di FRANCESCA SARACENO – Venerdì 16 luglio, sulla piattaforma Microsoft Teams, si è svolto il webinar Il vuoto educativo nelle aree interne del Meridione. Quali prospettive per i docenti del Terzo Millennio?, organizzato dall‘Associazione Universitaria Themis con il patrocinio del Consiglio degli Studenti e del Dipartimento DiGiES dell’Università degli studi “Mediterranea” di Reggio Calabria, oltre che con la partecipazione del Dipartimento Calabria – Associazione Nazionale Sociologi.
All’incontro, moderato da chi scrive queste note, studentessa della Themis, hanno partecipato, porgendo i saluti istituzionali, il Direttore del Dipartimento DiGiES, prof. Massimiliano Ferrara, e la prof.ssa Amalia Chiara Di Landro, coordinatrice del Corso di Laurea in Scienze della formazione primaria, corso di studio che ormai da quasi quattro anni ha arricchito l’offerta formativa dell’Ateneo reggino.
A seguire, si è tenuto il trittico di interventi degli illustri relatori che hanno preso parte al webinar, nell’ordine: prof.ssa Alessandra Priore, dott. Francesco Rao, prof.ssa Rosa Sgambelluri. Dopo ulteriori interventi e domande, da parte degli studenti della Mediterranea, il Presidente della Themis, Girolamo Giovinazzo, ha curato le conclusioni del percorso seminariale, svoltosi in forma telematica. Sebbene si sia trattato, come ormai da consuetudine in questo periodo, di un incontro esclusivamente online, il contatto creatosi tra i relatori e i partecipanti ha ricordato il bel clima proprio delle aule universitarie, di quando ancora ci si poteva riunire liberamente per discutere di importanti e interessanti tematiche; non rappresentando, lo schermo, una “barriera” per i lavori svolti dagli ospiti e dai relatori, ognuno dei quali ha apportato il proprio prezioso contributo alla discussione del 16 luglio.
Iniziando proprio dal prof. Massimiliano Ferrara, Direttore del Dipartimento DiGiES, che nel portare i saluti istituzionali, oltre a ringraziare gli organizzatori per «aver avuto la sensibilità culturale di proporre un tema di novità e grande interesse che si incardina nell’ambito delle scienze umane», ha anche effettuato svariate considerazioni su alcuni aspetti caratterizzanti le aree interne. Dalla sua introduzione, infatti, è emerso come il 56% dei comuni sia rubricato come “area interna”, ossia come il territorio che dista tra i 40 e gli 80 minuti dalla città polo di riferimento (che in alcuni casi è già isolata di per sé), e di come il discorso attorno alle povertà diventi più complesso con l’introduzione di ulteriori elementi quali, ad esempio, l’invecchiamento della popolazione e il calo demografico, problematici sin da prima dell’avvento del Covid.
La situazione si è, ovviamente. aggravata con l’avvento della didattica a distanza e delle criticità da essa nascenti – come il non perfetto cablaggio delle reti di telecomunicazione nelle aree interne –, per cui il problema della povertà educativa si è detto poter diventare strutturale in alcuni contesti. Il direttore si è, infine, congedato ringraziando il gruppo di ricerca formato dai docenti del corso di Scienze della formazione primaria e incentivando gli studenti a continuare a organizzare tali iniziative di confronto.
Di profondo impatto è stato anche il contributo della prof.ssa Amalia Chiara Di Landro, coordinatrice del Corso di Laurea in Scienze della formazione primaria, di cui ha portato i saluti, la quale si è soffermata sui problemi educativi nascenti dalla pandemia da Covid-19, di cui la DaD rappresenta «un tema nel tema». Tema importante, per come risulta dal rapporto universitario di quest’anno e dal rapporto sulle prove invalsi, che danno la misura del divario tra Nord e Sud, polarizzato col crescendo del percorso formativo, dalla scuola primaria a quella superiore, per poi sfociare nel “problema dei problemi”, ossia la dispersione scolastica, esplicita o implicita che essa sia.
Un divario presente non solo tra il Settentrione e il Meridione, ma anche tra regioni e macroaree e tra classi o scuole della stessa città, che sottolinea come sia proprio da tale discorso che nasce l’importanza di fare rete e del compito di “formare i formatori”, in quanto la DaD ha fatto capire e imposto una riflessione sulla necessità di una didattica che non sia solo frontale, i cui soggetti passivi si trovano al di là di uno schermo, ma di una didattica più interattiva.
Procedendo con la triade di interventi, si è assistito ad un ampio discorso sulla formazione dei docenti e le loro competenze chiave da parte della prof.ssa Alessandra Priore, docente di pedagogia generale, che, partendo dall’allarme lanciato da Save the Children col progetto Illuminiamo il futuro – ossia che l’Italia non sarebbe un Paese “adatto ai minori” –, ha messo in luce la necessità di sconfiggere il vuoto educativo e la povertà in tutte le sue manifestazioni: dall’accesso limitato all’istruzione ai vari servizi di base, dalla discriminazione all’esclusione sociale, col fine di perseguire una crescita economica e sociale inclusiva, “traguardi ineludibili” secondo l’Onu.
Non solo povertà economica ma anche diverse forme del rischio della vulnerabilità sociale, da combattere attraverso la formazione di quella che sarà la nuova classe docente del futuro e soffermandosi non solo sulla “mera” trasmissione dei contenuti che, per quanto importanti, sono oggi più facilmente accessibili, ma sulla attivazione di “relazioni significative”, perché «è solo per mezzo delle stesse che si realizzano apprendimenti significativi».
Coinvolgente, a seguire, è stato l’intervento intitolato Povertà educative, deprivazioni culturali e dispersione scolastica nelle aree interne della Calabria. Il ruolo della comunità educante del dott. Francesco Rao, sociologo e presidente del Dipartimento Calabria – Associazione Nazionale Sociologi, arricchito dall’esperienza praticata sul territorio, che quest’ultimo ha raccontato. Esperienza che risale al 2004, anno nel quale il dottore ha iniziato ad occuparsi, con numerose attività, dei temi in oggetto in varie parti del territorio dell’odierna Città metropolitana di Reggio Calabria. Seguendo gli insegnamenti da pedagogista di Don Milani con l’affermazione “I care”, ha ribadito quanto, ancora oggi, sia fondamentale prendersi cura dei discenti, anziché, come spesso succede, «tenere dentro le scuole i ragazzi che studiano e lasciare fuori alunni aventi storie personali e circostanze pressanti a livello sociale». Dopo aver toccato diverse tematiche, il relatore ha concluso evidenziando come non sia molto lontana nel tempo la perdita di più di 100 plessi scolastici in Calabria, e ha sottolineato come «quando in un Paese si chiude la scuola, si chiude un presidio di democrazia e legalità e si perde di vista lo Stato», ponendo l’accento su come la scuola sia necessaria perché «per educare serve una comunità», lasciando aperta la porta a future nuove collaborazioni con l’Università “Mediterranea”. Ha citato infine l’Émile di Rousseau, secondo cui «le persone sono buone, è la società che le rende cattive»: allora la scuola deve essere quella società buona che rende “buono” anche colui che si era perso.
Ci si è immersi, poi, nel mondo dell’inclusione e dell’interculturalità grazie alla relazione della prof.ssa Rosa Sgambelluri, docente di pedagogia interculturale, intitolata Alleanza educativa tra scuola e università: verso nuove prospettive interculturali e didattico-inclusive. Nella corso della sua trattazione, la neo-professoressa associata dell’UniRC ha delineato un excursus sulla storia e le vicende legate ai due concetti summenzionati: inclusione, anzitutto, come problema di significativo interesse pedagogico e obiettivo chiave delle politiche internazionali, come necessità di integrare nelle scuole comuni alunni che vengono indirizzati in istituti speciali, ponendo maggiormente l’accento sul discorso di “efficacia educativa”; educazione interculturale come “imparare a vivere insieme” in un mondo in cui le relazioni con gli altri e l’incontro con le differenze sono sempre più ingredienti normali della vita quotidiana. Tutto ciò pensando di attivare percorsi di progettazione universale nella didattica inclusiva (universal design for learning), sia nei contesti scolastici che universitari; avendo al centro di tutto il singolo studente e le sue diversità che ne caratterizzano l’identità.
Infine, dopo qualche minuto dedicato alle domande e ai commenti dei partecipanti, ci si è avviati alle conclusioni curate dallo studente Presidente Themis, Girolamo Giovinazzo il quale, intervenendo dapprima con ulteriori quesiti che hanno contribuito ad arricchire il dibattito tra i relatori, ha poi tirato le somme di quanto detto durante la mattinata: l’istruzione calabrese (insieme a quella italiana) necessita di una profonda riforma, come ribadito dalla prof.ssa Priore, ma anche di un sistema proprio, “autoctono”, non importato da altri Paesi in cui tale aspetto è sì efficiente e idoneo, ma non è “nostro”, non è adatto a noi.
Si conclude, così, un’intensa mattinata all’insegna del dialogo e del “mettersi in gioco”: per l’Associazione Universitaria “Themis” e tutte le istituzioni e i professionisti partecipanti è motivo di orgoglio aver dato vita ad un’importante occasione di confronto, che si spera possa riproporsi negli anni a venire. (fs)