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L’OPINIONE / Franco Cimino: Catanzaro, la città bella soffre. Il vescovo l’aiuti

di FRANCO CIMINO – Due anni fa, in occasione della campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Comunale e della carica di Sindaco, mi sono posto, per porla di rimando, la domanda su cosa, tra le altre tante, cosa avesse bisogno Catanzaro. La nostra Città ha tutto, mi sono risposto. Ha la Bellezza tra le più attrattive. Una Bellezza bella, perché vera. Chi mi conosce sa della mia ricorrente definizione: è la più bella città del mondo. Ironia tanta e qualche indispettita reazione, hanno accompagnato questo mio dire a mantra. “Ma sì scemu o pacciu, Cimì?”, in estrema sintesi. Eh sì, perché solo uno scemo potrebbe dirlo. Ovvero, un fuori di testa, che ha l’insolazione anche d’inverno. Chi dice “è bella, però l’hanno rovinata”. Chi più duramente: “no, invece, è proprio brutta”.

Sono, quest’ultimi gli estranei al luogo, o perché forestieri o perché l’hanno da tempo abbandonato con quel sentimento negativo. E, invece, io nuovamente lo affermo: “Catanzaro è la Città più bella del mondo”. E ne spiego le sue ragioni di fondo. Catanzaro è Città del mare e dei monti. Insieme, lo è. Per l’eguale importanza della due ricchezze, lo è. Anche se il mare, il mio mare, di ricchezze aggiuntive ne ha tante da “annegarsi lui stesso”. I nostri monti sono quelli della piccola Sila, non i tre colli su cui Catanzaro è sorta, adagiandovisi, pur se noi abbiamo caricato sopra quelle brevi alture un milione di metri cubi di cemento. Il nostro mare è quello nel quale tutta intera la Città si tuffa. E con gli occhi lo accarezza, potendosi essi stessi affacciare dai cento terrazzi naturali. Pur dal loro punto più alto, lo sguardo sulla magnifica distesa di un celeste continuamente cangiante, è straordinario.

Il nostro mare si muove con dolcezza e “imperio” su quel tratto di costa cui si portano i paesi dell’antichità più classica, anche essi bellissimi, Borgia e Squillace, soprattutto. Questa articolata caratteristica fa immaginare che vi sia, per merito del mare e di quei monti e della storia che li attraversa, una nuova grande Città. Ricca e dotata di tutto, arte, cultura, religiosità, tradizioni, paesaggi. E territorio ancora inviolato accanto all’altro da salvare razionalizzando i nuovi interventi secondo una moderna architettura urbanistica. E una nuova filosofia della Città. Questa nuova realtà si potrebbe formare unendo, senza invasioni e senza accorpamenti innaturali, tutto quel ben di Dio che si muove da Borgia-Squillace, salendo da Catanzaro fino a Taverna. Avrei anche il nome già bell’e pronto: Catanzaro, la Città delle due M, Magna Graecia e Mattia Preti.

In questa nostra attuale bellezza, c’è che pochi luoghi al mondo hanno i monti leggeri e il mare profondo a distanza di soli venti minuti. E quella di un solo abbraccio. Pochi luoghi al mondo consentono a chiunque, dai bambini agli anziani, ai residenti e ai villeggianti, di poter stare al mare del lungo caldo mattino e vivere al fresco del lungo pomeriggio e della interminabile sera del Centro Storico e della Sila, passando da Pontegrande e le due piccole Sant’Elia, per non dire della Pineta di Siano. Basterebbe solo questo per testimoniare della nostra Bellezza. E della possibile ricchezza da essa producibile. Potrei dire molto di più. Della ricchezza del mare, anche. E lungamente. Potrei dire della bellezza, forse un po’ “messicana”, della sua gente. Tutta quella che abita quel vasto territorio.

Ma mi fermo qui. È tutto oro quel che c’è nelle mie parole?Il quadro così dipinto è reale? È perfetto? Assolutamente no! Catanzaro ha tanti problemi. I più sono gravi. Ha molte brutture, le più sono pesanti. Ha tanti graffi sulla pelle. Molti sono ferite. Quelli sul suo volto, autentici sfregi. Ha numerose contraddizioni, specialmente sociali. Alcune rappresentano il massimo dell’ingiustizia. Talune, il limite estremo ben oltre la legalità, di cui si discetta con ritualità scenica. Potrei agevolmente dire che tutte le località, piccole grandi, ce l’hanno. Ma i nostri sono più gravi. E inquietanti. Più pericolosi che altrove. Li abbiamo creati tutti noi, nella nostra insipienza e irresponsabilità. Noi, nessuno escluso, li stiamo facendo aggravare e crescere, con la nostra pigrizia e il cattivo spirito di rassegnazione. Di tutti questi problemi ho lungamente innumerevoli volte detto, denunciandoli con rigore. Oggi me, e ve, li risparmio.

Ciò che mi preme sottolineare è la risposta chiara alla domanda iniziale. A Catanzaro per essere degna della sua grande bellezza, trasformando i suoi problemi in occasione di sviluppo, ha bisogno della Politica. Ci eravamo ripromessi due anni fatti, tutti, di cambiare quella dominante per un paio di decenni almeno, in cui all’ignoranza e alla rozzezza culturale, all’assenza di ideali e idealità, di partiti e movimenti, si erano aggiunti l’egoismo sfrenato, il disamore per la Città, l’assoluta mancanza di senso delle istituzioni.

Le aule del Consiglio Comunale quasi sempre vuote per la discussione dei problemi, quasi sempre piene per la rissa sugli interessi personali interni e di gruppi di potere esterni, rappresentavano la spia luminosa di un degrado mai visto prima. E da noi. Poche volte, altrove. In questi due anni la situazione non è cambiata e quella Politica con la maiuscola ha perso persino il suo più lontano significato. Dalla campagna elettorale è uscito non il voto spaccato in due, falso problema, non un sindaco azzoppato, falso problema, non due maggioranze contrapposte, falso problema, non due proposte inconciliabili, falso problema, non partiti ferocemente antagonisti, falso problema.

Da quella brutta campagna elettorale é venuta crescendo una guerra fratricida tra gruppi sempre più piccoli e persone sempre più incattivite. È venuta affermandosi una cultura di tipo personalistico in cui le istituzioni non hanno neppure la denominazione più generica. Un’idea dell’interesse che non oltrepasso lo spazio del proprio cortile. Una vista sulla città che non supera il metro quadro di pavimento sul quale attacchiamo i nostri occhi. È venuta imponendosi una concezione del potere sempre più cinica e ingannatrice intorno alla quale imperversano i mali peggiori: arrivismo, opportunismo, trasformismo e la compravendita di consensi molto transitori per la formazione di una sempre più posticcia maggioranza numerica. In questo drammatico contesto Catanzaro non può andare avanti. Occorre un immediato giro di boa. Un cambio radicale di intenti e comportamenti. Da soli non ce la facciamo più. Questa politica piccola da sola non ce la può fare.

Occorrerebbe un miracolo. Quello del nostro Santo patrono, con il quale non si è ancora realizzato quello stretto appassionato rapporto che ovunque si realizza tra la gente, non solo i fedeli, e il santo, cui formalmente il luogo è affidato. Probabilmente San Vitaliano è giustamente troppo arrabbiato con noi, per le tante volte in cui ci avrebbe aiutato senza che neppure ce ne fossimo accorti. Però, un aiuto alla sua Chiesa possiamo chiederlo. È il nostro Vescovo che ce lo può offrire, attraverso la Sua parola severa, ammonitrice, che oggi può dire a tutti perché si migliori, ciascuno nel proprio spazio. Non ci assolva pubblicamente dal peccato più imperdonabile, il danno alla Comunità, la ferita al territorio, l’abbandono di quanti si trovano nel più grave bisogno. L’offesa alle istituzioni, la chiesa laica della Democrazia. Non ci assolva per le divisioni feroci della politica.

Per lo spettacolo misero che essa diseducativamente offre ai giovani, allontanandoli vieppiù dall’impegno verso la comunità e i suoi spazi vitali. Il nostro Vescovo, personalità alta e credibile, uomo dalla parola nutrita, ci rivolga la pressante richiesta di unire la Città. Unirla nel Consiglio Comunale. Unirla nell’impegno dei cittadini verso di essa. Unirla nel rapporto ferreo tra cittadini e istituzioni. Tra istituzioni e Politica. Tra Politica ed etica. Tra etica e ideali. Tra ideali e idee. Tra idee e progetti. Catanzaro sia viva, oltre che bella! (fc)

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