di FILIPPO VELTRI – Capita sempre più spesso in questa nostra bella Calabria che le cose buone e positive ci passino sotto i nostri occhi e noi non sappiamo vederle se non, addirittura, le scambiamo per altro, le mettiamo cioè in un angolino e le facciamo passare per cose non buone. Misteri di casa nostra.
Capita così che un grande giornale come il Corriere della Sera in uno dei suoi dorsi più specialistici e di nicchia – il Corriere Innovazione – dedichi una pagina intera ad un mirabile episodio di cooperazione tra due nostre Università, che noi invece per mesi abbiamo dileggiato in un’assurda lotta campanilistica tra città, atenei, quasi un derby calcistico in salsa accademica. Assurdo, veramente assurdo!
Di che parliamo? L’ 11 ottobre l’Università della Calabria e l’Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro hanno inaugurato il primo corso in Italia in Medicina e Tecnologie digitali interateneo. L’offerta formativa punta sull’ innovazione per rispondere alle sfide professionali del futuro con uno sguardo internazionale. Si tratta infatti di una laurea magistrale a ciclo unico con 66 posti disponibili di cui 6 riservati a cittadini stranieri non comunitari residenti all’estero.
Nel suo intervento alla giornata inaugurale dei corsi la ministra dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, ha parlato di una «iniziativa importante e vincente che seguiremo nel tempo per capire se c’è la possibilità di allargarla ad altre realtà».
Sì: avete capite e letto bene. Per una volta facciamo da apripista nazionale in una cosa bella e positiva. Non solo si studieranno le competenze mediche ma come padroneggiare le nuove tecnologie e applicarle nel mondo sanitario, con l’apprendimento di metodi e tecniche proprie dell’intelligenza artificiale e della bio-informatica. Si andrà avanti nello studio della telemedicina, della medicina di precisione, della medicina personalizzata, della chirurgia robotica. Questo corso assicurerà un doppio titolo: la laurea magistrale in Medicina e chirurgia e la laurea triennale in Ingegneria informatica.
Ecco quindi i medici-ingegneri nella regione della mala sanità, della mala medicina, della sanità commissariata da 13 anni ecc ecc.
Un quadro che dovrebbe, dunque, attirare attenzione positiva, suscitare quantomeno interesse, sollevare dibattiti per come aiutare questo sforzo che due università di casa nostra hanno messo in piedi. E invece…
Accade invece che si sollevino – soprattutto se non esclusivamente da Catanzaro – settori del municipalismo più becero che tanto danno, come dovrebbe essere noto, ha portato alla Calabria per aprire una canea sullo “scippo ai danni del capoluogo”, su una nuova facoltà di Medicina che mette in secondo piano quella già esistente, un doppione, un’offesa alla dignità del capoluogo, ecc ecc.
Una incredibile sollevazione di gruppi, associazioni, sigle che puntano al solito refrain della città defraudata, chiamando a raccolta – come fecero 50 anni anni fa in altre parti della nostra bella Calabria – gli spiriti più bollenti. Per fortuna nostra i tempi sono cambiati, i luoghi sono diversi, il contesto come direbbero i marxisti è mutato e nulla è successo. Ma un’occasione sì che è stata persa. Anzi due: quella di tacere in primo luogo e di non sbraitare solo per farsi notare e, magari, ricordarsi di come si difendono per davvero la storia e la dignità di un territorio.
E la seconda occasione è stata quella di non saltare addosso a questa meravigliosa situazione creatasi (per la cronaca: se l’Università di Catanzaro non aderiva l’Unical si rivolgeva altrove e il corso interateneo si faceva fuori dalla Calabria) per rendere tutti edotti di quanto di positivo anche noi si poteva e si può fare.
Insomma quanto siamo capaci di farci del male noi stessi quando il bene è invece dietro l’angolo! Anzi davanti l’angolo! (fv)