NUOVA PROVINCIA E NUOVO CAPOLUOGO?
LA CITTÀ CORIGLIANO-ROSSANO CI CREDE

L’avvento della prossima campagna elettorale amministrativa a Corigliano-Rossano, dovrebbe indurre partiti e aspiranti candidati a riflettere su una serie di tematiche determinanti per il futuro di Corigliano-Rossano e dei territori limitrofi. Il momento è quanto mai propizio per abbracciare tematiche basate su programmi concreti.

Imperativo dovrà essere il superamento di personalismi e scontri di basso profilo. Gli stessi scontri che, storicamente, hanno alimentato disillusione e incultura, radicando il ritardo che la Città sibarita sconta rispetto altri contesti calabresi. Se da un lato le vecchie classi dirigenti non sono state garanzia d’affidabilità, dall’altro le nuove generazioni politiche non sempre sono riuscite a rappresentare innovazione e speranza. Quello che serve, adesso, in questo preciso momento storico, è la promozione e la messa in campo di pensieri innovativi e idee sfidanti che possano rilasciare un vero e proprio rinnovamento culturale, capace di ridare slancio alla Comunità jonica.

È tempo di smetterla con i discorsi di pancia e con un linguaggio fatto da slogan pseudo-moralisti. Tale linguaggio, fatto salvo chi si limita alle battaglie di tastiera per poi prostrarsi all’arrivo dei conquistatori esterni al territorio jonico, ha ormai stancato la maggior parte del corpo elettorale. I tempi sono maturi per adottare una visione del territorio che offra alla città di Corigliano-Rossano e al dirimpettaio territorio jonico una prospettiva di crescita e sviluppo sostenibile.

Vieppiù, le circostanze impongono di pensare a progetti che possano rilasciare benessere riequilibrando scriteriate sperequazioni regionali. Non per ultimo, l’applicazione di azioni volte al riconoscimento della pari dignità territoriale jonica rispetto altri contesti più emancipati in Calabria.

Chiaramente, il focus dell’agenda politica dovrà essere concentrarsi sull’emergenza occupazionale. Quest’ultima, rappresenta una ferita aperta nella comunità di Corigliano-Rossano e dell’Arco Jonico tutto. Bisognerà trovare quei sistemi atti a cauterizzare detta ferita che, altrimenti, rischia di incancrenirsi. Certamente, non si può sperare di risolvere la partita concentrando sforzi e programmi elettorali su questioni come la realizzazione di qualche tratto della statale o una lunetta sui binari della jonica.

Tantomeno, immaginare che la vicenda occupazione possa essere liquidata con l’arrivo di Nuovo Pignone. Significherebbe, invero, spingersi verso un vicolo cieco. È necessario auspicare riflessioni profonde, proponedo all’elettorato progetti che possano riverberare concretamente crescita sociale ed economica.

Per le motivazioni su richiamate, rivolgiamo agli attuali Candidati in campo: il sindaco Stasi, l’on. Straface, il consigliere Salimbeni, l’attivista Piattello e a tutte le forze politiche e civiche che appoggiano e appoggeranno i nominati uomini di punta, una sfida di autodeterminazione per il bene della Città e del territorio tutto.

La chiave di svolta per il futuro di Corigliano-Rossano risiede nell’assunzione di coraggio e lungimiranza da parte della Classe Politica. Dovrà essere perentoria l’adozione di programmi elettorali lungimiranti, affinché si possa trasformare la terza Città della Calabria in un polo attrattivo per gli investimenti e lo sviluppo socio-economico. Programmi che, nella loro stesura, dovranno confermare, anche e soprattutto, la capacità di uomini e partiti di essere scevri da condizionamenti esterni al territorio jonico.

Anche per dimostrare, una volta per tutte, la capacità di autonomia decisionale degli attori protagonisti verso la Città. Senza lasciarsi influenzare e guidare dalle imposte dettature covate nelle segreterie politiche centraliste che, in riva allo Jonio, dettano le agende politiche da diversi decenni.

La proposta di elevare Corigliano-Rossano a Capoluogo di una nuova Provincia, insieme a Crotone, rappresenterebbe un passo fondamentale verso la ristrutturazione politico-amministrativa del nostro territorio. Una provincia demograficamente importante avrebbe accesso diretto alle decisioni politiche regionali, aprendo nuove opportunità di crescita e progresso. Un’idea di sviluppo non contrapposta ai Capoluoghi storici della Regione, ma che si pone lo sfidante obiettivo di riequilibrare un deviato “Sistema Calabria”; incardinando i suoi principi su basi d’equità e giusto dimensionamento demografico e territoriale degli ambiti regionali.

È evidente, quindi, che l’elevazione della Città a Capoluogo rappresenterebbe la vera chiave di svolta per il nostro futuro e, insieme a Crotone, ovviamente, di vero rilancio dell’intero Arco Jonico. Una nuova Provincia con una popolazione di circa 400mila abitanti avrebbe un peso significativo nelle decisioni politiche regionali ed extraregionali.

Non già, quindi, un processo di semplice elevazione a Capoluogo, tra l’altro non suffragato dai numeri di cui la Sibaritide autonomamente dispone. Piuttosto, un progetto di spessore e valore aggiunto rispettoso dei criteri richiesti dalla norma in materia di giusto parametro demografico e territoriale. La storia ha dimostrato quanto inutile sia stata la creazione di piccole Province come Vibo, Crotone, Biella, Verbania, Fermo, ecc. Questi contesti geo-politici, infatti, sono rimasti fuori dalla gestione dei grandi interessi nei relativi contesti regionali. È importante assurgere al richiamato ruolo, ma, ancor più, farlo coaudiuvati da  una demografia importante e dimensionata al resto degli ambiti già consolidati.

Vieppiù, lavorare alla costituzione di un’area metropolitana Crotone-Gallipoli, promuovendo la cooperazione tra i 24 porti presenti nell’area, potrebbe essere una mossa strategica per valorizzare le risorse lungo la baia jonica. Quindi, favorendo la genesi di consorzi turistici-agricoli-industriali tra i Comuni rivieraschi calabro-appulo-lucani che si affacciano sullo specchio d’acqua del golfo di Taranto.

L’illustrato progetto, dovrebbe essere alla base di un concreto e reale programma elettorale e politico da parte di tutti i candidati in campo. Per attuarlo non sarebbero richiesti investimenti finanziari da parte dello Stato. Invero, basterebbero impegno, volontà e coraggio nelle scelte politiche.

È arrivato il momento che la Politica tutta, almeno quella scevra da legami a doppio filo con gli ambienti del centralismo storico, raccolga questa sfida di dignità e rigenerazione sociale.

Una città, Corigliano-Rossano, nata senza una sua anima ben definita, ma alla ricerca di uno scopo preciso: dare una speranza al suo popolo e ai popoli ad essa riconducibili e bisognosi di una guida. Senza la richiamata speranza, la Città jonica, rischia di non avere alcuna certezza del futuro. Vieppiù, perdendo ogni possibilità di disegnare su un foglio bianco e pulito gli obiettivi a cui ambire. Recuperiamo e riscriviamo tutti, pertanto, un rinnovato senso d’appartenenza alla causa  comune.

Tuttavia, per fare questo, bisogna avere una visione. Soprattutto, c’è necessità di uomini e donne capaci e in grado di guardare con passione e fiducia al loro comune interesse: dare alla nuova città concrete prospettive  di sviluppo. Prospettive, invero, mancate ancor prima che il processo di sintesi amministrativa si compiesse; quando, ancora, la Città, oggi unica, si presentava come due anime urbane e territorialmente separate.

Ricombiniamo, infine, processi policentrici che partendo dal cuore della municipalità sibarita si estendano a tutte le Comunità ricadenti nel vasto contesto dell’Arco Jonico sibarita e crotoniate.

In caso contrario, continueremo a vivacchiare ascoltando inutili cantilene dai palchi elettorali, senza mai cogliere appieno le opportunità che il futuro ci offre. (Comitato Magna Graecia)

ASSIEME ALLA ZES UNICA VANNO ISTITUITE
LE AREE ECOLOGICHE DELL’ARCO JONICO

di DOMENICO MAZZA – Nei giorni scorsi il Governo ha deliberato sulla istituzione della Zeu (Zona economica unica) per il Mezzogiorno. Non più 8 Zes (Zone economiche speciali) a carattere regionale ed interregionale, ma una sola Zeu con cabina di regia nella Capitale.

Del resto, ad oggi, almeno nella nostra Regione, i buoni propositi messi in campo in atto istituzione della Zes Calabria, non hanno portato i frutti sperati. Sull’area jonica, poi, — considerati gli oltre 800 ettari distribuiti tra le aree portuali, retroportuali, aeroportuali ed industriali di Crotone e Corigliano-Rossano — ancora meno.

È risaputo, infatti, che una delle prerogative principali delle aree ZES risieda nella ottimale connettività (materiale ed immateriale) del territorio d’allocazione. E, oltre ogni ragionevole dubbio, non si può sostenere che l’Arco Jonico calabrese sia un ambito “connesso”. Certamente, non connesso secondo i dettami richiesti e raccomandati dall’Europa.

Le cabine di regia che si sono succedute sin all’istituzione della Zes Calabria, invero, sono sembrate poco attente alla non trascurabile problematica illustrata. Probabilmente perché le linee d’indirizzo adottate nel tempo, fedeli a dinamiche di tipo centralista, si sono concentrate sul circoscritto contesto della portualità  taurense. Versante tirrenico, quindi, dove Gioia Tauro insieme a Lamezia, Vibo e Reggio copre i rimanenti 2/3 dell’intera superficie Zes Calabria. Sicché, l’area jonica è apparsa quasi estranea ad un appeal derivante dall’inclusione di porzioni territoriali nel perimetro Zes.

Adesso, però, la rinnovata geografia della zona economica speciale, dovrebbe condurre i territori e soprattutto i Comuni a ragionare per vocazioni d’ambito. Bisognerebbe investire, quindi, nella creazione di sinergie istituzionali utili a concretizzare i progetti, capitalizzando gli auspicabili risultati che potrebbero derivarne.

Inquadramento degli ambiti per interessi comuni

Il territorio che si estende da Taranto a Crotone, da questo punto di vista, offre spazi di manovra molto interessanti. Tuttavia, i richiamati spazi, andrebbero inseriti in una strategia più complessa coinvolgendo i principali Players che insistono ancora su questo territorio (Eni, Enel, A2A, ArcelorMittal) nonché i settori macroeconomici che potrebbero rappresentare concretamente il decollo di un auspicato rilancio industriale: agricoltura, turismo, approvvigionamento energetico e rigenerazione industriale green.

Mettendo da parte inutili personalismi civici ed ininfluenti prese di posizione singole, andrebbe concertata l’azione di 4 ambiti urbani dislocati lungo l’Arco Jonico. Contesti demografici che già dispongono nei propri perimetri municipali di tutti quegli asset su menzionati.

La condizione delle aree industriali, agricole, turistiche e produttive che da Crotone, passando per Corigliano-Rossano e Pisticci raggiungono Taranto, sono investite da perimetrazioni Zes. Le richiamate Comunità, dispongono altresì di aree industriali da rigenerare e di siti Sin da bonificare. Si verificano quindi, complice la centralità della rinnovata cabina unica di regia Zes, tutti i presupposti per iniziare una politica corale e comune. Una nuova linea d’indirizzo ecosistemico, pertanto, basata su principi di sussidiarietà e finalizzata al rilancio di tutto l’ambiente jonico.

A tal riguardo, basterebbe dare un’occhiata a quanto già fatto in Emilia per comprendere la necessaria messa in campo ed attuazione degli ambiti Apea – Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate, utili al rilancio ed alla rigenerazione di quei siti produttivi ancora in attività, dismessi o parzialmente tali.

Le Apea sono aree d’attuazione e rendimento di tipo industriale, artigianale, commerciale, direzionale, turistico ed agricole, caratterizzate da una concentrazione di aziende. Nel loro compimento prevedono la gestione unitaria e integrata delle infrastrutture e dei servizi idonei a garantire gli obiettivi di sostenibilità dello sviluppo a livello locale. Al contempo, contribuiscono ad aumentare il livello di competitività delle imprese in esse insediate.

Chiaramente, processi di siffatta natura dovrebbero prevedere il diretto ed unanime coinvolgimento  dei Sindaci delle richiamate Comunità. In tal senso, un lavoro di squadra tra Amministratori potrebbe accrescere il potere politico territoriale. Si trasformerebbe, quindi, il flebile richiamo di una sola voce in un dirompente urlo corale.

È palese che un procedimento di tale impatto, oggi avvalorato dalla nuova cabina di regia unica per le aree Zes, dovrebbe partire dall’elevazione del corridoio Ten-T Comprehensive (secondario) a Ten-T Core (primario), su tutti i 250 km che distanziano Crotone da Taranto. Tale operazione, consentirebbe di cantierare le opere ferro-stradali ed aero-portuali entro il 2030. Vieppiù, la rinnovata categorizzazione Ten permetterebbe all’Europa di poter intevenire direttamente, surclassando lo Stato membro, qualora quest’ultimo non velocizzasse il processo di modernizzazione delle opere di connettività entro la data su richiamata.

Sapere già oggi di avere a disposizione su quella fascia di territorio ben 3 scali portuali, 2 aeroporti, un’aviosuperficie e 3 nodi ferroviari, pone l’area in una condizione propizia per avviare un ragionamento basato su comuni interessi. Ancor più, un procedimento di siffatta rilevanza  aumenterebbe notevolmente l’appeal delle aree produttive che ricadono nei perimetri di quei Comuni adagiati lungo la linea di costa. L’illustrato, invero, riconoscerebbe un esponenziale incremento di attività produttive legate ai macrocontesti economici citati nel secondo capoverso, concretizzando un aumento dell’offerta di lavoro che andrebbe incontro all’elevata domanda, oggi inevasa.

Inoltre — richiamando le raccomandazioni dell’Europa circa la coesione territoriale — la rimodulazione dei fondi Pnrr (al varo del Governo) potrebbe garantire investimenti importanti e mirati alla crescita, alla produttività ed alla sostenibilità di tutto il comparto macroeconomico dell’Arco Jonico.

Gli effetti dell’adozione della Zona Economica Speciale unica per il Sud Italia potrebbero rappresentare un processo sfidante se accompagnati da una profonda riforma sistemica dei macrocontesti produttivi territoriali. In questo caso, formalizzare ed istituire  le Apea potrebbe significare un’occasione importante per la rigenerazione economica e vitale di quegli ambiti perimetrati nella Zes.

In caso contrario, assisteremo ad un ulteriore centralismo che finirà per rendere ancora più aride aree dalle innate potenzialità, ma spesso dimenticate. E l’Arco Jonico è decisamente una di queste.

Se non ora, quando? (dm)

[Domenico Mazza è del Comitato Magna Graecia]

Un unico, grande, ecosistema dell’innovazione interregionale per la baia jonica

di DOMENICO MAZZAALESSIO CRITELLIGIOVANNI LENTINI – Recentemente, ha iniziato a muovere i primi passi l’ecosistema dell’innovazione nato dalla sinergia tra le regioni Calabria e Basilicata. Tech4you il nome con cui questo è stato battezzato, grazie alla collaborazione dei due Atenei regionali.

L’ecosistema è stato finanziato con i fondi del Pnrr per un valore di 119 milioni sui 120 milioni di massima finanziabili per progetto. Già più volte avevamo riposto le nostre attenzioni verso tale bando, invitando Amministratori, Imprenditori e Centri di ricerca a cogliere le straordinarie opportunità fornite dal progetto e la concreta possibilità dei promettenti riverberi in campo occupazionale per i territori del Mezzogiorno.

Naturalmente siamo felici che le due Università, quella della Calabria e quella della Basilicata, siano riuscite a formulare un progetto che si è dimostrato meritevole agli occhi delle commissioni esaminatrici. Tuttavia, sentiamo la necessità di rilanciare la sfida agli Amministratori jonici di Calabria, Puglia e Basilicata.

E questo in funzione della recente chiusura dell’Accordo di Partenariato sui fondi 2021-27 che hanno destinato circa 42 miliardi di euro per il nostro Paese, di cui ben 32 al Mezzogiorno.

La parola d’ordine dovrà essere non farsi trovare impreparati ed iniziare a studiare per tempo percorsi comuni che possano condurre a soluzioni foriere di cambiamenti e innovazioni per i territori marginali e dimenticati. L’allusione è, ovviamente, alla baia magnograeca. Quella porzione di territorio italiano, a cavallo tra tre Regioni, che si affaccia sullo specchio d’acqua del mare Jonio. Nessun altro territorio in Italia dispone, in soli 400km di costa, di ben tre Distretti alimentari di qualità, due siti industriali dismessi ed uno da rilanciare in ottica di transizione ecologica. Si aggiunga un centro di ricerca quale Enea, la presenza di tre grandi gruppi industriali, A2A, Eni ed Enel ed il gioco è fatto.

Certo sarà necessario il supporto di un Ente universitario. Quindi bisognerà muoversi, sin da subito, alla ricerca di Atenei italiani che si mostreranno disponibili alle richieste di Amministratori, Soggetti pubblici e privati del territorio.

Si provi a pensare cosa potrebbe rappresentare in termini di ricerca e sviluppo lo studio di nuove tecniche in campo agricolo abbinate al ciclo combinato dell’idrogeno verde. Un ecosistema dell’innovazione che, in funzione delle sue peculiarità geografiche e delle infrastrutture insistenti sui territori interessati, si proporrebbe come centro di produzione dei sistemi elettrolitici.

Infatti, nel mese di maggio, la Commissione Europea e i produttori di celle elettrolitiche hanno condiviso nuovi target e strategie di incremento, con l’obiettivo di decuplicare l’attuale copertura e dare un impulso notevole alla produzione e approvvigionamento da idrogeno verde.

Un’operazione trasformativa e generativa capace di dare vita ad un grande ecosistema dell’innovazione interregionale della baia jonica. Questo potrebbe significare la genesi per tre distretti produttivi delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, incentrati sull’idrogeno verde. Uno a Taranto, in qualità di Hub, uno a Crotone, in qualità di Spoke, uno a Corigliano-Rossano, sempre in qualità di Spoke. E tre distretti produttivi: Sibaritide (Hub) e due Spoke nel Metapontino e nel Salento jonico.

Senza perdere tempo urge che i tre presidenti di Regione, Bardi, Emiliano ed Occhiuto, assieme alle Università calabresi, lucane e pugliesi, di concerto con gli Amministratori e gli Imprenditori dei territori direttamente interessati, inizino un processo e un percorso di discussione e di condivisione. Tale processo dovrebbe essere il più veloce possibile, per arrivare ad un idea progettuale da portare all’attenzione del Ministero per il Sud e dell’Agenzia nazionale per la Coesione Territoriale. Ed ancora ad Invitalia ed a Cassa Depositi e Prestiti, per valutarne punti di forza e punti di debolezza e per candidarla, all’interno della nuova programmazione comunitaria 2021/2027, o, ancor meglio, nel Fondo di Sviluppo e Coesione.

Ci piacerebbe che a fare da regista all’operazione fosse il presidente Roberto Occhiuto. A riguardo, in questi giorni, proporremo, attraverso canali istituzionali, questa iniziativa. Forti, noi come costui, come tutti i calabresi, della voglia di mostrare all’Italia intera una Calabria che nessuno s’aspetta. (dm, gl, ac)

Comitato Magna Graecia: Necessario l’invio dell’esercito lungo l’Arco Jonico per escalation criminale

Il Comitato Magna Graecia ha ribadito la necessità dell’invio dell’esercito nell’arco jonico, dove «l’escalation criminale, da circa tre anni, imperversa» e dove «ormai, quasi a cadenza giornaliera, leggiamo dalla rassegna stampa roghi d’automobili ed opifici devastati dalle fiamme. Tali deprecabili atti, non fanno altro che ingessare e paralizzare la già flebile economia dei luoghi».

«Quanto già, drammaticamente descritto – si legge in una nota – viene condito da omicidi e tentati omicidi che stanno facendo piombare le locali popolazioni nello sconforto. Un territorio, fra l’altro, già scippato 10 anni fa dell’unico presidio di giustizia presente tra Taranto e Crotone e, pertanto, lasciato alla mercé di bande criminali che flagellano il già provato tessuto sociale ed economico.  Ci chiediamo cos’altro attendere prima di chiedere l’invio dell’esercito per avviare, in questa fase storica, un processo di militarizzazione delle conurbazioni della Città. La cronaca del giorno dopo è la palese conferma che lo Stato, con le poche forze di polizia presenti sul territorio, non dispone di un numero di personale adeguato a fronteggiare la recrudescenza criminale in atto che, da questo punto di vista, non ha precedenti storici».

«Certamente – viene spiegato – un’operazione di questo tipo non sarebbe risolutiva, ma rilascerebbe un senso di ritrovata tranquillità nelle popolazioni. Paleserebbe un segno, tangibile e visibile, della presenza dello Stato ed infonderebbe un rinnovato quantum di sicurezza. Chiaramente, a fianco un’operazione del genere, diventa imperativo un massiccio e capillare rimpinguo degli uomini in divisa. Dalla Polizia, alla Benemerita, passando per i Baschi Verdi. È palese, anche ai meno avveduti, che la dotazione organica esigua e precaria, nonché il sottodimensionamento degli avamposti di sicurezza, rendano impossibile il capillare controllo del vasto territorio comunale e più in generale dell’ambito ad esso collegato. Ed anche qui traspare, ed è innegabile, come lo Stato non abbia ancora preso consapevolezza della nuova Città, né in termini di evoluzione demografica, né dal punto di vista del perimetro territoriale».

«Risulta inverosimile pensare – si legge – che la prima Città calabrese e ventinovesima in Italia, per superficie territoriale, sia dotata di un Commissariato di polizia con poco più di sessanta unità mentre, nella stessa Regione, territori infinitamente più piccoli abbiano un numero di forze pari al doppio. Il discorso vale per Lamezia Terme, Gioia Tauro e Locri. Senza considerare il numero di Commissariati di P. S. sparsi nel Reggino e collocati in realtà distanti una manciata di km l’una dall’altra. Quanto detto palesa, le sperequazioni e disuguaglianze, tra l’area dell’Arco Jonico ed il resto della Regione».

«Il discorso non cambia anche quando parliamo dell’Arma dei Carabinieri – si legge ancora –. Come Comitato ci siamo sgolati, in atto accorpamento delle due ex Compagnie della Benemerita, chiedendo un Gruppo e non già il solo Reparto Operativo. Il primo, infatti, che demoltiplica le competenze dei Comandi Provinciali in ambiti vasti e difficili, avrebbe portato in dote un cospicuo numero aggiuntivo di personale, mentre il secondo ha fornito la presenza di un alto graduato, ma non l’implementazione di uomini e mezzi. Non più tardi di alcune settimane fa, anche il Sindacato delle forze di polizia aveva perorato la causa della necessità di aumentare la dotazione organica nei presidi di sicurezza, facendo notare lo scriteriato rapporto sperequativo tra la Città sibarita ed il resto dei Comuni calabresi.  In verità, nessuno risponde a nessuno e la Città continua ad essere teatro di squallidi ricatti e vili comportamenti che incutono paura ai suoi abitanti.  Lo Stato, pur nella narrazione giornaliera dei fatti di cronaca, continua ad essere insensibile ed, eccessivamente, indifferente».

«Crediamo che, in una condizione del genere, i cittadini dell’Arco Jonico debbano indignarsi – viene evidenziato –. Non è più possibile assistere inermi alla devastazione di imprese private sol perché, magari, non si è acconsentito a richieste estorsive o quant’altro. Duole constatare come la classe politica, ad ogni livello di stratificazione, trovi il tempo per litigare su argomenti di bassa levatura, non prendendo posizioni nette e ferree su quanto sta connotando l’area jonica nella recrudescenza ed emergenza sociale che riguarda, per l’appunto, l’escalation criminale. La politica esca dalla passività. Si avvii una mediazione, anche per il tramite della regione Calabria, affinché Corigliano-Rossano, ma in generale tutto il territorio dell’Arco Jonico, possa essere militarizzato».

«La drammaticità del momento – conclude la nota – non lascia spazio ad altre iniziative se non quella di capillarizzare sul territorio uomini in tuta mimetica con l’obiettivo di infondere maggiore sicurezza negli abitanti. L’attuale immobilismo istituzionale rischia di trasformare l’area Jonica in teatro di guerra dal quale difficilmente si potrà uscire se non si correrà ai ripari». (rkr)

Comitato Magna Graecia: Inopportuna scelta di Trenitalia di istituire a Maratea fermata Frecciargento Sibari-Bolzano

Il Comitato Magna Graecia, insieme all’Unione delle Associazioni della Riviera dei Cedri e del Pollino ritengono inopportuna l’istituzione, da parte di Trenitalia, della fermata del Frecciargento Sibar-Bolzano a Maratea.

Per questo, è stata inviata una missiva alla Presidenza della Regione, ai vertici di Trenitalia, al Ministro dei trasporti, agli Assessori regionali al turismo ed all’agricoltura, alla Deputazione parlamentare dell’Arco Jonico ed al Sindaco di Scalea.

«L’oggetto del ragionamento – viene spiegato – è stato spinto non già da spiriti campanilistici, quanto da un’attenta analisi dei flussi veloci in transito sulla stazione di Maratea.  È bene chiarire che fra la Calabria ed il resto d’Italia (via tirrenica) vi sono, in totale, dodici treni AV (Freccia ed Italo). Di questi, undici fanno capolinea nella stazione di Reggio Calabria ed uno a Sibari. Delle dodici corse, tre già effettuano scalo nella stazione lucana. L’accordo-servizio sul Freccia Sibari-Bolzano costituirà la quarta fermata».

«Sgombriamo il campo da ogni, eventuale, fraintendimento – viene chiarito nella nota –. Che Maratea, essendo località turistica di pregio e fra le più gettonate del Tirreno, debba essere servita da quattro o più fermate di vettori veloci è legittimo ed insindacabile. Il paradosso, tuttavia, è che la quarta fermata venga assegnata compromettendo l’unico servizio veloce dallo Jonio verso la Capitale».

«A tal riguardo – prosegue la nota – giova ricordare che cinque dei su menzionati dodici Treni AV, non effettuano fermate tra Salerno e Paola mentre altri tre non effettuano scali tra Sapri e Paola.  Risulta oltremodo inspiegabile, oltreché macchiettistico, che venga assegnata la fermata ad un treno che già effettua sosta nella stazione di Scalea. Tra l’altro, posta a circa dieci minuti di distanza da Maratea ed a questa collegata da servizi regionali. Viepiù, scegliendo per la causa, l’unico e solo treno che già raccoglie tutta l’utenza della Sibaritide e del Crotonese (da quando è stato istituito un servizio di collegamento regionale in coincidenza tra Crotone e Sibari), piuttosto che uno o più degli otto rimanenti treni provenienti dallo Stretto».

«Lungi da noi fare il conto della serva – si legge ancora –. Ad ogni modo, si sarebbe potuta sfruttare una delle otto corse che non effettuano servizi di fermata tra Sapri e Paola, piuttosto che l’unico “treno sociale” (mutuando le parole della Senatrice Abate) che aveva dato un pizzico di sollievo all’atavico dramma della mobilità gravante su tutto l’Arco Jonico».

«Tale operazione – viene spiegato ancora – non solo rallenterà, ulteriormente, la corsa del treno, ma metterà a repentaglio la possibilità di usufrutto dello stesso da parte dei passeggeri provenienti e diretti verso la jonica. Gli stessi per cui la Regione Calabria corrisponde oneri di compensazione all’azienda, a garanzia di copertura della tratta tra Sibari e Paola.  Del resto, già lo scorso anno, quando il servizio fu istituito in occasione del cambio orario estivo, con un atto di Presidenza dell’ex Governatore f.f. della Regione, avevamo già scritto ai Vertici ministeriali e regionali per significare il nostro punto di vista. Ma, oggi come allora, si è deciso di confermare la fermata».

«Spiace accertare come l’unico vettore AV proveniente dallo Jonio si stia, lentamente, – prosegue la nota – trasformando in un convoglio intercity. Con l’aggravio di allungamento dei tempi di percorso, al costo di un servizio veloce. Andrebbe anche appurato l’arcano motivo celato dietro la scelta dell’unica corsa jonica per fornire la quarta fermata a Maratea, piuttosto che una delle otto corse provenienti da Reggio Calabria. Senza escludere il fatto che logiche dettate da scriteriati centralismi ridurranno i posti a disposizione per gli utenti jonici, con grave nocumento per la fascia Sibarita e Crotoniate che, ribadiamo, ha nel freccia Sibari-Bolzano l’unico servizio di collegamento su ferro verso la Capitale».

«Continua la politica dei due pesi e due misure – si legge – e crediamo che gli effetti degli iniqui dettami, applicati dai vari centralismi, siano, ormai, sotto gli occhi di tutti. Ci si preoccupa di assegnare una ulteriore fermata al Freccia Sibari-Bolzano, ma nulla si dice sul precario servizio di collegamento regionale, in coincidenza,  tra Crotone e Sibari.  Poche ore fa, infatti, la vetustà del percorso ferrato Jonico e la precarietà del convoglio regionale utilizzato per la corsa, hanno determinato l’ennesimo ritardo del treno posto in coincidenza con la partenza del Freccia. Ciò non ha consentito all’utenza del basso Jonio e del Crotonese di poter salire sul vettore veloce ed i passeggeri sono rimasti a Sibari in attesa di un treno di fortuna alla volta di Paola».

«Parimenti – conclude la nota – duole costatare il religioso silenzio da parte degli Amministratori jonici. Forse troppo presi da altro per realizzare l’ennesimo trattamento a pesci in faccia nei confronti di tutto il territorio dell’Arco Jonico». (rkr)

Comitato Magna Graecia: Area Arco Jonico più predisposta ad ospitare un nuovo miracolo economico

Per Giovanni LentiniDomenico Mazza, del Comitato Magna Graecia, «l’area dell’Arco Jonico è la più predisposta, non solo riguardo la Calabria, ma più in generale nel contesto del Mezzogiorno, ad ospitare un nuovo miracolo economico se, già da oggi, si iniziasse a pianificare un percorso foriero di iniziative atte a favorire una rinascita ed un nuovo approccio alla causa».

Come riferito da Lentini e Mazza, «il tendenziale migratorio degli ultimi 20 anni, restituisce un Mezzogiorno sempre più abbandonato. A fronte di un saldo positivo dell’Emilia Romagna al nord, regioni come la Calabria e la Campania, perdono, negli ultimi due decenni, rispettivamante 73 e 65 abitanti ogni 1000». La Calabria, infatti, «che oggi rappresenta circa l’undici per centro della demografia meridionale, verosimilmente, fra meno di 100 anni, avrà una popolazione che oscillerà intorno ai 900mila abitanti. Così come lungo l’area dell’Arco Jonico Sibarita e Crotoniate, dagli attuali 415mila si passerà a poco più di 200mila abitanti complessivi».

Un dato drammatico per Lentini e Mazza, che evidenziano come ciò «dovrebbe indurci ad una riflessione seria ed accurata. Intanto andrebbero ricercati sistemi che potrebbero rappresentare un diversivo, non palliativo, per tentare di correggere una deriva territoriale come su esposta».

«Va da sé che, nella generale diminuzione della popolazione – hanno detto – le aree vallive, poco votate al turismo ed all’agricoltura, saranno quelle più a rischio. È lapalissiano che lo Stato sarà sempre più tirato con il Mezzogiorno, pertanto a saldo di pensionamenti nei vari uffici pubblici e nei servizi, non ci sarà un rimpinguo ed un tasso di sostituzione che  compenserà le uscite. Non fosse altro perché, la demografia generale non richiederà un numero di dipendenti pubblici nella percentuale presente oggi per soddisfare la domanda che, giocoforza, diminuirà».

«Gli unici mercati – hanno detto ancora – che potrebbero rappresentare un indice di soddisfazione, innalzando l’offerta di lavoro nel settore, per rispondere ad una domanda che è destinata ad aumentare, sono quelli turistici ed agricoli».

«Non è un mistero infatti – hanno spiegato – che il Crotoniate, la Sibaritide, ma più in generale tutta l’area interregionale afferente il Golfo di Taranto, possano rappresentare una nuova geografia naturalmente votata ad un turismo ed un’agricoltura di qualità. Basterà mettere in rete: menti e territori, offerta e domanda, imprenditori e maestranze, ed il gioco sarà fatto».

«Chiaramente, tutto ciò – hanno spiegato ancora – affinché si avveri la premessa, necessiterà di una pianificazione infrastrutturale, rigenerativa e di ricucitura (statale ed europea), più imminente che veloce, verso i succitati territori, che, inevitabilmente, dovranno iniziare a ragionare all’unisono, pena la loro completa desertificazione».

«La Puglia e il Materano – hanno proseguito – hanno già iniziato da alcuni anni ad intessere politiche portatrici di rinnovata vitalità. Bisognerà cominciare anche da noi, con la consapevolezza che la crescita dell’Arco Jonico Calabrese, riverbererà benessere anche al resto del territorio regionale, non tanto per un senso di magnanimità, quanto per le innate e mai sfruttate potenzialità che accrescerebbero l’offerta di lavoro ad una platea ben più ampia dei soli residenti, ripensando un nuovo sistema Calabria e più in generale un nuovo sistema Meridionale».

«Pensiamoci! – hanno ribadito –. Ciò che portò gli avi greci a stabilirsi, prevalentemente lungo quella naturale baia che è il Golfo di Taranto, fu l’opulenza e la bellezza di queste terre. Ingredienti imprescindibili per un rinnovato concetto di agricoltura e turismo.  Contrariamente, rimanendo nello status quo, condividendo economie in miscelanza e senza una visione fedele alle vocazioni territoriali, fatte soprattutto di sfruttamento delle aree, mancata pianificazione, soccombenza ai centralismi e incentivi verso programmi di sviluppo non improntati a valorizzare ciò di cui madre natura ci ha dotati, il futuro sarà quello di una lenta (ma neanche tanto) ed inesorabile desertificazione. Con la consapevolezza che, alla fine, ci ritroveremo l’amaro in bocca di quegli ereditieri beneficiari di una grande fortuna, ma che non sono stati in grado di gestire ed amministrare, dilapidando le ricchezze alla stregua degli sciocchi, come la storia degli ultimi 40 anni ci ha ripetutamente dimostrato».

«Detto in maniera più critica, è tempo di mettere in discussione il tipo di civiltà in cui, Noi meridionali, vogliamo vivere» hanno concluso. (rkr)

ARCO JONICO, DIVERSAMENTE CALABRESI
L’ALTRO DIVARIO CHE SEPARA LA REGIONE

di DOMENICO MAZZA – Si parla tanto di mancata equità fra Nord e Sud della nazione, nonché di tutto ciò che, a questo insano andazzo, è collegato. Si discute di un Paese che ha generato figli e figliastri che sottrae, sempre più, ad un Mezzogiorno depresso per devolvere ingenti somme verso un Nord, già oltremodo sviluppato e per questo portato ad una eccessiva saturazione.

Poco però, se non nulla, si dice sull’invisibilità, la trasparenza, l’inconsistenza che l’Area Jonica Magnograeca, sconta rispetto all’altro versante della Regione.

Un sistema di trasporti pubblici che, da un lato, offre una parvenza di civiltà: autostrada, linea elettrificata e a doppio binario, treni veloci, aeroporto internazionale, un porto reso crocevia del Mediterraneo, ecc. Dall’altro versante, una strada (e già tale appellativo sa d’eufemismo) olocausto infernale, con più croci che lampioni, con svincoli ed accessi abusivi e, per buona parte del suo lungo tragitto, non superiore ai 6 metri d’ampiezza e con punte di traffico che, in alcuni casi, superano finanche l’A2. Una ferrovia monobinario, ancora non elettrificata, e risalente al periodo dei Borbone. Una sanità che non rispetta neppure il minimo sindacale dei Lea (meno di un posto letto ogni 1000 abitanti contro i 3 su 1000 del resto della Regione), nessun presidio di Giustizia tra Taranto e Crotone, ed un numero di forze dell’ordine ridotto ad un terzo di quelle che dovrebbero esserci.

Tutto ciò, ed altro ancora, ha contribuito notevolmente a generare quell’appendice periferica, ormai in cancrena, che è lo Jonio rispetto alle aree del centralismo. Una periferizzazione che oltre la geografia ha creato un ritardo culturale che, da Sibari in giù, si taglia con il coltello.

Si avverte quanto le popolazioni e anche gli Amministratori, ad ogni livello di rappresentanza, (non tutti per fortuna, ma sicuramente la stragrande maggioranza) si sentano in una posizione di disagio, ancor prima culturale che geografica, rispetto alle aree dei Capoluoghi storici. Non si spiegherebbe, altrimenti, la mancanza di visione, di progettualità, di politiche che riverberino benessere alle popolazioni.

Non è pensabile di poter assistere, sullo Jonio, alla celebrazione di ordinaria amministrazione presentandola con effetti di straordinarietà, pur nella consapevolezza di aver mescolato il nulla al niente, quando dall’altro lato vengono partoriti progetti sinergici e dalla lungimirante parvenza. E non è neppure giustificabile l’atteggiamento arrendevole delle popolazioni e degli Amministratori, che si dilettano a manifestare rabbia sui social senza poi però alla protesta far seguire la proposta.

Senza una riorganizzazione regionale che sia foriera di un nuovo ed equilibrato bilanciamento, prima culturale e di conseguenza su basi  territoriali caratterizzate da affinità e comuni interessi, l’Arco Jonico, Sibarita e Crotoniate, andrà sempre più verso una deriva in cui il territorio non potrà considerarsi parte di una Regione, ma, giocoforza la sua parte diversa: i diversamente calabresi.

La politica, il civismo, le casacche di tutto l’Arco costituzionale sono chiamate ad un’operazione non più differibile: schiarirsi le idee, smettendola con proclamazioni di vacuità e studiando le modalità per portare fuori dal baratro della depressione un territorio ormai alla canna del gas. Il prossimo Consiglio regionale, qualunque sia il colore che lo caratterizzerà, non potrà permettersi il lusso di continuare a tenere nell’indigenza un quarto della popolazione calabrese.

Un corpo non funzionerà mai alla perfezione se ogni organo ed ogni arto non saranno messi in condizione di generare sincronie contribuendo, ognuno per la sua parte, all’armonizzazione dell’insieme.

Se questa Regione continuerà ad essere madre con taluni e matrigna con altri, allora non sarà più il caso di chiamarla Regione, ma guazzabuglio malriuscito di un’amalgama pensata solo per tutelare sacche di accoliti a danno di intere collettività. (dm)

[Domenico Mazza è co-fondatore del Comitato per la Provincia della Magna Graecia]

Comitato Magna Graecia: L’Arco Jonico rimane abbandonato mentre si parla di Ponte sullo Stretto

Il Comitato Magna Graecia, denuncia che, mentre in Parlamento si è discusso dell’attraversamento stabile dello Stretto, «l’area jonica continua a essere boicottata dai soliti antiquati poteri centralisti».

«Così perpetuando – continua la nota – i cittadini residenti nel territorio Magnograeco, continueranno ad essere trattati a pesci in faccia dall’intera partitocrazia, nonostante il prelievo fiscale esercitato sulla Comunità Jonica, in una ingiusta e sproporzionata relazione, non sia suffragato, minimamente, da uno straccio di rapporto costi/benefici».

«Di giorno in giorno – prosegue la nota – aumentano i segnali di intolleranza democratica nei confronti di chi non perde occasione ad avventurarsi in politiche ottuse e miopi, sprovviste di consapevolezze. Registriamo, ad onor del vero, la  presa di posizione dell’on. Forciniti, unica voce fuori dal coro in un Parlamento che santifica il Ponte sullo Stretto o qualcosa di similare».

«Il tutto in barba ai bisogni dei residenti nell’Arco Jonico – dice ancora la nota – che ricevono briciole di sensibilità con contentini da poveracci. Rotonde sparse lungo la statale 106, ricambio di qualche guardrail, ritinteggiatura random di stazioni ferroviarie. Per la statale nel tratto Sibari-Crotone, ad oggi, non ci sono fondi, e i silenzi di Stato sulla ancora mancata elettrificazione del monobinario Jonico, rimandano al 2026 un progetto che avrebbe dovuto vedere la sua piena fruizione a giugno del 2021. La cosa mortifica ancor di più se si pensa al fatto che i lavori d’elettrificazione della Jonica sono stati assegnati contestualmente alla Belluno-Venezia, ma mentre quest’ultima è stata consegnata ed inaugurata in pompa magna alcuni giorni fa, la Jonica ancora è in alto mare e neppure si intravede l’orizzonte».

«Anche in questo caso – viene spiegato – registriamo l’interessamento della deputata Barbuto, che ha ottenuto il commissariamento di un’opera, non solo utile al traffico su ferro, ma di vitale importanza per il rilancio dello scalo aereo di Sant’Anna, unica e sola aviosuperficie che godrebbe di flussi notevoli se adeguatamente collegata al suo bacino di riferimento: la Sibaritide».

«La partitocrazia politica centralista, però – continuala nota – approfittando dei prossimi investimenti derivanti dai Recovery Fund, rilancia il Ponte sullo Stretto, ritenuto più importante rispetto alle esigenze di una fascia di territorio tenuta in condizioni da Terzo Mondo: stazioni ferroviarie chiuse, tratta a binario unico e non elettrificato, convogli obsoleti; una statale 106 a carreggiata unica a doppio senso con svincoli e accessi abusivi. Nessun accenno alle vie del mare! Questo è il contesto in cui vengono lasciati i cittadini della Magna Graecia, gli stessi che aiutano a infoltire le casse comunali, regionali e gli stipendi dei Parlamentar».

«Non siamo assolutamente contro al collegamento dello Stretto – dice ancora il Comitato – ma lo stesso dovrebbe avvenire a coronamento di politiche infrastrutturali riequilibranti il dato regionale, considerate le vergogne di Stato chiamate: Statale 106 – tratta ferrata – vie del mare – scalo aereo di Crotone».

«Ad oggi – spiega la nota – solo la cantierizzazione di 38km relativi al terzo megalotto, ed allo stato, funzionali solo agli interessi centralisti di convergere i flussi adriatici lungo la direttrice tirrenica, utilizzando quindi l’alto Jonio Federiciano quale collettore tra la A2 e la A14. Non ci sembra spiegabile come la statale 106 sia l’unica realizzata a macchia di leopardo, considerate le varianti in prossimità del Capoluogo di Regione e nella Locride, ed estromettendo il tratto a più alta incidentalità, con flussi anche maggiori rispetto all’A2 e che rappresenta la vera spina dorsale del sistema dei trasporti afferente la città Pitagorica e quella Auso-Bizantina: l’asse Sibari-Crotone. Una disparità di trattamento che si tocca con mano, che grida giustizia, e calpesta la dignità di un popolo».

«Stupisce – viene evidenziato – la mancata indignazione degli Amministratori, dei Referenti Regionali e delle Rappresentanze Parlamentari di questa fascia di territorio, allineate e coperte a quella partitocrazia che ritiene non prioritaria la vertenza Jonio. Non è più né tempo di inviti-appelli né auspici, ma di agire partendo dal basso. Ai cittadini il compito di reagire, in primis ai crotonesi, che rimangono distanti oltre 100km in linea d’area dai punti d’intermodalità e ciò ha comportato e comporta lo stato di totale isolamento dell’area crotoniate dai flussi di traffico. Poi alla classe dirigente dell’Arco Jonico che ha l’obbligo morale di interrogarsi circa le condizioni di sotto sviluppo in cui quest’area è tenuta e il perversare di quest’atteggiamento ostativo e preclusivo di chi è pagato con i soldi di noi tutti».

«Infine – conclude la nota – ci rivolgiamo ai Sindaci del Territorio Crotoniate e Sibarita: “Svegliatevi”! Chiudersi nei succinti perimetri delle Municipalità, non concorrerà a creare un grido unanime e compatto. Contribuirà soltanto a spianare, ancor di più, la strada ai poteri ed ai candidati del  centralismo che continueranno a fare man bassa dei territori di periferia, desertificandoli sempre più, per meri interessi elettorali».  (rkr)