È in programma per questo pomeriggio, alle 17, su Zoom, l’incontro di studio su La Italia delle province regionali e delle città metropolitane. Progetto di riorganizzazione territoriale italiana e sue ricadute sull’area dello Stretto organizzata dalla Fondazione Mediterranea e dalla Società Geografica Italiana.
Presentazione e ratio saranno a cura della Fondazione Mediterranea rappresentata dal dr. Vincenzo Vitale; la relazione di base sarà del costituzionalista prof. Antonino Spadaro. Sono previsti interventi del giornalista Gianpaolo Latella, del già presidente del Consiglio Regionale, dott. Nicola Irto, e di un rappresentante della destra politica reggina, prof. Giuseppe Bombino.
L’incontro di studio partirà dalle considerazioni poste l’8 marzo del 2013 dalla Società Geografica Italiana, sotto la guida del prof. Franco Salvatori.
L’antica Istituzione Culturale della Repubblica Italiana, nella sua sede romana di Villa Celimontana, ha presentato un progetto di riordino territoriale italiano che, considerando la natura essenzialmente urbana dell’insieme geografico dello Stivale, prevede l’eliminazione dell’istituto regionale così come lo conosciamo: erede della divisione territoriale per fini statistici fatta nella seconda metà del XIX secolo, ideata nell’Italia preunitaria del 1852 dal prof. Cesare Correnti che fu in primo presidente della Società Geografica; formalizzato nella Costituzione postbellica dall’Assemblea Costituente nel dicembre del 1947 all’art. 131, in accoglimento delle tesi regionalistiche di don Sturzo; concretizzatosi negli anni Settanta del Novecento; implementato nel 2001 con la riforma del titolo V della Costituzione.
Unitamente alla scomparsa della Regioni, si avrebbe l’accorpamento di Province, che passerebbero da 110 a 36, di cui 14 città metropolitane. Si creerebbero così 36 aggregati urbani, o Dipartimenti o Provincie Regionali, unico ente intermedio tra Stato e Comuni, con una razionalizzazione, anche in termini di spesa, dell’impianto statale oltre a una sacrosanta valorizzazione delle identità territoriali. Non va dimenticato, infatti, che l’istituto provinciale è più antico di quello regionale, risalendo al Decreto Rattazzi del preunitario 1859 e ispirato all’organizzazione statale francese: al momento dell’unità, l’Italia venne divisa amministrativamente in 59 province e statisticamente in Compartimenti, che solo nel 1912 furono chiamati Regioni nell’Annuario Statistico Italiano.
Questa impostazione generale andrebbe integrata, secondo la proposta della Fondazione Mediterranea, dalla revoca del potere legislativo così come oggi è affidato alle Regioni, sì da rendere omogeneo sul territorio il godimento dei diritti civili, unitamente al riconoscimento ai nuovi enti intermedi di ampie autonomie in grado di sviluppare e potenziare le locali energie identitarie comunali. Va da sé che andrebbe sollecitata, nell’ambito di questi Distretti Regionali, i cui confini e numero potrebbero subire ulteriori modifiche, la costituzione di consorzi e fusioni tra comuni sì da snellire ulteriormente e rendere più funzionale l’impianto amministrativo territoriale.
Questa ipotesi di riforma sarebbe peraltro comporterebbe l’autonomizzazione della città metropolitana reggina dal contesto regionale calabrese e specularmente di quella messinese nell’ambito sua Regione Sicilia. Le città sullo Stretto sarebbero così più libere d’intraprendere il previsto percorso consortile o addirittura la loro fusione in un’unica realtà regionale dello Stretto, in cui le già Province manterrebbero la loro autonomia (come Bolzano e Trento) e in cui eventualmente potrebbe confluire anche Vibo Valentia, la cui fascia costiera è la logica continuazione a nord dell’Area dello Stretto. (rrc)