, i siti contaminati costituiscono “un importante fattore di rischio per la salute umana“. Emblematico il caso del SIN di Crotone: sono stati rilevati “significativi eccessi di mortalità e ricoveri ospedalieri per numerose patologie“, con costi sanitari diretti di oltre 50 milioni di euro negli ultimi dieci anni.

La grande occasione perduta: quando 500 milioni evaporano

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) aveva messo a disposizione 500 milioni di euro per bonificare i cosiddetti “siti orfani” — luoghi contaminati per i quali non si riesce più a identificare un responsabile, spesso perché le aziende coinvolte sono fallite o scomparse.

Una grande occasione per la Calabria. Eppure, la regione ha ottenuto solo 13,9 milioni di euro, distribuiti tra sei Comuni (Amantea, Crotone, Lamezia Terme, Montalto Uffugo, Reggio Calabria e Vibo Valentia) per bonificare vecchie discariche comunali.

Il confronto con la Campania (60 milioni) e la Sicilia (55 milioni) è impietoso. Manca un censimento aggiornato, manca una regia regionale capace di pianificare progetti competitivi per attrarre risorse nazionali ed europee.

Il caso Marrella: quando il silenzio costa più delle parole

Grave è l’esclusione dai finanziamenti della discarica “Marrella” a Gioia Tauro, eredità dell’ex Commissario per l’emergenza rifiuti e ora sotto la responsabilità regionale. L’inquinamento di suolo e falde continua da anni, ma il Dipartimento Ambiente resta immobile.

Il Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 152/2006) è chiaro: se il Comune non interviene, la Regione deve subentrare. Eppure, dopo oltre dieci anni dalla chiusura del sito, la gestione post-operativa non è nemmeno iniziata.

Un silenzio che pesa come un macigno. E la domanda è inevitabile: chi pagherà il conto di questa inazione? Le istituzioni coinvolte possono ancora permettersi questo immobilismo?

L’arte di scaricare i costi: quando l’inerzia finisce in bolletta

Il timore è concreto: che a pagare siano, come sempre, i cittadini. Magari in modo silenzioso ma costante, con aumenti nelle bollette dei servizi ambientali, e con ARRICAL costretta — suo malgrado — ad assorbire anche i costi delle negligenze altrui.

Alla fine, si rischia di finanziare l’inerzia, camuffando gravi omissioni con formule rassicuranti come “adeguamento tariffario” o “riequilibrio strutturale“. Il risultato, però, non cambia: si tratta pur sempre di costi ingiustificati, generati da decisioni non prese e responsabilità mai assunte, che finirebbero per gravare sulle spalle dei cittadini.

Se questo è il nuovo modello di governance ambientale, allora lo slogan potrebbe essere: “Il futuro è sostenibile… purché lo paghino gli altri”.

Una politica che prova a cambiare: quando la volontà incontra il muro

Negli ultimi anni, sotto la guida del Presidente Occhiuto, la Regione ha mostrato concrete capacità d’azione: dalla sanità commissariata che migliora, alla nascita di ARRICAL per il sistema idrico e quello dei rifiuti, dai trasporti al turismo, fino agli investimenti nella depurazione.

Dove la politica regionale ha potuto agire direttamente, senza essere ostacolata dalla burocrazia, i risultati sono arrivati. Tuttavia, persiste un divario significativo tra gli obiettivi politici e l’efficienza degli uffici, soprattutto nel settore ambientale, dove mancano figure tecniche specializzate.

Eppure, le azioni necessarie non sono complesse: basterebbe che il Dipartimento competente tornasse a occuparsi della sua vera missione — la Programmazione e Pianificazione Strategica secondo criteri di ingegneria ambientale — competenza esclusiva delle Regioni.

Già il D.Lgs. 112/1998 ha affidato alle Regioni queste funzioni. Ignorarle oggi non è solo una dimenticanza, ma una violazione normativa, che rischia di generare inefficienza amministrativa e possibili sanzioni europee.

La verità comincia dalla terra: quando le mafie giocano in casa

La Calabria è oggi uno dei principali fronti della lotta alle ecomafie. L’operazione “Mala Pigna” della DDA di Reggio Calabria ha svelato un vasto traffico illecito di rifiuti, con legami tra imprese corrotte, amministrazioni compiacenti e criminalità organizzata.

Non è un’eccezione. Altre inchieste hanno scoperto discariche abusive e traffici tossici tra le regioni del Sud. Una realtà radicata, che si combatte solo con una Pubblica Amministrazione forte, trasparente e capace di agire rapidamente.

Una scelta di civiltà, non solo tecnica: o si bonifica davvero, o si smetta di vendere illusioni.

La Calabria ha risorse straordinarie: paesaggi, competenze, passione civile. Serve solo il coraggio di crederci e agire, investendo in formazione tecnica e tecnologie innovative per le bonifiche.

È una scelta: vogliamo una Calabria pulita e abitabile secondo i canoni della Green Economy europea, o vogliamo continuare a perdere tempo tra carte e ritardi, mentre il territorio muore?

L’ambiente è vita. Il resto sono solo chiacchiere da convegno.

La verità comincia dalla terra. E la terra, prima di tornare a generare bellezza e opportunità, va liberata dai veleni con metodi scientificamente provati ed economicamente sostenibili. (bg)

[Bruno Gualtieri è già Commissario Straordinario dell’Autorità Rifiuti e Risorse Idriche della Calabria (ARRICAL)]

PNRR E SANITÀ IN CALABRIA: NON SI DEVE
ABBASSARE LA GUARDIA SU INTERVENTI

di RUBENS CURIA E FRANCESCO COSTANTINONelle scorse settimane i media regionali  hanno registrato vari interventi pubblici sui dati del monitoraggio mensile  della Misura 6 del Pnrr derivanti dall’estrazione dei dati in piattaforma Regis. 

Alla luce di ciò che è stato pubblicato, ci è sembrato utile aggiungere anche il nostro intervento almeno per ciò che riguarda le misure M6C1I1.1 CdC – Case della Comunità, M6.C1I1.2.2.1  COT – Centrali Operative Territoriali e M6.C1I1.3 (OdC) – Ospedali di Comunità.

Le nostre valutazioni derivano, esclusivamente, dai dati resi pubblici sulla piattaforma Regis dedicata e pertanto va subito precisato che sulla stessa piattaforma viene specificato che  alcuni dei dati pubblicati risultano difformi da quelli derivanti dall’acquisizione delle informazioni per le vie brevi con i diretti responsabili dei vari interventi, pertanto le procedure potrebbero essere in uno stato più avanzato.

M6C1I1.1 CdC – 61 Case della Comunità previste dal Cis

Le procedure sono state avviate per tutte le CdC previste dal Contratto Istituzionale di Sviluppo.

I Lavori risultano avviati per 29 Case della Comunità e di queste solo 1 registra criticità al raggiungimento del target entro le tempistiche dettate dal CIS (31.03/2026).

Dei rimanenti 32  interventi  13 hanno terminato l’iter progettuale e approvato il Progetto Esecutivo anche se per  8 progetti si registrano forti rischi al raggiungimento del target.

Ben 19 Case della Comunità hanno il Progetto Esecutivo ancora in fase di redazione, verifica o al quale sono state richieste integrazioni o pareri e permessi non richiesti durante l’iter progettuale e ben 17 di queste registrano forti rischi al raggiungimento del target finale del 31/03/2026.

In definitiva, su 61 Case della Comunità programmate ben 26 presentano criticità che potrebbero compromettere seriamente la loro realizzazione entro la data programmata e quindi il rischio che non solo non vengano utilizzate le risorse loro destinate ma che debbano essere restituite anche le somme già spese, ricordiamo che il Ministro Foti ha dichiarato che per ottenere un’eventuale proroga è necessario il parere favorevole dei 27 Paesi della Ue.

Dal punto di vista finanziario le tabelle di monitoraggio pubblicate destano serie preoccupazioni in quanto a fronte di un piano dei costi programmato pari a € 112.671.579, 89 risultano impegni per solo € 20.314.834,72 e pagamenti effettuati per solo € 6.488.760,20

M6.C1I1.2.2.1  COT – 20 Centrali Operative Territoriali previste dal CIS oltre  3 aggiunte successivamente in overbooking

Le procedure sono state avviate per tutte le COT previste dal Contratto Istituzionale di Sviluppo e per le 3 in overbooking.

Risultano già collaudate 20 Cot e per le 3 rimanenti, già contrattualizzate per la loro realizzazione, la situazione risulta la seguente: le Cot di Botricello e Soverato, ubicate all’interno rispettivamente dell’ OdC e della CdC, non raggiungeranno il target entro i tempi stabiliti da Cis. La Cot di Lamezia Terme registra invece problematiche di natura cantieristica in quanto  l’impresa esecutrice ha richiesto il differimento della ultimazione dei lavori, al fine di completare i lavori sugli impianti.

In definitiva, su 23 Centrali Operative Territoriali programmate solo 3 presentano criticità che potrebbero compromettere seriamente la loro realizzazione entro la data programmata.

Dal punto di vista finanziario le tabelle di monitoraggio pubblicate non destano  particolari preoccupazioni in quanto a fronte di un piano dei costi programmato pari a € 4.392.152,34 risultano impegni già assunti per € 3.661.111,19 e pagamenti già effettuati per € 2.722.222,29.

M6.C1I1.3 (OdC) 20 Ospedali di Comunità previsti dal Cis

Le procedure sono state avviate per tutti gli OdC previsti dal Contratto Istituzionale di Sviluppo.

I Lavori, per quel che risulta, sono già stati avviati per 14 Ospedali di Comunità senza che al momento si siano manifestati problemi per il raggiungimento del target  finale del 31/03/2026.

Dei rimanenti 6  interventi 2 hanno terminato l’iter progettuale e per essi non si registrano rischi per il  raggiungimento del target e 4  hanno il Progetto Esecutivo in fase di redazione, verifica o al quale sono state richieste integrazioni o pareri e permessi non richiesti durante l’iter progettuale. Di  questi ultimi 2 registrano forti rischi al raggiungimento del target finale del 31/03/2026.

Dal punto di vista finanziario le tabelle di monitoraggio pubblicate destano qualche preoccupazione in quanto a fronte di un piano dei costi programmato pari a € 59.732.975,32 risultano impegni per solo € 3.490.485,36 e pagamenti effettuati per solo € 2.573.460,46.

Più in generale, quel che maggiormente preoccupa è la circostanza che, una volta esaurite le risorse del Recovery Plan e il Piano di potenziamento dell’assistenza territoriale dovesse andare a regime per marciare solo sulle gambe del finanziamento nazionale, il peso finanziario del personale aggiuntivo necessario risulterà solo parzialmente – e in minor misura – coperto dai fondi dell’art. 1 del D.L. 34/2020 e che per i fondi mancanti si spererebbe di poter sopperire attraverso un Piano di sostenibilità basato su quattro misure di seguito indicate: Incremento del Fondo Sanitario Nazionale; riduzione delle opedalizzazioni ad alto rischio di inappropriatezza relative alle malattie croniche; riduzione degli accessi inappropriati nei Pronto soccorsi relativi ai codici bianchi e verdi; riduzione della spesa farmaceutica relativa relativa a 3 classi di alto consumo di farmaci e con il rischio di inappropriatezza.

A noi sembra tutto molto illusoria la copertura finanziaria per il reclutamento del personale, soprattutto per le regioni meridionali e la Calabria in particolare, non è un caso che la Campania votò contro l’Intesa Stato -Regioni ; inoltre, ammesso che si realizzasse pienamente il Piano di Sostenibilità ipotizzato, non si comprende come potrà essere assunto, entro meno di un anno, il personale necessario (medici, infermieri, operatori sociosanitari e personale tecnicoamministrativo) al funzionamento delle nuove strutture quando ancora i relativi concorsi non sono stati nemmeno programmati.

Se si vuole raggiungere  l’obiettivo fondamentale del Pnrr che è la valorizzazione della “Medicina Territoriale” con un nuovo ed importante ruolo delle Strutture Sanitarie Territoriali Intermedie (CdC/OdC/COT) è fondamentale che le Aziende Sanitarie accelerino le varie procedure di cantiere, che il Fondo Sanitario Nazionale sia incrementato per quanto attiene alle assunzione del personale e che Azienda Zero ( non è nata anche per questo?) avvii le procedure concorsuali. (rb e fc)

[Rubens Curia e Francesco Costantino sono di Comunità Competente]

L’EDUCAZIONE COME ATTO DI RESISTENZA
IN CALABRIA: UNA QUESTIONE DI GIUSTIZIA

di ANGELO PALMIERI – La Calabria continua a presentare un quadro preoccupante sul fronte della fragilità formativa, con indicatori che si discostano significativamente dalla media nazionale. Secondo i dati Invalsi 2023, oltre il 20% degli studenti del primo ciclo non raggiunge i livelli minimi di competenza in italiano e matematica, segnalando gravi criticità nei processi di apprendimento e inclusione.

Ancora più allarmante è il dato relativo ai giovani Neet: nel 2023, il 27,2% dei calabresi tra i 15 e i 29 anni risulta fuori da percorsi di istruzione, lavoro o formazione, con uno scarto di oltre 11 punti percentuali rispetto alla media nazionale. L’abbandono scolastico precoce, nel Mezzogiorno, coinvolge il 14,6% dei giovani tra i 18 e i 24 anni, evidenziando un’incapacità sistemica di trattenere i ragazzi nei percorsi formativi. A tutto ciò si aggiunge la cronica carenza di servizi per la prima infanzia: la copertura regionale per la fascia 0–2 anni si ferma al 4,6%, a fronte di una media nazionale del 16,8% e di un obiettivo europeo fissato al 33%. Questi dati, intrecciati tra loro, disegnano la mappa di una zona grigia dell’anima collettiva, dove il sapere svanisce e la speranza si assottiglia, mentre l’esclusione diventa destino e non eccezione.

Territori interni: tra isolamento e resistenza educativa

Le aree interne rappresentano l’epicentro di questa emergenza. Molti piccoli comuni calabresi, in particolare quelli montani o a bassa densità abitativa, presentano condizioni particolarmente critiche in termini di accesso all’istruzione e tenuta dei servizi educativi. Per esperienza diretta, avendo operato come sociologo e progettista sociale nella Diocesi di Cassano all’Ionio, posso confermare quanto questa fragilità sia evidente in realtà come Alessandria del Carretto, Nocara, Albidona, San Lorenzo Bellizzi, Morano Calabro e Mormanno.

Si tratta di comuni collocati in aree interne, spesso nel cuore del Parco Nazionale del Pollino, caratterizzati da isolamento geografico, bassa popolazione e progressivo spopolamento giovanile. In questi contesti, la scuola rischia di perdere non solo la funzione educativa, ma anche quella simbolica e comunitaria, aggravando la già critica povertà educativa. In questi stessi luoghi, tuttavia, emergono anche pratiche educative resistenti, nate dalla cooperazione tra scuola, comunità e territorio.

Le alleanze educative come strategia di tenuta e rilancio

Di fronte a una tale complessità, appare sempre più evidente che il contrasto alla povertà educativa non può essere affidato alla sola scuola. Serve una visione integrata, fondata su una logica di alleanza educativa territoriale, capace di mobilitare risorse comunitarie, competenze diffuse e nuovi attori sociali. Nel contesto calabrese, questa alleanza deve avere una doppia direzione: orizzontale, per costruire reti tra scuola, terzo settore, famiglie, istituzioni locali; e verticale, per colmare la distanza tra politiche nazionali e bisogni locali, promuovendo un modello di governance partecipata.

In questa prospettiva, le comunità educanti non sono un’utopia, ma una possibilità concreta, già sperimentata in alcune realtà della regione dove le scuole sono riuscite a sopravvivere grazie al sostegno di associazioni, cooperative sociali, parrocchie e cittadini attivi. Un esempio emblematico di alleanza educativa orizzontale nel contesto calabrese è rappresentato dal progetto “L’appetito vien studiando”, promosso dalla Caritas della Diocesi di Cassano all’Ionio. Attivo dal 2016, è stato avviato grazie ai fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica e rappresenta una risposta concreta al rischio di dispersione scolastica e di isolamento educativo in un contesto segnato da gravi vulnerabilità educative.

Questa iniziativa nasce dalla visione profetica del vescovo Francesco Savino, guida inquieta e innamorata del suo gregge, che ha intuito fin dall’inizio la necessità di una formazione incarnata e vicina, capace di trasformare il territorio dal basso. È stato proprio lui a ispirare il nome stesso dell’iniziativa, immaginando un percorso in cui il nutrimento del corpo e quello della mente potessero camminare insieme. Nato con l’obiettivo di contrastare la povertà educativa e la dispersione scolastica, il progetto si sviluppa attraverso un centro socio-educativo attivo ogni pomeriggio, che accoglie circa 40 minori tra i 6 e i 14 anni.

Accanto allo studio assistito, i ragazzi partecipano a laboratori artistici, sportivi, linguistici e di educazione civica, in un ambiente capace di restituire dignità e fiducia. Il progetto è reso possibile da un’équipe formata da dieci educatori e animatori, affiancati da due cuoche e circa venti volontari, tra cui anche giovani del Servizio Civile Universale. È nel confronto quotidiano, nella condivisione delle fatiche e delle scoperte, che si costruisce una comunità educante viva e autentica. Tutto ha inizio con un gesto antico quanto l’uomo: spezzare il pane insieme. Un pasto caldo che non è solo nutrimento, ma carezza, appartenenza, primo seme di riscatto.

Il momento della mensa non è mero nutrimento, ma un gesto simbolico di riconoscimento e dignità. Sedersi a tavola insieme si trasforma in un rito quotidiano, dove il pane spezzato diventa linguaggio silenzioso di cura, appartenenza e reciprocità. In quel tempo condiviso, fatto di sguardi, attese e ascolto, si educa alla comunità.  E quel pranzo, per molti l’unico pasto completo della giornata, non è soltanto ristoro del corpo, ma primo mattone per edificare fiducia, metodo e concentrazione: una grammatica sottile del crescere che parte dalla tavola e si apre alla vita. Come afferma Angela Marino, responsabile del progetto: «Vogliamo educare al rispetto dell’altro, all’accoglienza della diversità, al riconoscimento delle emozioni. Sono semi che, se curati, diventano radici forti nella vita di ognuno».

Situato nel cuore del centro storico di Cassano all’Ionio, in un quartiere segnato dalla marginalità e dalla presenza silenziosa della criminalità organizzata, questa casa dell’apprendimento rappresenta un varco quotidiano nella solitudine e nella rassegnazione. Qui, ogni pomeriggio, prende vita una resistenza mite ma decisa, dove la bellezza non è più spettatrice silenziosa, ma voce che educa, mani che accolgono, cuore che accompagna.

Il valore aggiunto del progetto risiede nella sua capacità di generare rete: parrocchie, famiglie, scuole, operatori sociali e istituzioni locali vengono coinvolti in una trama di corresponsabilità educativa. Non si tratta di semplice assistenza, ma di un modello pedagogico partecipato, che mira a rafforzare le competenze relazionali, cognitive ed emotive dei ragazzi, valorizzando al contempo il capitale sociale delle comunità. Il collegamento con il Centro per le famiglie, spazio dedicato all’ascolto e all’accompagnamento genitoriale, conferma l’approccio integrato e intergenerazionale dell’iniziativa.

La struttura, infatti, non si rivolge solo ai minori: offre gratuitamente supporto psicologico e consulenza educativa anche alle famiglie, costruendo una rete di prossimità che cura e rialza. Dal 2016, sono oltre 35 i nuclei familiari accompagnati, in un’azione costante che contrasta la cultura dell’illegalità con la pazienza dell’ascolto e la forza del quotidiano. Le politiche pubbliche – a partire dal Pnrr – dovrebbero riconoscere e rendere sistemiche queste esperienze, promuovendo una regia collettiva dell’educazione che metta al centro la prossimità, la continuità e la personalizzazione degli interventi.

Il cammino pedagogico, in questo senso, non è soltanto un diritto individuale, ma un bene relazionale e comunitario, la cui cura riguarda l’intero tessuto sociale. Come afferma la responsabile Angela Marino, due desideri accompagnano oggi l’evoluzione del progetto: da un lato, l’avvio dell’educativa domiciliare, per raggiungere i minori più fragili anche all’interno delle mura domestiche, offrendo un accompagnamento personalizzato; dall’altro, la creazione di un centro per adolescenti, capace di proseguire il lavoro educativo oltre la scuola media, in un’età critica in cui i rischi di devianza, abbandono e isolamento aumentano in modo esponenziale.

Il Pnrr scuola in Calabria: opportunità e limiti di un piano trasformativo

Secondo stime aggregate, la Calabria ha beneficiato di alcune centinaia di milioni di euro nell’ambito del PNRR per il settore dell’istruzione, sebbene non sia disponibile una cifra ufficiale univoca per l’intera dotazione regionale. Gli ambiti di intervento comprendono l’edilizia scolastica, la costruzione di asili nido e scuole dell’infanzia, il potenziamento delle mense e delle palestre, la digitalizzazione degli ambienti didattici, la formazione dei docenti e il contrasto alla dispersione scolastica.

Tuttavia, a fronte dell’ampia mole di risorse, l’attuazione concreta dei progetti risulta ancora frammentata e disomogenea, soprattutto nei contesti più periferici. Secondo i dati disponibili a fine 2024, la spesa effettiva certificata rimane contenuta rispetto ai fondi assegnati. Diversi interventi risultano ancora in fase di progettazione o affidamento, in particolare nei piccoli comuni e nei territori montani, dove le carenze di personale tecnico e di governance locale rallentano i processi decisionali. Questa criticità è particolarmente evidente nei comuni a bassa densità abitativa, spesso situati nelle aree interne, dove l’urgenza di contrastare la povertà educativa si scontra con la fragilità strutturale dell’apparato amministrativo. In assenza di un accompagnamento tecnico adeguato, il rischio concreto è che il Pnrr finisca per rafforzare le disuguaglianze invece di ridurle, avvantaggiando i territori già dotati di maggiore capacità progettuale. Il paradosso è evidente: laddove il bisogno educativo è più acuto, la risposta istituzionale tende a essere più debole. In questo senso, il Pnrr rappresenta non solo un’opportunità, ma anche un banco di prova per il sistema scolastico regionale, chiamato a dimostrare capacità di visione, coordinamento e inclusione.

Conclusione

In Calabria, oggi, la sfida educativa è la vera cartina al tornasole della democrazia. Dove la scuola arretra, avanzano le disuguaglianze, si insinua la marginalità, si radica la povertà come destino. Non è solo questione di banchi vuoti o connessioni deboli: è una questione di giustizia. Se ogni generazione ha diritto a crescere, apprendere, costruire il futuro e contribuire al bene comune, allora negare queste possibilità equivale a una colpa collettiva. È alla politica, alla scuola e alla società civile che spetta il dovere, non l’opzione, di creare condizioni reali di uguaglianza formativa. Perché ogni bambino lasciato indietro, tra le pietre di una montagna o il cemento di una periferia, è un fallimento della Repubblica. Perché la povertà educativa non è soltanto vuota di contenuti: è amputazione di sogni, esilio precoce dalla dignità. E se bastano un piatto caldo e una stanza piena di libri a disinnescare il destino, siamo davvero certi che sia solo una questione di risorse? (ap)

[Courtesy OpenCalabria]

LA CALABRIA E LA SFIDA DA NON PERDERE
NELLA GESTIONE DELLE RISORSE EUROPEE

di GUIDO LEONE – Oggi anche la Calabria  festeggia la Giornata dell’Europa e, quest’anno, segna il 75° della Dichiarazione Schuman da cui nacque la Comunità europea.

Con l’allargamento abbiamo dimostrato che intendevamo veramente rendere l’Europa globale e libera:oggi più di 448 milioni di uomini e donne in 27 democrazie vivono in una Unione che condivide istituzioni e  moneta mentre altri Paesi bussano alla porta.

Certo, la crisi economica e sociale di questi ultimi anni, nel mezzo di una tempesta iniziata all’interno del nostro continente, ha messo alla prova la determinazione comune.

Secondo l’ultimo  sondaggio Eurobarometro cresce il sentimento positivo degli italiani verso l’Ue, passando dal 63% al 67%. Ma la percentuale degli euroscettici è la più alta d’Europa: il 31% dei cittadini ritiene che l’Italia non abbia beneficiato dall’ingresso nella Ue.

Tra gli effetti positivi dell’Unione gli intervistati citano il contributo di Bruxelles al mantenimento della pace e al rafforzamento della sicurezza, primo beneficio per il 35% degli europei. Inoltre, vi è un’ampia convergenza di opinioni sull’idea che gli Stati membri debbano agire in modo più unito per affrontare le sfide globali, dato al 89% per l’Ue e al 88% in Italia. Ed anche sul fatto che l’Ue abbia bisogno di più risorse per affrontare le sfide future, parere condiviso dal 76% degli europei, e dall’82% degli italiani.

La preoccupazione prevalente nella testa degli italiani, il 43%, non è più l’immigrazione, ma il costo della vita. Poi il sostegno all’economia e la creazione di posti di lavoro, 37%. E appena dopo, insieme alla questione difesa, viene la richiesta al Parlamento europeo di occuparsi di lotta alla povertà il 26%.

Ora, non vi è chi non veda e riconosca indispensabile, nella nuova fase politica in cui è entrata la costruzione dell’Europa, la funzione della scuola, perché essa dipenderà dalla possibilità che si realizzi un grande spazio europeo dell’istruzione e della formazione, senza il quale sarà difficile costruirla.

La nuova Europa di questo decennio dovrà irrobustirsi nelle scuole contro i tentativi dei disfattisti ed un antieuropeismo nascente. Gli ambasciatori di questa Europa sono e saranno i giovani. Non sono slogan, ma la pura e semplice realtà.

Basti pensare alla Generazione Erasmus. Se c’è un ambito in cui l’Italia primeggia in Europa, anzi dove occupa proprio la prima posizione, quello è l’interesse degli studenti per l’istruzione internazionale e i viaggi di studio all’estero.

L’Italia è al primo posto fra i Paesi del programma Erasmus+ per numero di persone in partenza per attività di studio e formazione.

Dal 1987 ad oggi, oltre 720.000 studenti italiani hanno partecipato a programmi Erasmus per periodi di studio o tirocinio.

In crescita anche la partecipazione del settore scolastico, che ha chiuso il 2024 con oltre 16.000 studenti e 10.000 insegnanti in mobilità per formazione e scambi e 1.400 istituti scolastici accreditati. Il Paese ha dimostrato anche una forte capacità di attrazione, e si colloca al secondo posto in Europa per accoglienza, con circa 200mila studenti ospitati dal 2024.

Ora fino a poco tempo fa è stato  di moda parlare male dell’Unione Europea (ora certamente di meno dopo i finanziamenti previsti col Recovery Fund per oltre 200 miliardi), criticare con forza la sua mancata coesione, la sua moneta forte e debole nello stesso tempo.

Certo, tutto questo è legittimo ma forse dovremmo anche ricordare l’enorme investimento fatto dall’Ue per la Calabria, compresa la scuola in particolare nel mondo della scuola, dove, nel corso di questi anni, le attività proposte nelle classi, assolutamente gratuite, sono state moltissime e variegate, dal rafforzamento dei servizi e delle strutture per l’istruzione e la formazione al miglioramento dei processi di apprendimento, qualificazione e crescita professionale e per la riqualificazione degli edifici scolastici.

Secondo il Documento di Indirizzo strategico Regionale (Disr) per il ciclo di programmazione in base a cinque obiettivi strategici  della politica di coesione 2021-2027, in Calabria gli investimenti europei per il periodo 2021-2027 ammontano a oltre 3,17 miliardi di euro, con un contributo specifico di 700 milioni di euro dal Fse. La gestione di queste risorse, che vanno ulteriormente rafforzate, costituisce una opportunità straordinaria per far crescere la Calabria, e resta una sfida complessa che la regione sicuramente vincerà.

La posta in gioco, dunque, è alta. Riguarda il futuro dell’Europa Unita, la prosperità e il tenore di vita comune a fronte di tentazioni isolazionistiche nazionali, di involuzioni storiche tali da far ritornare a contrapposizioni disastrose. La costruzione politica dell’Europa non é stata fin qui e non sarà certamente per il futuro il risultato dell’egemonia politica o militare di qualche potenza dominante. La costruzione dell’Ue può e deve essere il risultato di una capacità di condivisione di regole e principi e di una cultura politica democratica partecipata.

Gli interessi dei singoli Stati possono essere meglio difesi da un’Europa più forte, non più debole e divisa. Oltre alla moneta comune e alla Bce servirebbero un’unica politica estera e della difesa (sul modello degli Usa), e un governo unitario – purché efficiente e realmente comunitario – delle strategie economiche e finanziarie. E anche delle politiche educative, con il superamento delle preclusioni contenute negli attuali Trattati e il varo (almeno) di un core curriculum europeo.

Oggi le tre superpotenze planetarie con le quali l’Europa dovrebbe confrontarsi e competere, gli Usa, la Russia e la Cina, hanno sistemi scolastici nazionali, pur ciascuno con caratteristiche peculiari, e – oltre che una lingua nazionale – piani di studio che garantiscono una formazione di base fino ai 18 anni con elementi comuni, che concorrono alla costruzione dell’identità nazionale. I 51 Stati che formano gli Usa hanno una scuola di base comune di dodici anni (il cosiddetto K12), egualmente la Russia e la Cina, malgrado le forti differenze regionali. Si tratta di tre Paesi-continente. L’Europa è invece un continente non-Paese. Anche perché non ha un sistema scolastico che aiuti a darle un’identità forte.

L’alternativa alla disgregazione dell’Europa è insomma più Europa, da costruire a partire dalla scuola, che deve formare cittadini europei. 

Questo rimanda al concetto di cittadinanza europea, alla costruzione di noi stessi, di noi tutti, come cittadini dell’Europa attraverso nuove reciproche relazioni.

Ricordando, altresì, che occorre una nuova pedagogia della cittadinanza perché l’Europa di oggi e del domani non potrà essere realizzata senza o contro i giovani e che non si costruisce l’Europa senza e tantomeno contro il Mediterraneo, dove la nostra Calabria svolge la funzione di regione cerniera a cavallo di due grandi culture.

Sarebbe come formare una persona senza tener conto o contrastando la sua infanzia e la sua adolescenza. (gl)

[Guido Leone è già dirigente tecnico Usr Calabria]

 

L’OPINIONE / Amalia Bruni: «Sul Pnrr Sanità in Calabria siamo fermi

di AMALIA BRUNI – In Calabria l’attuazione dell’Asse 6 – Missione Salute del Pnrr registra risultati drammaticamente negativi, con uno stato di avanzamento dei progetti che definire risibile è persino generoso».

Bruni ha voluto approfondire con dati ufficiali e atti tecnici lo stato di attuazione del Pnrr in ambito sanitario, denunciando quella che ha definito «una distanza sempre più marcata tra la narrazione ottimistica del presidente Occhiuto e la realtà certificata dai numeri.

Nell’ultimo Consiglio regionale dedicato esclusivamente alla sanità, il presidente Occhiuto ha sostenuto che la Calabria sia in linea con le altre regioni. Ma la verità è un’altra: la nostra regione è penultima in Italia per avanzamento degli investimenti sanitari del Pnrr, davanti solo al Molise. E non si può invocare l’ennesimo disastro ereditato: il Pnrr è stato interamente costruito, pianificato e gestito dall’attuale governance».

I numeri, aggiornati al febbraio 2025 e forniti dalla stessa Regione Calabria, confermano il ritardo: Case di Comunità, su 84,6 milioni stanziati, spesa al 5,11%; Ospedali di Comunità, su 37,6 milioni, spesa al 2,42%; Grandi Infrastrutture e Ospedali sicuri, 0,87% su oltre 24 milioni; Digitalizzazione DEA di I e II livello, 1,72% su 54,5 milioni; Grandi apparecchiature sanitarie, spesa al 15,5% su 44,7 milioni.

Si tratta di un vero bollettino di guerra, e il dato più sconfortante è che delle 61 Case di Comunità previste, ad oggi non ne è stata realizzata neanche una, così come nessuno degli Ospedali di Comunità. Le poche Cot attivate sono stanze vuote con attrezzature informatiche, prive di reale programmazione e servizi.

Secondo me, anche la scelta di affidare a Invitalia la programmazione e la gestione degli interventi non ha prodotto alcuna accelerazione, anzi, «siamo ancora in una fase di stallo, segnata da carenze amministrative e scarsa efficacia della governance.

Il rischio concreto è che, se i fondi non verranno effettivamente spesi e rendicontati nei tempi stabiliti dal cronoprogramma europeo, si blocchino anche le progettazioni in corso, o si decida ancora una volta di drenare risorse dal Fondo di Coesione, già saccheggiato in passato, come nel caso del Ponte sullo Stretto.

Vorrei porre, poi, porre l’attenzione sulla recente nomina di Occhiuto a commissario per la realizzazione dei tre nuovi ospedali (Sibaritide, Vibo Valentia, Piana di Gioia Tauro) con poteri di protezione civile.

Abbiamo analizzato con attenzione l’ordinanza: i riferimenti legislativi ai fondi ci sono, ma non vengono specificati gli importi. È indispensabile che il presidente faccia chiarezza anche su questo punto.

Annuncio, infine, l’avvio di un percorso di monitoraggio tematico su tutte le criticità della sanità calabrese: Abbiamo scelto di partire con il Pnrr, ma nelle prossime settimane proseguiremo con focus su liste d’attesa, emergenza-urgenza, investimenti Inail, reti ospedaliere e territoriali. Ai calabresi dobbiamo la verità, non la propaganda. Vogliamo contribuire con serietà e spirito costruttivo, ma non possiamo tacere di fronte a un disastro di queste proporzioni. (ab)

[Amalia Bruni è consigliera regionale del PD]

SANITÀ, OCCHIUTO APPLICHI IL PNRR IN
CALABRIA: È RISPOSTA A CARENZA DEI LEA

di GIACINTO NANCI – Il governatore Roberto Occhiuto ci ha informati che, a seguito delle rielaborazioni condotte per il 2023, sono stati aggiornati i valori degli indicatori P01C (punteggio 92,63) e P02C (93,49) e, di conseguenza, è stato aggiornato dal governo il punteggio (Lea Livelli Essenziali di Assistenza) per l’area della Prevenzione, (che arriva a 68 e supera la soglia di sufficienza.

I Lea sono le prestazioni che il Sistema Sanitario Nazionale è tenuto a garantire a tutti i cittadini, vi sono tre macroaree: 1) Ospedaliera con 24 indicatori, 2) Prevenzione collettiva e sanità pubblica e 3) Assistenza distrettuale, poi vi sono 4 indicatori per la stima del bisogno sanitario, uno di equità sociale e 10 per la valutazione dei percorsi diagnostico-terapeutici (PDTA).

La commissione Lea del ministero della Salute in base ai risultati delle regioni per ognuno di questi indicatori da un punteggio che si somma e dà il punteggio finale che va da 0 a 100, la sufficienza ogni regione la raggiunge se fa un punteggio almeno di 60 per ogni area.

Detto questo, ci sembra impossibile che il Ministero con il ricalcolo di solo due dei sedici indicatori della Prevenzione collettiva P01C (che conta le vaccinazioni dei bambini da 0 a 24 mesi per polio, difterite, tetano, epatite B, pertosse e hib) P02C (che conta le vaccinazioni dei bambini da 0 a 24 mesi per morbillo, pertosse, rosolia) abbia potuto praticamente raddoppiare il punteggio Lea per la Prevenzione collettiva che nel 2022 era di 36,59 e passarla a 68. Intanto si tratta di solo due indicatori su 16, indicatori che comunque nel 2022 erano nientemeno che del 96,13 per passare a 93,40 nel 2023 (media nazionale 94,71).

Quindi come è possibile che una diminuzione delle vaccinazioni abbia potuto far raddoppiare i Lea per la Prevenzione pubblica? C’e ancora di più, i dati delle vaccinazioni P01C E e P02C per come esposti nel sito del ministero della Salute da almeno 10 anni danno la Calabria, sempre al di sopra del 90% (tranne pochissimi tipo Rotavirus).

Un altro dato che sconfessa queste dichiarazioni è che il governatore Occhiuto solo nel febbraio del 2025 ha fatto una conferenza stampa insieme al presidente dell’istituto Gimbe Cartabellotta (che non ha niente da invidiare al ministero della Salute) dove quest’ultimo in base agli studi fatti dal suo Istituto ha dichiarato che si c’è stato un miglioramento dei Lea nel 2023 rispetto al 2022 per la Calabria ma di: a) 7,23 punti per la Prevenzione sanitaria che era di 36,59, b) 5,6 punti per l’Assistenza distrettuale che era di 34,88 e c) di 5,38 punti per l’Ospedaliera che era di 63,78.

È, quindi, più plausibile che siano più realistici i dati dell’Istituto Gimbe perché con due indicatori (P01C e P02C) su 16 è praticamente impossibile un raddoppio dei punteggi Lea per la Prevenzione collettiva. È impossibile anche per un altro motivo di cui il governatore Occhiuto dovrebbe occuparsi (anche perché lo ha firmato) ed è l’applicazione in Calabria del Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che secondo i dati dello studioso Rubens Curia è applicato soltanto per il 12,5% infatti dei 320 milioni assegnati alla Calabria ne sono stati spesi finora solo 40. Se fosse applicato in toto il Pnrr questo sì che farebbe salire i Lea calabresi, perché prevederebbe 61 Case di Comunità, 20 Ospedali di Comunità e 19 Centri Operativi Territoriali.

Sono in pratica strutture sanitarie per la medicina di prossimità che prenderebbe in carico i calabresi assistiti e specialmente i fragili e delle zone interne e permetterebbe di fare vera prevenzione e diminuirebbe il numero dei calabresi che evitano di curarsi per motivi economici perché sarebbe la medicina a loro vicina. Questa sarebbe la vera risposta alle carenze Lea proprio per l’area della Prevenzione e della medicina Territoriale, e di questo dovrebbe preoccuparsi il governatore Occhiuto visto che i finanziamenti si perderanno in quanto spesi attualmente solo in minima parte.

Altra possibilità per migliorare i Lea è quella che il governatore Occhiuto vada alla Conferenza Stato Regione per battersi affinchè la Calabria non continui ad essere penalizzata per il riparto dei fondi sanitari alle regioni. Infatti la Calabria che ha centinaia di migliaia di malati cronici in più (proprio perché non fa prevenzione), riceve da oltre 20 anni meno finanziamenti di tutti perché non viene applicato il comma 34 dell’art. 1 della legge 662 del 1996, che prevede più fondi dove ci sono più malati e non il contrario per come avviene da oltre 20 anni.

Lo aveva detto anche il dott. Cartabellotta, nella conferenza del febbraio 2025, che i piani di rientro e i commissariamenti in sanità hanno peggiorato le condizioni di salute delle regioni dove applicate per lungo tempo (16 anni) come in Calabria. In Italia abbiamo una delle migliori leggi sanitarie del mondo ma se questa regionalizzazione differenziata sanitaria dà questi risultati (e ne darà di peggiori se l’autonomia differenziata sarà integralmente applicata) che allora il governatore Occhiuto chieda con forza che la sanità torni al governo centrale, affinché tutti i malati vengano curati allo stesso modo in tutta l’Italia. (cn)

[Giacinto Nanci è medico di Famiglia in pensione Catanzaro ed ex ricercatore Healt Search]

SANITÀ, IN CALABRIA SPESI SOLO 40 MILIONI
DEI 320 DISPONIBILI (INCLUSI I FONDI PNRR)

di RUBENS CURIA e FRANCESCO COSTANTINO – È sempre accaduto che, situazioni impreviste, modifichino il corso della storia e i popoli si trovino davanti a un bivio.

Il mondo intero, e più ancora l’Europa, negli ultimi 5 anni hanno dovuto fare i conti con una pandemia devastante e con un conflitto bellico come non se vedeva da 80 anni.

Nel primo caso la risposta più rilevante la si è individuata nel Pnrr per il quale le risorse destinate all’Italia risultavano pari a 194,4 mln di euro ripartite in 7 missioni: Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; Rivoluzione verde e transizione ecologica; Infrastrutture per una mobilità sostenibile; Istruzione e ricerca; Inclusione e coesione; Salute; RepowerEU

Per finanziare ulteriori interventi il Governo italiano ha approvato un Piano Nazionale Complementare (Pnc) con risorse pari a 30,6 miliardi di euro.

In aggiunta, il Piano promuove un’ambiziosa agenda di riforme, e in particolare, le quattro principali riguardano: pubblica amministrazione; giustizia; semplificazione; competitività

Il Pnrr ha destinato alla Missione Salute  15,63 milioni di euro, pari all’8,16% dell’importo totale, per sostenere importanti riforme e investimenti a beneficio del Servizio sanitario nazionale, da realizzare entro il 2026.

Ma, complessivament,e le risorse straordinarie per l’attuazione del Pnrr e il rinnovamento della sanità pubblica italiana superano i 20 miliardi di euro.

Tra queste, le risorse messe in campo dall’Italia con il Piano nazionale per gli investimenti complementari (PNC), che destina alla salute ulteriori 2,89 milioni di euro.

Le risorse disponibili servivano: per adeguare il nostro SSN a un mutato contesto demografico ed epidemiologico; per garantire uguaglianza nel soddisfacimento dei bisogni di salute, indipendentemente dal genere e dalle condizioni socioeconomiche; per rendere la rete dell’assistenza primaria territoriale in grado di rispondere al fabbisogno di salute lasciato scoperto dalla razionalizzazione della rete ospedaliera; per rendere capillare l’offerta di salute sul territorio, in termini di prevenzione e cura, eliminando le disparità geografiche, in particolare tra Nord e Sud; per sfruttare appieno le opportunità di miglioramento dell’offerta di salute derivanti dall’impiego dell’innovazione tecnologica, dall’avanzamento della ricerca in campo medico e dalla valorizzazione del personale del SSN.

Se limitiamo lo sguardo a ciò che è accaduto in Calabria, per quanto desumibile dall’ultima relazione di  monitoraggio sulle linee d’intervento della Missione 6 pubblicata sulla piattaforma Regis (gennaio 2025), non possiamo non essere preoccupati perché a fronte di circa 320.000.000 milioni di euro complessivamente disponibili, risultano impegni assunti per poco più di 40.000.000 milioni di euro e pagamenti effettuati per circa 18.000.000 milioni, dovendosi concludere la spesa rendicontata entro l’anno 2026.

Leggiamo, in questi giorni, che per i progetti che si stima non possano essere conclusi entro il termine ultimo dell’anno 2026 sarà possibile “spondare” gli investimenti sui fondi di coesione della comunità europea per avere maggiore termine temporale per la spesa.

Tutto questo ci preoccupa per 2 ordini di motivi. Il primo perché la sanità calabrese ha, quanto mai, bisogno urgente di una assistenza primaria territoriale in grado di rispondere al fabbisogno di salute lasciato scoperto dalla razionalizzazione della rete ospedaliera, e ogni ritardo non fa che aggravare una situazione già di per sé precaria.

Il secondo perché non ci convince il principio che, ai fondi di coesione, venga sottratta una quota importante di risorse.

Lo spostamento sui fondi per la coesione significa che la dimensione quantitativa di quei fondi che dovevano essere destinati ad altre misure verrà ridimensionata e la pratica dello “spondamento” di fondi su altre fonti di finanziamento diverse da quelle originariamente previste rappresenta sempre una perdita secca.

Se la spesa programmata con i fondi del Pnrr fosse stata effettuata nei tempi stabiliti, non ci sarebbe stato bisogno di usare i fondi per la coesione.

A meno che le somme non spese in tempo utile in ambito Pnrr non diventino aggiuntive di quelle ordinarie dei fondi di coesione europei. Ma questo non è stato chiarito. (rc, fc)

[Rubens Curia e Francesco Costantino sono di Comunità Competente]

l’opinione / Rubens Curia: Con Pnrr acquistate 49 Grandi apparecchiature medicali all’Asp di RC

di RUBENS CURIA – Oggi c’è, giustamente, una notevole attenzione da parte dei calabresi sul malfunzionamento della nostra sanità  che costringe ai cosiddetti “viaggi della speranza” che sono costati al Fondo Sanitario Regionale oltre 300 milioni di euro nell’ultimo anno, a lunghe Liste d’attesa per effettuare esami diagnostici, alla bocciatura dei Livelli Essenziali Assistenziali come nel caso degli screening dei tumori della cervice dell’utero, della mammella e del colon-retto e molto altro.

Con il Pnrr, altri Finanziamenti Europei dedicati a sette regioni del Sud, tra cui la nostra Regione, e alla legge speciale Calabria si è offerta  una grande opportunità per dare risposte ai bisogni di salute dei calabresi.
Comunità Competente con il suo Osservatorio ha monitorato l’utilizzazione dei Fondi del PNRR finalizzati  all’acquisto di 49 ” Grandi  Apparecchiature Medicali” presso gli Ospedali e le Strutture Sanitarie Territoriali dell’Asp di Reggio Calabria la cui linea rossa, che aveva stabilito l’Unione Europea, era il 30 giugno… l’obiettivo è stato raggiunto, infatti 47 “Apparecchiature” sono state collaudate e le ultime due saranno collaudate nei prossimi giorni: ottimo risultato!
Entriamo nel merito perché, dal 6 settembre 2022, con l’acquisto di un Ecotomografo Cardiologico 3D con i Fondi del Pnrr sono stati acquistati: 28 Ecotomografi Multidisciplinari di cui 5 Presso l’ Ospedale di Polistena, 6 Presso l’Ospedale di  Locri, 3 presso l’Ospedale di Melito P.S., 2 presso l’Ospedale di Gioia Tauro e ben 12 per le Case della Comunità ed i Poliambulatori della provincia di Reggio per valorizzare la ” Medicina Territoriale”; 5 Ecotomografi Cardiologici 3D di cui 4 per i Presidi Ospedalieri ed 1 per la Casa della salute di Scilla; 4 Ortopantomografi 2 D ( Ospedale di Comunità di Oppido, Polo Sanitario Reggio Nord, Ospedali di Locri e Melito P.S.) che forniscono l’immagine radiologica dei denti, delle ossa mandibolari e mascellari; 3 Ecotomografi ginecologici presso gli Ospedali di Polistena, Melito P.S, e Locri.
E, ancora, 3 Sistemi Radiologici Fissi Telecomandati per esami di Reparto presso gli Ospedali di Polistena, Melito P.S. e Locri; 3 Sistemi polifunzionali per Radiologia Digitale diretta per la “Medicina Territoriale” (Palmi, Siderno e Reggio Cal.); 2 Mammografi con Tomosintesi   presso le Case della Comunità di Palmi e Siderno); 1 Telecomandato Radiologico per Esami di Pronto Soccorso presso l’ Ospedale di Gioia Tauro.
A queste 49 “Grandi Apparecchiature” desidero aggiungere, acquistati con i finanziamenti della Delibera Cipe n° 51 del 2019: 2 Mammografi per gli Ospedali di Gioia Tauro e Melito P.S.; 2 TAC per gli Ospedali di Gioia Tauro e Locri.
Adesso, in attesa che possano essere assunti a tempo indeterminato i medici specialisti di branca, investiamo negli specialisti ambulatoriali interni abolendo, come richiesto nel punto 4 del Manifesto di Comunità Competente “Per una democrazia delle Cure”, il tetto di spesa stabilito dal Decreto del Commissario ad acta n° 82/2015 per gli stessi specialisti. (rc)
[Ruben Curia è portavoce di Comunità Competente Calabria]

PNRR, QUALCHE TIMORE PER I FONDI: NON
C’È CAPACITÀ DI SPESA PER OLTRE IL 50%

di ERCOLE INCALZA – Siamo in attesa del Piano in corso di definizione da parte del Ministro per gli affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr Tommaso Foti, di un Piano che riconosce formalmente il reale rischio di perdere risorse assegnate dalla Unione Europea per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr).

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza presentato dall’Italia, prevede investimenti e un coerente pacchetto di riforme, a cui sono allocate risorse per 191,5 miliardi di euro di cui 68,9 miliardi di euro a fondo perduto e 122,6 finanziati tramite prestiti e per 30,6 miliardi di euro attraverso il Fondo complementare istituito con il Decreto Legge 59 del 6 maggio 2021 a valere sullo scostamento pluriennale di bilancio. Il totale dei fondi previsti ammonta quindi a di 222,1 miliardi di euro.

Ebbene, con apposite mie note ho, in modo dettagliato, ricordato sin dal 2021, praticamente pochi mesi dopo l’approvazione dell’apposito provvedimento da parte del Governo italiano, che il massimo importo che saremmo stati in grado di spendere entro il 30 giugno 2026 non avrebbe superato la soglia dei 90 miliardi di euro.

Il mio era un convincimento facilmente difendibile perché come ho ribadito più volte l’intero impianto programmatico non conteneva: una governance unica (fino all’inizio del 2023 vi erano ben sette centri di riferimento preposti alla gestione dell’operazione); elaborati progettuali con caratteristiche tecniche a livello esecutivo e, soprattutto, supportati da misurabili processi autorizzativi; cronoprogrammi che in partenza assicurassero il completamento delle opere entro il 30 giugno 2026, per cui è stato davvero facile poter quantificare una concreta attivazione della spesa, ripeto, non superiore ai 90 miliardi.

Il volano di risorse pari a 191,5 miliardi di euro (68,9 miliardi di euro a fondo perduto e 122,6 finanziati tramite prestiti) a cui si aggiunge, come detto prima, l’importo di 30,6 miliardi attraverso il Fondo complementare e che su preciso indirizzo della Unione Europea deve rispettare le stesse logiche e le stesse scadenze del Pnrr, vede un residuo di risorse non spese pari a: 222,1 – 90 = 132,1 miliardi di euro.

Sicuramente sarò smentito e sicuramente da più parti saranno forniti dati e precisazioni sul valore reale di questa mancata spesa e le cifre varieranno tra un minimo di 115 miliardi di euro ad un massimo di 125 miliardi di euro; non voglio polemizzare su simili precisazioni perché anche la cifra minima di 115 miliardi denuncia da sola quanto sia grave e al tempo stesso rischioso non poter ormai in nessun modo dare vita ad un tentativo di concreto salvataggio di tali risorse.

Ora, almeno seguendo sue ultime precisazioni, il Ministro Foti intende, entro questo mese di febbraio presentare un nuovo Piano che annulli le opere che non sarà possibile portare a compimento entro il 30 giugno del 2026 e, al loro posto, inserire nuovi interventi.

Questa impostazione, purtroppo, creerà rilevanti problemi con gli Enti locali e con le grandi aziende come le Ferrovie dello Stato, e questo contenzioso, ingestibile dal punto di vista istituzionale e politico, renderà ancora più difficile il rispetto della scadenza imposta dall’Unione Europea.

Per l’ennesima volta cerco di prospettare una ipotesi di lavoro così articolata: si chieda subito alla Unione Europea di aprire un confronto diretto in cui il nostro Paese  ammette la impossibilità di rispettare quanto previsto in merito alla scadenza dell’intero impianto programmatico e giustifica una simile inadempienza ricordando anche che una delle cause era da ricercarsi sia nella serie di verifiche elettorali effettuate negli anni 2022 e 2023, sia all’alternarsi di tre distinti Governi; verifiche sia nazionali che locali e questa mancata continuità amministrativa ed istituzionale aveva prodotto sostanziali ritardi nei processi autorizzativi.

Si trasformino le risorse a fondo perduto, pari a circa 28 miliardi non spendibili dei 68,9 miliardi autorizzati, in prestito con un tasso di interesse da definire; si aumentino i tassi dei 52 miliardi di euro dei 122,6 autorizzati inizialmente, mentre si mantengano inalterati i tassi dei 20 miliardi dei 30,6 miliardi del Fondo complementare; si fissi come scadenza definitiva di tutta l’operazione il 30 giugno del 2028; una data questa identica alla scadenza del Fondo di Sviluppo e Coesione 2021 – 2027 (scadenza che contiene in partenza una proroga fino al 30 giugno del 2028).

La Unione Europea penso sia disposta a confrontarsi su una simile proposta ed in particolare si convinca che con l’adeguamento dei tassi di interesse il nostro Paese sta praticamente adottando una procedura che non penalizza in nessun modo le aspettative di altri Paesi interessati da Fondi del Programma Next Generation Eu (Ngeu), il pacchetto da 750 miliardi di euro, costituito per circa la metà da sovvenzioni, concordato dall’Unione Europea in risposta alla crisi pandemica.

Insisto nel difendere questa ipotesi di lavoro perché temo che ogni ipotesi alternativa si configuri come un secondo imperdonabile fallimento, un fallimento di questo Governo, un fallimento che peserebbe moltissimo nel bilancio conclusivo dell’attuale Legislatura. (ei)

 

PNRR, IL PARADOSSO DELLA CALABRIA:
LA REGIONE INDIETRO E I COMUNI AVANTI

di PABLO PETRASSO – Il Mezzogiorno va al rilento e la Calabria è in fondo alla classifica. Il percorso del Pnrr è accidentato, almeno alle latitudini meridionali e Svimez lo mette nero su bianco nel capitolo della ricerca sui fondi europei che riguarda le opere gestite dalle Regioni. Al Sud le amministrazioni regionali hanno avviato lavori per 1,9 miliardi di euro, il 50% del del valore complessivo degli investimenti Pnrr di loro competenza. Al Nord i cantieri viaggiano a ritmo più sostenuto: il valore dei progetti avviati è di 3,5 miliardi, quasi il 76% delle risorse. Questo «ampio gap nasconde però sensibili differenziali tra amministrazioni regionali in entrambe le macroaree». E qui arriva la citazione in negativo: i cantieri faticano a partire in Basilicata (avviato solo il 21,8% dei progetti), Calabria (23,5%) e, soprattutto, Sardegna dove la percentuale delle risorse in fase di esecuzione dei lavori è ferma al 12,1%.

Più celere, invece, l’avvio della fase esecutiva dei lavori nelle regioni centro-settentrionali, con Emilia-Romagna, Valle d’Aosta e Veneto in testa.
È un quadro, quello descritto da Svimez, caratterizzato da risposte molto diverse da Regione a Regione, specchio di «apprezzabili differenziali di capacità amministrativa, anche interni a Nord e Sud del Paese». Le Regioni – e la Calabria in particolare – sono pachidermi frenati dalla burocrazia, molto più lente dei Comuni.

È una questione generalizzata. Le amministrazioni comunali meridionali vanno comunque a velocità ridotte rispetto alle “colleghe” del Nord. A fine dicembre 2024, i Comuni meridionali hanno avviato lavori per 5,6 miliardi, il 64% del valore complessivo degli investimenti a loro titolarità; per i Comuni del Centro-Nord il dato è di 9,7 miliardi, l’82,3% delle risorse Pnrr.
La differenza di capacità amministrativa, per dirla con Svimez, diventa (anche) terreno di scontro politico. È il sindaco metropolitano di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, a mettere nel mirino la Regione. Falcomatà parla di «una situazione allarmante che dimostra l’enorme divario tra l’incapacità organizzativa della Cittadella, in netta e strutturale difficoltà, e l’operatività dei Municipi che si dimostrano all’altezza delle sfide del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza».

 

I Comuni meridionali, come detto, sono stati finora più lenti rispetto a quelli del Nord, ma il primo cittadino di Reggio sottolinea che «risultano molto più efficienti della Regione Calabria sulla spesa dei fondi e sulla realizzazione delle opere Pnrr. Gli Enti locali – entra nel dettaglio – in Calabria dimostrano una capacità di spesa quasi tripla rispetto alla Regione, con un divario di molto superiore alla media nazionale. Una fotografia che non ci rallegra affatto e che costituisce invece un chiarissimo segnale della netta e strutturale difficoltà organizzativa da parte della Cittadella nell’avanzamento dei cantieri del Pnrr, a fronte di una operatività molto più sviluppata da parte di sindaci e amministratori calabresi che dimostrano di saper spendere meglio le risorse ottenute».

Qualche dato: in Calabria «a un anno e mezzo dalla scadenza del programma, i Comuni sono arrivati al 66% dei cantieri avviati. Un dato confortante che evidenzia il proficuo lavoro svolto da sindaci e amministratori locali su tutto il territorio regionale. Dall’altra parte c’è da porsi un pesantissimo interrogativo sul dato del 23% riferito alla Regione Calabria, tra le ultimissime in Italia quanto a capacità di spesa dei fondi Pnrr, peraltro in riferimento a settori strategici come quello sanitario dove la Calabria fa registrare pesantissimi ritardi perfino rispetto alle altre regioni meridionali».
L’allarme di Falcomatà, da più parti visto come uno dei papabili avversari di Occhiuto alle prossime Regionali punta il dito sulle inefficienze della gestione centralizzata: per il sindaco «si era intuito da un po’» che qualcosa fosse andato storto, «ma che la Regione, sulle stesse linee di finanziamento, si fosse fermata addirittura ad un terzo rispetto ai Comuni, è un fatto oggettivamente allarmante, sul quale sarebbe opportuno che qualcuno fornisse delle spiegazioni ai calabresi».
«A pagarne le spese – conclude il sindaco – sono come sempre i cittadini, che si vedono privati delle importanti opportunità offerte dal Pnrr, a causa dell’inefficienza di un indirizzo politico regionale evidentemente confuso e poco incisivo, attento più alle operazioni di maquillage politico che ad un reale sviluppo del territorio». (pp)
[Courtesy LaCNews24]