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Salviamo l’integrità territoriale dell’Unical

Salviamo l'integrità territoriale dell'Unical

di FRANCO BARTUCCI – Il dado è tratto. Sia il Tar Calabria che il Consiglio di Stato hanno respinto i ricorsi presentati dai Comuni di Cosenza, Castrolibero e Luzzi e dai vari comitati che si sono costituiti contro il disegno di legge regionale che prevede la fusione dei comuni di Rende, Cosenza e Castrolibero, nonché di bloccare il referendum indetto dal Presidente della Giunta regionale calabrese, Roberto Occhiuto per il prossimo 1° dicembre.

A questa notizia inneggiano i promotori del disegno di legge che hanno proposto la fusione dei tre comuni e quindi sostengono, con gioia ed allegria, il “Si” per il prossimo referendum consultivo, incoscienti tutti che da questa vicenda ne esce fuori una vittima illustre del territorio e cioè l’Università della Calabria.

Un Ateneo, costituito a norma della legge istitutiva del 1968 e relativi atti legislativi successivi approvati dal Ministero della Pubblica Istruzione, che viene a trovarsi deturpato nella sua estensione naturale con l’esclusione del territorio di Montalto Uffugo. Un Ateneo che per farlo nascere, in ordine di tempo vanno riconosciuti dei meriti ad uomini politici di prestigio del cosentino, che hanno partecipato attivamente alla sua realizzazione: Giacomo Mancini, firmatario, come Ministro Lavori Pubblici, della legge istitutiva, senza dimenticare il presidente Aldo Moro, con origini anch’esso cosentine in virtù della madre; Dario Antoniozzi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con a capo del governo l’on. Emilio Colombo, che approvarono nel mese di febbraio 1971 una delibera Cipe che stabiliva, come area territoriale della nascente università calabrese, il territorio cosentino; Riccardo Misasi, in qualità di Ministro della Pubblica Istruzione del governo Colombo, al quale toccò il compito di costituire, dopo un Dpr del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, gli organismi direttivi del nuovo Ateneo (Comitato Tecnico Amministrativo e Comitati Ordinatori delle quattro Facoltà previste dalla legge istitutiva, il tutto coordinato e diretto dal Rettore Beniamino Andreatta), nonché di approvare e ratificare, attraverso un DPR del presidente della Repubblica, il primo statuto dell’Università della Calabria, datato 1° dicembre 1971.

Poi ci sono altri quattro nomi che parteciparono, come politici all’approvazione del progetto ed alla collocazione delle strutture della nuova cittadella universitaria a Nord di Cosenza e nei territori dei comuni già sopra indicati, che sono: Antonio Guarasci, presidente della Provincia di Cosenza, prima, e presidente della Giunta regionale successivamente; Francesco De Munno, presidente della Provincia di Cosenza; Fausto Lio, Sindaco di Cosenza, che in qualità entrambi di componenti del Comitato Tecnico Amministrativo dell’Università, sottoscrissero ed approvarono la delibera del 31 luglio 1971, in occasione della seduta che tale organo svolse nel salone di rappresentanza di Palazzo dei Bruzi;  Francesco Principe, che in qualità di sottosegretario, ma soprattutto quale sindaco di Rende, seppe comprendere la grande opportunità per creare a favore della popolazione del suo territorio di competenza condizioni di vita migliore, mettendo a disposizione da subito un territorio vasto necessario a realizzare la cittadella universitaria, a vantaggio di chi spingeva nel realizzarla più a Sud nell’area di Piano Lago.

Organismi, che oltre ad impostare l’ordinamento didattico dei vari corsi di laurea e l’organizzazione gestionale dello stesso Ateneo, deliberarono e scelsero come insediamento della nascente Università l’area a Nord di Cosenza sui territori di Rende e Montalto Uffugo, su un asse di 3.400 ml. legato tra la SS 107 ed il tracciato ferroviario Cosenza/Paola/Sibari in località Settimo di Montato, su una estensione complessiva di 310 ettari di terreno, dei quali 50 collocati nell’area di Settimo confinante con Rende. Uomini e figure politiche che appartengono ad un’altra generazione e che alcuni dei loro discendenti ne stanno distruggendo il loro operato e la loro fede politica.

Il fatto che la difesa di questa integrità territoriale assegnata nel 1971 dalle due amministrazioni comunali di Rende e Montalto Uffugo all’Università, non considerata dal disegno di legge in questione, doveva essere la motivazione principale da difendere di fronte agli organi giudiziari, sia del Tar Calabria che del Consiglio di Stato. Ciò non è avvenuto, sia nei ricorsi presentati dai comuni che dai comitati, cosicché sono scaturiti decisioni giudiziarie che non vanno nella direzione giusta di accertamento e premiazione della verità dei fatti. Questa verità è che la integrità territoriale della nostra Università è stata calpestata facendo svanire nel nulla i 50 ettari collocati nell’area di Settimo di Montalto, dove il progetto strutturale Gregotti prevedeva importanti edifici universitari e servizi.

La mancata presenza costitutiva in essere, contro il disegno di legge, sia da parte dell’Università, come del Comune di Montalto Uffugo ha contribuito a creare questa spiacevole situazione che ripeto, ha finito per coinvolgere gli stessi organi giudiziari nell’emanare una sentenza che crea una vittima e questa è proprio l’Università della Calabria, alla quale è stato tolto il diritto di crescere e svilupparsi nei confini stabiliti dagli accordi in precedenza enunciati. 

A nulla son serviti gli interventi di chiarimento fatti sia sull’on. Simona Loizzo, che sul presidente della Giunta regionale Roberto Occhiuto, come sull’attuale dirigenza provinciale del Partito Democratico, che ne ha sostenuto il disegno, invitandoli a recedere per riaprire un nuovo tavolo di lavoro finalizzato ad impostare una nuova legge in concordia tra le parti interessate, con il coordinamento professionale di valenti studiosi del settore dell’UniCal. Ho riferito loro che il disegno di legge cozzava con le sollecitazioni fatte a suo tempo dal Rettore Beniamino Andreatta di creare le condizioni per la nascita, attorno alla realizzazione del progetto dell’Università, di una “Grande Cosenza”, una città europea quale riferimento anche in ambito dell’area mediterranea.

La fretta di avere una legge approvata, attraverso anche un referendum consultivo, ha portato tutte le parti a dare una risposta univoca: “Penseremo a Montato dopo”. Intanto in base all’emendamento presentato dal PD ed approvato dal Consiglio regionale che prevede lo scioglimento dei comuni interessati per creare la città unica bisogna attendere il mese di febbraio 2027. I conti non tornano: che cosa spinge e crea questa fretta? Ambizioni politiche e mire particolari? In effetti è già iniziata riservatamente una campagna elettorale per cercare un sindaco da mettere a capo della nuova città in un momento di debolezza in cui Rende è amministrata da commissari; mentre a Montalto da pochi mesi si è insediato un nuovo sindaco lontano dall’affrontare questo importante tema anche per effetto che la mozione prevede lo scioglimento dei comuni entro il mese di febbraio 2027.

In questi giorni è arrivata poi la notizia della prossima uscita di un libro “Tra benessere e fragilità comunale: Cosenza e la sua “corona” urbana”, a cura di Maria Francesca D’Agostino e Francesco Raniolo per la collana “Futuri urbani: Crisi e rigenerazione delle città”, che sarà pubblicato da Franco Angeli, per come è stato anticipato domenica 10 novembre sul “Domenicale di Calabria.Live”, nel quale vi è un capitolo di analisi e studio fatto proprio sull’area interessata alla creazione della nuova città unica del cosentino, in base anche a dati forniti dall’Istat e dall’ufficio dell’Entrate. Da questo lavoro scaturisce una “verità” incontrovertibile ed è che Montalto Uffugo rispetto a tutti gli altri comuni dell’area risulta quello più solido ed in crescita economica e demografica; mentre gli altri sono in decrescita, tranne Rende.

Il tempo, dopo cinquant’anni, dà ragione al “sogno di Beniamino Andreatta”, che vedeva attorno all’Università della Calabria l’estensione di una unica e più vasta area urbana incentrata sull’asse Montalto, Rende, Cosenza, che amava definire la “Grande Cosenza” per essere città europea aperta al contesto dell’area mediterranea.

I discendenti di quegli uomini politici del passato, che ci hanno consegnato questo patrimonio di ricchezza culturale, economica, sociale e di conoscenza, stanno adoperandosi, disconoscendo il lavoro dei loro avi, per abolire quel loro grande sogno, mettendo da parte il territorio di Montalto Uffugo, dove ci sono in località Settimo, come già detto in precedenza, 50 ettari di terreno vincolati dal piano regolatore comunale per strutture edilizie universitarie.

 Su quel territorio, come auspicato dai padri fondatori dell’UniCal e come risulta visibile dal progetto strutturale edilizio, a firma Vittorio Gregotti, come dalle fotografie che fanno parte integrante del servizio, corrono dei  binari ferroviari di collegamento tra Cosenza/Paola e Sibari/Paola con incrocio proprio in località Settimo di Montalto, dove manca soltanto la stazione ferroviaria, anche questa facente parte del progetto complessivo dell’Università della Calabria.

Questa location, secondo il disegno di legge della città unica, verrebbe a cadere nell’area urbana di Montalto Uffugo, che guarda caso per effetto della linea confinante del fiume Settimo, il territorio riservato all’Università per la realizzazione delle sue opere strutturali cadrebbe in due aree urbane diverse, creando dei vantaggi di grande, sia demografico che economico, a favore di Montalto Uffugo per come ha ben descritto la prof.ssa Rosanna Nisticò nella sua relazione di cui sopra. Ed allora è il caso di chiedersi – come ha sottolineato la docente universitaria – perché tre comuni e non quattro? Finora non è arrivata alcuna risposta. (fb)

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