di ENZO VITALE* – Visto il non molto esaltante precedente tentativo di revisionare l’impianto storico della piazza De Nava, bloccato in extremis dall’unisono insorgere delle Associazioni culturali reggine coordinate dal compianto prof. Vincenzo Panuccio, è d’obbligo prestare la massima attenzione a questa nuova idea progettuale della piazza, che si vuole trasformare in senso smart per renderla moderna e funzionale a una migliore fruizione del museo archeologico della Magna Graecia.
Encomiabile proposito in linea di principio che, però, per come si vuole realizzare, collide in maniera frontale con alcuni basilari concetti di buona tecnica di restauro e conservazione urbana.
In estrema sintesi, il piano di intervento prevede l’intero rifacimento della piazza che, mantenendo e ampliando la planimetria quadrangolare con l’assorbimento di via Vollaro, divenuta pedonale fino al monumento a Corrado Alvaro, che – nota positiva – verrebbe così integrato in un unico percorso pedonale, si sostanzierebbe nell’eliminazione degli scalini, dei pilastrini e delle lunghe sbarre cilindriche tra di questi. La statua, in cima a una scalinata rivolta all’ingresso del museo, verrebbe mantenuta – almeno quella – mentre tutto il resto sarebbe connotato da un post-moderno anonimato che Marc Augé non avrebbe avuto difficoltà ad annoverare tra i suoi paradigmi di non-luogo.
In qualsiasi parte del mondo, pur ristrutturando e adeguando ai tempi, pur pedonalizzando e rendendo smart le strade riempiendole di totem e biglietterie elettroniche, pur rivoluzionando l’impianto della piazza, si sarebbe quantomeno mantenuta una traccia della precedente impostazione architettonica. Da notare che l’architettura piacentiniana del museo, oggi, fa perfetto pendant con l’edilizia del Ventennio rappresentata dal palazzo che fronteggia il museo su via D. Tripepi, idealmente uniti da quei segni urbanistici tipici rappresentati dai pilastri e dalle sbarre tubolari.
La piazza, oggi, rappresenta un insieme coeso e coerente alla storia reggina, al suo impianto urbanistico della ricostruzione, alla sua idea di città “bella e gentile” che, martoriata dalla cieca edilizia degli anni Sessanta, oggi si vuole ulteriormente mortificare fino ad annullare con l’eliminazione di uno dei suoi tipici segni urbanistici. I luoghi dell’urbs, per non essere non-luoghi, per essere espressione di quella civiltà urbana europea che ha sempre visto le sue piazze come contenitori della storia e dell’identità della civitas, devono poter parlare e poter raccontare a chi vi transita chi sono i suoi costruttori, da dove sono venuti e, nei limiti del possibile, dove intendono andare ovvero che idea hanno della loro città.
Nulla di tutto questo si rileva nel progetto di restyling di piazza De Nava che, intellettualmente modesto e banale nella sua formulazione, irrispettoso della storia e della memoria cittadina, è più adatto al recupero funzionale di una zona degradata della periferia che alla valorizzazione di una piccola piazza del centro. (rrc)
* Presidente Fondazione Mediterranea