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REGGIO – Il libro “Quando la ‘ndrangheta scoprì l’America”

Nicaso

Questo pomeriggio, a Reggio, alle 18.00, al cortile delle Muse, la presentazione del libro Quando la ‘ndrangheta scoprì l’America di Antonio Nicaso, Maria BarillàVittorio Amaddeo.

L’evento chiude la programmazione estiva autunnale organizzato da Le Muse – Laboratorio delle Arti e delle Lettere.

Il libro, edito da Mondadori e con la prefazione del Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, mette in evidenza un cambiamento, una nuova pelle che condusse la mala vita ad aprire nel nuovo mondo americano delle vere e proprie agenzie a servizio.

Presenta la serata Giuseppe Livoti, presidente Muse che modererà l’incontro. Introducono Francesca d’Agostino, vice presidente Muse e della Mirella Marra già direttrice Archivio di Stato che, a suo tempo, ha promosso tale studio archivistico.

Il libro, la sua stesura e composizione sarà commentato da due dei coautori Maria Barillà e Vittorio Amaddeo. 

Arcaica e stracciona, dedita alla sopraffazione e al sopruso, la Picciotteria calabrese di fine Ottocento sembrava destinata a rimanere ancorata ai miti, ai riti e ai codici di comportamento nati nelle carceri borboniche sul calco di quelli delle società segrete risorgimentali.

E invece, proprio allora, inizia una rivoluzione silenziosa che trasformerà il suo volto rurale in quello imprenditoriale della ‘ndrangheta odierna, spregiudicata e spietata multinazionale del crimine, capace di adeguarsi alle mutevoli sfide del mercato globale. A innescare questa metamorfosi a cavallo dei due secoli è la «scoperta» dell’America. Sbarcati nel Nuovo Mondo insieme a decine di migliaia di onesti braccianti, i «maffiosi» calabresi, a differenza dei meno accorti confratelli siciliani e campani, scelgono il basso profilo per ricostituire la loro rete malavitosa, fatta di capi, gregari e leggende (su tutte, quella del «brigante» Musolino), che lucra lauti profitti sulla pelle dei lavoratori italiani (come i minatori di Carbondale, in Pennsylvania) e di centinaia di giovani immigrate indotte a prostituirsi nei resort di Manhattan e di Chicago, prima di reggere le fila del commercio clandestino di alcolici e del narcotraffico.

Nasce così la ‘ndrangheta imprenditrice d’oltreoceano, che stringe mani, stipula accordi e riesce a infiltrarsi nel sancta sanctorum delle élite sociali, a partire da Tammany Hall, potente macchina elettorale del Partito democratico nonché padrona incontrastata di New York, con la quale instaura un rapporto di mutua assistenza: voti in cambio di protezione e favori. Fino a proiettare pesantemente la sua ombra sulla scena del delitto Petrosino. Una volta tornati in Calabria, saranno gli «americani» a imporre all’organizzazione la nuova strategia criminale (controllo del territorio e collusione con politica e istituzioni), avviando quel processo che, in pochi decenni, farà della ‘ndrangheta una delle mafie più potenti e pervasive al mondo.

«Dunque – ha dichiarato il presidente Livoti – un plauso agli studiosi per il lungo lavoro di ricerca e soprattutto per avere fatto conoscere una vastissima mole di documenti, in gran parte inediti, ricostruendo per la prima volta la storia di questa mutazione criminale della ‘ndrangheta in terra americana». (rrc)

 

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