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Il Presidente Nicola Irto: «No al regionalismo differenziato: è una secessione mascherata»

Il presidente del Consiglio regionale della Calabria Nicola Irto

 

di SANTO STRATI

– La battaglia contro il regionalismo “differenziato” richiesto da Lombardia, Veneto ed Emilia parte dalla Calabria: è stato il Consiglio regionale, primo nel Mezzogiorno, che con voto unanime ha messo in guardia sull’aumento di autonomia avanzato dalla regioni già ricche del Nord. Venerdì 15 il Governo dovrà pronunciarsi in merito e, secondo rumors raccolti a Montecitorio, si andrà a un rinvio a data da destinarsi. Ma se, invece, dovessero essere accolte le richieste delle tre regioni, cosa potrebbe accadere? Ne abbiamo parlato con Nicola Irto, presidente del Consiglio regionale.

«Il governo nazionale, – dice Irto – in barba a qualunque tipo di discussione con le Regioni, sta andando avanti, sostanzialmente sta accogliendo la proposta di tre regioni, Lombardia, Emilia e Veneto, di avere più poteri, il cosiddetto federalismo differenziato. Sono molto contento che il Consiglio regionale della Calabria, all’unanimità, abbia approvato un documento, una risoluzione alla quale io ho lavorato molto, con la quale chiediamo al governo nazionale di fermarsi. Di fermarsi non per certificare la positività dell’attuale sistema regionale in Italia, semmai di fermarsi su questa vicenda e cambiare percorso, cambiare tipo di metodo. Intanto, bisogna confrontarsi con le Regioni. Non è possibile pensare di andare a dare più poteri a regioni che stanno meglio, quindi già regioni che corrono meglio potranno correre ancora meglio, le regioni che sono in affanno si affanneranno ancora di più. Sia chiaro, voglio avere un elemento di chiarezza con i cittadini: quando parlo della regione non mi riferisco all’ente regione solamente, mi riferisco a tutto il tessuto che ci sta nel Mezzogiorno. Perché, se si indeboliscono in maniera concreta i poteri e c’è una sperequazione tra i poteri tra le regioni del Nord e le regioni del Sud vuol dire che tutto il sistema meridionale sarà compromesso: penso all’università, penso alla scuola, penso alle stesse amministrazioni comunali, penso alle imprese. Perché dev’essere più difficile far partire un’impresa, far nascere un’impresa nel Mezzogiorno rispetto al Nord? Ecco su tutti questi temi noi abbiamo chiesto come Consiglio regionale al governo nazionale di fermarsi, di non fare questo tipo di attività, che, evidentemente, è a fortissima spinta e fortissima volontà da parte della Lega Nord. La Lega nonostante cerca e sa trovare consenso in tutt’Italia, non ha perso la sua dimensione di Lega delle autonomia, di Lega Nord, di Lega che è il partito che si occupa degli interessi del Nord.

Una secessione mascherata

«Sono poi molto contento – aggiunge Irto – che quella stessa mozione sia stata adottata qualche settimana dopo il Consiglio regionale della Calabria anche dalla Campania. C’è una discussione larga su questo, credo soprattutto che sia importante avere un elemento di discussione con i cittadini, bisogna informare i cittadini su quello che sta avvenendo e su cui il governo nazionale sta tenendo bassissima la tensione informativa su questo. Ne parlano poco per far sì che sia silente, che passi sulla testa dei meridionali, dei calabresi un’attività che altro non è che una secessione mascherata. Sostanzialmente più ricchezza ai ricchi, ancora più povertà ai poveri».

– Qualcuno sta avanzando questioni di costituzionalità sul provvedimento, al di là dell’esito dei referendum avvenuti nelle regioni del Nord. Il punto principale è questo: non le sembra che altre regioni del Mezzogiorno, a parte la Campania – con un certo ritardo rispetto all’ordine del giorno votato dal Consiglio calabrese – non stiano reagendo in maniera concreta, ovvero abbiano sottovalutato questo vero rischio di secessione che c’è?

«È stato sottovalutato, a mio avviso, non solo da molte regioni del Mezzogiorno, è stato sottovalutato dai partiti politici tutti, è stato sottovalutato dai numerosissimi parlamentari del Mezzogiorno, penso ai tantissimi parlamentari dei Cinque Stelle che non li conosciamo ma ci sono, esistono e sono pagati, siedono in Parlamento. Eppure sono silenti su tutto questo, eppure hanno preso tantissimi voti nel Mezzogiorno… È silente anche la cosiddetta società civile, gli intellettuali, il mondo delle associazioni: in questo momento, purtroppo, nel Mezzogiorno vedo un’operazione di silenzio che mi preoccupa. Per questo è importante informare i cittadini, è stata importante la risoluzione in Consiglio regionale, serve parlarne, serve creare un elemento di discussione che non è solo polemico: vuole non solo riflettere sulle questioni e sui problemi del Mezzogiorno, anche legati al fallimento delle classi dirigenti del Mezzogiorno, ma anche e soprattutto indicare una rotta, indicare una strada. Insomma, non solo protestare ma avere un progetto in testa».

Cosa succederà il 15 febbraio?

– Secondo alcuni rumours di Montecitorio, giorno 15 non dovrebbe succedere nulla, ovvero si tenterà di spostare a data da destinarsi qualunque provvedimento. Se questo non dovesse accadere, secondo lei, non sarebbe utile a questo punto coinvolgere tutti i rappresentanti parlamentari della Calabria, indipendentemente dalla loro colorazione politica, per creare una sorta di Stati generali che impediscano una nuova questione meridionale? I 23 punti richiesti dalla regioni, che poi sono stati articolati in 200 ulteriori sottopunti, rischiano veramente di creare un divario insuperabile…

«Questo, di fatto, lo abbiamo realizzato approvando un ordine del giorno, una risoluzione all’unanimità, quindi con tutte le forze politiche. Il problema è coinvolgere tutti gli attori istituzionali. Addirittura nella risoluzione diciamo non solo i parlamentari, non solo i consiglieri regionali, ma facciamo in modo che tutti gli uffici di presidenza dei Consigli regionali del Mezzogiorno possano metabolizzare una proposta del tipo da lei indicata. Io auspico che i rappresentanti istituzionali, i parlamentari in questo caso calabresi e meridionali – tantissimi in termini di numero – dei Cinque Stelle abbiano la capacità, l’autorevolezza, l’autonomia e la credibilità di opporsi a un provvedimento che è contro il Mezzogiorno, dove hanno preso i voti. E non pensare di approvare questo provvedimento come merce di scambio con la Lega Nord per il voto al reddito di Cittadinanza. Sarebbe inaccettabile, anche perché il Reddito di Cittadinanza – che è una misura che io non condivido personalmente – è una misura comunque revocabile dal punto di vista politico in futuro. Se ci sarà un altro governo, di altro tipo, potrà essere revocato. È una misura politica che può essere revocata. Questo tipo di attività di una secessione mascherata, di dare più poteri, di smembrare il regionalismo così come l’abbiamo conosciuto, di smembrare l’Italia, rischia di avere profili di irreversibilità. Come si fa a creare, a dare più poteri, ad avviare dei percorsi e poi tornare indietro? Sarebbe molto difficile andare a recuperare il terreno perso, anche perché di terreno di distanza tra il Centro-Nord e il Centro-Sud ce n’é già tantissimo. Quindi, io, per questo,  credo, auspico, spero che i tantissimi parlamentari del Movimento 5 Stelle abbiano l acapacità di accogliere la nostra proposta. (s)

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