di VINCENZO VITALE – Piazza De Nava è divenuta una “tabula rasa”, nel senso letterale originario. Nell’antica Roma si definiva così la tavoletta cerata che, una volta azzerato tutto l’inciso precedente, era pronta ad accogliere una nuova scrittura a incisione.
Posto che la “restitutio in integrum” dell’impianto storico della piazza sarebbe la soluzione migliore, con il rifacimento della pavimentazione e delle aiuole oltre al restauro conservativo del resto, nel caso ciò non avvenisse cosa si andrà a incidere su questa tabula rasa? Stando al progetto esecutivo, ottenuto solo con un accesso agli atti, si concretizzerà l’idea originaria del progetto preliminare e definitivo di uno “spazio ampio” in cui tenere “mostre ed eventi folkloristici”.
Reggio aveva bisogno di ciò in pieno centro storico? Il progetto, definito eufemisticamente “fragile” dai vertici degli urbanisti italiani, non ha nessun “colpo d’ala” che lo possa giustificare e, sia nell’insieme che nei dettagli, è espressione di quella cultura architettonica del “non luogo” alla Marc Augé che può avere una sua logica solo lontano dai centri storici delle città europee.
Tralasciando i dettagli, che poi dettagli non sono (“le diable est dans les détails”), della fontana a zampilli e del vicino “albero della cuccagna”, dei pilastrini usati come “paracarri” nelle strade adiacenti, delle aiuole a barra e delle sedute accoppiate, dei festoni luminosi tra le fronde della magnolia nella vicina piazzetta Alvaro, che non sarà collegata pedonalmente con il Museo, è l’insieme che anche ai profani appare banale.
Un insieme progettuale, costruito nel preliminare al computer con un programma tanto elementare da essere utile solo a stilare una tesina per un esame di architettura, che sarebbe stato ottimo per riqualificare un’area degradata di una periferia urbana ma certamente non utilizzabile come sostituto di una piazza storica.
Quali sono i riferimenti culturali e urbanistici dei progettisti? A quale stile dicono di uniformarsi? Domande legittime, che il cittadino partecipe si è posto e a cui non è stata data altra risposta che il silenzio. In una gestione democraticamente compiuta della città ci sarebbe stato un pubblico dibattito: su piazza De Nava il confronto è stato solo e semplicemente rifiutato da parte della Soprintendenza, con l’avallo di una politica prona ai desiderata dei burocrati dalle “carte a posto”. Quando si parla, quindi, di grave vulnus democratico, o di disconoscimento dell’estetica urbanistica e dell’etica politica, non si parla così tanto per parlare ma si fa riferimento a fatti veri e circostanze documentate.
Comunque la “tabula rasa” intanto è stata fatta: il resto dev’essere ancora inciso sopra. Vedremo. (vv)
[Vincenzo Vitale è presidente della Fondazione Mediterranea]