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LA SANITÀ CALABRESE TRA CRITICITÀ E LA
MANCANZA DI UNA “VISIONE” STRATEGICA

LA SANITÀ CALABRESE TRA CRITICITÀ E LA MANCANZA DI UNA "VISIONE" STRATEGICA

di ANTONIO DI VIRGILIO – La crisi del nostro sistema sanitario, iniziata col suo definanziamento decennale, attestatosi secondo le stime della Fondazione Gimbe a 37 miliardi di euro, è ormai chiara a tutti. L’accesso alle cure e la prevenzione sono negate soprattutto nelle regioni più deboli, tanto che la salute è ormai un diritto differenziato per residenza. La Regione Calabria  dopo 13 anni è ancora sottoposta al Piano di Rientro dai Disavanzi Sanitari Regionali ed al Commissariamento per l’attuazione del suddetto piano, che ha prodotto solo disastri.

Abbiamo assistito a tagli indiscriminati dei posti letto, alla chiusura di 18 ospedali, al blocco del turnover del personale sanitario, all’impoverimento dell’offerta di salute. Risultato? Allungamento delle liste d’attesa, aumento della emigrazione sanitaria, e ciò che più fa male, una riduzione inaccettabile dell’aspettativa di vita. L’attuazione inoltre della autonomia differenziata rischia di acuire ulteriormente tale emergenza al Sud.

La struttura commissariale in Calabria non ha perso la capacità di produrre, come per gli anni passati, decreti (Dca) zeppi di dati, analisi, tabelle complicatissime, criptiche per i non esperti, senza concretezza programmatica né una visione strategica della sanità regionale valida per almeno i prossimi 5 anni.  Sono di questi giorni la polemica e gli attacchi trasversali sulla questione del riordino della rete ospedaliera, il Dca n° 78 pubblicato dal Commissario ad Acta il 26 marzo 2024, avrebbe integrato con 2 tabelle (prese dal Dca 198/2023!) il Dca n°69 del 14 marzo 2024, intervenuto a modifica del Dca n°64/2016 e del Dca n°198/2023. Questo decreto rischia concretamente di diventare il libro dei sogni, tra proposte contraddittorie, posti letto immaginari, Unità Operative fittizie, dotazioni organiche sulla carta, mancanza di coperture finanziarie, con una rete assistenziale territoriale inesistente, che dipingono una realtà sanitaria drammatica.

Mancano 951 posti letto ancora da attivare rispetto al Dca del 2016, e oltre 2000 operatori sanitari e come se non bastasse abbiamo appreso di chiusure e riaperture parziali di reparti qua e là, accorpamenti incomprensibili, ridimensionamenti di unità operative e demansionamenti di dirigenti medici, con la scomparsa di decine di unità semplici, in una regione da cui i giovani medici scappano dal pubblico, rimpiazzati da medici stranieri. Saltano all’occhio il depotenziamento della Nefrologia e della Pneumologia di Corigliano, il ridimensionamento del ruolo strategico del polo ospedaliero di Lamezia Terme e dell’ospedale di Acri, il sottodimensionamento della Cardiochirurgia della Dulbecco di Catanzaro, priva della rianimazione cardiochirurgica dedicata, la chiusura della Terapia Intensiva Neonatale a Cosenza, l’allocazione di reparti di Orto-geriatria in Dea di II livello senza prevedere reparti di Riabilitazione e recupero fisico, il reparto di Recupero e riabilitazione a Cosenza con 11 posti letto senza Primario, mentre si confermano altrove reparti con 2 posti letto ed un primario.

Confermata anche la chiusura progressiva di 35 reparti. Nessun accenno, infine, alla nuova Facoltà di Medicina di Cosenza, dove procede il reclutamento dei professori e che dovrebbe garantire ai laureandi l’accesso ai reparti di degenza; ne saranno istituiti altri nell’ospedale, fotocopia di quelli esistenti? Saranno clinicizzati quelli esistenti, ovverossia diventeranno a direzione universitaria, mortificando, come avvenuto a Catanzaro le legittime aspirazioni di dirigenti medici di chiara esperienza? Vogliamo che anche questi emigrino alla ricerca di migliori condizioni di lavoro e prospettive di carriera? È arrivata l’ora di investire sul personale sanitario.

La programmazione della rete ospedaliera è avvenuta in ossequio al parametro ministeriale del numero di posti letto per 1000 abitanti ed ai vincoli di bilancio imposti dal costoso Advisor Kpmg per il rientro dal deficit sanitario.  Nessuna valutazione è stata fatta riguardo ai bacini   di   utenza, ed alle loro specificità, non si è tenuto conto delle risultanze epidemiologiche delle popolazioni, della prevalenza e distribuzione delle patologie acute e croniche e delle configurazioni geomorfologiche dei territori. È da considerarsi positivo il lavoro fatto sull’analisi dei flussi migratori sanitari, ma preoccupa la totale assenza di una strategia di contrasto. Le questioni aperte sono ancora molte, cosi come gli attacchi continui alla nostra sanità.

La revisione di luglio scorso del Pnrr, Missione 6, riduce le Case della Salute da 1350 a 936 e gli Ospedali di Comunità da 435 a 304, limitando la realizzazione a quelle strutture già esistenti, cosa che si abbatte in modo drammatico sulla Calabria dove la gran parte di esse sarebbe da costruire ex novo. In questo caso nessuna voce si è levata contro questo scippo. Ed ancora il taglio di 1,5 miliardi del fondo per la messa in sicurezza delle strutture ospedaliere che mette a rischio numerose opere in una Regione che grazie alla inettitudine di una classe dirigente, attende da oltre 20 anni la realizzazione dei nuovi ospedali di Catanzaro e Cosenza, tra ipotesi progettuali, protocolli di legalità e pose delle prime pietre.

Noi riteniamo che la riorganizzazione del Sistema Sanitario Regionale vada affrontata con competenza, con una visione organica e soprattutto con coraggio. Col coraggio che occorre per opporsi agli scippi perpetrati da oltre 20 anni a danno di questa Regione, per pretendere, in seno alla Conferenza Stato-Regione la revisione dei criteri di redistribuzione del finanziamento statale dei sistemi sanitari regionali, cosi come da noi proposto da tempo, affinché i divari accumulati possano essere recuperati.

Ma che cosa si richiede alla rappresentanza politica se non il coraggio di difendere con le unghie e con i denti le richieste di salute provenienti dai propri territori? Sulla difesa di questi diritti “Italia del Meridione” non intende accettare compromessi la nostra attenzione sarà massima affinché la salute non sia un diritto differenziato. (adv)

[Antonio di Virgilio è del Dipartimento Federale Sanità]

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