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QUELLA MALIZIOSA VOGLIA DI AUTONOMIA
CHE FA ESPLODERE IL DIVARIO NORD-SUD

L'Italia fratturata

di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – Se l’autonomia è una bella cosa, non credo valga lo stesso quando questa diventa differenziata. Almeno non per il Sud rispetto al Nord, e in Italia. Dove parlare di secessione o autonomia differenziata, il principio è lo stesso. E non per caso coincide con quello della prova dell’addizione, secondo la quale pur cambiando l’ordine degli addendi, il risultato con cambia.

Il ministro Calderoli arriva in Calabria a parlare di autonomia differenziata, e si presenta in perfetta uniforme. E quel che più inquieta non è tanto la sua interlocuzione, ben ponderata a Roma per essere restituita a noi senza sbavature, ben istruita, quasi quasi accattivante, ma la divisa che porta. Quella cravatta verde color Padania con la quale a noi del Sud vorrebbero mettere un cappio al collo, e far finire la storia.

Da qui la meraviglia del come tanti meridionali, possano far da cornice all’avvio della questione “Sud” del nuovo millennio. Altro che terra dei padri, piuttosto covo di figli ingrati. Ma davvero noi calabresi possiamo credere a chi con tanto di propaganda vuol farci intendere che masturbarsi è più piacevole che fare l’amore? È questa l’autonomia? Fare da soli anche le cose che andrebbero fatte in due?

Ricordo qui le parole di Mario Draghi, ancora presidente del consiglio, quando lo scorso anno, a Napoli, nel cuore della città partenopea, con consapevolezza e onor di Patria, intese ricordare che c’è ancora una questione meridionale da risolvere che il paese si trascina da oltre 150 anni, per via della quale rimane ancora in crisi l’equità nazionale. Ed è la stessa questione che, oggi, con l’avvallo di molti dei nostri, Calderoli intende intensificare con la genialata-porcata di un’autonomia che altro non sarebbe che la messa in pratica di quel vecchio detto senza speranza secondo cui: i sordi fannu sordi e i peducchj fannu peducchj.

E non si rende necessario andare tanto a fondo nella questione, basta pensare ai Bronzi di Riace, e a chi si adopera a lanciare un’immagine desertificata della Magna Grecia pur di deviare verso il Nord i flussi turistici che si addensano in Calabria da ogni parete del mondo; o al Porto di Gioia Tauro per il quale la propaganda anziché ricordalo e promuoverlo come uno degli scali più strategici del Mediterraneo, lo consolida come il sito ufficiale di smistamento della cocaina mondiale. 

Essere autonomi consente di non dover dare conto a nessuno, è vero, ma se è autonomo un povero esso muore di fame, nulla aveva e nulla avrà: Se invece lo è un ricco, mangia per lui e per il povero. E lo sanno bene il Veneto, la Lombardia… 

La Costituzione italiana però, i cui padri non erano certamente quattro sciocchi politici rappresentanti di partiti di cani e di porci, ma uomini lungimiranti e di valore, è ben chiara. E non friziona il paese in 21 regioni, ma parla all’Italia. Tutta quanta è.

La Calabria, e vi prego tentate almeno di estrarre verità dalle vostre memorie, ha rimesso il suo sangue per l’unità del paese, ed è anche solo per questo che a nessuno deve essere consentito di saziarsi ancora delle poche gocce rimastele con cui sopravvivono i nostri figli. Di cui, da allora, si nutrono le generazioni. Restati e spatriati.

Potrete, cari signori delle bische politiche italiane, avere anche il consenso dei politici locali, che ovviamente non sarebbero più nostri rappresentati ma vostri complici, ma mai la nostra adesione ad un’Italia frantumata e derelitta. Io mi dissocio. Nascere in Calabria non si sceglie, essere calabresi sì. E la mia Calabria è differente. La mia Italia pure. 

Nei giorni scorsi il nostro lago Ampollino, nella Sila, dove pare vi sia, che lo vogliate o no, l’aria più pura d’Italia, è stato quasi svuotato. Nessuno parla della questione, eppure la gestione delle acque vende l’energia che ne ricava proprio al grande Nord. E nei nostri paesi di montagna, a Natale, è mancata addirittura l’acqua.

È questa l’autonomia di cui vorreste farci andare fieri?

Ministro Calderoli, la prossima volta, in Calabria, venga pure con la cravatta rossa, almeno sapremo sin da subito che è il nostro sangue che cercate per rendere più verde il Nord del paese.

Ma è al Presidente Occhiuto che la domanda sorge spontanea: “Presidente, cosa intendeva esattamente quando affermò di voler fare vedere all’Italia la Calabria che l’Italia non si aspetta?”

Certamente in questi giorni stiamo vedendo una Calabria che i calabresi non si sarebbero mai aspettati. E sì, perché dopo il palaghiaccio alla stazione centrale di Milano, realizzato a nostre spese, accogliamo festanti Calderoli che fa il suo ingresso in Cittadella regionale come fosse il salvatore della Patria. Col cazzo che ci salveranno mai questi del Nord! Occhi aperti, schiena dritta, pancia in dentro e petto in fuori, Calabria.

Sappiamo tutti che nella scuola italiana si studia Alessandro Manzoni nato a Milano, mentre invece resiste l’ingresso di Corrado Alvaro, nato a San Luca. A Calderoli potrebbe sembrare normale questa struttura, magari anche giusta, non sa però che Alvaro ha fatto la storia della letteratura e anche della politica, mi sia consentito, del nostro paese. A noi infatti, normale non sembra per niente. Ma state a vedere che sulla base dell’autonomia ci verrà detto: studiate chi cazzo ci pare! Mentre l’obbligo del Manzoni resterà a vita. 

Ma come è possibile sbraitare di autonomia come soluzione possibile all’allineamento del paese da Nord a Sud, sapendo che le prestazioni delle regioni più fragili non potranno mai essere uguali a quelle delle regioni più ricche? La lotta si fa pari non impari. 

Il paese con l’autonomia differenziata non potrà mai correre tutto alla stessa velocità, è una questione naturale. E chi insite, mente. La verità è che la Calabria resterà sempre più povera e la Lombardia sempre più ricca. Dai primi del ‘900 quando i meridionali partivano, agli anni 70 quando i meridionali partivano, al 2000 quando i meridionali partono ancora, che cosa è cambiato al Sud? Che nel 2023 partiranno il doppio. 

La Calabria, e qui chiudo, perché tutti lo sanno, i calabresi per primi, è così piccola e così fragile che da sola non potrà fare altro che avviare una campagna di liquidazione totale di tutte le sue cose. In fondo in tempo di saldi fuori dalle porte vi sono sempre lunghissime file. E noi vogliamo che arrivi fino a qui più gente possibile?

Grazie Italia, ché questa fine qui davvero non ce l’aspettavamo. (gsc)

 

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