“Il segno delle chiese vuote!”, “Pomeriggio del cristianesimo”, “Apateismo” nei confronti della fede e della religione, sono le parole e i concetti con cui la prof.ssa Rosanna Virgili, ha esordito durante l’assemblea sinodale diocesana che si è svolta, sabato 6 maggio, nella parrocchia Santa Maria ad Nives in Schiavonea, davanti a una platea di più di 400 persone, tra cui contavano i membri eletti degli organismi di partecipazione ecclesiale, numerosi operatori pastorali e tanti fedeli laici.
Concetti non facili da esporre, ma che hanno trovato subito eco nei cuori e nelle menti dei partecipanti risuonando come parole interpretative del momento storico socio-ecclesiale che stiamo vivendo.
“Il segno delle chiese vuote” senza liturgia comunitaria, sono tra le immagini più inquietanti del tempo di pandemia che abbiamo vissuto. Esse evocavano e ancora ci parlano del senso oscuro della fine di un mondo, di un’epoca, di una forma di cristianesimo.
Allo stesso modo la parola apateismo come nuovo termine teologico coniato dagli storici della religione, ci interpreta e ci interpella. Si riferisce alle persone che non mostrano alcun interesse, specialmente quando si tratta di Dio. E se ci riflettiamo, non sono neanche pochi. Tra esse ci siamo anche noi.
Ma è con il concetto di “pomeriggio del cristianesimo” che il nostro cuore ha cominciato a risollevarsi e a intravedere, dietro l’imbrunire e il tramonto della chiesa, una possibilità di rinascita, di un nuovo inizio come avviene con la preghiera vespertina, già preludio di un giorno nuovo secondo il mondo monastico, o come è successo nel giardino dell’Eden dove con un ritmo cadenzato scandito dal consueto “e fu sera e fu mattina”, non si chiudeva definitivamente il giorno, ma si annunciava, contemporaneamente, la nascita del giorno o meglio di un tempo nuovo.
Tramonto e aurora ci ricordano continuamente che, nel momento in cui qualcosa muore, c’è sempre un segno di rinascita, proprio come morire e rinascere sono il vero mistero della fede cristiana.
Così quello che stiamo vivendo non sarebbe forse – secondo la biblista – il tempo della fine, il tardo pomeriggio o la notte del cristianesimo ma il segno di un’alba nuova quella che il Sinodo voluto da Papa Francesco ci propone.
Ne sono una conferma i volti delle persone che con entusiasmo e con senso di responsabilità hanno aderito al cammino sinodale che in questo pomeriggio ha inaugurato il 3° cantiere di Betania, quello della formazione spirituale e della diaconie, che prevedeva una tappa formativa a livello diocesano.
Una tappa che, come ha ricordato l’arcivescovo mons. Maurizio Aloise, in apertura di assemblea, colmasse quel “debito di formazione”, lamentato da molti durante i cantieri precedenti, e registrato sin dalle prime tappe del cammino iniziato lo scorso anno.
Passare “da evento a processo”, “dall’io al noi” ricordandoci che “il tutto è superiore alla parte” è il compito che ci aspetta per imparare, sempre più a camminare insieme, per dare forma a quella circolarità e comunione inaugurate dal Concilio e ripresentato da Papa Francesco sotto forma di un “meraviglioso poliedro” che rispetta la diversità e sottolinea le differenze mantenendo quella “distanza di sicurezza” necessaria all’amore, come ha scritto Levinas. Siamo tutti pari ma non uguali. Tutti figli e fratelli tra di noi. «La chiesa nasce per fare giustizia» ci ha ricordato la prof.ssa Virgili. Tutti adulti in essa, da tutti si può imparare qualcosa.
Chi fosse passato da Schiavonea quel giorno non avrebbe certo avuto l’impressione di trovarsi in una chiesa vuota o in un pomeriggio della Chiesa, piuttosto in un nuovo mattino caratterizzato da una “Chiesa gremita” dove dall’arcivescovo è risuonato lo stesso invito rivolto da Gesù, agli operai seduti oziosi sul fare di un giorno fortunato per loro “Andate nella mia vigna!”. Invito risuonato anche alle 9 del mattino, e a mezzogiorno e persino alle 5 del pomeriggio, tale è la gioia del padrone di poter dare a tutti la gioia della ricompensa per il lavoro svolto, per il ruolo assunto nella Chiesa, per la musica della sinodalità accolta e fatta divenire stile.
Proprio come in una danza che tutti ci fa entrare nello stesso movimento, dietro al “primo ballerino”, al “presule”, parola nel cui significato si nasconde il sostantivo “Sul” che starebbe ad indicare danza, movimento e che non permette a nessuno di ritenersi escluso, o fuori dalle danze, esule appunto nella chiesa, che sogniamo e che con senso di responsabilità ci stiamo impegnando a costruire.
È questo il senso del mandato ai membri degli organismi di partecipazione parrocchiale, consegnato da mons. Aloise al termine dell’assemblea, accogliendo il loro “sì alla diaconia nella Chiesa” e inviandoli, confermati nell’entusiasmo e nel senso di responsabilità dimostrato, aderendo all’invito a farsi collaboratori attivi dei loro “presuli”, dei loro sacerdoti chiamati ad aprire la danza della sinodalità che lo Spirito Santo sta già suonando in questo nuovo mattino della Chiesa. (rcs)