L’OPINIONE/ Vincenzo Vitale: Dalla demolizione di Piazza De Nava alla tutela del piano De Nava

di VINCENZO VITALE – “Sero sapiunt Phryges” ovvero “troppo tardi mettono giudizio i Frigi”. Non c’è nessuna espressione migliore di questa, di Cicerone, per commentare la Soprintendenza che avvia la procedura di tutela per il “Piano De Nava” dopo averne demolito l’omonima piazza, che di quel Piano ne era parte integrante.

Usando un’espressione meno aulica, potremmo dire che la Soprintendenza intende chiudere la stalla dopo che i buoi sono fuggiti, ovvero vuole proteggere l’identità storica della città dopo che questa è stata vandalizzata con la demolizione di una piazza identitaria. Gli intenti odierni della Soprintendenza sono certamente opportuni e assolutamente condivisibili: meglio tardi che mai, meglio cambiare rotta oggi, quando ormai però il danno è stato già fatto, piuttosto che continuare con altre demolizioni del patrimonio storico urbanistico reggino. La prossima piazza in lista per la demolizione era stata già identificata in Piazza del Popolo, dallo stile ancor più razionalista di piazza De Nava.

Parole grosse? Certamente pesanti, ma basate su fatti storicamente avvenuti. Il rifacimento di piazza De Nava, infatti, che è passato attraverso una sua demolizione, nasce da un’idea progettuale interna alla Soprintendenza che, rimossi i vincoli posti dal Comune di Reggio, si è attribuita la direzione dei lavori portando avanti, Comune compiacente e in assenza di controllo esterno, un disegno distruttivo dell’identità cittadina che non ha eguali nella storia dell’architettura italiana.

Oggi si cambia registro e si intende porre un vincolo paesaggistico e ambientale per salvaguardare l’identità urbanistica del centro cittadino, espressione del Piano De Nava della ricostruzione dopo l’immane tragedia del sisma del 1908. Ne siamo tutti contenti, e non potremmo essere diversamente, ma non dimentichi di come fin ora questa articolazione periferica dello Stato ha agito: nel non tutelare il basolato storico del Corso Garibaldi, di gran pregio, per accondiscendere alla sua sostituzione con mattonelle di nessun valore; nel tutelare, al contrario, le cabine del lido comunale risalenti agli anni Settanta, di nessun valore né storico né identitario né urbanistico né strutturale.

Si ha l’impressione di essere di fronte a un grumo di burocrati ondivaghi, nella migliore delle ipotesi, ovvero suscettibili a influssi che hanno poco da condividere con la cultura urbanistica e con la storia dell’architettura. Presupponendo che non vi siano interessi diversi da quelli pubblici, sui quali comunque la Procura ha un procedimento aperto, sembra che la Soprintendenza, anche per bocca del suo già maggiore rappresentante oggi Direttore museale, abbia a cuore solo avere “le carte a posto”. Ci può anche star bene che si abbiano le “carte a posto”, ma non basta: occorre avere idee buone e lungimiranti. Da oggi si avranno? Se guardiamo al recente passato c’è da dubitarne. Staremo a vedere. (vv)

[Vincenzo Vitale è presidente della Fondazione Mediterranea]

L’OPINIONE / Vincenzo Vitale: La demolizione sistematica dell’identità urbanistica di Reggio

di VINCENZO VITALE – A più di un anno dall’inizio dei lavori di sostituzione di piazza De Nava con un non-luogo senza storia né memoria, l’unica cosa fatta alla perfezione è stata la demolizione sistematica dell’identità urbanistica. È bene richiamare alla memoria della città le associazioni che, pur definendosi culturali, si sono nella migliore delle ipotesi trincerate dietro il silenzio, ipotizzando tramite un loro portavoce che fosse un loro diritto.

Non le citiamo, tanto tutti le conoscono perché attivissime nella presentazione di libri e nella riedizione di stantie proposizioni. Ce le siamo fatte nemiche perchè abbiamo disvelato la loro sostanziale inutilità per la città: essere intellettuali presuppone non essere ancilari e serventi il potere, volgarmente non essere leccaculo; ovvero essere in grado di esprimere in libertà la propria idea, prescindendo dai rapporti che si hanno con l’amministrazione cittadina.

La città non potrà avere un futuro culturale, cosa peraltro confermata dalle classifiche ufficiali che pongono Reggio agli ultimi posti nel settore, se non condannerà all’oblio con una sorta di damnatio memoriae tutte le associazioni cosiddette culturali non in grado di esprimere sui fatti di vita cittadina un giudizio sereno e oggettivo. Oggi l’aspetto degradato della già piazza De Nava rispecchia il degrado culturale cittadino. (vv)

[Vincenzo Vitale è presidente della Fondazione Mediterranea]

L’OPINIONE / Vincenzo Vitale: Ombre sulla demolizione di Piazza De Nava

di VINCENZO VITALE – Piazza De Nava ormai non c’è più, demolita in virtù di una progettualità ignorante di storia e carica di supponenza, compiacente una politica imbelle e prona ai desiderata della Soprintendenza. Nell’ultima versione del progetto esecutivo, custodita dai barbari distruttori come se fosse un quarto segreto di Fatima e conosciuta solo tramite un accesso agli atti, si dice che, andati in discarica i ferrei tubi di raccordo tra pilastrini, questi sarebbero stati utilizzati come paracarri nelle adiacenti vie.

Non c’è traccia della fine che hanno fatto i monumentali pitosfori, nonostante che per legge avrebbero dovuto essere espiantati e riposizionato in altro sito. E nemmeno di dove siano finite le verdi panchine, uguali a quelle presenti sul lungomare, opera di artigiani reggini e forgiate in una fonderia che un tempo trovavasi nei pressi dell’attuale piazza Sant’Anna. Dette panchine sono tipiche del periodo della ricostruzione reggina dopo il sisma del 1908 e in qualsiasi parte del mondo civile sarebbero state oggetto di venerazione culturale quale segno materico di un trascorso tempo. Archeologia del moderno, così potremmo definire la cura e l’attenzione verso oggetti del passato, che questi rappresentano e descrivono con un solo colpo d’occhio.

La Soprintendenza reggina, quella delle “carte a posto” e della burocratica propensione a tenere in ordine i faldoni più che entrare con cultura e diligenza nel merito delle sue attività, dove le ha messe? In una qualche discarica, cosa difficile da ipotizzare, o in qualche giardino privato come bottino di guerra concesso a chi si è mantenuto fedele ai suoi infausti progetti? Alcuni precedenti di simili razzie a Reggio ci sono stati, come quelle riguardanti le basole rettangolari in pietra lavica ai tempi dell’asfaltamento selvaggio di tutta la zona nord della città a ridosso del centro propriamente storico.

È solo un’ipotesi, naturalmente, ma il dubbio, in assenza di un’eusastiva dichiarazione da parte della Soprintendenza, è logico che vi sia. Come anche sarebbe corretto che si dichiarasse chi e come ha ricevuto o riceverà i circa cinquecentomila euro spettanti per la progettazione e a direzione dei lavori della nuova piazza. Tutte transazioni finanziarie certamente legittime, d’altronde la Soprintendenza è troppo burocraticamente sgamata per non avere le “carte a posto”, ma, per non far pensare che l’ostinazione alla demolizione sua stata frutto di interessi economici, sarebbe opportuno che sul tema dei compensi si emettesse una nota formale. Tutto qui.

Ormai il danno alla città e stato fatto, solo che la cittadinanza vorrebbe sapere se il crimine urbanistico è stato commesso per ignoranza della storia cittadina o per becero interesse personale o di gruppo. È una richiesta illegittima o immotivata? (vv)

[Vincenzo Vitale è presidente della Fondazione Mediterranea]

Piazza De Nava, il Comitato Civico presenta un ricorso civilistico

Il Comitato Civico per la tutela e il restauro conservativo di Piazza De Nava ha presentato un ricorso civilistico d’urgenza (ex art. 700) per lesione di diritti soggettivi della cittadinanza.

Di questo se ne parlerà giovedì 10 maggio, alle 10.30, al Piccolo Auditorium di Reggio Calabria.

«La battaglia etica ed estetica per salvare piazza De Nava dalla demolizione, progettata da una Soprintendenza che ha tradito il suo mandato di tutela e avallata dalla nostra classe politica prona ai suoi desiderata, nonostante tutto l’impegno profuso non è fin ora andata bene – si legge in una nota – anche per il disinteresse dei media nazionali e la decisione pilatesca del Ministero di non intervenire. Ciò detto, tralasciando di addentrarci in approfondimenti che ormai suonerebbero pleonastici, (ma un bel pamphlet appena conclusa questa vicenda lo si scriverà), doverosamente non trascurando le opportunità date dall’azione penale in corso (art. 518 duodecies), il Comitato Civico per la tutela e il restauro conservativo di Piazza De Nava, che raccoglie le sigle associative, tra cui manca l’associazione Amici del Museo che si è defilata quando la battaglia è sembrata persa».

«Sottoscritto anche da Legambiente, dall’Ordine dei Territorialisti e dalle Fondazioni Mediterranea, Lamberti e Tripodi – viene ricordato – oltre che da persone fisiche, tra cui Lida Liotta, Eduardo Lamberti, Pasquale Amato, Alberto Ziparo, Michelangelo Tripodi, Vincenzo Vitale, e in via indiretta anche dai partecipati a titolo personale al Comitato, il ricorso civilistico si basa sull’oggettiva e plateale violazione dei diritti soggettivi della cittadinanza, privata di un bene ambientale e culturale in pieno centro cittadino senza aver potuto esprimere la propria opinione in merito, subendo così un poderoso vulnus democratico, oltre che sul monstrum amministrativo configuratosi con la coincidenza delle figure di progettista, direttore dei lavori, decisore sui vincoli e controllore».

«Nel colpevole disinteresse nazionale e regionale e di buona parte della politica reggina – conclude la nota – ma confortato dall’appoggio delle persone per bene di Reggio, il Comitato Civico e le Fondazioni continuano la loro battaglia etica ed estetica di civiltà urbana contro i burocrati dalle “carte a posto” (espressione del Soprintendente Sudano che, da perfetto burocrate, appena insediato, ebbe a dire che la demolizione si sarebbe comunque realizzata perché “le carte erano a posto”)».

Il caso De Nava a Reggio: hanno fatto “piazza pulita”. Uno scandalo!

A osservare la foto del dr Pasquale Andidero diffusa in rete è più che lecito gridare allo scandalo per quel che stanno facendo a Piazza de Nava a Reggio Calabria. Uno scempio annunciato e ora realizzato. L’Amministrazione comunale (anche se facente funzioni non ha fatto nulla, nonostante le molteplici richieste di fermare i lavori da gran parte dei cittadini, giustamente indignati, non comunica e non risponde..

Dice il prof. Pasquale Amato, apprezzato storico reggino e docente universitario: «Mai un lavoro pubblico è stato realizzato con tanta celerità, mai è stato nascosto da un muro in legno. Mai a Reggio Calabria sono state annunciate tante aperture di nuovi cantieri da quando hanno aperto il cantiere per la demolizione di piazza De Nava. Stanno cercando di nascondere la vergogna per la devastazione della storica piazza, ma non riusciranno a farci dimenticare questa immonda demolizione». 

Una domanda, lecitamente, serpeggia in città: ma che fine hanno fatto gli alberi della piazza? La comunicazione su quello che sta succedendo nel cantiere è inesistente. E non è per timidezza di chi dovrebbe far sapere alla Città cosa accade, ma probabilmente per assoluto dispregio dei cittadini. Usque tandem, abutere, Catilina patientia nostra?… diceva Cicerone: questo caso Catilina è un’Amministrazione comunale che continua a non capire che deve salutare e andare via, perché i reggini sono arrivati al massimo della sopportazione.

Ma dove vivono gli amministratori di Reggio? Nell’acropoli della Rhegion greca che dominava la città sicuramente no (ci hanno fatto costruire sopra Parco Fiamma), ma facessero una passeggiata ogni tanto in città a vedere com’è ridotta quello che un tempo era una città bella e gentile. La buonanima dell’amatissimo sindaco Italo Falcomatà si sta sicuramente rivoltando nella tomba, ma suo figlio continua a traccheggiare intorno alla sua “sospensione”. Se avesse avuto un briciolo di “intelligenza” politica avrebbe dovuto rimettere immediatamente il mandato, mettersi da parte e tornare (prevedibilmente da “vincitore”) dopo un po’. Invece è rimasto a non farsi più amare anche da chi lo ha votato e rivotato. E come se non bastasse, per i lavori al Lido si aspetta la riapertura della stagione balneare per metterci mano, così per negare anche per quest’anno la struttura ai reggini. (s)

Sull’abbattimento degli alberi di Piazza De Nava attivisti del Movimento Cinque Stelle hanno inviato una lettera aperta al sindaco ff.

“Il 22 febbraio 2023 hanno avuto inizio i lavori a Piazza De Nava relativi al progetto di “Restauro e riqualificazione per l’integrazione tra il Museo Archeologico Nazionale ed il contesto urbano”, finanziato, per 5 milioni di euro, dal Ministero della Cultura e diretto dal Segretariato Regionale per la Calabria, la cui procedura amministrativa è interamente consultabile sul sito di INVITALIA. Cosa si prefigge questo progetto, almeno da quanto si legge dalla stampa:

“Di riqualificare piazza De Nava a Reggio Calabria e consentire l’integrazione tra il museo archeologico nazionale ed il contesto urbano. È questo l’obiettivo della procedura di gara pubblicata da Invitalia per conto del Ministero della Cultura. L’appalto vale quasi 4 milioni di euro e prevede l’affidamento dei seguenti lavori:

  • riqualificazione paesaggistica e nuova pavimentazione
  • restauro dei monumenti
  • sistemazione del verde e arredo urbano
  • impianti elettrici, di illuminazione, smaltimento acque meteoriche e di irrigazione.

In particolare, i lavori riguardano l’area del centro storico che gravita attorno al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, compresa la superficie dell’intera Piazza De Nava, da cui si accede a Palazzo Piacentini, sede del Museo. L’intervento punta a riqualificare e restaurare l’area per migliorarne l’accessibilità e la fruibilità attraverso la valorizzazione del patrimonio monumentale presente, la sistemazione e la tutela delle specie arboree e arbustive collocate nelle quattro grandi aiuole della piazza, il rifacimento degli elementi di arredo urbano”.

“Ora – si legge ancora nella lettera – premesso che molte associazioni culturali e ambientaliste reggine si sono opposte formalmente (purtroppo invano) a questo progetto, che i cittadini che ne sono venuti a conoscenza hanno manifestato il proprio dissenso tramite i social per ben il 90%, che sono stati inviati esposti alla Procura della Repubblica”;

“anche se la Soprintendenza ha assicurato che questi lavori non pregiudicheranno lo stato dei ritrovamenti fatti dopo l’asportazione del manto stradale (alcuni sottoservizi e i resti di due ambienti, relativi ad una struttura otto-novecentesca già distrutta e rasata nella fase di ricostruzione edilizia di Reggio Calabria dopo il catastrofico terremoto/maremoto del 1908”)”,

GLI ATTIVISTI DEL MOVIMENTO CINQUE STELLE di Reggio Calabria sottolineano l’importanza di coinvolgere la cittadinanza prima di mettere in cantiere opere così importanti e di impatto su beni di interesse storico e culturale della città. A questo proposito, senza entrare nel merito della scelta, gli stessi ricordano la collocazione di Opera dell’artista Tresoldi sul nostro lungomare anche quella volta, senza chiedere il parere della cittadinanza”.

“OGGI, con riferimento a piazza De Nava, gli stessi chiedono chiarimenti sul taglio degli alberi di via Tripepi, alberi che sicuramente, -pur nel rispetto del progetto dell’opera- avrebbero potuto essere salvati e reimpiantati da un’altra parte. Gli alberi sono una parte importante dell’ecosistema urbano e contribuiscono in modo significativo alla qualità della vita in città. Tuttavia, negli ultimi anni, il numero di alberi che vengono tagliati nelle città è in aumento e ciò sta causando gravi danni all’ambiente e alla salute delle persone”.

“Gli alberi nelle città offrono molti benefici ecologici, tra cui la riduzione dell’inquinamento atmosferico, la mitigazione del cambiamento climatico, la conservazione delle risorse idriche e la riduzione dell’effetto isola di calore. Gli alberi assorbono l’anidride carbonica dall’atmosfera e rilasciano ossigeno nell’aria che respiriamo, contribuendo a mantenere un ambiente più sano. Inoltre, gli alberi forniscono riparo e cibo per la fauna urbana, come uccelli e insetti, e migliorano la bellezza estetica delle aree urbane”.

“Nonostante questi benefici, gli alberi continuano ad essere tagliati nelle città per far spazio a nuove costruzioni o per consentire il passaggio di nuovi veicoli o infrastrutture. Questo comporta non solo la perdita dei benefici ecologici degli alberi, ma anche problemi di salute pubblica, come l’aumento dell’inquinamento atmosferico, l’aumento della temperatura dell’aria e l’aumento dell’umidità”.

“Per proteggere gli alberi nelle città, è necessario adottare politiche di pianificazione urbana che promuovano la conservazione degli alberi esistenti e la piantumazione di nuovi alberi. Inoltre, è importante educare il pubblico sull’importanza degli alberi e incentivare i proprietari immobiliari a mantenere gli alberi sulle loro proprietà”.

“Gli alberi sono una risorsa preziosa per l’ecosistema urbano e la loro protezione è essenziale per garantire un ambiente più sano e sostenibile per le generazioni future”. (rrc)

 

L’OPINIONE / Vincenzo Vitale: Piazza De Nava è diventata una “tabula rasa”

di VINCENZO VITALE – Piazza De Nava è divenuta una “tabula rasa”, nel senso letterale originario. Nell’antica Roma si definiva così la tavoletta cerata che, una volta azzerato tutto l’inciso precedente, era pronta ad accogliere una nuova scrittura a incisione.

Posto che la “restitutio in integrum” dell’impianto storico della piazza sarebbe la soluzione migliore, con il rifacimento della pavimentazione e delle aiuole oltre al restauro conservativo del resto, nel caso ciò non avvenisse cosa si andrà a incidere su questa tabula rasa? Stando al progetto esecutivo, ottenuto solo con un accesso agli atti, si concretizzerà l’idea originaria del progetto preliminare e definitivo di uno “spazio ampio” in cui tenere “mostre ed eventi folkloristici”.

Reggio aveva bisogno di ciò in pieno centro storico? Il progetto, definito eufemisticamente “fragile” dai vertici degli urbanisti italiani, non ha nessun “colpo d’ala” che lo possa giustificare e, sia nell’insieme che nei dettagli, è espressione di quella cultura architettonica del “non luogo” alla Marc Augé che può avere una sua logica solo lontano dai centri storici delle città europee.
Tralasciando i dettagli, che poi dettagli non sono (“le diable est dans les détails”), della fontana a zampilli e del vicino “albero della cuccagna”, dei pilastrini usati come “paracarri” nelle strade adiacenti, delle aiuole a barra e delle sedute accoppiate, dei festoni luminosi tra le fronde della magnolia nella vicina piazzetta Alvaro, che non sarà collegata pedonalmente con il Museo, è l’insieme che anche ai profani appare banale.
Un insieme progettuale, costruito nel preliminare al computer con un programma tanto elementare da essere utile solo a stilare una tesina per un esame di architettura, che sarebbe stato ottimo per riqualificare un’area degradata di una periferia urbana ma certamente non utilizzabile come sostituto di una piazza storica.
Quali sono i riferimenti culturali e urbanistici dei progettisti? A quale stile dicono di uniformarsi? Domande legittime, che il cittadino partecipe si è posto e a cui non è stata data altra risposta che il silenzio. In una gestione democraticamente compiuta della città ci sarebbe stato un pubblico dibattito: su piazza De Nava il confronto è stato solo e semplicemente rifiutato da parte della Soprintendenza, con l’avallo di una politica prona ai desiderata dei burocrati dalle “carte a posto”. Quando si parla, quindi, di grave vulnus democratico, o di disconoscimento dell’estetica urbanistica e dell’etica politica, non si parla così tanto per parlare ma si fa riferimento a fatti veri e circostanze documentate.
Comunque la “tabula rasa” intanto è stata fatta: il resto dev’essere ancora inciso sopra. Vedremo. (vv)
[Vincenzo Vitale è presidente della Fondazione Mediterranea]

Demolizione Piazza De Nava, Vitale (Fondazione Mediterranea) deposita esposto in Procura

Fa discutere la demolizione dell’impianto storico di piazza De Nava. L’articolo 518-duodecies del codice penale (Distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici) parla chiaro: “Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili o non fruibili beni culturali o paesaggistici propri o altrui è punito con la reclusione da due a cinque anni (…). La Sospensione condizionale della pena è subordinata al ripristino dello stato dei luoghi (…)”.

Sulla base di questo articolo il dott. Vincenzo Vitale, presidente della Fondazione Mediterranea, ha depositato alla Procura della Repubblica un esposto in cui si descrivono i fatti accaduti e si chiede alla magistratura di accertare se vi siano stati comportamenti inquadrabili tra quelli sanzionati dall’attuale legislazione e se, di conseguenza, non si debba procedere a “restitutio in integrum” della piazza.

Questi i fatti. Nel luglio del 2019, curato dal Segretariato regionale Mibact per la Calabria, viene presentato un progetto di fattibilità tecnica ed economica definito “Restauro e riqualificazione per l’integrazione con il Museo archeologico nazionale e il contesto urbano della piazza De Nava nel Comune di Reggio Calabria”. Saltiamo tutta la storia e arriviamo a oggi. Il cantiere viene aperto il 22 febbraio del 2022 dalla ditta Apulia SrL (via Matteotti, 2 – 70024 Gravina di Puglia Ba) con direttore ad interim dott. Fabrizio Sudano e direttore dei lavori arch. Michelangela Vescio.  Come si evince dai rilievi fotografici, contrariamente a quanto dichiarato nel titolo del progetto (“Restauro e riqualificazione… della piazza De Nava”) si può notare che di restauro, nell’accezione comune del termine (De Mauro, Utet, Grande dizionario italiano dell’uso: “operazione che ha lo scopo di reintegrare o sostituire, per assicurarne la conservazione nel tempo, le parti deteriorate di un edificio, di un dipinto, di una scultura o di altro manufatto…), c’è ben poco o nulla essendo stata operata una sistematica demolizione dell’impianto storico della piazza.

Nello specifico è stato rimosso il basolato lavico del Corso Garibaldi antistante all’ingresso del museo, la gradinata di accesso alla piazza in materiale lapideo di pregio e la recinzione della piazza, risalente ai primi anni del Novecento (quindi ben più dei 70 anni indicati dal Codice dei Beni culturali per sottoporre a tutela un manufatto architettonico), costituita da pilastrini in pietra di Lazzaro raccordati da tubature metalliche, tipica espressione della corrente estetica architettonica del Razionalismo Italiano in voga negli anni della ricostruzione cittadina dopo il sisma del 1908. Per quanto riguarda il basolato lavico e il materiale lapideo di pregio, questi sono sottoposti a vincolo da parte della Soprintendenza, come si evince anche dai vincoli posti ai lavori di riqualificazione della Caserma Duca D’Aosta, coeva a Piazza De Nava (“Le lastre di soglia, spallette, gradini e altri elementi in pietra di cui è prevista la rimozione, dovranno essere accuratamente numerate e ricollocate, stessa cosa per i pavimenti originali esistenti in cementine o pietra”).

Riguardo alla cintura razionalista della piazza, essa dev’essere considerata come un bene culturale paesaggistico ambientale di grande rilevanza storica, in quanto espressione del modo di costruire del tempo e tipico della ricostruzione reggina dopo il terremoto.  Questo insieme di elementi dà forma e sostanza a un costrutto architettonico che non può essere svilito a una semplice somma dei suoi componenti: la demolizione della piazza, che emblematicamente rappresenta la ricostruzione reggina dopo il terremoto del 1908 e come tale da considerare un bene culturale storico e identitario, effettuata in palese contrasto con le premesse progettuali contenute nel suo titolo (“Restauro e riqualificazione…”), costituisce un oggettivo vulnus alla memoria storia e all’identità cittadina.

L’esposto così si conclude: «Dati i fatti soprariportati circa la completa demolizione dell’impianto storico di piazza De Nava e considerando l’attuale normativa che tutela i beni culturali, si chiede al sig. Procuratore di valutare se ci si sia attenuti alle indicazioni contenute nel titolo del progetto, se la demolizione della piazza costituisca o meno una violazione dell’art. 518 duodecies del codice penale e se il direttore dei lavori, la Soprintendenza e il Comune di Reggio Calabria abbiano o meno esercitato i loro doveri di controllo sull’operato della ditta». (rrc)

L’OPINIONE / Vincenzo Vitale: Caserma Duca d’Aosta e Piazza De Nava: Strutture coeve dai diversi destini

di VINCENZO VITALE – La caserma Duca D’Aosta è stata edificata tra il 1913 e il 1919 e, doverosamente, la Soprintendenza ha posto dei vincoli ai lavori di riqualificazione che dovranno essere effettuati: “le lastre di soglia, spallette, gradini e altri elementi in pietra di cui è prevista la rimozione, dovranno essere accuratamente numerate e ricollocate, stessa cosa per i pavimenti originali esistenti in cementine o in pietra” (così sulla stampa).

La domanda sorge spontanea: perché gli stessi vincoli non sono stati posti alle “lastre di soglia, spallette e altri elementi in pietra” presenti nella demolenda piazza De Nava, coevi agli analoghi della caserma Duca D’Aosta? Perché non è stato prescritto che, durante i lavori di demolizione di piazza De Nava, gli elementi lapidei di pregio (da sottoporre a vincolo come quelli della caserma), non siano “accuratamente numerati e ricollocati” come quelli coevi della Duca D’Aosta?

Vista la circostanza che il progetto della demolizione di piazza De Nava è della stessa Soprintendenza (che sembra porre vincoli solo quando il progetto non è suo), non sarebbe stato un doveroso omaggio alla trasparenza amministrativa spiegare ai reggini questa diversità di pesi e misure su manufatti coevi, piuttosto che trincerarsi dietro la generica affermazione che le “carte sono a posto”?

Da ricordare, tra l’altro, che in occasione di un progetto di restauro conservativo della piazza portato avanti dal Comune, i vincoli furono resi a tal punto cogenti da pretendere che un funzionario della Soprintendenza assistesse ai lavori di scavo per la sistemazione dell’illuminazione e che, a proposito del rifacimento delle aiuole, si effettuassero dei rilievi fotografici prima e dopo il restauro. Questi vincoli cessarono di esistere quando il progetto, demolitivo e non restaurativo, venne portato avanti dalla stessa Soprintendenza.

Presupponiamo, ma un procedimento penale è ancora aperto, che queste incongruenze si siano rese possibili in osservanza della legge: ma è di palese evidenza che in questi casi ci sia un vuoto legislativo che consente allo stesso Ente di essere controllato e controllore senza che nessuno possa intervenire. Mi spiego: la stessa articolazione periferica dello Stato, senza che nessuno possa interferire, in ordine: fa il progetto, elimina o invalida i vincoli, si approva il progetto, fa indire la gara, esprime il direttore dei lavori. Dovrebbe intervenire, in mancanza di un intervento legislativo, la buona prassi della trasparenza amministrativa e del coinvolgimento popolare: una decisione, pur frutto di un vuoto legislativo, se democraticamente avallata da una cittadinanza debitamente informata, è una decisione eticamente accettabile. In mancanza di questo passaggio, la decisione di demolire piazza De Nava non è accettabile dal punto di vista dell’etica politica e amministrativa.

Tornando alla Caserma Duca D’Aosta, che conosco abbastanza bene perché vi risiedevano abusivamente alcune famiglie i cui figli seguivo dal punto di vista sanitario, va risistemata e, nei limiti del possibile, quale che sia la sua futura destinazione, come egregiamente indicato dalla Soprintendenza, va rispettato il suo impianto urbanistico e tutelata la memoria storica del suo passato. Perché la Soprintendenza ha deciso di non assegnare a piazza De Nava la stessa sorte? (vv)

[Vincenzo Vitale è presidente della Fondazione Mediterranea]

 

Il segretariato regionale del Mic: I resti ritrovati a Piazza De Nava non compromettono continuazione dei lavori

Il Segretariato regionale del Ministero della Cultura per la Calabria è intervenuto in merito ai resti ritrovati durante i lavori a Reggio Calabria per il «Restauro e riqualificazione per l’integrazione tra il Museo Archeologico Nazionale ed il contesto urbano».

«Il rinvenimento effettuato con l’assistenza scientifica della Soprintendenza e degli archeologi incaricati dall’impresa appaltatrice – viene spiegato – non pregiudica la continuazione dei lavori che proseguono nella Piazza dove nei prossimi giorni si realizzeranno gli allacci di impianti e scarichi».

Nella nota, infatti, è stato spiegato come «dopoil posizionamento della recinzione di cantiere, che delimita la porzione della piazza dove sono stati effettuati gli interventi iniziali, si è proceduto con la scarifica e l’asportazione del manto stradale del tratto di Corso Garibaldi davanti al museo per raggiungere le quote di progetto e verificare la presenza del basolato storico».

«Al di sotto dell’asfalto sono affiorati alcuni sottoservizi e i resti di due ambienti, relativi ad una struttura Otto-Novecentesca già distrutta e rasata nella fase di ricostruzione edilizia di Reggio Calabria dopo il catastrofico terremoto/maremoto del 1908 – si legge –. Il pavimento, composto da mattonelle in terracotta e le murature sopravvissute sono state rilevate, documentate e come da prassi al fine di garantirne la tutela, sono state ricoperte con geotessuto e terreno di risulta».

Viene ricordato, inoltre, che la procedura amministrativa dei lavori – finanziato dal Ministero della Cultura e diretto dal Segretariato Regionale per la Calabria – è interamente consultabile sul sito di Invitalia(rrc)

Fondazione Mediterranea e Comitato Civico: Il punto sui resti affiorati di fronte al Museo

La Fondazione Mediterranea e il Comitato Civico hanno analizzato i resti riaffiorati davanti al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, nel corso dei lavori di “sventramento” del Corso Garibaldi, voluti dalla Soprintenza come intervento collaterale alla demolizione di Piazza De Nava.

«Una velina della Soprintendenza, riportata sulla stampa – si legge nell’analisi – parla di non meglio precisate condotte idriche probabilmente risalenti agli anni Settanta del Novecento (coeve, quindi, alle cabine del Lido Comunale poste in tutela dalla Soprintendenza come bene culturale, qualifica non assegnata a piazza De Nava che di anni di anzianità ne ha più di cento)».

«Sarà pur vero – si legge nella nota – ma non si parla dell’altro ritrovamento, ben visibile, e probabilmente più importante, quantomeno come testimonianza di tecniche edilizie rurali in epoca antecedente al terremoto del 1908.Come anche del rinvenimento di un vecchio/antico lastricato in pietra posizionato nella zona sud dello sventramento lato piazza De Nava. In cosa consistono questi resti di una vecchia/antica costruzione?».

«Queste vestigia – hanno spiegato – sono rappresentate dalla base di due muri e da una porzione di pavimento. I muri sono edificati con una tecnica che, usando termini di ingegneristica romana, è come se fossero a metà strada tra un opus mixtum e un opus incertum: edilizia povera, quindi, fatta anche con materiali di risulta (pietre, pezzi di mattoni, tegole rotte, ecc) assemblati a secco o più probabilmente tenuti insieme da un legante (malta, cemento?). L’analisi del collante potrebbe fornire delle indicazioni più o meno precise sul periodo di costruzione».

«Il pavimento – hanno spiegato – è costituito da mattonelle in terracotta delle dimensioni di 20 cm x 20 cm di colore giallo chiaro tranne un paio rossicce. Anche questo è indice della povertà della costruzione e dei suoi abitanti. A nostro avviso si tratta dei resti di una casa colonica venuta giù col terremoto del 1908. La sua età la dovranno stabilire i tecnici. Ma quali tecnici? Gli stessi che hanno interesse a continuare nello sventramento del Corso e nella demolizione della piazza? C’è un poderoso conflitto di interessi. Come risolvere la questione? Se i resti sono antichi, la loro distruzione porterebbe dritti dritti all’applicazione dell’articolo 518 duodecies del codice penale. Ma, se fossero semplicemente vecchi, non si potrebbero egualmente tutelare come espressione di quella cultura contadina che in rada dei Giunchi si esprimeva circa trecento anni addietro anche col le prime coltivazioni del Bergamotto reggino?».

«A nostro avviso – hanno concluso – la problematica dovrebbe essere affrontata con spirito scientifico, analizzando i reperti senza settarismi o pregiudizi. Ma chi lo dovrebbe fare? E arriviamo al solito problema del conflitto di interessi. Sarà difficile risolverlo senza una democratica condivisione delle scelte e senza l’intervento di un ente terzo». (rrc)