di SANTO STRATI – Arriva Matteo Salvini a Reggio, a caccia di consensi, convinto di “colonizzare” il Sud, ultima roccaforte utile per risalire una china ormai inarrestabile. Ma, ancora una volta, sta commettendo l’imprudente errore di sottovalutare l’intelligenza dei reggini che mal tollerano ingerenze esterne nelle cose loro. Al di là di qualsiasi valutazione nei confronti del candidato Nino Minicuci, al quale nessuno può negare competenza e conoscenza della macchina amministrativa locale (fino a gennaio era segretario generale al Comune di Genova), il “candidato di Salvini” dovrà guardarsi bene da un’insidia da non prendere sotto gamba, quella del voto disgiunto. Le elezioni comunali di Reggio lo prevedono, così l’elettore può votare per il “compare” della lista X (c0nta molto nelle amministrative il rapporto interpersonale, di familiarità e amicizia) e allo stesso tempo mettere una croce sul candidato sindaco della fazione opposta. Minicuci, persona degnissima, sconterà il fatto di essere “il candidato di Salvini” e nonostante lo sforzo profuso a piene mani anche da chi aveva aperto il fuoco amico contro di lui, rischia di sbattere contro uno sbarramento imprevisto di astensionisti arrabbiati.
Certo, la coerenza, si sa, è merce rara in politica, così, a cominciare dal deputato reggino Ciccio Cannizzaro che aveva avviato in prima persona una battaglia di metodo contro la scelta di Minicuci, non gradito ai reggini, per finire ai consiglieri comunali uscenti Mary Caracciolo, capogruppo di Forza Italia al Comune, Lucio Dattola, Pasquale Imbalzano e Stefania Eraclini (quest’ultima con all’attivo giusto un mese di consiliatura) che si sono rimangiati la “minaccia” (sai che paura…) di non ricandidarsi. Per amore di cronaca e a favore di chi ha memoria corta i consiglieri di cui sopra avevano testualmente detto (il 5 agosto) di esprimere «il nostro dissenso e disappunto: lavoriamo da 6 anni in Consiglio Comunale opponendoci ai disastri dell’Amministrazione Falcomatà, e oggi non siamo più disponibili ad accettare una scelta che rischia seriamente di riconsegnare la città in mano a questa disastrosa Amministrazione dopo una stagione di governo pessima e fallimentare… Minicuci non è l’uomo giusto a rappresentare e interpretare l’esigenza di cambiamento di cui ha la città ha bisogno. Non è il candidato giusto per vincere la pessima sinistra di Falcomatà. Ci auguriamo che si arrivi a un nome nuovo e soprattutto condiviso, che incontri la giusta sintesi tra le varie anime della coalizione, altrimenti non saremo disposti a ricandidarci». E, invece, la Caracciolo e Imbalzano sono in lista, alla faccia della coerenza. Cannizzaro ha fatto ferro e fuoco contro Minicuci, per poi dichiarare che è il miglior candidato possibile. Un “odi et amo” che non dovrebbe stupire gli scafati della politica, ma ha indignato non poco i numerosi elettori del centro-destra reggino.
Da questa situazione ha beneficiato il sindaco uscente Giuseppe Falcomatà che, rassegnato a un modesto risultato dopo essere stato indicato agli ultimissimi posti dal Sole 24 Ore come amministratore locale, ha trovato nuovo vigore e ha saputo mettere insieme undici liste da cui potrebbe venire una solida riconferma del mandato. Falcomatà, lo abbiamo già scritto, ha molte cose da farsi perdonare dai reggini, ma la sua consiliatura che si conclude il 20 settembre ha dovuto fare i conti con un dissesto annunciato e troppi problemi finanziari della città. Non c’è da vantarsi, anche se si ha l’onestà di ammetterlo, di essere sindaco di una città dove le tasse per i servizi sono altissime, ma i servizi sono inesistenti. Falcomatà sta cercando di segnalare una sorta di complotto contro di lui a proposito della spazzatura: se ci permette un consiglio spassionato, non ci provi nemmeno. La spazzatura di Reggio è un problema antico che andava affrontato in maniera decisa già da troppo tempo, anche a costo di armarsi personalmente di caterpillar e paletta e sgombrare le strade. Ciononostante, per il sindaco uscente sono molto alte le possibilità di arrivare con un buon bagaglio di voti all’inevitabile ballottaggio.
Troppe liste (32), troppi voti dispersi per quella che sarà, comunque vada, una partita a tre. Già perché la titubante Angela Marcianò, dopo avere finalmente deciso di scendere in campo, per offrire non l’alternanza ma l’alternativa, mostra ora una grinta e una capacità di attrazione niente male che no spiega l’iniziale tentennamento. Come abbiamo già detto ieri, le manca il tempo di crossare tutti i percorsi obbligati della città per convincere i delusi, gli aspiranti astensionisti, gli incazzati neri (e sono tanti) a darle fiducia. Il suo programma è basato sull’identità reggina, sull’orgoglio di questa città e la formula appare decisamente vincente: mancano, però, i numeri e manca il tempo di andare a recuperare i voti, uno per uno, periferia per periferia, nei supermercati, lungo il c orso e nelle gelatiere del Lungomare, ovunque, insomma, ci sia la Reggio che ancora ragiona.
Se si riflette un momento, la Reggio assonnata e silente che piacerebbe a Salvini, perché così la conquista sarebbe più facile, la Reggio pigra e svogliata sta lasciando il passo a una schiera di cittadini orgogliosi dei propri diritti e pronti a combattere per la difesa delle loro non delegabili scelte: ovviamente con l’unica arma possibile, le urne. A favore della Marcianò giocano diversi fattori, non ultima la naturale antipatia che molti reggini stanno esprimendo, senza nasconderlo, sia nei confronti del nuovo (Minicuci, il “melitoto”) sia del vecchio (Falcomatà, l’usato sicuro). E inoltre gioca a favore la carta del voto disgiunto: se non ci saranno record di assenze alle urne, come temiamo, quelli che ci ripensano all’ultimo momento non votano né per Falcomatà né per Minicuci. Se si deve manifestare il proprio dissenso, è evidente che il voto dev’essere di rottura.
Come quello, per esempio, che potrebbe raccogliere Saverio Pazzano, candidato per la Strada, che ha avito la benedizione del sindaco di Napoli Luigi De Magistris, che lo accolto nel suo alveo arancione. Ma – non se la prenda Pazzano – la sua candidatura è un autogol per la sinistra, contro Falcomatà e non toglie certo voti al centro-destra. Al contrario, qualche sorpresa potrebbe arrivare da Klaus Davi (al secolo Sergio Mariotti) che ha fatto un buon lavoro per le strade, ma ha raccolto più simpatie che conferme di voto: un seggio potrebbe ottenerlo e sarebbe di buon significato a sostegno della tesi che la città non si adagia sul deja-vu ma dà segni di vitalità, scarsa ma vitalità. Diversa la storia della mancata candidatura di Eduardo Lamberti Castronuovo, al quale – fa fede la data di pubblicazione – in tempi non sospetti avevamo indicato che appoggio di Cannizzaro fosse solo apparente. Il medico ed editore di ReggioTv ha mandato una video-lettera ai reggini con cui spiega l’amarezza e illustra perché è fuori gioco. È un peccato che la città perda un’opzione di grande valore: Lamberti sogna da bambino di fare il sindaco di Reggio e sarebbe stato un ottimo primo cittadino, perché la sua passione (non politica) e il suo impegno per la sua città sono autentici. Avrebbe speso ogni energia per Reggio, deluso (dalla politica) non crediamo starà comunque a guardare. Si schieri e faccia la sua parte di cittadino attivo di Reggio, sia da esempio a chi non si rassegna e non tollera la colonizzazione del Nord e ogni riferimento _ sia chiaro – è espressamente voluto…
C’è evidentemente un errore di fondo che i candidati “nuovi” non hanno evitato di compiere: la scesa in campo deve essere in anticipo per preparare il terreno, non consente tentennamenti e indecisioni (come nel caso della Marcianò, che avrebbe potuto sperare in ottimi risultati con una campagna elettorale lanciata almeno a novembre/dicembre scorsi), non permette alle persone perbene di ritenere che basti il loro status di perbenismo al di sopra di ogni sospetto a raccogliere consenso. La piazza va coltivata, carezzata e, se del caso, insultata e scossa per la sua eventuale apatia e indifferenza. Abbiamo detto in queste pagine qualche settimana fa: svegliatevi reggini. È un sonno duro, evidentemente, ma fino all’alba del 20 settembre c’è sempre tempo per svegliarsi e urlare la propria indignazione: a destra, a sinistra, al centro, contro tutto e contro tutti. Ricordando però che serve il voto. È un diritto prezioso, non demandate agli altri il futuro dei vostri figli e andate a votare! (s)