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L’ASSENZA DI LEADER LIMITA LO SVILUPPO
GIUSEPPE NUCERA: CALABRIA VOLTI PAGINA

Giuseppe Nucera

di SANTO STRATI – Le prossime elezioni regionali in Calabria continuano a riservare colpi di scena senza soluzione di continuità. La lite pressoché irrisolvibile tra l’ex premier Giuseppe Conte e Beppe Grillo finirà per compromettere anche le contestatissime decisioni del partito democratico sulla candidatura di Maria Antonietta Ventura. E mentre il centro-destra, con saldamente al comando, in chiave unitaria, Roberto Occhiuto, gongola e pregusta una vittoria quasi a tavolino, c’è una Calabria che si domanda e si interroga se ci sarà una nuova coscienza politica anche se non dovesse cambiare l’attuale compagine di governo regionale. 

Calabria.Live sul tema elezioni e sviluppo possibile ha ascoltato Giuseppe Nucera, imprenditore del turismo con una fortissima passione politica.

– Mentre a destra si è consolidata una forte e coesa coalizione, a sinistra si brancola nel buio e i movimenti d’ispirazione civica come il suo “La Calabria che vogliamo” vivono un momento di inevitabile incertezza. Vuole tentare un’analisi politica e indicare il percorso ideale per la Calabria e i calabresi? Non crede sarebbe opportuno raccogliere le forze sane della regione disposte a impegnarsi per un rilancio della politica?

«In Calabria la politica è debole, o meglio, la classe politica calabrese è molto debole rispetto ai partiti nazionali e al quadro politico nazionale. Abbiamo una classe politica che è asservita alle logiche dei partiti nazionali, non abbiamo grandi leader. Il tempo dei leader calabresi che cavalcavano la scena politica e nazionale è finito da molto tempo. Tempi di Misasi, di Mancini, quando la Calabria contava, quando la Calabria aveva un ruolo ed in Calabria si facevano gli investimenti, si facevano le università, l’Università della Calabria, l‘Università di Reggio Calabria, che è nata prima di ogni altra università, l’Università Dante Alighieri. 

«Tutti ricordiamo l’onorevole Reale, il suo impegno culturale, ebbene, quella stagione politica è finita da tempo, e, infatti, oggi la Calabria patisce questa debolezza e di conseguenza anche i gruppi politici, le personalità politiche minori che rappresentano delle energie, delle forze sane, delle intelligenze, soffrono di un grande difetto, quella della mancanza di unione e di fare squadra. L’eccesso di individualismo non porta bene a nessuno. 

«Ci può essere una sintesi? Ci potrebbe, ma gli attori che cavalcano la scena politica calabrese, anche in vista delle prossime elezioni regionali, sono attori non credibili. Quindi bisogna lavorare per mettere in campo programmi, idee, proposte e poi chi guida questi programmi, chi si mette a capo di questi programmi, può essere la rappresentazione da sintesi.Il nostro movimento La Calabria che Vogliamo, si sforza in tal senso. Abbiamo sempre cercato il dialogo non guardando né la destra, né la sinistra ma guardando a quello che può essere interesse della nostra regione. La massima, che mi guida in Calabria, è quella di Mao Tse Tung che diceva: “A me non interessa il colore del gatto, se bianco nero o rosso. A me interessa che il gatto prenda il topo”. Lo stesso dico io. 

«A me interessa che sia una leadership capace di portare avanti gli obiettivi, i programmi, le questioni aperte della nostra regione, che sono tante e non c’è chi può fare una sintesi in questo momento».

– Il centro-destra ha mostrato di saper fare gioco di squadra, mettendo da parte rivalità, dissapori e gelosie…

«In Calabria, il centro-destra ha la capacità di raccogliere un po’ i vari gruppi di potere. Alcuni storicamente hanno una loro collocazione di destra, di centro-destra, altri sono come le mandrie, che fanno il passaggio dalla destra alla sinistra a seconda delle convenienze del gruppo di potere, di chi va al governo e quindi, siccome sono gruppi di potere, devono tutelare i loro interessi. Si spostano verso chi governa. Sono delle transumanze politiche umane. Questo è il fenomeno più deleterio, più negativo.

«Nell’unità del centro-destra, gioca il ruolo che hanno i tre leader nazionali, leader forti che hanno capacità di tenere uniti i loro gruppi e quindi attorno a questi tre leader si può creare una forza sana di uomini responsabili, così io li chiamo, che portino avanti le questioni calabresi. 

«Si era avviata bene la stagione di governo di Jole Santelli, che sicuramente avrebbe dato un segno di cambiamento, e noi de La Calabria che Vogliamo ci siamo avvicinati a lei, l’abbiamo sostenuta, in quanto, le nostre idee trovavano molte assonanze, tipo, in primis, la reputazione oppure il ruolo dei calabresi emigrati. Attraverso anche l’Associazione dei Calabresi nel Mondo, la Federazione dei calabresi nel mondo, due movimenti che davano una risposta diversa,  una lettura diversa di quelli che sono i bisogni della nostra regione. Unendo i calabresi residenti, uomini del fare, con i calabresi emigrati nei vari continenti, uomini del fare che hanno avuto successo nei luoghi dove sono andati ed hanno creato delle aziende importanti. E la reputazione ritorna di attualità come sempre perché una regione che non ha una buona reputazione non può porsi all’attenzione delle altre regioni, degli altri territori e anche nel rapporto con le comunità estere. 

«Per cui ci vuole un’autorevolezza che si ponga come difesa di questa regione e anche dimostrando con una sana comunicazione che in Calabria ci sono risorse, intelligenze, ci sono poli industriali che possono fare la differenza specie anche dopo il Covid, quando l’Europa guarda verso il Sud, verso il Mezzogiorno come piattaforma che si pone verso l’Africa, continente africano che sarà lo scenario mondiale e dei futuri decenni dello sviluppo dei consumi e delle produzioni. E non è un caso se la Cina ci ha messo le mani da tempo in silenzio e oggi alza la testa. E vediamo quello che sta succedendo nelle politiche economiche globali. Abbiamo le materie prime che ormai hanno schizzato i prezzi fuori da qualsiasi logica, prezzi triplicati, raddoppiati di materie prime gestite e che sono sotto controllo dei cinesi. Il mondo occidentale sta soffrendo tanto su quest’aspetto e quindi il ruolo del nostro Mezzogiorno, che è la piattaforma naturale dove la Germania, i Paesi del Nord Europa, della Francia, guardano al Sud con occhi diversi».

– Quindi, l’assenza di leader stravolge la campagna elettorale. Ma non sarà anche la mancanza di visione strategica, di programmi, di pianificazione?

«La Calabria, sonorità forti nello scenario politico nazionale, ne ha avuti nel passato. Basta ricordare l’ultimo quarantennio, le figure di Giacomo Mancini e Riccardo Misasi, che hanno fatto vivere alla Calabria una bellisima stagione di crescita, di infrastrutture, sul piano culturale, le università, le industrie, che poi sono anche fallite ma anche Gioia Tauro, il porto di Gioia Tauro. Doveva esserci un centro siderurgico e alla fine è diventato, con il Porto, il punto di riferimento per lo sviluppo industriale di tutto il Mezzogiorno e della Calabria, in particolare. 

«La Calabria è rappresentata in Parlamento, su cento parlamentari, con diciotto eletti nelle liste dei Cinque Stelle, gente che nessuno conosce e che non ha né arte e né parte e questo fa parte della non-politica per cui gli elettori non conoscono gli eletti e perdono interesse e qualsiasi pulsione politica che peraltro ha una bella tradizione nel popolo calabrese. Facile immaginare che l’aumento dell’astensionismo sia figlio di questa situazione. 

«Io francamente dopo la mia ultima esperienza riesco a fare un’analisi più profonda. Il movimento La Calabria che Vogliamo, è nato sulla base di un’esigenza, di un’analisi che è stata fatta in gruppi di discussione e nel mondo imprenditoriale dove abbiamo visto che c’era, e c’è, molta disattenzione verso le problematiche calabresi. Allora io, che venivo da un’esperienza politica di formulazione di base dal movimento studentesco, al Partito Socialista, dove già a 21 anni nel comitato centrale dei Giovani Socialisti a Roma, nel sindacato della grande Cgil e la mia attività di impresa, la mia eperienza anche di assessore a Reggio Calabria negli anni 90, quando con l’inchiesta Tangentopoli ci sono stati molti arresti ed io non ho avuto nemmeno un avviso di garanzia. 

«L’esperienza successiva all’interno di Confindustria dove ho svolto ruoli importanti a livello nazionale ma nel settore del turismo in particolare e poi conclusasi con le elezioni a presidente degli industriali reggini. Io ho deciso di dimettermi da Confindustria proprio perché volevo portare questa ventata nuova calabrese dove un gruppo di imprenditori, uomini del fare, espressione del territorio, si ponevano all’attenzione perché venisse data loro la possibilità di governare la Calabria che usciva da un’esperienza fortemente negativa di Oliverio e cosi via. 

«Uno degli obiettivi che già in Confindustria mi ero posto e ho messo poi a base del programma del mio movimento riguarda la fuga dei cervelli. dare la possibilità di nostri giovani che studiano e si formano fuori di poter tornare nella loro terra di origine. I soldi spesi, investiti diciamo, dai nonni, dai genitori dalle famiglie per farli studiare non possono e non devono servire a far arricchire le regioni del Nord o i Paesi stranieri che sono bravi a trattenere i nostri ragazzi, soprattutto le migliori capacità: bisogna offrire opportunità, occasione di crescita, occupazione sicura e non precariato a vita. I fondi del Por possono servire, ma serve un’azione energica e una pianificazione precisa proprio guardando al futuro dei nostri giovani.

«Quando ero a capo di Confindustria Reggio ho scritto ai Rettori delle principali Università per far conoscere ai giovani alcune opportunità che i programmi di finanziamento (Io resto al Sud, ndr) offrivano. L’obiettivo era di offrire agli “aspiranti imprenditori” il supporto necessario alla creazione di iniziative imprenditoriali nell’Area Metropolitana di Reggio Calabria attraverso la conoscenza del territorio e degli opportuni strumenti agevolativi e l’assistenza di uno sportello dedicato per la fase di analisi dei progetti, l’indicazione delle procedure necessarie per lo sviluppo del bando, le relazioni istituzionali in essere con gli enti partner quali, Camera di Commercio, ordini professionali, istituti di credito, oltre ovviamente il network degli associati a Confindustria sia a livello locale che nazionale ove necessario. E la risposta dei Rettori è stata immediata e positiva, dalla Luiss, dalla Sapienza, da tanti altri atenei italiani.

«Purtroppo, questo progetto sui giovani, come altri che il nostro Movimento stava portando avanti sul welfare e l’occupazione, non è stato recepito e quindi oggi come oggi possiamo dire che le stesse scelte che sono state fatte nel centro-destra con Occhiuto e Spirlì e poi anche nel centro-sinistra con la signora Ventura, sono frutto di analisi, di calcoli, di mediazione fra le forze politiche ed i gruppi che gestiscono la politica a livello regionale. 

«Sono teleguidati da Roma, qui in Calabria non abbiamo dei dirigenti politici che si alzano e prendono la parola e dettano la linea a Roma o quanto meno si fanno ascoltare. Sono tutti lì, dietro la porta del padrino, a prendere ordini e portarli qui in Calabria. A volte, nemmeno vengono consultati, Roma decide senza chiamarli e senza chiedere il loro parere. Quindi c’è la possibilità di rigenerare la politica calabrese in questo contesto? In questo  momento storico, io non la vedo anche perché c’è molta sfiducia, non ci sono elementi che possono dire “percorriamo un’altra strada”. Io sono disposto e l’ho detto anche privatamente, ma lo affermo oggi pubblicamente, ad aggregare, ad essere partecipe, ad un’aggregazione di forze eterogenee, di forze nuove, di personalità diverse che non hanno un interesse di potere ma che sono animati dalla volontà del cambiamento. Ci sono tanti soggetti che si agitano però non riescono a fare sintesi o avvicinarsi e dialogare perché ognuno si sente portatore del vento della verità e quindi non accetta di misurarsi, di confrontarsi e di fare un passo indietro se necessario. Io, questo problema non ce l’ho e sono disposto a sedermi attorno al tavolo con chiunque voglia ricambiare anche al di fuori degli schemi tradizionali dei partiti. 

«Ci sarà questo? Non credo, anche perché chi pensa di fare cambiamento con De Magistris, credo sia gente di parte, è gente che ha preconcetti di partito. 

«De Magistris non rappresenta nulla di nuovo in Calabria, da magistrato ha creato solo scandalismo e nessuno delle sue inchieste è stata poi confermata da gli alti gradi di giudizio della magistratura, tant’è che poi è finita che lui non è più magistrato. L’esperienza di sindaco di Napoli, parlando con i napoletani, si evidenzia il fallimento di questi dieci anni. Napoli non è cambiata in meglio e allora perché viene in Calabria, si propone in Calabria? Perché finisce questa sua esperienza, alla ricerca di un posto al sole, un posto che consenta di vivere e sopravvivere economicamente.

– E di Tansi e del suo movimento cosa pensa? 

«Tansi ha cavalcato il solito cliché dello scandalismo, becero, senza alcuna proposta seria di programmazione. Si è esaurita quella fase, per cui  l’opinione pubblica ha capito che pur facendo parte dell’establishment burocratico calabrese prima a Cosenza e poi alla Regione, non può essere una risposta ai problemi che la Calabria ha. In più il suo forte egocentrismo o narcisismo lo limita sul piano delle alleanze, tant’è che è naufragata la proposta di fare il tandem con De Magistris.

«Ci sono scenari nuovi, ci sono personalità forti calabresi (per esempio Misiti) ma non sono stati presi in considerazione neanche dal centro-destra. Quindi vedo un orizzonte negativo, un orizzonte oscuro, niente di nuovo all’orizzonte, si potrebbe dire». (s)

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