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L’Università della Calabria presidio di lotta al Coronavirus Covid-19 al servizio del territorio

Violini

di FRANCO BARTUCCI – Dopo l’iniziativa avviata nella scorsa settimana dal Centro Sanitario dell’Università, diretto dal prof. Sebastiano Andò, che ha messo in pratica per tutto il personale dell’Ateneo (docenti, non docenti e studenti) l’uso dei tamponi rapidi antigenici gratuiti finalizzato al tracciamento dei contagi da Covid-19; è di oggi la notizia che il dipartimento di Biologia Ecologia e Scienze della Terra, diretto dal prof. Giuseppe Passarino, ha presentato una richiesta al Dipartimento Tutela della Salute della Regione Calabria per ottenere l’accreditamento del Laboratorio di Genetica e Microbiologia, diretto dalla prof.ssa Dina Bellizzi, a poter processare i tamponi molecolari effettuati dall’Asp di Cosenza.

Il Laboratorio dispone della macchina Rt-Pcr, ovvero la tecnica che consente di individuare la presenza del coronavirus nei frammenti di Rna estratti dopo il tampone naso-faringeo; mentre il Centro Sanitario mette a disposizione le proprie strutture, per effettuare i tamponi rapidi antigenici, oltre che per gli accademici, anche per il pubblico del territorio interessato a tale esame. Per questo è in allestimento una piattaforma web per le prenotazioni.

Intanto, c’è chi all’interno dell’Università della Calabria tiene sotto osservazione l’evoluzione della diffusione epidemica del Covid-19 in Italia e in Calabria, come il dott. Behrouz Pirouz, iraniano, già funzionario del Ministero dell’Energia in Iran, che lavora presso il dipartimento Dimeg; nonché il prof. Galileo Violini, già professore di Fisica Teorica e promotore (2007/2013) delle politiche di internazionalizzazione dell’Università della Calabria.

Entrambi sostengono che: «I più accaniti negazionisti dovrebbero riconoscere che il numero dei contagi dipende, oltre che dal virus, da fattori antropico-comportamentali: il numero dei contagiati, la frequenza dei contatti tra contagiati e sani e la loro durata. Dimezzare i contatti, in una fase di esplosione di un’epidemia è la prima necessità. Le misure che si stanno ponendo in atto per ridurre la frequenza e i contatti presumibilmente produrranno i primi effetti nei prossimi giorni e sui decessi tra circa tre settimane».

«L’elevato del numero di contagiati – hanno aggiunto – impone di seguire lo sviluppo del contagio per assicurare che le misure siano mirate ed efficaci e tengano conto dell’evoluzione della situazione. In un paese delle dimensioni e popolazione del nostro i dati di riferimento non possono essere globali  Una politica di test tramite tamponi presenta due problemi: la sua effettiva fattibilità in modo non casuale se continua l’attuale crescita esponenziale e il rischio conseguente di non identificare casi cui non conduce il protocollo usato». 

«Nelle ultime cinque settimane – hanno proseguito – la percentuale di test positivi è andata crescendo (2, 4, 6, 10, 14%). Ovviamente questo non significa che in Italia ci siano otto milioni e mezzo di contagiati, ma riflette piuttosto le dimensioni dei cluster di contagi dei contagiati i cui contatti sono stati sottoposti al test. Questo rende lecito dubitare dell’efficacia di tale strategia nelle condizioni attuali e soprattutto nel prossimo futuro. È necessario mettere in opera un sistema di informazione ampio, la cui comunicazione favorisca l’adesione ai comportamenti richiesti dai nuovi provvedimenti e di un tale sistema è perno un’identificazione non casuale dei contagiati».

«Per questo – hanno detto ancora Pirouz e Violini – la strategia non deve essere centrata in test individuali per sapere se una persona è infetta, ma su test di massa eventualmente ripetibili con frequenza periodica, che permettano valutare la situazione di un paese, una città, una regione con il fine di identificare cluster e valutare la pressione sul sistema sanitario corrispondente. Questo richiede costi contenuti, facilità di esecuzione, rapidità di risposta e un sistema efficiente di raccolta, elaborazione dei dati e tracciamento».

«Una possibilità interessante – hanno concluso – è fornita dai test antigenici, il cui costo è di 4.5 euro, possono essere prodotti in grandi quantità e soddisfano le condizioni precedenti. Questi test hanno elevata sensibilità e una meno elevata specificità(intorno al 70%) che può essere accresciuta con l’uso combinato di metodi basati su sintomi quali l’alta temperatura e l’anosmia. Test per questi sintomi eseguibili senza richiedere un supporto medico qualificato possono essere eseguiti con un costo contenuto, usando kit di odori e termometri infrarossi e rispondono ai criteri indicati. Poiché stati febbrili si hanno nel 44-91% e anosmia nel 54-88% dei casi positivi, l’uso combinato di questi test e di tamponi rapidi può permettere accuratezze del 83-97%(tamponi e temperatura) e del 92-99.7%, (tamponi, temperatura, anosmia). Questo permetterebbe un efficace confinamento domiciliare».

Ciò detto il prof. Galileo Violini e il dott. Behrouz Pirouz, nel loro studio sostengono che un test analogo potrebbe essere realizzato in Calabria, la cui popolazione è di poco meno di due milioni. È una regione a rischio, non tanto per quanto riguarda i ricoveri in terapia intensiva, essendo la regione con minor occupazione percentuale (5.9%), quanto per la capacità di risposta del sistema nel suo complesso, sopratutto in alcuni comuni delle province di Reggio Calabria e Cosenza, di fronte a un incremento dei contagi.  

«Poco  tempo fa – ci ha detto il prof. Violini – un test di questo genere è stato eseguito in Slovacchia, paese la cui popolazione e superficie sono circa tre volte maggiori della Calabria. Il test eseguito su due terzi della popolazione ha dato l’1.06 di positività, che permette di valutare in un 15% il numero dei contagiati non identificati ufficialmente».

«Eseguirlo in Calabria – ha concluso – costerebbe 10 milioni di euro, ma se limitato alle province di Reggio Calabria e Cosenza, il costo si ridurrebbe a 3.3 e 2.4 milioni di euro. Questo permetterebbe di  pianificare efficacemente e con una solida base di informazione possibili aggiustamenti delle norme anticovid». 

Nella foto il prof. Galileo Violini

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