di CORRADO TOCCI – Cominciano a palesarsi in modo sempre più evidente i danni causati dalla pandemia riguardo alla formazione delle nuove generazioni. Nei giorni scorsi è stato pubblicato il rapporto “Scelte compromesse. Gli adolescenti in Italia, tra diritto alla scelta e povertà educativa minorile”, promosso da Openpolis e Con i Bambini.
Il rapporto mette in evidenza le problematiche legate al fenomeno della povertà educativa che colpisce i giovani che frequentano la scuola dell’obbligo e le cause che accentuano il dilagare del fenomeno. «In Italia un adolescente su 12 ha una cittadinanza diversa da quella italiana, oltre 300mila, se si considerano i residenti tra 11 e 17 anni». Nel caso degli adolescenti senza la cittadinanza italiana, si riscontrano «difficoltà di inserimento nel percorso scolastico», «disuguaglianze nell’accesso agli indirizzi delle scuole superiori», «abbandono precoce degli studi».
Il crescere delle disuguaglianze è direttamente collegato alle condizioni di disagio economico che vivono le famiglie italiane; il rapporto fotografa la situazione prima dell’emergenza Covid: “Già nel 2019, il 9,2% delle famiglie con almeno un figlio si trovava in povertà assoluta; quota che tra i nuclei con 2 figli supera il 10% e con 3 o più figli raggiunge addirittura il 20,2%. Il 41,9% dei minori vive in una abitazione sovraffollata”.
La povertà delle famiglie evidenzia anche il divario tecnologico che gli studenti appartenenti a famiglie povere debbono affrontare, prima dell’emergenza, “il 5,3% delle famiglie con un figlio dichiarava di non potersi permettere l’acquisto di un computer. E appena il 6,1% dei ragazzi tra 6-17 anni viveva in una casa con disponibilità di almeno un pc per ogni membro della famiglia”. Perciò, l’esperienza della pandemia è stata ed è spesso tuttora vissuta in modo molto diverso sul territorio nazionale, basti pensare “all’impatto del lockdown per i bambini e i ragazzi che vivono in case sovraffollate, oppure alla possibilità di svolgere la didattica a distanza dove mancano i dispositivi o l’accesso alla rete veloce”.
Marco Rossi Doria, vice-presidente della onlus Con i Bambini, ha giustamente affermato “Con la pandemia le disuguaglianze sociali ed educative crescono e aggravano una situazione caratterizzata da grandi divari strutturali. La povertà educativa, come evidenzia il report, ha spesso origine in queste disparità, non solo economiche, ma sociali e culturali. È un fenomeno che non può riguardare solo la scuola o le singole famiglie, ma chiama in causa l’intera ‘comunità educante’ perché riguarda il futuro del Paese. In questa fase di grandi difficoltà, i ragazzi dovrebbero rappresentare il fulcro di qualsiasi ripartenza”.
La società non si può permettere che decine di migliaia di ragazze e ragazzi rinuncino a partecipare alle decisioni che riguardano il loro futuro. Spetta alla politica indicare una percorso che li inserisca nel circuito della cittadinanza attiva.
Questo percorso iniziale deve essere visto come un inizio di un cammino che durerà tutta la vita, un cammino che non ha percorsi obbligati ma che lascia la possibilità di cambiare a chi fa scelte diverse, ma rimanendo sempre in movimento.
Avvicinarsi all’artigianato potrebbe essere un approccio che stimola le nuove generazioni a ricominciare a camminare, oggi di artigianato non se ne parla più, è rimasto solo papa Francesco che non perde occasione per declinare la parola artigiano collegata al vivere quotidiano.
A queste generazioni sempre meno interessate al contesto sociale in cui vivono potrebbe interessare l’approccio che nella storia è tipico del mondo artigiano. L’economia legata all’azienda artigiana fonda le sue radici nel rispetto dei bisogni dell’uomo, si mette al suo servizio e diventa strumento di progresso sociale e civile.
Per secoli la bottega artigiana è stata lo strumento appropriato per l’oculato uso dei beni della terra, nemica dello spreco delle risorse, protesa ad alleviare le sofferenze di coloro che necessitavano di tali beni.
L’impresa artigiana si identifica con le persone che riunisce, le quali, insieme al titolare, svolgono un lavoro che richiede, a ciascuno, iniziativa e responsabilità nella vita dell’impresa.
Questi giovani risentono della complessità della società di oggi. Complessità dovuta ad una “frantumazione” delle categorie di riferimento, che per anni avevano rappresentato i cardini della realtà sociale, e al conseguente aumento della mobilità sociale.
I Giovani hanno preso coscienza che questa situazione favorisce lo sviluppo di interessi sempre più parcellizzati, ed ostacola il decollo di progetti tendenti ad ordinare «in realistiche e ragionevoli graduatorie di priorità e compatibilità, bisogni civili e desideri individuali, investimenti pubblici e arricchimenti o sprechi privati, che possono coordinare alle risorse esistenti gli obiettivi di sviluppo prescelti, che imponessero efficienza, severità di preparazione e adeguatezza degli strumenti in ogni struttura pubblica o privata, di produzione di beni o servizi, a cominciare dalla pubblica amministrazione» (doc. convegno 90° Rerum Novarum).
Una legislazione sull’apprendistato fondata sulla “catena di montaggio” è divenuta desueta insieme a quel modello produttivo, oggi un giovane che vuole apprendere un mestiere o una professione si deve confrontare, prima di fare proprie delle competenze atte ad inserirlo nei cicli produttivi, con un processo di apprendimento lungo e complesso, è necessario che il Governo Draghi si faccia carico del problema e metta mano alla revisione della legge sull’apprendistato e la delega della formazione professionale alle Regioni. (ct)