di DOMENICO MAZZA – Quando si pensa all’insieme di attività e servizi che si riferiscono al trasferimento temporaneo di persone dalle località di abituale residenza, così come ai centri maggiormente prediletti dalla partecipazione antropica, si immagina che l’appeal turistico ricada prevalentemente sulle piccole località.
Quanto detto, è particolarmente vero per il Mezzogiorno d’Italia. Nell’estremo sud peninsulare, infatti, le principali mete di destinazione turistica stagionale sono ridenti Comunità che ricadono nei contesti del Gargano, della Costiera Amalfitana e del Salento. In Calabria, invece, la mente viaggia immediatamente verso quelle mete che vedono in località come Tropea e Capo Vaticano le punte di diamante dell’offerta ricettiva regionale. Certamente, aver realizzato negli anni oculate campagne di marketing ed essere riusciti nell’intento di lanciare il brand Costa degli Dei come visione ampiamente territoriale e non già legata al singolo Comune, ha influito tantissimo nel plasmare una vera e propria destinazione. È vero, altresì, che le richiamate Località hanno caratterizzato tutta la loro economia sul turismo. A questo si aggiunga la vicinanza a nodi della mobilità intermodale (aeroporto e stazione di Lamezia) e il gioco è fatto.
Poi, però, bisogna fare i conti con quelli che sono i numeri e spesso la lora lettura ci restituisce dei dati che non riflettono quanto raffigurato dall’immaginazione. Basterebbe, infatti, controllare l’andamento dei flussi turistici in Calabria nell’ultimo decennio e si rileverebbero indici di particolare interesse e non del tutto tenuti in considerazione. Almeno, non in quella che avrebbe dovuto o meritato d’avere. Solo nell’ultimo biennio, al fianco di storiche località che godono di una eco turistica extraregionale (Pizzo, Praia, Tropea solo per citarne alcune) contesti come Corigliano-Rossano e Crotone, si piazzano fra le prime posizioni per numero di ospiti. Vieppiù, sommando alle due Città le presenze registrate nei dirimpettai comuni di Villapiana, Cassano-Sibari e Isola C.R., Cutro, ci troviamo innanzi al più imponente sistema turistico-ricettivo della Regione.
Nei richiamati comuni dell’Arco Jonico, invero, si sviluppano oltre 41mila posti letto complessivi. Quasi 7mila in più al confronto con la Costa degli Dei e circa il doppio rispetto la Riviera dei Cedri. Numeri che ci restituiscono un potenziale sistema turistico-ricettivo imponente, mastodontico, gigantesco. Tuttavia, sottovalutato. Finanche snobbato o, comunque, non adeguatamente valorizzato e messo in condizione di essere un reale motore economico. E che per caratteristiche di costa, assimilabili quasi esclusivamente a riviera, potrebbe crescere ancora in maniera esponenziale.
Quanto descritto chiarisce due fondamenti.
Da un lato le notevoli presenze nei due principali centri urbani dell’Arco Jonico, configurano la Città pitagorica e quella sibarita come un unicum distinguendole dagli altri principali centri calabresi che neppure si avvicinano a numeri così importanti. Dall’altro che, iniziando ad investire concretamente in un sistema turistico integrato e identitario, tutta la linea di costa, compresa tra l’Area federiciana e Capo Rizzuto, potrebbe concorrere efficacemente a rilanciare l’intero sistema Calabria. Allargando, poi, il contesto a tutto il bacino del Golfo di Taranto, l’ambito assumerebbe le caratteristiche della principale piattaforma turistica rivierasca non già del Mezzogiorno, ma dell’intero Paese. E non esagero se azzardo a dire, finanche, d’Europa.
Bisognerebbe, quindi, puntare sul definitivo completamento ed efficientamento delle opere ferro-aero-stradali (aeroporti di Crotone e Taranto, ferrovia jonica con caratteristiche Avr, SS106). Così come al rilancio dell’attività diportistica interregionale fra i 24 approdi sparsi tra Le Castella e Santa Maria di Leuca.
Le nuove infrastrutture e la rigenerazione di quelle esistenti, dovrebbero essere i capisaldi da cui partire.
È il caso che la politica inizi ad interrogarsi seriamente su quanto sopra illustrato. Ed è ora che lo faccia favorendo progetti integrati anche fra realtà amministrativamente legate a concezioni stereotipate e superate dalla storia e dai fatti. Così da finalizzare una declinazione dell’ambito rinnovata e, straordinariamente, innovativa che possa riscrivere la storia del territorio. Un concetto, quello delle affinità tra aree ad interesse comune, ancora troppo ancorato a sistemi di tipo centralista e con spiccate diseconomie sperequative tra una costa e l’altra.
Solo così l’Arco Jonico potrà candidarsi ad essere il reale fulcro degli equilibri mediterranei e il principale polo attrattivo per gli imponenti flussi turistici internazionali. Il brand Magna Graecia, può essere un richiamo di valenza mondiale; il più grande Mid (marcatore identitario) di tutto il Sud Italia. I territori coinvolti hanno il dovere di aprirsi ad una straordinaria visione che dall’estrema porzione di levante calabrese si allarghi al dirimpettaio ambito di ponente pugliese, passando per la lingua di costa lucana. La baia del golfo di Taranto, non è, semplicemente, il fulcro dello Jonio; è il baricentro del Mediterraneo.
Gli imprenditori l’hanno compreso da un pezzo. Ora, è tempo che lo capiscano le Classi Dirigenti. (dm)