Il Comitato Liberazione Popolare di Paola ha chiesto al sindaco di Paola, Giovanni Politano, la convocazione di un consiglio comunale aperto alla cittadinanza «per chiarire in che modo affrontare i problemi e ricucire collettivamente lo strappo che la nostra comunità sta da tempo subendo».
«Abbiamo bisogno – si legge in una nota – di praticare una democrazia che sia davvero diretta e inclusiva, che sappia raggiungere e dare voce a chi non ha una voce. Abbiamo bisogno di consigli comunali nei quartieri e assemblee cittadine, per superare l’isolamento e il silenzio e per affrontare la paura che oggi colpisce la nostra comunità. Negli ultimi mesi si sono succeduti eventi gravissimi: abbiamo assistito a un’operazione della procura che ha condotto a numerosi arresti e ha svelato gli inquietanti retroscena di una fitta rete mafiosa all’interno del paese».
«È di pochi giorni la notizia di minacce e atti intimidatori ai danni del primo cittadino, così come l’effrazione nell’asilo comunale – si legge – una violazione allarmante, perpetrata ai danni di un luogo fondamentale per il futuro della nostra città. Uno spazio da preservare e potenziare per garantire a tutti e tutte l’accesso a un servizio che è, purtroppo, ancora per pochi. Ultima cronologicamente, la notizia dell’ennesimo pestaggio in pieno centro, stavolta una vera e propria spedizione punitiva nella piazza principale del paese, quella che dovrebbe essere cuore pulsante dell’incontro e confronto e che rischia di trasformarsi, invece, in un luogo di violenti regolamenti di conti».
«La paura isola, ci trasforma in schiavi del ricatto e in complici. Questa, però, è una storia già nota – continua la nota –. È la storia di quel silenzio che per troppi anni ha tenuto la comunità tutta ostaggio in una morsa invisibile, quando le sparatorie e i sequestri erano tristemente prassi, e vi era il perenne timore di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Le dinamiche di criminalità organizzata trovano terreno fertile nel silenzio e nella precarietà economica del paese, si propagano alimentate dal veleno dell’indifferenza nei confronti del vicino, della volontà di sopraffazione di chi si appropria degli spazi e beni comuni, di chi ruba o distrugge ciò che è di tutti per trarne un mero profitto».
«Il deterioramento che consegue all’abbandono va ben oltre l’aspetto estetico. È nostro compito tentare di ricostruire una coscienza sociale attiva attraverso la partecipazione. Soltanto da ciò può nascere una consapevolezza nuova, la sicurezza di cui oggi tutte e tutti abbiamo urgente bisogno, non dal giustizialismo, dal controllo e dalla repressione, ma dagli spazi comuni di confronto, tolleranza e accoglienza».
«La sicurezza del luogo la fanno le persone che lo abitano – si legge ancora nella nota di Colpo –. Se i luoghi non si abitano essi diventano territorio di nessuno. È necessario adottare una visione il più ampia possibile, non riducendo le dinamiche criminali alla sola violenza di strada. In virtù di ciò crediamo nella visione che coniughi l’agire criminale ed i suoi violenti processi di accumulo del capitale, di estorsioni e di creazione di mercati neri con una “signoria territoriale” in grado di esercitare il controllo delle attività economiche e di tessere relazioni con professionisti, imprenditori, amministratori pubblici e finanche apparati di sicurezza».
«È necessario porre i riflettori sugli “agenti mafiogeni” – conclude la nota – di una società che accetta la violenza sia come mezzo di sopravvivenza, sia come metodo utile a conquistare un ruolo sociale». (rcs)